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Il Gioco del Desiderio, 16


di ElegantiInsieme
09.07.2025    |    965    |    6 9.1
"“Grazie, tesoro, ” sussurrò Claudio mentre ritirava lentamente il pene dal buco ormai colmo, già attraversato due volte..."
Poco dopo, Alessandro spinse Silvia verso la sua scrivania. Spostò la sedia indietro e ripulì le carte. "Siediti qui", disse, indicando la scrivania di fronte alla sua sedia.
Silvia si arrampicò sulla scrivania, con le gambe penzoloni verso il pavimento. Guardò Alessandro avvicinare la sedia e sedersi.
"Appoggiati allo schienale."
"Oh, Gesù", disse Silvia mentre si sdraiava sulla scrivania. Un gemito le sfuggì dalle labbra quando lo sentì sollevarle le gambe, tirandole la gonna fino alla vita. Improvvisamente, le sue gambe erano aperte, visibili a tutti. Si sentì di nuovo incredibilmente esposta.
Alessandro le sollevò le gambe, poi le ripiegò verso il petto, aprendole completamente l’intimità lucida di desiderio. Restò per un attimo a guardarla, le labbra interne gonfie e tremanti, così umide da sembrare sul punto di stillare. Un ringhio basso gli uscì dalla gola mentre si chinava, affondando la bocca su quella carne calda e palpitante.
“Ahhhh, ohhhh,” gemette Silvia, sopraffatta dal piacere. La sua vulva sembrava vibrare sotto le labbra esperte di lui, che succhiavano, leccavano, esploravano con una fame primordiale. Le mani di lei gli si aggrapparono ai capelli. “Oh Dio, oh Dio,” gridò, mentre la lingua di Alessandro si spingeva più in fondo, tra le sue pieghe, fino a penetrarla.
Intanto, in un’altra stanza, Claudio sollevò lo sguardo dalla rivista, come se avesse colto un’eco lontana. I suoi occhi incontrarono quelli di Emma, che gli rivolse un sorriso enigmatico. Sapeva qualcosa? si domandò. “C’è un bagno da queste parti?” chiese, cercando di mascherare un certo turbamento.
“Sì, da questa parte.”
Claudio la seguì. Il corridoio era stretto, le pareti insonorizzate male, le luci al neon un po’ tremolanti. Ma tutto quello che vedeva in quel momento era il sedere di Emma, fasciato in una gonna attillata che ondeggiava a ogni passo come un invito sfrontato. Lei camminava davanti a lui con passo sicuro, il tacco che ticchettava sul pavimento in linoleum. Il bagno era proprio accanto alla porta dell’ufficio di Alessandro.
Stavano per arrivare quando un suono li inchiodò.
Un gemito. Lungo. Umido. Carico.
Si guardarono. Emma abbassò lo sguardo un attimo, come a voler mascherare un moto d’imbarazzo, poi disse, abbassando la voce:
“Ogni tanto si sentono, rumori strani da queste parti.”
Il suo tono voleva essere ironico, ma sul viso era comparsa una tensione insolita. Claudio annuì appena, lasciandole la recita. Una brava segretaria che copre il capo che se la spassa in ufficio, pensò, trattenendo un sorriso.
“Vado un attimo in bagno”, mormorò.
Chiuse la porta alle sue spalle, ma era impossibile concentrarsi. L’erezione gli tirava la cerniera dei pantaloni. Cercò di rilassarsi, ma nulla: la mente era rimasta incollata a quel suono. A quel respiro spezzato. A quel sospirare trattenuto oltre una porta.
Dopo un minuto, riaprì lentamente. Il corridoio era vuoto. Emma era sparita.
Claudio fece due passi. Il cuore tamburellava. Si avvicinò alla porta dell’ufficio di Alessandro. Un altro gemito, più forte, lo fece gelare sul posto. Lentamente, si piegò in avanti e accostò l’orecchio al legno. Dall’altra parte, una voce femminile ansimava tra colpi ritmati, sempre più intensi.
Silvia. Era lei. Non poteva sbagliarsi.
Poi un colpo sordo, seguito da un “Sì! Ancora!”. La voce era rotta. Sudata. Carica.
Un attimo dopo, un rumore di pelle contro pelle. Rapido. Bagnato.
Claudio trattenne il fiato. Il suo cazzo premeva con forza contro i boxer. Si appoggiò alla parete accanto, combattuto tra l’eccitazione e l’imbarazzo. La porta vibrava sotto i colpi dall’interno.
Stava davvero ascoltando Alessandro scoparsi Silvia, in pieno giorno, a dieci passi da lui.
Chiuse gli occhi un istante, come per imprimersi tutto nella memoria.
Poi li riaprì. E mise la mano sulla maniglia.
“Oh Dio, oh Dio, leccami, leccami!” gemette Silvia, con la voce incrinata dal desiderio, le mani strette ai bordi della scrivania. I suoi fianchi si sollevavano in cerca della bocca di Alessandro, spingendogli contro la figa gonfia e pulsante, completamente offerta alla sua lingua affamata.
Claudio, con l’orecchio ancora appoggiato alla porta, trattenne il respiro.
Sta davvero leccandola, lì dentro, sul tavolo del suo ufficio, pensò, incredulo e al tempo stesso eccitato. Riusciva a sentire tutto. Il suono umido e ritmico della lingua, i piccoli schiocchi di suzione, i gemiti spezzati di lei che si rincorrevano senza filtro. Il suo cazzo pulsava, duro, imprigionato nei pantaloni ormai troppo stretti.
“Ohhhhhh!” gridò Silvia. Poi il rumore secco delle dita che si affondano nei capelli.
“Sì, così, continua,” ansimò, quasi piangendo.
Gli strinse la testa tra le cosce, incollandogli la bocca all’inguine. Alessandro non si fermava. Succhiava, leccava, spingeva la lingua dentro di lei come se volesse assaggiarle l’anima.
“Sto venendo, sto, venendo!” urlò Silvia, travolta da un’onda che le incendiò ogni nervo. Il suo corpo si tese, scosso da spasmi irrefrenabili. Inarcò la schiena, le gambe strette attorno alla testa di lui, mentre l’orgasmo la attraversava tutta, forte, incontrollabile. Solo dopo lunghi secondi riuscì a spingerlo via con le mani tremanti, ansimando, il corpo abbandonato contro il piano della scrivania.
Claudio, fuori dalla porta, rimase immobile. Il battito nel petto rimbombava nelle orecchie. L’erezione lo faceva impazzire. E quel che aveva appena ascoltato, gli sarebbe rimasto nella testa per molto, molto tempo.
Claudio tornò di corsa alla reception, ma si fermò di colpo prima di svoltare l'angolo. Poteva vedere Emma, di spalle, seduta alla sua scrivania. Il suo cuore sussultò quando vide che aveva una mano tra le cosce, accarezzandosi l'inguine. Sembrava chinarsi verso il telefono. Si mosse leggermente in avanti e poi sussultò. Aveva il citofono acceso e stava ascoltando cosa stava succedendo in ufficio.
A quel punto Emma dovette sentire qualcosa nel corridoio, perché ritirò rapidamente la mano da tra le gambe e premette il pulsante del telefono, spegnendo il citofono.
Claudio tornò lentamente indietro e si sedette, sorridendo a una ragazza visibilmente eccitata. Non gli importava più che lei potesse vedere la sua erezione. La guardò e disse: "Immagino che anche dal telefono provengano strani rumori".
Emma lo guardò accigliata. Quando vide Claudio sorridere, il suo cipiglio si trasformò in un sorriso. "Sì, è un edificio molto strano." Abbassò lo sguardo e vide che Claudio aveva un'erezione. Non sapeva cosa ci fosse tra lui e sua moglie, ma ora sapeva che lui sapeva cosa stava succedendo in ufficio.
"Dobbiamo ascoltare?" chiese Claudio, avvicinandosi e indicando il telefono.
Emma guardò Claudio e si morse il labbro indecisa. Poi sorrise e disse con entusiasmo: "Okay". Si sporse e premette il pulsante del telefono. All'inizio, si udì solo un respiro affannoso. Poi udirono la voce di Alessandro.
"Devo scoparti", disse, e tirò Silvia in piedi. La girò e la spinse verso la finestra, premendo i seni nudi contro il vetro freddo.
Silvia inspirò a fondo mentre il freddo del vetro le pungeva i capezzoli, tesi e duri contro la superficie. I seni premevano nudi contro la finestra, lasciando deboli aloni di condensa. Dietro di lei, sentì Alessandro sollevarle di nuovo la gonna, con calma, come se stesse scartando un regalo già suo.
Lei spinse il bacino all’indietro, offrendo il sedere, mentre restava con il petto incollato al vetro. Il contrasto tra il freddo davanti e il calore crescente dietro le dava i brividi.
Poi lo sentì inginocchiarsi. Le mani che le accarezzavano i glutei, poi le aprivano le natiche con lentezza. E infine la lingua. Calda, decisa, che cominciava a leccarla da sotto, risalendo tra le pieghe umide. Silvia gemette piano, le dita premute contro il vetro per reggersi, mentre guardava la città scorrere sotto di lei: automobili, luci, gente piccola come formiche,
Se solo sapessero cosa sta succedendo qui sopra, pensò, in un delirio di piacere e sfrontatezza.
All’improvviso sussultò. Alessandro le aveva sfiorato il buco con la lingua.
“Oh Dio,” ansimò. Poi un gemito più profondo le sfuggì dalle labbra.
“Sì, sì, infilami la lingua nel culo,”
Le sue parole rimasero sospese nell’aria, sporche e meravigliose, mentre lui la obbediva senza esitazione, affondando con la bocca tra le sue natiche, leccandola più a fondo, più sporco, più intenso.
Claudio guardò Emma, e nei suoi occhi trovò la stessa fame che gli stava bruciando dentro. Era lussuria pura, liquida, trattenuta appena sotto la superficie. Se non fosse stato così rischioso, l’avrebbe presa lì, sulla sedia, sotto gli occhi invisibili dell’intero piano.
Ma era ora di pranzo. Le porte dell’ascensore continuavano ad aprirsi. Gente che usciva, che parlava a voce alta, che si dirigeva verso la meeting room con i badge al collo e i tablet in mano. Il mondo normale. Il mondo di fuori.
Emma si agitava appena sulla sedia. Le gambe accavallate, le mani incerte, il respiro corto. Claudio capì che anche lei era al limite. E fu allora che prese la decisione.
La fissò e, con voce ferma, disse:
“Togliti le mutandine.”
Il cuore gli rimbombava nel petto. Trattenne il respiro.
Emma sgranò gli occhi, lo guardò come se fosse stato impazzito. Poi si morse il labbro inferiore, lentamente, lasciando una lieve traccia di rosso lucido. Guardò oltre le porte a vetri, verso l’atrio, osservando il via vai di colletti bianchi, come per calcolare il rischio. Esitò.
“Fallo,” ordinò Claudio, con un tono basso e autoritario che non ammetteva repliche.
Lei si sollevò lentamente dalla sedia, mantenendo la schiena dritta e lo sguardo fisso su di lui. Le dita scomparvero sotto la gonna, e con un gesto fluido tirò giù il perizoma sottile, facendolo scivolare lungo le cosce, poi sulle ginocchia, fino alle caviglie. Lo raccolse, piegato tra le dita, come se fosse un biglietto segreto.
Claudio tese la mano.
Senza dire una parola, Emma gli porse le mutandine.
Le appoggiò docilmente sul palmo, umide e calde, un piccolo trofeo intriso di desiderio. Lo guardò con occhi accesi mentre Claudio se le portava al viso, inspirando profondamente il suo profumo. Era sfacciato, animalesco, dominante, ed Emma ne fu travolta.
Trattenne il respiro per quel gesto spudorato, sentendosi sciogliere tra le cosce. Poi l’eccitazione la invase del tutto. Aprì lentamente le gambe, accavallate poco prima con finta compostezza, e tirò su la gonna fin sopra le cosce, rivelando la sua fessura umida, coperta solo da un leggero velo di peli biondi e lucidi di eccitazione.
Claudio le fissava le labbra intime, gonfie, vibranti, le gocce che le imperlavano tra le pieghe come rugiada. Sapeva quanto fosse pronta, quanto lo volesse.
“Toccati. Voglio vederti godere,” ordinò, la voce roca e tagliente come un comando militare.
Emma non disse nulla. Le dita scivolarono subito tra le labbra calde, aprendosi lentamente, accarezzandosi con movimenti circolari, delicati, prima ancora di arrivare al clitoride. I suoi occhi non lasciavano mai quelli di Claudio.
Ma proprio mentre l’atmosfera si faceva incandescente, un grido squarciò il silenzio dalla stanza accanto.
“Gesù, devi scoparmi, Alessandro!”
La voce di Silvia, impazzita di piacere, si diffuse nell’aria come un’esplosione. Emma sussultò, le dita ancora tra le cosce. Claudio sorrise, come se quel grido fosse stata la conferma definitiva che ogni controllo era saltato.
Alessandro si alzò dietro Silvia, abbassandosi lentamente i pantaloni fino a scoprirsi completamente. La sua pelle calda sfiorò le cosce morbide di lei, aperte e grondanti desiderio. Premette il pene rigido e pulsante contro la sua fessura bagnata, sentendo l’umidità che lo accoglieva. Le sue mani si mossero con decisione, scivolando tra il vetro freddo e i seni tesi di Silvia, stringendoli con forza, facendoli gonfiare sotto le dita.
Si chinò quindi sul suo collo, mordicchiando e succhiando la pelle delicata con una fame animalesca, mentre con un movimento deciso e profondo spingeva il suo membro dentro di lei, penetrandola con violenza e lentezza allo stesso tempo.
“Ahhhhhhh!” urlò Silvia, la voce rotta dal piacere mentre il lungo albero scivolava dentro il suo buco caldissimo e inondato di liquido. Ogni spinta le faceva tremare il corpo, le gambe cercavano di stringerlo, ma lui era implacabile.
Dall’altra parte Claudio fissava Emma, il respiro affannato. “Dai, voglio vederti godere,” ordinò con voce roca, quasi un comando sussurrato nell’aria.
Emma non esitò. Divaricò le gambe con lentezza provocante, la gonna tirata su fino a scoprire le cosce vellutate e le labbra gonfie. La mano scivolò tra quelle pieghe bagnate e calde, cercando, sfiorando.
“Ahhhh!” gemette con un sospiro profondo, mentre un dito affondava con delicatezza nel suo buco stretto e umido, esplorando quel piacere nascosto, aprendosi a sensazioni proibite che la facevano tremare.
“Tu e Alessandro state insieme?” chiese Claudio, il suo sguardo inchiodato sulla mano di Emma che si muoveva avanti e indietro, il dito già lucido e bagnato di succo.
“No,” rispose lei con un sospiro tremante, il respiro affannoso che tradiva l’eccitazione e l’insicurezza insieme. “Sono, sono ancora vergine.”
Claudio la guardò, sorpreso e quasi incredulo. Era raro incontrare una ragazza così, così pura eppure così ardita in quel momento.
“Mi sono appena diplomata,” confessò Emma, la voce che si spezzava per la commozione e il desiderio. “Mio, mio papà è il Presidente. Io, io lavoro qui solo per l’estate,” aggiunse, le guance che si tingeva di un rosso vivo mentre il suo dito continuava a scivolare tra le sue labbra umide, entrando lentamente nel suo buco stretto e caldo.
Ogni movimento era un misto di dolcezza e scoperta, un’esplosione di sensazioni che la facevano tremare dall’interno, mentre i suoi occhi cercavano quelli di Claudio, pieni di un’innocenza travolgente, ma anche di una voglia nascosta che cresceva a ogni tocco.
"Cavolo!" esclamò Claudio. Improvvisamente, si preoccupò che non avesse ancora compiuto diciotto anni. Poi, la voce di Silvia interruppe i suoi pensieri.
“Fottimi, Alessandro, fottimi!” gemette Silvia, spingendo con forza il culo contro il corpo caldo del suo amante.
I fianchi di Alessandro si muovevano rapidi, scandendo un ritmo feroce, il suo membro duro che entrava e usciva dal buco bagnato di lei senza sosta.
Silvia appoggiò le mani aperte sul vetro freddo, la guancia premuta contro la finestra, ormai indifferente agli sguardi che potevano sorprenderla. “Oh Dio, oh Dio, sto per venire,” avvertì, mentre il corpo le si piegava all’indietro con forza e le gambe iniziavano a tremare incontrollabili.
Un brivido intenso le attraversò la schiena, scuotendola da capo a piedi. Gli occhi si sgranavano nella testa, il volto incollato al vetro come se volesse fondersi con esso, consumata da un piacere che la divorava.
Alessandro non era lontano dal suo limite. “Oh Dio, tesoro, sto per venire,” sussurrò con voce roca, ansimando. “Posso venire dentro di te? Posso spararti il mio sperma dentro?”
“Oh Dio, sì,” rispose Silvia, con un filo di voce che tremava di desiderio. “Riempimi, riempimi la fica con il tuo succo.”
Le parole spinsero Alessandro oltre ogni freno. Con un ultimo, potente movimento dei fianchi, affondò il pene in profondità nel suo buco stretto e caldo, fermandosi per un attimo carico di tensione prima di lasciarsi andare.
Poi il pene di Alessandro si sussultò, tremando mentre riversava con forza il contenuto dei suoi testicoli nel ricettacolo caldo e disposto di Silvia.
“Ohhhhh!!!” gemette Emma dall’altra stanza, mentre il suo dito si muoveva veloce, entrando e uscendo dal corpo con un ritmo frenetico, travolta da un piacere crescente.
Claudio tremava di eccitazione mentre osservava Emma concedersi al piacere, le sue dita che si muovevano dentro di lei con sempre maggiore decisione. In lontananza, sentiva Alessandro venire dentro Silvia, le voci spezzate e i gemiti che riempivano l’aria carica di tensione.
Vide i fianchi di Emma sollevarsi dalla sedia, le cosce chiudersi attorno alle sue dita come una morsa di desiderio. “Oh, oh, oh, oh,” gemette piano, la voce rotta dall’orgasmo che la travolgeva.
Poi, improvvisamente, tutto si fece silenzio, rotto solo dal respiro affannoso e rapido dei due.
Le porte dell’ascensore si aprirono con un clic meccanico, e un gruppo di uomini in giacca e cravatta iniziò a uscire, dirigendosi dritti verso Emma e Claudio.
Claudio si sedette rapidamente, coprendosi l’inguine con una rivista aperta. Con un gesto furtivo, infilò le mutandine di Emma nella tasca dei pantaloni.
Emma, con altrettanta rapidità, abbassò la gonna fino a coprirsi completamente e spense il citofono del telefono, trattenendo il respiro.
"Ciao, abbiamo un pranzo con Alessandro Ruberti alle 12", disse uno degli uomini ben vestiti.
"Oh sì. Gli farò sapere che siete qui", disse Emma con il tono più professionale possibile, date le circostanze. Si sporse, premette il citofono e disse: "Il signor Barbieri e il signor Longo sono qui per il meeting, signor Ruberti".
“Sarò da loro tra un minuto,” replicò Alessandro, ancora senza fiato.
Passarono alcuni minuti prima che Silvia uscisse dall’ufficio di Alessandro, seguita da lui stesso.
Claudio le sorrise e lei ricambiò con un cenno gentile.
Non è poi così male, pensò lui. I capelli un po’ scompigliati, il rossetto leggermente sbavato, ma a parte questo nessuno avrebbe mai immaginato cosa fosse appena successo.
"Grazie, signora Moretti", disse Alessandro, stringendole formalmente la mano. "Mi metterò subito al lavoro e avrò di nuovo qualcosa per lei tra un paio di settimane, quando tornerò in città."
“Grazie per tutto il suo aiuto,” disse Silvia, cercando di trattenere una risata nervosa che tradiva il sollievo e il brivido ancora vivido dentro di lei. Prese la mano di Claudio, il contatto rassicurante e familiare, e insieme si diressero verso gli ascensori, camminando fianco a fianco con un’intimità appena sussurrata.
“Ciao, Emma,” disse Claudio con un sorriso complice, gli occhi che brillavano di un misto di ammirazione e divertimento. Vide la ragazza ricambiare il sorriso, timida ma luminosa, e poi alzare la mano in un saluto discreto ma sincero.
Mentre le porte dell’ascensore si chiudevano lentamente, Claudio rimase a osservarla per un istante più lungo, colpito dalla sua fragilità e al tempo stesso dalla forza nascosta nel suo sguardo. “Che ragazza carina,” mormorò tra sé, un pensiero dolce e un po’ malinconico che gli sfiorò il cuore.
Silvia e Claudio si ritrovarono improvvisamente soli nell'ascensore.
"Mio Dio, è stato incredibile", disse Silvia, appoggiandosi esausta a Claudio.
"Lo so", concordò Claudio, stringendola a sé
Silvia guardò Claudio con un'espressione strana. "Come lo sai?"
"Te lo dirò più tardi."
"Oh oh", disse Silvia.
"Cosa c'è che non va?"
"Sento qualcosa che mi scorre lungo le gambe."
"Veramente?"
"Vuoi vedere?" chiese Silvia.
"Qui?"
Silvia si sporse e premette il pulsante di arresto di emergenza, fermando bruscamente l'ascensore. Poi si allontanò da Claudio e si sollevò lentamente la gonna.
"Oh mio Dio", esclamò Claudio quando vide lo sperma sulle sue calze di nylon, appena sopra il punto in cui l'elastico le teneva attaccate alle cosce. Lo sperma appiccicoso di Alessandro le colava dalle labbra gonfie fino alle cosce.
"Dio, vorrei scoparti subito."
All'improvviso, il cicalino dell'ascensore suonò e una voce risuonò dall'altoparlante. "Va tutto bene?"
"Ehm, sì, abbiamo semplicemente premuto il pulsante di stop per errore, scusi", mentì Claudio. Si sporse e premette il pulsante di emergenza. L'ascensore iniziò a muoversi.
Silvia sospirò e si abbassò la gonna. "Dannnazione", disse, guardando il pavimento tra le gambe. C'era una grossa macchia di sperma tra i suoi piedi.
"Ecco", disse Claudio e le porse il perizoma dalla tasca.
"Dove li hai presi?" chiese Silvia, prendendo il piccolo pezzo di stoffa e asciugandosi la vagina bagnata meglio che poteva.
"Prendiamo qualcosa e poi ti racconto." Quando Silvia ebbe finito, riprese le mutandine e le mise in tasca.
Un secondo dopo, l'ascensore si aprì e una folla di persone salì, costringendo Claudio e Silvia a spostarsi sul retro.
Claudio si sporse verso di lei e le sussurrò: "Puzzi di sperma".
"Lo so", ridacchiò Silvia.
All'improvviso, Silvia sentì la mano di Claudio infilarsi furtivamente sotto la gonna, dietro la schiena.
"Claudio!" sussurrò quando sentì la sua mano muoversi sotto l'orlo della gonna.
Claudio ignorò la sua protesta, guardando avanti come se nulla fosse.
Lentamente, la sua mano scivolò lungo la parte posteriore delle sue cosce. Poteva sentire l'umidità sulle dita mentre si muoveva lungo l'elastico della gamba fino alla morbida carne della sua coscia.
Silvia sospirò piano, il respiro leggermente affannoso, quando sentì le dita di Claudio raggiungere la sua vagina già gonfia e satura di desiderio. Ogni tocco era un brivido che le percorreva la schiena, un’onda di piacere che si espandeva dentro di lei. Improvvisamente un gemito le sfuggì, così dovette tossire leggermente per mascherarlo, mentre due dita di Claudio si insinuavano lentamente, esplorando con delicatezza e decisione quel calore intenso che la consumava.
Il pene di Claudio era ormai duro come la roccia, mentre le sue dita entravano e uscivano dal buco gocciolante della moglie. Le sue dita e la sua mano si stavano impregnando di liquido.
Improvvisamente, la porta dell'ascensore si aprì. Claudio tirò fuori rapidamente le dita da sotto la gonna della moglie. Poi, le strappò la valigetta di mano e la tenne davanti a sé per nascondere l'erezione mentre uscivano dall'ascensore. Sperava che nessuno si accorgesse che le sue dita gocciolavano sperma.
Pochi minuti dopo, Claudio e Silvia erano sul lungomare, dove c'era un ristorante all'aperto. Si sedettero sotto un ombrellone e ordinarono il pranzo. Quando il cameriere se ne fu andato, Claudio raccontò a Silvia cosa era successo con Emma. Lei rimase sbalordita dalla storia. Poi Silvia aggiunse le parti che Claudio non riusciva a sentire dall'interfono.
Stavano parlando e pranzando quando Claudio notò la macchia bianca sulla giacca di Silvia. "Cos'è quella?" chiese, indicandole il risvolto. Quando vide Silvia arrossire, capì la risposta. "È stata colpa mia", ammise Silvia. "Non ho mai visto un uomo capace di venire così tanto. Non riuscivo a trattenerlo tutto in bocca."
"Dio, mi sarebbe piaciuto tanto vederlo", esclamò Claudio.
"Wow, qui fa caldo", disse Silvia, di nuovo emozionata. Si tolse la sciarpa dal collo.
Claudio sorrise quando vide il "loro" medaglione al collo di lei. Poi il suo viso espresse sorpresa.
"Cosa?" chiese Silvia, portandosi una mano al collo come se ci fosse un insetto che le camminava addosso.
Claudio, con uno sguardo a metà tra il divertito e il complice, indicò il segno scuro che si stagliava evidente sul collo di lei. “Il tuo amico deve essersi lasciato davvero trasportare,” disse, con un sorriso ironico ma affettuoso.
Silvia infilò una mano nella borsa e tirò fuori uno specchietto. Lo aprì e si guardò il collo. Trattenne il respiro quando vide un grosso segno viola di succhiata. "Oh cavolo!", esclamò, ma la sua voce tradiva più un gioco di finzione che vera rabbia."Dovrò coprirlo per una settimana."
"Andiamocene da qui. Devo scoparti o esplodo", disse Claudio.
Silvia sorrise e disse okay.
Pagarono il conto e si precipitarono verso gli ascensori del condominio. Mentre scendevano dall'ascensore nel garage, Claudio si guardò intorno. "Vieni qui", disse, tirandola per un braccio. Rapidamente, aprì la porta di un ripostiglio non chiusa a chiave e spinse dentro Silvia. "Non vedo l'ora, tesoro", sibilò mentre la porta si chiudeva, avvolgendoli nell'oscurità.
Silvia lasciò che Claudio la girasse e la piegasse verso il muro.
Nel buio, Claudio le sollevò la gonna e le allungò la mano verso il buco ancora gocciolante. Gemette sentendo di nuovo la sua vagina inzuppata. Le infilò due dita dentro mentre si slacciava rapidamente la cerniera. Poi, ritrasse le dita e si ricoprì inutilmente il pene con il succo delle dita. Spinse il suo pene duro dentro di lei. "Oh Gesù", gemette mentre era circondato dal suo buco caldo e bagnato. Immediatamente, iniziò a muovere i fianchi avanti e indietro e la stanza si riempì rapidamente del suono appiccicoso e risucchiato prodotto dalle loro parti sessuali.
"Oh Dio, sto per venire", disse Claudio molto velocemente. Era troppo eccitato per farlo durare.
Silvia sospirò e rabbrividì quando sentì Claudio aggiungere il suo sperma a quello di Alessandro. Non raggiunse l'orgasmo perché non ne fu più capace per un po'. Eppure, era molto appagante avere l'uomo che amava che la riempiva del suo seme.
“Grazie, tesoro,” sussurrò Claudio mentre ritirava lentamente il pene dal buco ormai colmo, già attraversato due volte. Poi, con un gesto delicato, aprì la porta ed entrambi uscirono sotto le luci fredde e artificiali del garage.
"Dio, sono contenta che non ci sia nessuno in giro ora", disse Silvia mentre si dirigevano verso la macchina. Si fermò, si tirò su la gonna e mostrò a Claudio che le sue cosce, fino alle ginocchia, erano lucide di sperma. Il suo buco era letteralmente pieno di quella roba. "Se non fossi già incinta, sono sicura che questo l'avrebbe fatto", ridacchiò.
"È proprio così che amo mia moglie", ha detto Claudio.
"In che modo?"
"Incinta e piena di sperma", rise. Poi la strinse al suo fianco. "Che giornata!"
(CONTINUA)

P.S. Un grazie di cuore per aver preso il tempo di leggere la nostra storia! Speriamo che vi abbia catturato l'immaginazione e vi abbia lasciato un ricordo piacevole. Se volete condividere le vostre impressioni, un commento o un like sarebbero molto apprezzati. Il vostro feedback è sempre prezioso per noi! A presto, con il prossimo episodio. Laura.



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