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Gay & Bisex

028 L'ORGOGLIO DEL BOTTOM


di CUMCONTROL
13.10.2023    |    5.220    |    2 5.1
"Io di lui mi ci stavo davvero innamorando anche se non era bello, ma credetemi la sua minchia era così nervosa, e lucente, e succulente che pareva brutto..."
Il direttore dell’istituto fu un’autentica delusione.
Non era il maschio Alpha che mi ero immaginato. Il direttore aveva un amante, un cesso di uomo che però aveva in dote un gran cazzo.
Con il cesso di uomo si trastullava sovente e non si faceva riguardo a ruggire il suo piacere dalla sua cella. Se lo portava in cella, e da quell’individuo si faceva sbattere le trippe.
Ok mi dissi. D’accordo ho preso una cantonata. Mi ero infatuato di lui che credevo fosse un maschio attivo. Fu una delusione.
Ma io potevo vivere senza cazzo?
Fui molto arrabbiato con il destino, e volli vendicarmi, non solo perché il direttore mi degradava in mansioni da schifo, ma soprattutto perché lui disponeva di un cazzo tutto per sè e io no.
Ma dove si è visto che un individuo di mezza età abbia assicurato un cazzo tutto per sé mentre io, nel dirompente fiorire della mia giovinezza, ne ero completamente sprovvisto?
Quando il direttore mi disse che dovevo occuparmi della pulizia dei gabinetti proprio mi venne il cristo. A sfregio mi declassò. Capisci?
La pulizia dei cessi. Tu vedi la maleducazione del potere. Ma tu vedi quanto volgare sia l’esercizio del potere. Tu fai cose degradanti mentre qualcuno se ne avvantaggia.
Forse il direttore aveva visto in me un potenziale nemico.
Aveva visto in me qualcosa che potesse concupire chi gli fottesse il culo. Sulle prime feci di tutto per fargli capire che io non ero affatto un nemico, ma quando mi resi conto che era tutt’altro che un maschio Alpha, allora divenni cattivo.
Sicché un giorno, strofinando con la spazzola il fondo immondo di una turca, mi si aprì una rivelazione.
Intesi con lucidità che al direttore andava data una lezione. Non si illude la gente. Non si trombano le persone dando in loro l’impressione di essere il tanto sospirato maschio atteso. Si fanno forti e per poi che fare? Eh? Si cercano a loro volta un amante per i loro specifici pruriti di culo.
A me aveva scopato con foga un po’ beduina se vogliamo. Con me aveva fatto il maschio che tutti noi avremmo voluto tra le lenzuola. Io di lui mi ci stavo davvero innamorando anche se non era bello, ma credetemi la sua minchia era così nervosa, e lucente, e succulente che pareva brutto far tanto la tirata.
E chi lo poteva immaginare che si facesse sbattere pure lui, eh?
Le versatili. Sono la rovina del mondo.
Le versatili vanno stanate, vanno processate e giustiziate in pubblica piazza tra copertoni di automobili dandole fuoco.
Questo sentimento, se ci pensate bene, è tipico di noi bottom.
Quante volte ci viene il culo di traverso quando in un locale per esempio noi conosciamo un maschione e poi ci parla di ……
…….di Elettra Lamborghini????
Eh?
No dico!
Ci sono già così troppe bottom che di ste versatili non se ne può più. Queste cazzo di versatili ingrossano la schiera dei bisognosi di cazzoni e c’è una così forte penuria di cazzo in giro che ci vien su il culo di traverso a noi tutte nate bottom.
Noi bottom siamo animate dalla rabbia. Vorremmo sterminare tutti i maschi che non son maschi. E poi ci facciamo la guerra tra noi. Poverelle. Noi siam capaci di strapparci le extension tra di noi, anche se siamo tutte perlopiù calve, barbute ma calve.
Per quella penuria di cazzo noi saremmo capaci di uccidere.
Certo, di maschioni barbuti ne vediamo tanti. E che pacco tra i jeans. Ma cosa si prova quando questo maschione di turno fa la cretina al concerto della Ciccone facendo Vogue con le manine cossssì???
Eh?
No, dico!
Non siete animate come me da un desiderio occulto di sfilarvi dallo zainetto un ferro da stiro e prenderli a stampate in faccia tutti quanti?
Ah no?
Ma siete pazze??
Ad ogni modo, torniamo al racconto, che poi m’incazzo e scorreggio male.

Dunque. Si dà il caso che il fottitore privato del direttore, inguardabile ma con la gran minchia, fosse un addetto esterno.
Veniva da noi per sbrigare le sue mansioni che erano fare la spesa, riordinare la biblioteca, zappare l’orto, segare la legna, e fottersi naturalmente il culo del direttore.
Ora lui mi guardava con aria un po' torva e non mi piaceva molto neppure la sua espressione. Era secco, lungo, naso grosso e aria da scemo.
Però ci avrei scommesso. Era uno svangapassere d’eccezione e mai si sarebbe sognato di dar via il culo.
Il maschio perfetto per me usa il proprio buco del culo solo per cacà. Scusate l’espressione.
Insomma, avevo così un forte desiderio di cazzo che ero intenzionato a farmelo.
Un giorno in cui ero a pulire il gran cesso comune che stava dietro il refettorio, costui vi entrò, sfoderò la minchia e fece una scrosciante pisciata con qualche scorreggiata.
Io stavo di schiena nell’anticesso e stavo a grattare via il calcare dalla rubinetteria ed ero un attimino turbato.
Quando mi voltai lo vidi che s’era voltato su di me. Stava a gambe divaricate e a signoreggiare imperioso sulla turca.
Che stava facendo? Ecco cosa si stava facendo. Una pugnetta.

Intesi in quel momento che il tizio avesse voglia di un aiutino.
Io feci finta di niente, anche perché non mi sentivo al sicuro con lui in quel luogo.
Tuttavia costui si sborrò nella mano e mi mostrò moltissima sbobba biancastra.
In quel momento non ci vidi più. Posai lo straccio e corsi da lui. Chiesi a gesti se potesse colarmi la sbobba nel tappino del detersivo. Bisogna ricordare che ero in Ungheria e io non avevo ancora imparato sta cazzo di lingua ma a gesti mi feci capire.
Il tale sorrise, fu lì che capii che il suo sorriso aveva bisogno di una buona detartrasi, ma era della sua sborra che avevo bisogno mica di un bacio scusa. Di sborra avevo bisogno, di chiunque fosse, ma necessitavo con impaziente di un ricordo lontano, di quando ero bello, la luce rossa dei coralli e di quanti un tempo mi avevano chiavato.
Con somma cura lui colò la sua materia biancastra nel tappino. Lo fece ridendo e in questo fu un galantuomo.
E cosi corsi via col mio tappino. Raggiunta la mia cella mi richiusi dentro e mi buttai a pesce sul letto. Aprii le gambe come una partoriente e con quella sbobba mi massaggiai l'ano.
A quel tempo io ero molto porca.
Mi addormentai dopo assurde fantasticherie.
Ci dormii su, fottendomene altamente di ultimare la pulitura dei cessi.
Mi addormentai come un cucciolo, col culettino unto di sborra.


In serata, in refettorio, cenai con gli altri frati ed ero felice poiché anche io m’ero procurato una scarica di sperma e questo mi bastava. Sogghignavo per aver vinto la mia piccola battaglia. L’avevo fregato sto cazzo di direttore.
Tutta quella sborra era stata versata per me, e il direttore quella sera stessa sarebbe stato a corto di cazzo, poiché i testicoli del tale stavano a secco.
Però non fu così, perché mentre espletai il mio ultimo compito quotidiano in refettorio, che era quello di versare il tè a tutti i commensali, il direttore si alzò, si diresse verso il tale che stava ritirando i piatti sporchi, e tenendolo per mano si ritirò in fondo al corridoio.
Fui molto triste. Ma poi mi dissi che mi ero cacato il cazzo di subire la vita così passivamente. Avrei levato quel cazzo al mio direttore.
Fotteva na sega che mi avrebbe percosso o punito con la cinghia. Io volevo il mio. Mi spettava di diritto. Il cazzo.
Volevo il cazzo e lo avrei ottenuto. In questo sono sempre stata determinata. Determinato. Scusate.
Trascorsi la notte sognando di sedere sul fottitore del mio direttore, su di una bella altalena fiorita, e dondolare giuliva tutta bella impalata, con le sue mani sulle mie chiappe e il colon unto da copiose scariche di sperma. Sognai che lui mi sussurrasse all’orecchio del dolce turpiloquio, dandomi della bella cavalla o dolce cloacona.
Il giorno seguente uscii in cortile, faceva un freddo pazzesco ed ecco...
Ecco, vidi arrivare il ceffo con due sacchi di patate. Lo stallone.
A questo giro me lo sarei fatto.
Allora feci finta di niente, mi voltai verso la legna, mi calai le brache e mi misi a pecorina smarrita dicendo.. Ma dove cazzo sono finite le chiavi!?
Poi, esterrefatta però, udii dei tonfi. Non un tonfo, ma tanti piccoli tonfi sulla terra brinata.
Al ché mi voltai, e vidi il ceffo che cristonava piegato a raccogliere tutte le patate ruzzolate per terra. Ma povero. La vista del mio dolce culo lo aveva stonato.
Quindi sogghignai e mi voltai nuovamente, con la faccina cretina in mezzo ai legni, a culo congelato e ripetendo ….Santi Numi…Ma dove sono finite le mie chiavi???
Per stornare l'attenzione del ceffo dalle patate e farlo estasiare alla vista delle mie belle chiappine, me le afferrai a schiaffo.
Mi stirai le chiappe, proprio me le tirai e con la testa nel legname mostrai al babbione tutta la struggente bellezza del mio gran buco di culo.
Infatti intuii giusto. Lo sentii avvicinarsi a me. Io seguitavo a dire piegata …. Ma si può sapere dove cazzo sono le mie chiavi?
Sentii lo smilzo alitare. Stavamo proprio sotto la finestra del direttore.
Poi in un niente il ceffo mi pugnalò a tradimento.
Con un dito andrò dritto su per il buco del culo, a sfregio, senza sputo, così, a cazzo proprio.
Mi fu trivellata la trippa col dito e se non sparai petrolio lo si deve solo alla mia dieta.
Ma il buco fu trivellato a gran vibrazione, e io sprigionai, pensate, del puro metano.
Sfiatando come un giacimento di scureggia in Siberia, mi sollevai rallegrata e nitrii come cavalla nitrisce.
Nitrivo e strillavo, e gli afferrai il cazzo che stava sotto la sua larga salopette.
Vi dico che ci rimasi davvero molto di cazzo, in quanto la sua minchia era grossa certo ma floscia.
Tastai ripetutamente, nitrii, strillai, ma niente.
Ci rimasi molto male.
Che è mo'... Non gli piacevo?
Il metano lo aveva turbato? O era solo timido?
Si, ma se fosse stato un timido non si sarebbe mostrato col cazzo in fuori qualche giorno prima scusa, mentre lavavo i cessi.
Voglio dire lui mi aveva sborrato nel tappino del detersivo. E che mica le fa ste cose un timido. No?
O forse semplicemente non piacevo?
Sta a vedere che lo aveva turbato la mia scorreggiata di metano mentre mi vibrava il dito in culo?
No ma veramente stiamo a sti livelli?
No vabbè dai, schizzinoso proprio.

Poi, come in un film, udimmo delle urla. Io mi chinai per rimettermi in ordine perché la situazione si stava proprio mettendo brutta.
Rialzatomi, riguardai dritto.
Strizzai gli occhi in fondo al viale e vidi tre sconosciuti venire dritto per la nostra direzione. Uno di loro faceva “vieni” con la mano, mentre nell'altra impugnava un bastone, e urlava.
Voi potete capire lo sconcerto.
Misi la manina sul petto, guardai lo smilzo che guardava loro, e io, impaurita, deglutii come una paperella.
Mi batteva forte il cuoricino.
Al ché quando i tre ci raggiunsero, il loro capo diede uno spintone allo smilzo che invece di difendermi, si pisciò di brutto nella salopette.
No vabbè.
Io? Io fui immediatamente agganciata da una recchia e portata via, lontano, via via come si gettan via i clisteri monouso in campeggio.

Io strillai e fui trascinato fuori dalla tenuta del convento. Afferrai i polsi del tale perché lentasse la presa ma quello mi strattonava la recchia come pezza da culo.
Capii che dietro a tutto quel che stava accadendo c’era la vendetta del direttore.
Sennonché, raggiungemmo dei furgoni. Tre furgoni, sempre tre. Fu aperta la porta e fui scaraventata dentro come una vera cessa.
Uno dei tre, entrò. Tu pensa.
Lì capii che mi voleva fare.
Allora mi rotolai a terra e feci tipo Lady Caca.
Pssssss gli sibilai.
Psssss proprio.
Lo guardai, con faccia da bimbetta viziata e cattiva gli sibilavo vibrando la mia lingua.....
Psssssssssssss!
Lui voltò la testa tipo cane curioso, no?
Certamente si chiese Ma questa è pazza?
Siiii annuivo con la testa e con voce da assatanata dicevo Sono pazza di cazzo.
Fregava un cazzo a me che fine avrei fatto dopo. Io ero convinta che da quel momento per me fu il momento del cazzo.
Quello però esitava a sfilar fuori cazzo.
Allora feci la gattona strofinandomi ai bordi del furgone visto che non si decideva. Allungai la mano in avanti tipo felina e feci......weeeeeee.... psssssssssssssssssssssssss.

Be guarda. Mi tirò na pizza in faccia che andai a sbattere sulla ruota di scorta.
Presi fiato per dire nuovamente PPPpsssss e mi tirò n'altra lorda che io mi preoccupai un pochettino perché voglio dire mica è normale no?????

Poi accadde una cosa terrificante.

Ragazzi, ciò che sto per raccontare è duro, ma bisogna che io racconti.
Vi prego denunciate! Non tenete tutto dentro quando ciò vi accade, bisogna denunciare.
E bene... Quel signore mi strappò gli abiti e le mie mutandine. E fin qui fui molto rallegrata.
Poi afferrò mio cazzo, e io ne fui turbata. Che cazzo voleva fare col mio pisello?
Io scalciavo ma quello psicopatico se lo mise in bocca.
Nooooo urlavo nooooo..
Il pompino nooooooo
Ma è mai possibile che non mi tromba mai nessuno?????

Urlai!
Il tipo si spazientì. Usci incazzato dal furgone.
Io singhiozzando mi ricomposi...e mi dissi ….Tranquilla. È tutto finito. E’ stato solo un brutto sogno.
Certo.
Infatti il furgone si apri nuovamente, salirono in tre, non uno, tre! Sempre tre.
Fui cosi malmenata che mi gonfiarono a zampogna.
Io facevo la canarina.
Svolazzavo impaurita, loro mi schiacciavano con le ciabatte come fossi una scarafaggia.
A ciabatte mi presero quelli li. Le maniere proprio.
Ma che volete da meeeeeeeee... Strillavo io indifesa.
Poi na ciabatta a tradimento mi schiacciò la faccia.
Caddi. E fu la mia fine.
Ma l’orrore vero doveva ancora arrivare.








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Questo racconto è tratto dalla saga
HUNGARIAN RHAPSODY
Autobiografia di un libertino.

CUMCONTROL 2023
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