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tradimenti

Lussuria Matura - 02.Uno tira l’altro


di Eriaku
22.06.2025    |    738    |    0 9.6
"«Mio marito non c’è…» «Non ci vorrà molto..."
Cap.2 "Uno tira l’altro"

Era passato un mese dai lavori in casa. Priscilla ed Alessio si erano visti in altre due occasioni nel frattempo. Già dalla seconda volta lui aveva smesso di chiamarla con una scusa: sapeva che bastava un messaggio con scritto “Oggi?” Per organizzare una chiavata. La menopausa, ormai, era solo un ricordo: il desiderio, acceso quel giorno di giugno, ardeva come un incendio. Marco era partito per Roma la sera prima, e Priscilla aveva aspettato il messaggio di Alessio con la pazienza di un lupo in agguato. Quando era arrivato, aveva aperto la porta senza nemmeno salutarlo. Lui era entrato, si era tolto i vestiti le aveva sfilato il ridicolo vestitino che portava e l’aveva spinta a terra, sul pavimento del salotto, senza preamboli, sapendo che l’avrebbe trovata calda e pronta a riceverlo.

Dopo pochi minuti, Priscilla gemeva a ritmo dei colpi di Alessio, il culo sollevato verso di lui, le mani premute sul tappeto. Lui la teneva per i fianchi, le dita che le affondavano nella carne, spingendo con una forza che la faceva sobbalzare. Il cazzo, scivoloso per gli umori e la saliva di lei, entrava con facilità nel suo culo, ormai abituato a prenderlo.

«Sei diventata una rotta in culo», ansimò Alessio, dando un colpo più forte. «Prima era stretta che sembravi una vergine. Ora scorro come il burro.»

Lei rise, ansimando. «Forse hai trovato mestiere nuovo: divaricatore anale.»

«Sei la mia miglior cliente, la più troia almeno».

Il ritmo aumentò. Alessio si piegò su di lei, il fiato caldo contro il suo orecchio. «Quante volte ti sei scopata tuo marito pensando a me?», chiese, con un tono che non era una domanda ma un’accusa.

«Quante volevi che lo facessi?», ribatté lei, spingendo il culo contro di lui.

Il campanello squillò.
Alessio si bloccò, il membro ancora sepolto dentro di lei. «Chi cazzo è?», sibilò, guardandosi intorno.
Priscilla si irrigidì. «Non lo so. Forse un vicino.»
«Fai in fretta.»
Lei si alzò, afferrando un plaid dal divano per coprirsi. Il campanello suonò di nuovo, accompagnato da un pugno alla porta. «Signora Priscilla!», chiamò una voce maschile. «Sono Carlo, l’amministratore. Devo parlare con lei di una cosa urgente.»
«Arrivo!», rispose lei, cercando di non far tremare la voce.

Dal salotto, Alessio sussurrò: «Non farlo entrare.»

Priscilla andò alla porta, socchiudendola quel tanto che bastava per mostrare solo il viso. Carlo, l’amministratore del condominio, era lì: capelli castani, sui quaranta. Un fisico anonimo da impiegato, ma occhi che sembravano analizzarla.

«Buongiorno», disse lui, squadrandola. «Suo marito non c’è?»
«A Roma. Cosa vuole?»
«C’è un problema con il riscaldamento nel palazzo. Devo controllare il contatore.»
«Oggi? Non mi hanno avvisata.»
«La mia segretaria è malata. Cinque minuti.»
Priscilla scosse la testa. «Non posso. Sono… occupata.»
«Occupata?» Carlo inarcò un sopracciglio. «Con chi?»
«Con… niente.»
Lui fece un sorriso malizioso. «Sa, i condomini spesso si lamentano dei rumori nel palazzo. Poco fa mi è parso infatti di sentire delle grida.»
Priscilla sentì il sangue gelarsi. «Gr… grida?»
«Sì. Come di qualcuno che gode.»
Lei arrossì, ma mantenne la calma. «Forse il televisore di qualcuno? Io sono sola.»
«Ah, capisco. Lei non gode mai da sola. Allora, per il riscaldamento…»
«Torni domani.»
«Domani non sarò in zona.»
«Allora mandi qualcun altro.»
Carlo sospirò. «Come vuole. Ma sappia che i vicini parlano.»
Quando la porta si chiuse, Priscilla si appoggiò contro di essa, respirando a fatica. Alessio uscì dal bagno, completamente rivestito «Che voleva?»
«Niente. Ma ha sentito i gemiti.»
«E tu?»
«Gli ho detto che era un film.»

Alessio rise, avvicinandosi. «Be’, visto che ci siamo interrotti… finiamo la scena.»
Priscilla non fece in tempo a protestare. Lui la prese per un braccio, spingendola contro la porta. Le sollevò una gamba, infilandoglielo dentro con un colpo secco. «Sì… sei ancora bagnata», disse, affondando fino in fondo.
Lei gemette, aggrappandosi alle sue spalle. «Fai piano…»

«Piano un cazzo!»

Il ritmo era violento, quasi brutale. Alessio la teneva stretta, il cazzo che le riempiva la fica con colpi potenti. Priscilla sentiva il piacere montare, nonostante il dolore. «Sì… sì…», mormorò, mordendosi il labbro per non urlare.
«Ti piace prenderlo così?», chiese lui, accelerando.
«Sì… sì… ah, così, continua, dai, ahhhh», la donna raggiunse l’orgasmo strizzandogli il cazzo.
Alessio si chinò, mordendole un capezzolo accelerando le spinte. «Spero che quel Carlo abbia sentito anche stavolta.»
Qualche istante dopo, si irrigidì, riversando il suo sperma dentro di lei con un grugnito. «Ecco…», sussurrò, affondando fino in fondo. «Prendila tutta dentro.»

Priscilla singhiozzò, il corpo scosso da brividi. «Sei un animale.»
Lui si staccò, sistemandosi i pantaloni. «E tu sei una cagna. Ci vediamo fra una settimana.»
Quando la porta si chiuse, Priscilla si lasciò scivolare a terra, il sesso ancora pulsante. Che sto facendo? pensò, prima che una nuova fitta alla passera le diradasse la mente.

Il giorno dopo, mentre Priscilla sorseggiava un caffè in cucina, il campanello squillò. Si avvicinò alla porta, guardando dallo spioncino: Carlo era lì, con una cartelletta in mano e un’espressione seria. Merda, pensò, ricordando la discussione del giorno prima. Indossava solo un magliettone oversize che le arrivava a metà coscia, la stoffa sottile che lasciava intravedere le mutandine nere.

«Buongiorno», disse lui, sorridendo appena. «Sono tornato per il controllo del riscaldamento. Ieri non ho potuto finire il giro.»
Priscilla esitò. «Mio marito non c’è…»
«Non ci vorrà molto.»

Lei socchiuse la porta, appoggiandosi allo stipite con aria indifferente. «Faccia in fretta.»
Carlo entrò, ma i suoi occhi non si diressero verso il quadro elettrico nel corridoio. Si fermarono sulle gambe di Priscilla, sulle tette che la maglietta non riusciva a nascondere. «Dove si trova l’impianto?», chiese, la voce brusca.
«In fondo al corridoio, sulla sinistra.»

Lui si avviò, ma il suo sguardo tornava sempre a lei. Priscilla lo seguì, consapevole dell’effetto che la sua mise aveva su di lui. Carlo si chinò per aprire il pannello, e quando si rialzò, le fu improvvisamente vicino. «Ha dimenticato qualcosa ieri», disse, indicando il divano. «Un bottone.»
Lei abbassò lo sguardo, fingendosi distratta. «Di chi parla?»
«Del tizio che l’ha scopata.» Carlo le si avvicinò ancora, il viso a pochi centimetri dal suo. «O forse è di suo marito?»
Priscilla trattenne il respiro. «Non so di cosa parla.»

Lui rise, afferrandola per i fianchi. «Invece sì. Ieri hai gridato come una pornodiva contro la porta mentre ti facevi chiavare.»
Lei non rispose, ma non si allontanò. Carlo le prese la mano, posandola sul rigonfiamento dei pantaloni. «E adesso», chiese, stringendole le dita intorno alla stoffa. «che ne dici se ti faccio gridare anche io?»

Priscilla non si tirò indietro. Sbottonò i pantaloni di Carlo con gesti rapidi, liberando un cazzo spesso come un salame, con due grosse palle pelose che pendevano sotto. «Non è male», commentò, accarezzandoglielo con mano spessa.
«Non è male?», ripeté lui, spingendola contro il muro e poi in basso. «Aspetta di sentirlo fra le cosce.»
Lei si inginocchiò senza esitare, prendendo in mano il glande lucido prese ad insalivarlo. Lo leccò dalla base alla punta, assaggiando il sapore salato. «Succhialo bene», ansimò Carlo, afferrandole i capelli. «Voglio sentire i denti.»
Priscilla obbedì, mordicchiando la cappella mentre pompava con la mano libera. Le sue labbra si muovevano veloci, la saliva che inumidiva la pelle. «Mmmh… che buono» mugolò, leccandolo a lingua piena.
Carlo gemette, spingendo i fianchi. «Sei una zoccola. Ingoialo dai!»

Continuò a spingerglielo nella bocca per alcuni minuti senza venire. A Priscilla iniziava a far la mandibola quando Carlo la afferrò per un braccio, tirandola in piedi. «Adesso ti scopo sul letto di tuo marito», disse, spingendola verso il corridoio, cercando la camera da letto.

Priscilla lo seguì senza protestare, il corpo eccitato al punto da bruciare. Una volta in camera si distese sul materasso, le gambe aperte in un invito silenzioso. Dopo essersi liberato scarpe e pantaloni Carlo si posizionò tra le sue cosce, il cazzo che puntava dritto alla fica bagnata.

«Sei già pronta», notò lui, massaggiando la cappella sul clitoride.
«Ho imparato a non sprecare tempo», rispose lei, sollevando i fianchi. «Infilamelo dentro.»
Lui obbedì con un colpo secco, facendola urlare. «Oddio!», esclamò Priscilla, sentendosi dilatare. Carlo non si fermò: affondò fino in fondo, stirando le pareti vaginali con una forza che la fece ansimare.
«Ti piace il cazzo grosso?», chiese, iniziando a pompare.

«Sì… sì…», gemette lei, aggrappandosi alle lenzuola. «Ohh... come lo sento...»
Il ritmo aumentò. Carlo la prendeva come un ossesso, i colpi che facevano scricchiolare il letto. Ogni volta che si spingeva dentro, le palle sbattevano contro il culo, mentre il pube di Priscilla sbatteva contro il suo bacino. «Sei una zoccola», ripeté lui afferrandole i seni con forza. «Ti apro tutta.»

Priscilla gridò, sentendo l’orgasmo montare. «Sì… sì, fottimi, fottimi… vengo!!!», urlò, mentre Carlo la martellava senza pietà.
Dopo averla fatta godere, Carlo si ritrasse, il cazzo gocciolante umori. «Ti sei aperta bene», disse, guardandola con soddisfazione. «Ora che ti ho fatta gridare, prendilo di nuovo in bocca.»

Priscilla non si fece pregare. Si inginocchiò di nuovo, fra le gambe larghe di lui, prendendo il cazzo in mano. Lo leccò dalla base alla punta, assaggiando il proprio sapore mescolato al suo. Carlo, però, non voleva delicatezze: le afferrò la testa con entrambe le mani, spingendola verso di sé. «Succhia», ordinò, infilandole il cazzo in gola.

Lei lo accolse senza protestare, la bocca piena dell’uccello che l’aveva fatta godere come un’ossessa. L’uomo le fotté la bocca fino a piantare i talloni nel materasso, il seme caldo che iniziava a riversarsi fra le labbra carnose della donna. Carlo accelerò il ritmo, pompando con forza. «Ecco… ecco…», gemette, spruzzando un fiotto dopo l’altro che le inondò la gola. «Sì… ingoia tutto, troia!»

Priscilla obbedì, deglutendo con avidità. Il sapore salato le riempì la bocca, mentre Carlo continuava a spingere. «Ancora… ancora… te ne do ancora!», mugolò, mentre le teneva ferma la testa.

Quando finalmente si ritrasse, Priscilla ansimava, il viso arrossato e le labbra gonfie, un rivolo di sperma misto a saliva che le colava sui seni. Carlo la guardò con un sorriso soddisfatto. «Sei proprio una troia da monta.»
All’improvviso suonò una sveglia e Carlo si alzò recuperando il cellulare e rivestendosi. «Devo andare», disse, lanciandole un’ultima occhiata. «Ma tornerò a fare il controllo.»
Priscilla, ancora distesa sul letto, rise. «Quando vuole, la porta di questa casa è sempre aperta per l’Amministratore.»
Lui ghignò stando al gioco, «Fossero tutte come lei le inquiline, signora.»
Quando sentì la porta chiudersi Priscilla si stiracchiò, il corpo ancora scosso dai postumi dell’orgasmo. Un maschio tira l’altro, pensò, sorridendo soddisfatta.
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