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LA VACCA E LA STALLA


di CUMCONTROL
20.01.2019    |    30.687    |    24 6.2
"Il suo cazzo chiamava, oh si se chiamava, e mi dicevo guidando “va dove ti porta il Culo”..."
Questa è una storia vera, accaduta nel 2014 in un piccolo paesino della bassa mantovana.
Ho riflettuto a lungo se pubblicare o meno questa mia cronaca scritta due anni dopo il decorso degli eventi su quello che infondo è il mio diario personale.
E’ una storia di sofferenza e di sesso, di cui vorrei farvi partecipi chiedendo scusa per la mia grammatica e per gli episodi forse troppo piccanti che vi sono contenuti, ma io credo che ognuno di noi abbia diritto di decidere della propria vita, e dunque, di raccontarla.
Ringrazio anticipatamente i pazienti lettori che si avventureranno in questo mio resoconto di vita vissuta.
E ringrazio Annunci 69 per la grande opportunità che mi è stata data nel rendere noti i fatti vissuti.
A voi tutti, Grazie.

LA VACCA E LA STALLA
(La riscoperta della Minchia)

Era primavera. Ero stufo delle solite scopate cittadine. Un mio caro amico una sera mi raccontò di essere stato lo schiavo privato di un tale che stava in campagna.
Mi disse che si era molto divertito e dunque mi consigliava di vivere una esperienza simile uscendo dalla città per vivere i rapporti più veri e “umani”.
Non presi affatto in considerazione le esortazioni del mio caro amico. Prima di tutto non mi sentivo schiavo, non amavo certi modi villani e sentivo una vivida idiosincrasia nell’essere maltrattato. Certo, in amore tutto e’ lecito, e in amore ero stato insieme ad un dominus passivo che mi “usava”, ma non mi ero di certo mai fatto mettere collari, mai mi sarei sognato di camminare a quattro zampe o cenare in una ciotola ricolma di carne in scatola.
Ero un tipo tranquillo, taciturno, amavo molto andare in moto e fare rafting, ma amavo anche la vita domestica che avrei potuto condividere con un uomo da inculare, da proteggere e amare.

In quel periodo nella mia città stavo conoscendo un tale, abile sbocchinatore e molto bravo nel prenderlo. La cosa che però mi disturbava di questo giovane uomo, conosciuto in discoteca, erano le sue frequentazioni. Non ho mai visto tante amichette frociarole messe insieme. Queste sono creaturine del gentil sesso molto assillanti, blateranti e con qualche disturbo della propria sessualità che le porta a preferire amicizie gay alle compagnie più a portata di vagina.
Si usciva sovente con le amiche del tale, si andava per locali e loro blateravano di cinema, di teatro, di mostre, di concerti ed altre creazioni artificiali dello svago urbano che francamente mi annoiavano.
Il tipo che frequentavo cercava di assumere con me un temperamento virile, rispettoso e serio. Diceva che ero colto e che a suo giudizio ero molto diverso dai tanti gay della mia città e per questo molto fiero di farsi inculare da me, che ero a suo dire un vero uomo.
Era felice di stare con un uomo assai posato, machile, con l’hobby della moto e la passione per il rafting. Lui faceva il lookmaker, non mi chiedete cosa sia. Con le amiche però il giovane uomo si trasformava in una vera gallina. Starnazzava per la via con tutte le sue amiche logorroiche al seguito mentre si andava per locali a bere.
Una notte gli dissi basta all’uscita di un karaoke, dove mi trascinò per forza e presso cui tenne banco davanti al pubblico a cantare tutto il repertorio della Carta’ come una pazza.
Per me fu troppo.
Chiusi la storia.

Prima di tornare a casa quella sera passai a prendermi due birre. Aprii l’uscio, accesi la tv, levai scarpe e calze, e mi buttai tranquillo sul divano a guardare la partita del Milan.
Poi uscii in terrazzo, mi accesi una sigaretta e tirai uno scorreggio maschile guardando la città distesa tra le mille luci.
Da quanto tempo non mi innamoravo. Di chi mi ero circondato io se non di inetti frocetti senza sostanza. Io avevo bisogno di un uomo forte, da scoprire, da scopare... e da amare. Di un uomo che consegnandomi il suo culo... mi consegnasse il suo cuore.
Ma dove trovare uomini degni, uomini veri, senza velleità, che fossero rudi, passivi ma spartani.
Mi misi al pc. Scrissi un annuncio. “Uomo prestante e automunito cerca uomo virile in campagna per sesso e relazione”.
Una goccia nel mare delle solitudini, pensai.
Eppure.. da quel mare qualcuno mi rispose. Era Franco.

Franco fu chiaro.
⁃ lo prendo solo, non mi piace darlo. Sono maschio ben messo e se interessato a conoscenza eccomi ci sono. Cerco un compagno del cuore e che gestisca la mia casa mentre sono nei campi. Mia madre è morta da qualche mese. Mi sento solo.

Qualcosa mi impensierì ma decisi di conoscerlo.
Esplose “l’amore”!

Insomma un mese dopo mi trasferii da lui. Stavo bene, non avevo bisogno di far pugilato per scaricare i nervi, né tanto meno per rapidi col rafting. Anzi, trascorrevo le mie giornate per negozi di agritecnica acquistando mangimi per polli, per conigli, letame e vaselline per vacche, nonché sementi di ogni genere. Vendetti la moto e mi dedicai al mio compagno, in tutto e per tutto. Lui per campi. Io in casa a mandare avanti tutta la cascina. Ero sereno
Il ménage di coppia era pesante ma era tutto ciò che volevo: riordinavo la cascina, lavavo a mani le calze e le mutande del mio uomo che non so perché erano sempre così sgommate.
Ma a me il mio uomo piaceva così, ruspante, incurante nella scuregia di marmellata di prugne che gli preparavo direttamente dall’orto di casa. Stando con questo prestante contadino mi venne naturale avere un ruolo di secondo piano, lo ammetto. Mi sentivo non più il dominus della coppia ma ero alla pari con il mio uomo, certo, con qualche lieve tendenza da parte mia a mostrarmi subalterno nei ruoli domestici, pur mantenendomi però ben saldo al mio ruolo sessuale di attivo tra le lenzuola.
Vederlo di ritorno dai campi, vederlo scendere dalla trebbiatrice tutto sudato, suscitava in me persino delle emozioni feticiste. L’odore dei suoi piedi in particolare, cosa per me nuova, mi eccitava moltissimo. Che strano, io che avevo l’assillo per la pulizia del partner.
L’odore di caciotta dei calzini mi mandava in botta. Lo dico. Annusare i suoi calzini prima dei lavaggi mi faceva sentire fiero di aver finalmente trovato il maschio.
Adorava poi i miei minestroni. Tutte le sere si scassava la panza di tre piatti di minestrone.
Poi tutte le sere me lo scopavo sul divano. Il suo culetto unto di campagna mi drogava a tal punto da non farci più caso alle sgommate sulle mutande quando se le lasciava sfilar via.
Me lo scopavo di piatto. Lo denudavo e lo ficcavo nudo ma coi calzini incrostati ai piedi, che nell'uomo ho sempre trovato terribilmente sexy dopo il riporto ai capelli, una rarità di questi tempi.
Mi spremevo nelle sue chiappe ogni sera dopo il lavoro.
Poi col culo carico della mia sborra lui correva in doccia, per poi uscirvi profumato, ancor più carico e di nuovo pronto all’uso.
Veniva a stendersi sul sofà, riposato, sospirava, e apriva le cosce impugnando il telecomando. Si sintonizzava su Amici e lasciava che io lo lavorassi ancora mentre si guardava i talent della potentissima e indiscussa Maria. Lasciava dunque che affondassi di lingua tra le sue belle natiche pulite.
Il mio amore era un tipo “eminentemente anale”. Dopo il duro lavoro in cascina pretendeva il relax completo del suo buco del culo.
Non amava troppo farsi sbocchinare, questo va detto, ne’ tantomeno gli andava di contraccambiare di bocca. Di bocca non era gran che perché quando si degnava, quelle poche volte, mi sparava certi pompini al rigatone che era meglio lasciare stare.
Di lui era meglio godere servendosi del culo, pelosissimo, e bianco, si bianco, con quel suo spiccare da una abbronzatura d’ambra di sole d’estate che gli ricopriva tutte le altre parti del corpo.
Il suo culo era la mia passione. Leccarglielo era lo scopo della mia vita. Il mio vaccaro poi buttava via il telecomando dopo aver visto Amici e in preda all'estasi lui si sedeva sul mio cazzo esibendosi in eccellenti rodei che era tutto un dire.
Gli inseminavo il culo per la seconda o terza volta, e lui si lasciava fecondare da vero maschio, masturbandosi la minchia e gemendo da vero maschio.
Era bellissimo vederlo schizzare ovunque con quella sua bella vena gonfia nel bel mezzo della fronte. Saltava umido schizzando e con la mia mazza instancabilmente ficcata ancora in culo.
Il mio maschio.
Vaccaro, ruspante e maschio.

Dopo le trombate serali, si sopiva sudato sul sofà. Allora io mi addormentavo di fianco a lui sul suo bel petto villoso.
Tutto come dio comanda, no?
No.
Presto mi sentii inquieto.
Ero triste, sempre più triste. Mi mancava qualcosa. La città? Ma che.
⁃ Qualcosa non va?
⁃ No amore, sono solo un po’ stanco.
⁃ Vieni sul sofà, fammi il culo amore, sfondami, e ti sentirai meglio.
A mano a mano lo fottevo più per compiacenza che per slancio dei lombi. Egli divenne più audace nell’accoppiamento fra maschi quando di fatto si accorse che in me non tutto procedeva per il verso giusto. Un giorno mi prese per mano e si fece scopare nella stalla tra due montoni, nel puzzo di stallatico, e ansimava come un mulo mentre gli spaccavo il culo a colpi di reni.
Vederlo di schiena con la canotta su quella sua abbronzatura, vederlo inarcato, schiantato sul mio bassoventre mi faceva impazzire a tal punto da spremermi i coglioni.
Eppure... eppure sentivo dentro di me un urlo incapace di parlare.
A nulla valsero tante fantasiose intraprendenze.
Mi mancava qualcosa.
Si, ma cosa...
Una notte sognai qualcosa di orribile.
Mi aggiravo in una festa vestito tutto d’argento con un bicchiere di whisky in mano e una sigaretta tra le dita. Davo il benvenuto agli invitati nella mia casa e ricordo di trovarmi New York. Tutti mi dicevano “che bello”, “che bono”, “bonA che sei stasera”.
Bona?? Sì che ad un certo punto mi porto le mani tra i capelli, come faccio di solito quando mi sento un po’ imbarazzato. Sento i miei capelli morbidi, morbidissimi, cotonati e mi volto allo specchio. A guardarmi c’è Liz Taylor da vecchia!!
Ma che cazzo di sogno era mai questo. Corro via per le scale in preda alla vergogna e un ascensore si apre e allo specchio mi vedo che porto in testa una coroncina glitterata, sorta di ferma capelli insomma, con impiantati a raggiera ben 9 spazzoloni da cesso.
Ma checcazz!!
Checcazzo di sogno era mai questo!
Mi svegliai di soprassalto. Corsi in bagno e mi lavai la faccia, mi guardai allo specchio, tremavo e sentii forte il desiderio di uscir per strada. Sentii fortissimo un’irrefrenabile bisogno di smanettare cazzi, di succhiare e di ingerire sborra. Cazzi e sborra furono le mie visioni al risveglio.
Perché proprio a me. Ma cosa accadeva dio mio. Cosa cazzo voleva dire tutto quello che mi stava capitando nella testa??

In tre sole parole: mi mancava il cazzo.

Glie ne parlai a Franco. Certo che glie ne parlai. Non volevo mandare all’aria il nostro amore fatto di due cuori e una capanna.
Sulle prime mi offrì la minchia per rispondere alle mie esigenze. Nel succhiarlo però egli restava muto, quasi insensibile al lavorio goloso delle mie polpe orali.
Poi sborrava. Una mattina mi disse:
⁃ Un po’ mi hai deluso
⁃ In che senso?
⁃ Credevo tu fossi diverso, che tu fossi il vero uomo che cercavo. La verità è che ti piace il cazzo.
⁃ Non dire così, ho diritto anch’io di succhiare un po’ di cazzo e non mi pare di chiederti troppo visto che non ti ho mai chiesto di incularmi
⁃ Tu... tu lo vorresti?
⁃ No, gli dissi fermamente
Mi lanciò uno sguardo dubbioso, sali sul trattore e si diresse ai campi di mais.
Quella sera cenammo in silenzio. Parve che non esistessi. Col cuore in mano cercai di spiegare, di assicurargli sul merito che fossi attivo, che non mi sarei mai sognato di prenderlo su per il culo.
⁃ Promettimi che tu userai il culo solo per cacare.
⁃ Promesso gli risposi.
Facemmo l’amore tutta la notte. Irrorai Franco del mio sperma. Dopo l’amore cavò fuori il mio sperma dal retto, che la mia lingua accorse a raccogliere tutto. Era ritualità di coppia. Poi mi baciò con la mia bocca impastata e ci passammo con disperazione il seme di bocca in bocca.
Ma il mio bisogno di cazzo stava travalicando ogni cosa.
Avevamo forse bisogno di distrazione.
Stavo mutando pelle?
Perché nei dormiveglia mi sentivo Liz Taylor?
Perché sognavo di essere Isabella Rossellini? E Sandra Milo, eh? Cosa c’entrava Sandra Milo?
Ma che cazzo mi stava capitando.
Franci colse il mio turbamento pur non capendo i miei moti interiori.
Organizzò un party sull’aia. Da Milano vennero due coppie di amici eterosessuali. Poi arrivò una sua cara amica Trav di nome Erminio che era un intendente della brigata Taurinense che in estate si lasciava andare alla sua seconda natura. Questa Trav veniva accompagnata dal suo uomo, un tale Mimmo, un energumeno della bassa Italia, conducente di autospurghi; un soggetto tozzo, con una cordialità spiccatamente plebea e una totale inettitudine ad esprimersi in italiano.
Poi ci raggiunse Andrea…
Fu lì che la mia mente ruppe gli indugi.
Andrea era un villano come il mio Franco, nel senso che era tenutario di terreni contermini ai campi del mio uomo. E bene. Alla presentazione mi strinse la mano e se la sua bocca sorrideva cordiale, i suoi occhi mi comunicarono concupiscenza. Sentii nel cuore come uno stato di leggerezza che non seppi spiegare.
Ci sedemmo e brindammo. Andrea vestiva in tuta e non la smetteva di palparsi il cazzo in mia presenza. Io ebbi un sussulto di turbamento, un desiderio da togliere il fiato, ma quell’uomo virile e prestante mi suscitava anche un forte senso di colpa, perché mi resi sconto che col pensiero stavo tradendo il mio uomo.
Non potevo, certo che non si poteva, ma non riuscivo a non guardarlo. Lui incrociava il mio sguardo e tutto attorno a noi menava fiamme, menava.
Andrea stava placidamente svaccato sulla sedia a sdraio col bicchiere di vino sulla pancia. Con l’altra mano si teneva nuca, e sorrideva sornione coi piedi nudi accavallati e velatamente sporchini. Non tanto eh, sia chiaro, ma quel tantino che basta specie alle piante dei piedi, da farti rollare la lingua desiderosa di quel non so, come posso dire.. di quel sudaticcio granulare no?
Il pacco poi.. mi vergogno persino a dirlo.. ma quel pacco, quel paccone aerostatico che si gonfiava sotto la sua tuta, che roba era, eh?!
Gli avrei succhiati le piante dei piedi, quello senza dubbio. Gli avrei assaggiato gli aromi del suo culetto da caciottaro, e gli avrei succhiato fino a notte fonda quella minchia clamorosa che con prepotenza dava mostra di sé sotto la tuta. Certe visioni sono delitti per l’umanità.
Corsi un attimo dentro la cascina e ricordo che bevvi un bicchiere d’acqua. Mi accostai al lavello, deposi il bicchiere e mi infilai la mano sotto i pantaloncini sditalinandomi con cura il culo con un fare da miciona in calore.
Io? Io troia?
Non capivo. Cosa mi stava succedendo. Ebbi attimi di profondo turbamento. Avevo il cazzo teso, il culo fiorito e un inverecondo desiderio di minchia.
Uscii nuovamente. Nell’uscire andai quasi a sbattere contro Andrea che stava entrando in casa.
⁃ Il cesso è di là?
⁃ Certo, guarda e’ proprio alla fine del corridoio.
Andai a sedermi con gli altri. La trav era felicissima di aver trovato dei nuovi amici. Con me fu cordiale, come lo fu senz’altro quel suo fidanzato, tale Mimmo, il tracagnotto della bassa Italia. Ma presto mi venne a simpatia. Perché? Perché non si faceva riguardo a scorreggiare in pubblico con grande risate di noi altri. Era un tipo alla buona. Il mio uomo era felice di stare in compagnia. Io ero il suo uomo, ed i suoi amici mi trovarono persino intelligente.
Di tanto in tanto guardavo l’uscio della porta di casa per vedere se per caso Andrea uscisse all’aperto da noi, ma niente.
Mi alzai e rientrai in casa. Mi accostai alla porta del cesso e feci qualcosa di terribile. Annusai il profilo della porta per sentire che sapore ha l’aria di un maschio nell’intimità del cesso.
La porta però’ era socchiusa.
⁃ Entra, non fare il timido
⁃ Scusami, devo solo lavarmi le mani
Lo vidi allo specchio seduto con la tuta e le mutande tirate alle caviglie. L’orlo della canotta ed il bordo della tazza mi offrirono una visione parziale del cazzo che teneva ripiegato nel cesso.
⁃ Quando sono a casa d’altri non mi viene mai facile cacare
⁃ Capita anche a me
Uscii di corsa dal cesso ed entrai nella vicina camera da letto. Mi misi entrambe le mani al collo e tentai di respirare perché ero così emozionato da avere una fame d’aria oltre che di cazzo.
Sentii lo sciacquone. Poi sobbalzai.
⁃ E niente, a cacare manco a parlarne
Andrea disse questo entrando nella stanza, poi aggiunse.
⁃ E’ da tanto tempo che tu e Franco state insieme?
⁃ Sei mesi
⁃ E come va?
⁃ Meravigliosamente. E’ un brav’uomo, un grande lavoratore, non mi fa mancare niente.
⁃ E quante volte ti dà la minchia?
⁃ Ti prego non farmi queste domande perché trovo che questi aspetti attengano alla questione privata, pertanto ti pregherei di tralasciare l’argomento onde..
⁃ Hahahahaha ma come cazzo parli

E così Andrea mi piantò la lingua in bocca senza preavviso. Io? Io mi arresi come una pecorella al suo pastore pronto a tosarla.
⁃ Quando parli non capisco un cazzo. Ma tu con questa boccuccia saprai tirare delle gran bocche.
Poi mi afferrò il gluteo, me lo strizzò e aggiunse.
⁃ E questo culetto, eh? Da quanto tempo questo culetto non si piglia un bel cazzone??
⁃ Ti prego, va via.
Gli dissi "va via" tremula come una Traviata qualunque, e mi diressi alle tende per guardar fuori..
Quel bruto mi fasciò la vita con quelle braccia è mi scaraventò nel letto tra le lenzuola coniugali.
In un attimo mi fu sopra, mi strappò parte della canotta e mi morse un capezzolo. Inarcai il collo, sollevai la coscia e le sue dita cercarono la mia fessura.
⁃ Brava Troia voglio sentirti gemere
Ed io gemetti, e come se gemetti. Ero sotto di lui in preda all’estasi mentre la sua testa scendeva a sfiorarmi il cazzo già tosto, ma volle andare oltre. Levò via i miei pantaloncini e conficcò le due dita operose ravanandomi il retto. Si succhiò le dita gustando la mia fragranza, e poi diede l’assalto a leccarmi l’ano.
Che dire, io giacevo tra lenzuola coniugali compiendo lo scellerato adulterio, arresa come una Cleopatra al deliquio fatale del morso della vipera. Ma li mortacci mia quanto so letterata.
⁃ Troia girati così ti lecco meglio.. mmmmm brava la mia puledra
Io, sentitami appellare al femminile ne fui compiaciuta perché non era solo del cazzo che necessitavo, ma della virile energia cosmica della natura maschia su di me, che ero infondo da sempre - senza saperlo - una cosmica vacca.
“Altro che attiva”, pensai mentre quello leccava il mio buco del culo.. “Ma chi te crede più, a scemaaaaa.. “ mi ripetevo con quel bel maschione selvaggio attorcigliato attorno alle mie natiche.
Stavo ormai messa a pecora da un bel po’ sulle lenzuola coniugali e vi restai così a lungo sentendomi battuta di lingua sulla mia fessurina.
Al che gli urlai con fare perentorio:
⁃ Fottimi!!!
⁃ Certo mia signora, siamo qui per questo
⁃ Non sono una signora, urlai
⁃ Ah si è che minchia sei, eh?
⁃ Sono la tua faraona
⁃ Hahahaha chi??
⁃ La faraona!!!
⁃ Si certo, Cleopatra hahaha
⁃ Nooo cazzo, ti vuoi muovere? Io sono Culatrona la tua faraona
⁃ Hahahaha che cosa?

Al che mi innervosii.
Sfuggii via dalla sua presa. Mi avventai sullo scrittoio, feci spazio sul piano buttando all’aria la foto di mia suocera morta otto mesi prima, e presi il piccolo vaso coi fiori e lo scaraventai contro la testiera del letto.
Mi buttai a pesce sullo scrittoio e tutta ingrifata alzai le gambe ordinando al mio maschione a che si predisponesse con grinta alla grande svangava.
Egli mi raggiunse presto per carità, e senza se e senza ma mi afferrò il bacino, mi trascino a portata di minchia e me la conficcò tutta dentro uccidendomi di soppiatto!
⁃ Fottimi cazzo, bestia!
⁃ Quanto sei bona, si tutto dentro
E così il mio bruto prese a bombarmi il culetto, sì che in quegli attimi mi sentii finalmente libero e completamente vacca, certo un tantino adultera ma tanto tanto Culatrona.
Mi stava sfasciando il buco culo quando mi voltai, e con il pollice e l’indice feci un cerchio, e gli ingiunsi..
⁃ Mi devi sturare tutta cazzo, tutta!
Ma nel voltarmi mi si gelò il sangue............

Franco, il mio fidanzato stava sull’uscio della porta e ci guardava incredulo, stupito, sconvolto.
Al che con lentezza allontanai Andrea. Fissai negli occhi Franco e dissi.
⁃ Non pensare. Non è quello che pensi tu. Posso spiegarti...
⁃ La tua puledra aveva voglia di minchia, esclamò Andrea.

Tra i due scoppiò una tremenda colluttazione che io atterrita corsi via attenta a dove mettere le punta dei piedi per poi chiudermi nel cesso. Sentii i tonfi sordi dei pugni. Mi sedetti nudo sul cesso e presi a sditalinarmi l’ano impaurita ed eccitata al tempo stesso per quei due maschioni che se la stavano dando di santa ragione per me. Io ero così terrorizzata e al contempo così eccitata che mi misi a strillare con la manina l’ululato degli Apache mentre con l’altra manina mi ravanavo la trippa.
Poi gli amici accorsero. Bussarono alla porta. Aprii ed irruppe Erminio la trav, l’intendente della Brigata Taurinense che mi prese a schiaffi e pizzichi cattivi dandomi della mignotta. Mi urlava che Franco non meritava tutto questo, che io dovevo essere sbattuta fuori di casa e mi prese borsettate così forti che Mimmo, il tamarro buono, la divincolò da me e dalla sua furia.
Che dire. A sera andarono via tutti. Fu penoso vedere il mio Franco sul sofà seduto con la testa tra le mani.
Non parlammo. Ero mortificatissimo.
Gli preparai una tazza di brodo caldo e glie la porsi. A quel punto egli sollevò il viso. Entrambi avevamo gli occhi colmi di lacrime.
⁃ Perché mi hai fatto tutto questo. Potevo farlo anch’io. Stacci attento perché poi fa male (cit).
Mi inginocchiai amareggiato d’innanzi a lui. Che delitto avevo compiuto. Poi dalla tasca lui estrasse un biglietto, e disse:
⁃ Questo è l’indirizzo di Andrea. Sta a te decidere se me.. o lui.

Presi il bigliettino. Non ci pensai due volte.
Quella notte stessa presi armi, bagagli, baracche e burattini, e corsi da Andrea tutta sfrenata. Il suo cazzo chiamava, oh si se chiamava, e mi dicevo guidando “va dove ti porta il Culo”.
Quella notte, non per dire, Andrea mi smontò il culo pezzo dopo pezzo. Mi sfasciò il retto, lacerò gli sfinteri e mi sconquassò del tutto l’ampolla rettale che io ero tanto mai tanto cavalla. Ero fiera della sua alabarda di carne.
Un vero fuoco. Quanto a me, c’è che dire. Messalina 2.0. Ero felicissima di farmi sbattere come una Caprona.
Debbo dire che fu all’altezza della situazione. Non solo era instancabile ma non faceva che darmi della gran puttana e mi deliziava di scuotimenti ben brutali non mancando però di sputarmi tutta. Mi fece poi camminare a carponi tirandomi dei calci da farmi il culo a zampogna. Mi fece raggiungere il cesso, mi buttò la testa dentro, io mi ribellai certo perché almeno poteva dargli una ripulita. Mi disse “stai zitta vacca” con una brutalità, con una verve, con una classe da vero bovaro che fu difficile per me trattenere una certa commozione, e quando giunse a ficcarmi lo scopino in culo, guarda, lì trovai la cosa molto molto originale.
Poi che dire, mi pisciò sulla testa e questo io lo interpretai come il battesimo di un nuovo amore.
Mi fini con una trapanata di trippa che io nel cavo vuoto del water urlai semplicemente “so felice, so zozzana, mortacci mia quanto so zozzona”.

E il giorno dopo?
Da quel mattino fummo fidanzati ufficialmente. Era la vita che volevo. Cazzi ad ogni pie sospinto, una pletora di chiavate e tante faccenduole di casa che io adoravo compiere come una sposina novella.
Preparavo pranzo, lavavo, stiravo, lavavo il cesso, accudivo i maiali, le galline, vacche e conigli; pulivo la stalla e cambiavo i pannolini di sua madre. Si, sua madre. Viveva con noi, una sordomuta col Parkinson che mi faceva davvero penare. A fine sera ero stanchissimo e per premio il mio amore mi gettava in gola schizzi di sperma e dosi industriali di urina.
Ero felice. Al mio compleanno mi diede la “prova sociale” del nostro rapporto. Dopo le candeline, mi regalò davanti a tutti gli invitati uno spazzolone da cesso da ficcarmi in culo. Tutti risero ed io anche. Mi disse che avrei potuto utilizzarlo mentr’egli lavorava per campi con la tramoggia, così che francamente tenessi a bada le mie improvvise desiderata di minchia in sua assenza, edulcorando la mia propensione all’adulterio. Mi dava della puttana davanti a tutti e io lo trovai tanto ma tanto eccitante.
Lo scopino era ok. Lo provai davanti a tutti. Il mio uomo mi fece esibire facendomi fare due volte il giro della conigliera. Poi mi stappava, mi scrollava con due dita e mi lasciava succhiotti stupendi dando a me della baldracca e al mio ex del cornuto. Era geloso il mio amore, e la sua gelosia per me fu prova di grande affetto.
Che maschio.
E il mio ex? Che strazio. Sul social non faceva che piagnucolare postando pensieri sull’amore, su noi due, sul tradimento e su propositi di far la finita. Povero, fu un vero colpo ma io che ci potevo fare? Io amavo il cazzo di Andrea. Nella vita si va avanti e il mio futuro non era più Franco, ma Andrea, che modestamente mi faceva il culo.
Si che un giorno il mio ex mi scrisse. Santa pace. Gli accordai un incontro fuori dal recinto della cascina di Andrea.
⁃ Come stai Franco?
⁃ Abbracciami ti prego.
⁃ Franco così peggiori le cose, devi essere forte.
⁃ Mi manchi.
⁃ Franco forse dovresti farti aiutare, ti vedo dimagrito non ti vedo bene.
⁃ Ti prego torna da me.
⁃ Sai che non posso. Ora sono il fidanzato di Andrea e non posso lasciarlo, ci rimarrebbe male.
⁃ Ma a me non ..niente, scusa. Ti lascio questo.
⁃ Cos’è?.... nooo, marmellata?
⁃ Mi mancavano le tue marmellate di prugne e allora ho imparato a farle. Spero ti piacerà!
⁃ Mi piacerà tantissimo, fatti dare un bacetto sulla guancia.
⁃ Non mi chiedi altro?
⁃ Beh, si.. ma mi vergogno.
⁃ A me puoi chiedere tutto, io per te ci sarò sempre.
⁃ Grazie.. ehm.
⁃ Dimmi
⁃ Tu che sai, quando ti sviti il doccione per il lavaggio anale, che fai, raccogli le polpettine dalla vasca da bagno o lasci andare rischiando di chiamare l’idraulico?
Non mi rispose. Scoppiò in lacrime.
Mi voltai, presi il viale e mi allontanai col vasetto in mano senza rivolgermi a lui, persuadendomi che infondo si, valeva la pena rischiare con l’idraulico.
Entrai in cascina e Andrea era rientrato da poco per una breve pisciata. Lo colsi proprio mentre si scrollava e mi avventai ad asciugargli la cappella. Poi mi alzai, gli dissi che avevo visto Franco ma che non avevo fatto nulla, aprii il vasetto e impiegai la marmellata di Franco per lubrificarmi il buco del culo.
Mi scopò in maniera epica contro la lavatrice che io mai godetti di culo come in quella buona mezzo ‘ora alla prugna.

Poi cosa vuoi.
Gli uomini son fatti così. Sono fatti per diffondere la specie. E così dopo poco più di un anno si stufò di scopare sempre lo stesso culo.
Consapevole della crisi coniugale in atto glie ne parlai.
⁃ Cosa c’è, non mi ami più?
⁃ Passami la nafta.
⁃ Andrea forse io e te dobbiamo parlare.
⁃ Non c’è niente che non va. Il trattore ci sta lasciando e dobbiamo comprarne un altro.
⁃ Lo compreremo. Ascolta non fare finta di niente, se non ti garba più scoparmi potremmo rivedere i termini del nostro rapporto, che ne so, andare da un consulente di coppia o studiando misure più piccanti.
⁃ Cazzo dici?
⁃ Voglio dire che ne so.. mi potresti scorreggiare in faccia dopo avermi riempito il pancino del tuo sperma, no?
⁃ Vai dentro CUM, hai rotto il cazzo co sti discorsetti da mogliettina. Vai a vuotare la soffitta e togli i tuoi libri dal sottoscala che dobbiamo metterci la legna.
⁃ Io credo che ..
⁃ Tu non devi credere porco bue, tu devi fare quello che ti dico io. Togliti dai coglioni ti ho detto.
Indignata come nessuna restai un attimo perplesso. Poi infilai il sentiero ed entrai in cascina non sapendo se darmi al veleno per topi come madame Bovary o mettermi a lavare il cesso con l’anitra WC.
Ma diamine. In che cazzo di situazione mi ero ficcato. Io poi che infondo non avevo fatto male a nessuno.
Poi mi vennero in mente le parole di mia nonna. Ella soleva dirmi “Ninni mio, se vuoi tenere a te il tuo uomo dovrai sopportare tutto”. Saggi consigli, altro che mia madre, che definiva il mio buco del culo una “fica cacante”.
Allora pazientai. E come se pazientai. Presto a cena dovetti apparecchiare non più per tre, ma per quattro, ossia per lui, per me, per la suocera e per una frocetta venuta dalla città’ e che trasferì a breve la sua residenza da noi in cascina.
Cosa vuoi. Il mio uomo doveva svagarsi. Si faceva un mazzo per i campi e non vedevo perché non potesse procurarsi un diversivo al mio culo sbattendosi il culo di quella frocetta.
La frocetta non mi cacava manco di pezza, salvo che per dirmi “toglimi l’aglio perché non mi piace l’aglio nel pesto “ oppure “scusa mi liberi l’armadio delle tue cose”?
Debbo dire che Andrea per sedare sul nascere i conflitti tra me e la concubina, decise in maniera salomonica buttando le mie cose in stalla.
Poi alla frocetta non gli garbava il materasso nunziale, così pure quello finì nella stalla e fu acquistato un materasso memory per la cerbiattona.
A breve il mio uomo mi consigliò di andare a dormire in stalla in quanto doveva scoparsi la frocetta tutte le sante sere. Mio malgrado finii in stalla. Ma comunque aveva cura di me. Se pioveva a dirotto, per dire, mi teneva chiuso a chiave nella stalla senza farmi uscire per giorni. Non ho mai creduto che mi tenesse rinchiuso perché la frocetta detestava le stampe di fango in casa. Io credo che lo facesse per la mia salute, insomma perché non prendessi colpi d’aria. Avvolte dimenticava di portarmi da mangiare, ma cosa vuoi, era così preso dal duro lavoro nei campi e la sera quella disgraziata sono sicuro che non lo facesse uscire per portarmi il rancio.
Non posso dire poi che il mio uomo prese proprio a trascurarmi. No. Anzi.
Mi usava come lubrificante.
Cioè, la sera usciva nell’aia, mi fischiava e con lui entravo in camera. Gli leccavo il cazzo e insalivavo il buco del culo della frocetta. Poi il mio fidanzato lo scopava ed io non sapendo cosa fare leccavo i piedi ad entrambi, o quando ci riuscivo, levavo via di lingua il sudore in eccesso dal culo del mio Andrea mentre svangava la frocetta.
“Andrea lo mandi fuori?” diceva quella è così cosa vuoi, mi urlava e io quatto quatto me ne rientravo in stalla, e mi addormentavo come un bambino levando via i peli di culo dalla mia boccuccia.
Dopo due anni Andrea mi disse che dovevo andar via dalla casa e così feci. Tanto si sarebbe stancato della frocetta, si sarebbe sentito solo e mi avrebbe presto richiamato.
Tornai in città. Mamma mi accolse, mi convinse che gli uomini passano di fica in fica e che la mia “fica cacante” sempre fica era, e per farmi riprendere dalla delusione d’amore mi spedì in Sicilia dalla nonna. Oggi vivo a Zafferana Etnea. Da due anni sto con un uomo davvero speciale.
Mi ama così tanto da fottermi col Cialis e mi chiama ninfomane. Per natale non mi ha regalato nessuno scopino da cesso ma mi ha fatto un dono che vale mille scopini da cesso: un ricovero meraviglioso al pronto soccorso dopo una superba fistata con la gamba del tavolo in autentico rococò. Sono felice.
Certo mi tradisce anche lui.
Ma cosa vuoi, gli uomini sono creature meravigliose.
Brutali. Ma meravigliosi.
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