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IL GIRONE DELLA M – ATTO QUARTO - "IL BIDET ALL’AMICO DI LUI"


di CUMCONTROL
25.02.2014    |    9.855    |    3 7.2
"“Eh già, ma se ti scarichi tutto adesso non c’è gusto nel pomeriggio”… rispose Riky..."
“Che schifoso”, “Ma non capisco perché si scrivono queste cose” “Un opera degna di essere studiata, questo CUMCONTROL è la rivelazione dell’anno” “Raccapricciante” “Per me fa schifo” “Incommensurabile”..”Personalità eccitata” “Linguaggio desueto” ”Grandioso ed eccentrico, un’opera monumentale quella di CUM”. “Eccentrico e sofisticato. Scurrile””Un porco d’altri tempi””Dovrebbero lapidarlo””Sofisticato e sozzo. Non per tutti””Un pazzo” “Un grande” “Grazie di esistere”

Vedete? Questi sono solo alcune delle cose scritte sull’opera del vostro autore.
Vedete, il vostro Autore lascia trascorrere anche mesi tra una parte e l’altra, perché il buon pasto si cucina lento...

In altri termini, non capirete l’Opera di CUM senza aver letto l’Opera pregressa. Qualcuno lo sta facendo. Studiate ragazzi, studiate tanto.

Tuttavia eccomi qui, tra di voi, in Magna Apparizione. No vi prego, non inginocchiatevi… Entro nelle vostre vite a suon di Fanfare, su una biga trainata da dodici elefanti, tra folle festanti e pioggia di petalo di rose, nella luce accecante dell’arena.
Indosso per voi la migliore delle mie uniformi. Porto le redini del carro. Ho un clistere che ho confitto nell’uretra cui abbevero i miei schiavi assetati che seguono il corteo…e reggo nelle mie mani la somma arte della scrittura, quella porno e blasfema che il mio popolo agogna.
A frustate. Fate spazio ai pachiderma. Il grande carro di CUMCONTROL entra nell’arena )))))))))))))))

E che ai Ludi si dia inizio..Suonino le trombe.


IL GIRONE DELLA M – ATTO QUARTO
IL BIDET ALL’AMICO DEL MIO LUI

Dopo qualche minuto fece capolino dietro la porta del cesso. “Ho finito la carta igienica”. Gli portai la carta igienica. Dalla porta socchiusa lo guardai di schiena mentre in piedi con una mano stirava la chiappa e con l’altra nettava il buco.
D’un tratto Riky sopraggiunse alle mie spalle e mi spinse nel piccolo cesso domestico. Tommaso si voltò, mentre interdetto e con una mano tirava giù l’acqua dello sciacquone. Nel piccolo ambiente l’odore di cacca fu sopportabile.
Riky mi fece accostare all’omone e mi disse “tastagli il cazzo”.
Tommaso respirava con affanno. Era in fondo un timido. Aveva le mani gelate. Gli calai le mutande bianche, inzuppate di macchie paglierino sul davanti.
La minchia di Tommaso era un cilindro venoso allo stato molle. Scappellato di nerchia e due grossi testicoli come cocomeri.
Non ci volle molto perché il membro di Tommaso prese ad irrobustirsi e si levò nell’aria con tutta la sua potenza mattutina. Nel piccolo cesso eravamo in silenzio.
“Sfilagli la cappella”mi disse Riky.
Riki conosceva le abitudini igieniche dell’amico ma per me fu sorpresa osservare la formaggia sotto le creste del glande. Era composta da numerose stratificazioni, dal bianco a tutte le sfumature del giallo.
Quegli accumuli di materia pregressa presero a alzarsi nell’aria l’odore malsano che tutti noi conosciamo. Mi inginocchiai di fronte al membro.
“Mi ami?”sussurrò dall’alto Riky.
Mi avvinghiai alle sue gambe…“Come posso non amarti, poi quando me lo chiedi così… io questa notte ti desideravo tutto per m’….” Mi voltò la testa verso il cazzone e mi disse “lavalo!”.
La su, Tommaso guardò gli occhi di Riky ed accennò un breve timido sorriso. Le cosce di Tommy presero a tremare. Con le mie dita gelate provai a rompere quella formaggia ma Riky mi afferrò per la nuca e mi avvicinò al glande pulsante di Tommaso. Lo fece mollemente ed ogni mio tentativo di resistenza era però contrastata da una spinta continua e sicura della sua mano. Sentii il calore della cappella. Ero nel raggio di influenza della grossa e sudicia minchia dell’omone.
Dischiusi le labbra ed estrassi la lingua. La punta dell’organo del gusto è deputata alla percezione dei sapori dolci. Se mai vi capiterà di assaggiare qualcosa di aspro provate ad attenuare la sensazione forte porgendo la punta della lingua. La vostra lingua convertirà per quanto possibile in dolce qualsiasi acre sapore.

La punta della lingua prese a piroettare timidamente sui primi strati di accumulo sul frenulo. Pregai il buon dio che quella formaggia si sciogliesse alle prime molecole di saliva. E così fu. Presto nella mia bocca si espanse l’aroma fetido di tante pisciate, e di tanta antica sborra, mai ripulita da giorni dopo le pugnette del primo mattino e dopo frettolose vestizioni per non far tardi al lavoro.
Nel silenzio i due mi guardavano. La mano di Riky sulla mia nuca non si scostò di un millimetro.
Estrassi la lingua a guisa di piattello e Riky afferrò con le due dita la grossa asta, battendomela sopra ripetutamente, quasi come a scrollare il più recente strato corticale di formaggia.
Sulla lingua, la saliva accorse a disciogliere quei traviati grumi. Cercai di riservare un lato della mia bocca per destinarvi i residui di quella sconcezza, evitando cos’ di deglutire.
“Dai cesso, succhia il calippo” m’ ingiunse Riky.
Mi voltai per guardarlo con espressione interrogativa.
“Ma ti vuoi muovere, cristo”.
Presi languidamente la base del cazzo e presi a succhiare sonoramente, così come si aspira il calippo nei gironi dell’afa d’estate. Allora si che tutta quella formaggia si sciolse in burro infame. Nella saliva orale andava sciogliendosi la materia e sentivo i rimasugli più tenaci nella bocca, in quel loro stato semisolido.

“Guardami”, mi disse Riky, “guardami e apri sta cazzo di bocca”.
Aprii le labbra. Vidi i due che protesero il collo per guardarvici dentro. Non so cosa videro, ma posso riferire le loro facce. Tommy accennò un sorriso e guardò di nuovo Riky. Ricky non smosse lo sguardo, a contemplare quel pozzo ricolmo di materia galleggiante nelle mie fauci.
Vidi i suoi occhi lacrimare. Sorrise dolcemente, reclinando il viso con tenerezza. Mi accarezzò il capo. “Amore mio, lo fai per me, vero?” Annui, sforzandomi di non deglutire. “Bello che sei..” si fece serio, e mi sussurrò… “manda giù”.
Dal fondo della schiena mi risalì il brivido del condannato.
Feci cenno di no. “Manda giù, cazzo!”. Allora mi richiuse a forza le fauci, con la mano destra spinse verso l’alto la mia mandibola e la sinistra prese a premere sulla fronte. Chiese a Tommy di chiudermi il naso. Nel piccolo cesso rimbombarono i rumori di una quasi colluttazione.
Mi dimenai, e andai a sbattere il capo contro la lavatrice, poi contro il secchio colmo d’acqua putrida del mocho. L’acqua si rovesciò in terra e Tommy tiuscì destramente a rimettere in sesto il secchio, evitando così il completo sversamento. Mi contorsi sul pavimento bagnato, e con la tempia schiacciata sul pavimento bagnato vidi le scarpe di Tommy, e le ciabatte di stoffa del mio Riky del tutto inzaccherate. Ma i due mi bloccarono, così con le fauci serrate e le narici otturate. E finii coll’ingoiare. Per respirare.
L’ammasso raggiunse lo stomaco e risalì violento il conato del vomito.
Riuscii a non sbroccare… Ritornai all’ossigeno respirando con l’ansia della fame d’aria.
“Ebbravo sto merdone, guarda che cazzo hai combinato. Non ne imbrocchi unà e fece col tirarmi un ceffone ma Tommaso, anche lui come Paride la notte prima, colto da misericordia, fermò il braccio del mio amore.
“Allora, lavalo come si deve, non hai finito il lavoro, e tu Tommy, cazzo, fatti lavare e non rompere anche tu”. Mi risollevai sulle ginocchia e presi a leccare ansimando e leccando. Leccavo disperatamente.
Tommy fu messo a sedere da Riky. Fu messo a sedere sul cesso. E così, sul trono, a cosce spalancate e calzoni ritorti sulle caviglie, Tommy si lasciava andare sulla parete, scivolando appena su di me. Leccai avidamente, ripulendo ogni anfratto, ogni piega di quel prepuzio teso, ogni cresta, Persino l’invaso dell’uretra mi diedi da fare a ripulire per bene.
“Minchia, così pulito io non l’ho mai avuto” disse Tommy. “Perché sei nu’ puorc.” sorrise Riky. “Ma poi ha sta bocca calda calda, è un campione in fatto di bocca”. “Si ma sta merda deve imparare ancora a fare il suo dovere” rispose.

La leccatura fu ultimata e il cazzo fu lucente e teso.

Mentre i due parlavano io presi a sistemare meglio gli avambracci sulle cosce di Tommy, Reclinai il capo in avanti, esausto. Appoggiai la fronte sullo scroto dell’uomo e contemplavo il buio profondo della latrina sulla quale il nostro Tommy sedeva con posa quasi gladiatoria.
Tossivo. Dalla cavità del trono di cesso risalivano gli echi della mia tosse, e non di meno gli effluvi di una cacata recente. Accarezzavo il dorso di quelle cosce regali mentre tossivo, e forse Riky se ne accorse.
Fui con mollezza afferrato per i capelli da Lui, che mi distese lentamente e nuovamente nel pantano sozzo del pavimento. “Così da bravo, con la schiena in terra”.
Mi slacciò con forza i pantaloni, calò le mie mutande fin dove l’elastico s’arresta sotto lo scroto. “Guarda che palline, ha le palline di un neonato. E questo qua, quando l’ho conosciuto, voleva fare l’attivo… hahahahaha” e se la godette la sua risata.
Tommaso se ne stava li a guardarmi, beatamente seduto e ricurvo sul cesso con la schiena contro la parete, con il mento incassato nello sterno, a gambe tese… a dimenarsi dolcemente il cazzo, in un sorriso fermo, morbido ed immobile… e mantenendosi estraneo al decorso degli eventi.
“Cazzo hai combinato”.. Riky si guardò ottono con l’acqua riversa sul pavimento e il sozzume ovunque. Sfilò dalla ciabatta zuppa il suo piede maculato, umido e freddo. E prese ad asciugarselo strofinando la sua pianta contro la mia barba.
Puzzava il suo piede, di detersivo marcio ed acqua di lavaggio. L’odore acre di sudore era una lontana penombra olfattiva. Giacchè egli qualche ora prima aveva provveduto con cura all’abluzione del primo mattino.
Tommy si diede una mossa. Senza slacciarsi le scarpe estrasse i piedi e lanciò per aria i suoi pesanti scarponi da lavoro. Si mise in piedi e calò via i calzini di spugna. Conficcò il piede destro nel mio gargarozzo, nottetempo sfasciato dalla foga già precedentemente descritta. Il suo piede era enorme, e i lati della mia bocca erano al massimo dello strazio. Affondò il piede in gola, tenendosi ben saldo, reggendosi sul davanzale della finestra. Riky si piegò in avanti, con le dita forzò le mie labbra per permettere al 47 del plantare di farsi strada ancora per un centimetro.
“Ahm cazzo” esclamò Tommy. “Cazzo hai” chiese Riky. “Mi gratta il dorso con i denti”… “Dai allora sfilalo fuori”..

Allora l’omone prese ad inginocchiarsi portando le natiche a quasi dieci centimetri dal mio glande. Il piede destro – venoso e possente - poggiava sull’acqua zozza, quello sinistro anche. Ma con la differenza che quest’ultimo rimaneva involto nel suo calzino di spugna. Osservai l’acqua risalire le fibre del suo calzino e mi persi ad osservare quel suo polpaccio peloso pigiato contro la coscia.
“Posso cacargli sul cazzo?” chiese l’omone.
“Eh già, ma se ti scarichi tutto adesso non c’è gusto nel pomeriggio”… rispose Riky. “Ma solo un po’”…
“No, non se ne parla, poi mi inzaccheri il pavimento e noi qua c’abbiamo da fare, vestiti e vattene” rispose Riky. Poi uscì dal cesso.
L’omone si risollevò. Mise il cazzo in tiro nelle sue mutande, recuperò i pantaloni e s’asciugò i piedi con una mia maglietta posta nel porta biancheria. Chiese ed ottenne un paio di calzini a prestito, ringraziò per i calzini ed il bidet, e se ne andò.
Io mi ricomposi alla meglio. Uscii dal piccolo cesso.
E lentamente socchiusi la porta dietro di me....
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