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Lui & Lei

LA VITA IN UN PICCOLO PAESE - 11


di gioviaf
30.08.2018    |    6.149    |    0 9.3
"Non ho mai sentito così bene una verga in corpo, mi rendi felice”..."
Olimpia era andata ancora una volta a trovare sua madre in clinica ed aveva un gran desiderio di lasciare quell’atmosfera opprimente, di non sentire più le lamentele della donna. La giovane respirò quando potè uscire e ritrovare l’animazione esterna. Eccezionalmente si mise a passeggiare per le vie della città fermandosi davanti alle vetrine.

Ad un tratto, attraverso il vetro di una di esse, vide il riflesso di qualcuno che le si poneva al fianco. Volgendosi riconobbe immediatamente Guido, il figlio della padrona della camiceria. Il giovane disse “Io ti conosco, viviamo nello stesso paese”. “Anche io ti conosco. Sono venuta per vedere mia madre che è in clinica a seguito di un’operazione e stavo per ritornare a casa a piedi”. Ti posso offrire un gelato?”.

Insieme entrarono in una gelateria dove regnava una dolce penombra a causa della tenda abbassata. Guido guardava Olimpia con ammirazione “Sei una bella ragazza”, e lei con civetteria “Trovi?”. “Sei ben fatta. Mi piacciono le tue gambe e il dondolio quando cammini e poi…”, “E poi?” “Quando sei nuda devi sembrare una dea”. “Taci!”. “Non ti piace che ti parli di questo modo? Un giorno ti ho vista nel magazzino di mia madre, nel salone delle prove”. Olimpia arrossì. Se l’aveva vista, allora doveva avere visto anche il suo comportamento con Yvonne, la commessa. Non era possibile, ma poi, i loro sguardi viziosi erano simili, quel giovane doveva essere quasi pervertito quanto lei, a meno che… “E hai visto tutto?” Molto serio, fissandola, rispose “Tutto, compreso quello che hai fatto con Yvonne, avrei voluto essere al suo posto, lei godeva procurandoti piacere”.

Quei due giovani sembravano degli adolescenti ma i loro discorsi lasciavano capire diversamente. Olimpia avvicinò una coscia calda contro quella di Guido e aggiunse “E’ stato bello, mi piaceva, io amo tutto quello che è impuro”. “Anch’io”. “Sarebbe meglio andarcene da qui, lungo la strada c’è un boschetto dove potremmo fermarci”. Guido pagò i gelati ed uscirono. Giunti al boschetto si fermarono e nell’erba Olimpia si fece baciare. Dapprima credette che quel ragazzo fosse inesperto ma dal primo bacio ebbe la prova che baciava meravigliosamente, servendosi della lingua con la quale la solleticava, la succhiava. Olimpia si sentì inondare di godimento e portò una mano sulla patta dei pantaloni di Guido.

“Posso prenderti il cazzo in mano, non sei più un ingenuo, sono certa che né io né tu abbiamo più alcuna verginità da salvaguardare. Dimmi, chi ti ha sverginato?”. “Non oso quasi dirtelo, ti si rizzerebbero i capelli in testa e non vorresti più saperne di me”. “Dimmelo lo stesso, quando ti confesserò a mia volta tutto, i capelli si rizzeranno pure a te, almeno quanto quello che tengo in mano. Sai che sei ben messo? Ma cosa aspetti a mettermi una mano sotto la gonna? Non mi vergognerò, no, ah che cazzo hai. E la mia fica ti piace?”. “Oh sì…”. “Racconta e toccami mentre ti masturbo”.

“Sai, mia madre è vedova”, “Ah allora è tua madre che... Che vizioso che sei, come mi ecciti, sei proprio simile a me, siamo fatti per intenderci. Sai, io, da quando mia madre è in clinica, ho provocato mio padre e siamo allo stesso punto. Oh! Come mi tocchi bene, birichino, tua madre è una bella donna ed hai fatto bene. Oh! Continua a masturbarmi, non smettere”. “Mia madre è molto bella e ci corichiamo nello stesso letto”. “Caspita, col cazzo che hai, sai che è come quello d’un adulto, quando gliel’hai messo avrà goduto, che cazzo!”. “Anche tu hai una fica da donna, salvo i peli. Mi piace che non siano ancora folti così si vede meglio il sesso”.

“Allora mi hai visto con la venditrice”. “Sì, con Yvonne. Lei ama le donne ed è anche molto calda. E’ l’amica di mia madre”. “E’ vero? Mi piacerebbe coricarmi cono tua madre, lei è una bella donna e io sono una viziosa. E Yvonne, l’hai chiavata?”. “Sì, è tutto merito di mia madre. Loro due si leccano da diversi anni e lei ha voluto che Yvonne partecipasse al nostro piacere. Lei si è masturbata mentre io ero su mia madre, dopo io l’ho fottuta e mia madre, a sua volta, si masturbava. Poi mi hanno mostrato quello che facevano loro due”. “E tu?”. Olimpia agitò la mano nella parte bassa del suo ventre come un uomo che si masturba. Guido fece di sì con la testa poi si abbandonò sul ventre della fanciulla.

“Sì, mettimelo, voglio sentire la tua grossa verga, non sono più vergine e so chiavare”. “Con chi l’hai fatto” chiese Guido mentre la penetrava duramente “Solo con tuo padre?”. “No, col Vicario, ma con lui ci siamo solo masturbati e succhiati. Gli piace tanto. Ma adesso continua, sono già prossima a godere talmente sono eccitata. Sentire la tua verga in me, ce l’hai grosso come mio padre. Vai, uccidimi, ah dovremmo poterlo fare tutti e due nudi mentre tua madre ci guarda o mentre gioca con Yvonne. Vorrei divertirmi con loro e leccarle; come deve essere bello leccare una donna come tua madre. Oh! Come sei duro! Continua, sto per sborrare, ci sono, sborra anche tu, godiamo insieme, con mio padre è accaduto sovente. Oh! Quanto sperma, come mi inondi. Quanta me ne dai”.

Poco dopo Guido era sempre sopra di lei e promise ad Olimpia di portarla a casa sua e di presentarla a sua madre. Non dubitava del risultato. Simona non avrebbe chiesto di meglio che di abbandonarsi al piacere con lei. Lo stesso era per Olimpia che curiosa, gli chiese delle spiegazioni. E quando Guido le raccontò la storia dei cazzi finti, lei lo zittì e si mise a tremare. Il ragazzo sentì che la vagina si contraeva stringendogli il cazzo ormai nuovamente duro. “Tienimi, tienimi, sto per venire di nuovo. Quello che mi dici mi eccita terribilmente. Sì, stringimi forte, mi piace, tu chiavi così bene, ah mamma, com’è bello, io godo, baciami, Guido, baciami. Non ho mai sentito così bene una verga in corpo, mi rendi felice”. Emise un lungo rantolo quando Guido si abbandonò sopra di lei, scuotendo lentamente le reni, penetrando maggiormente nella sua fica bagnata e stringendola a sé con una specie di frenesia.

Entrambi tornarono in sé a fatica e poco desiderosi di lasciare quell’erba così accogliente. Si baciarono ancora con foga promettendosi di ricominciare appena sarebbe stato loro possibile. Finalmente si misero in cammino, con la mano nella mano, giocando e ridendo come una coppia di fidanzati. Poi, si separarono con rimpianto.

Bertrand era in preda ad un furore straordinario quando sua figlia entrò in casa con disinvoltura ed il sorriso sulle labbra. “Da dove vieni?”. “Ma dalla clinica”. “Bugiarda! Non ci vuole tanto tempo per venire da lì, nemmeno a piedi. Sono sicuro che hai preso l’autobus e ti sei fermata nel bosco per rifare delle porcherie, ma con chi questo volta? Non ne hai dunque mai abbastanza?”. Olimpia si avvicinò a suo padre, gli si appese al collo donandogli le labbra. “Non ti arrabbiare. Se sapessi quello che mi è capitato. Un colpo di fulmine, se posso esprimermi così. Vicino alla clinica ho incontrato Guido, il figlio di Simona Brou, la padrona del negozio di camicie dove ho comperato la guaina che tu mi hai regalato”.

“Ed è con lui che tu hai…”. “Sì, e spero di continuare, vorrei che lui si innamorasse di me. E’ un ragazzo bello e gentile. E poi è molto comprensivo e lo sarà anche in avvenire”. “Cosa significa?”. “Ma sì, figurati che lui stesso ha confessato delle cose che ci mettono allo stesso livello. Se io ti do l’occasione di farlo con quella Simona? E’ una bella donna ed è molto calda. E, tienilo bene a mente, si corica con suo figlio”.

“Non è possibile”. “Ma sì, è così. Allora ci credi alla possibilità di averla? Ma non dimenticare che io sarò lì, che ti permetto di fare questo ma che malgrado tutto rimango la tua piccola amante. Ho detto a Guido che l’amo, ma che non amerò mai un uomo solo; che sei stato tu a farmi conoscere la voluttà e che non ti negherò mai nulla. Ora che sono vicina a te, nelle tue braccia, mi sento come una donna che ancora non ha fatto l’amore e che ne ha terribilmente bisogno”. “Riparleremo di questo molto presto. Adesso prepara da mangiare che ho fame”.
Più tardi chiusero la porta, abbassarono le tendine. Poi si misero a tavola, uno davanti all’altro, cenarono bevendo diversi bicchieri di vino e poi fumarono. Entrambi non pensavano né a Guido né a Simona. Olimpia aveva posto una mano nella patta dei pantaloni di suo padre e gli accarezzava languidamente il cazzo rigido. Guardandolo negli occhi mormorò “Mi piace tanto questo cazzo, è mio, lasciami fare e dimmi se lo faccio bene”. “Tu masturbi benissimo, Olimpia, come io non sono stato mai masturbato, è bello il contatto del tuo pollice sulla punta, dammi la tua bella bocca di viziosa e la tua lingua, mia piccola cara”.

“Io sono la tua sgualdrina, vieni, lascia che ti guardi il membro. Hai un uccello fantastico, più grosso di quello di Guido che pure non è male. E’ più bello quando tiro giù la pelle e metto a nudo questa grossa cappella. E’ così eccitante, e poi ha un odore che mi delizia le narici. Adesso ti esco i coglioni, che abbondanza. Non, non prendermi ancora, lasciami fare così. Vedi la mia mano che va su e giù, è bello masturbare il tuo pene, diventa enorme nella mia mano e s’inumidisce in punta, ha già emesso una goccia di liquido”.

Olimpia si mise poi in piedi, fece scendere la gonna, esibì le sue belle cosce, poi slacciò la cinghia di Bertrand, lo aiutò ad abbassarsi i pantaloni. Quindi riprese posto sulla sedia, s’impossessò del cazzo turgido con la mano mentre allargava le cosce. “Masturbami anche tu. E’ così bello fare questo prima di essere chiavata, poi mi fotterai, molto fortemente e profondamente, per provarmi quanto mi ami e mi desideri. Oh! Il nostro vizioso desiderio, com’è bello”.

La giovane lasciò la verga, si mise le mani all’inguine e si allargò la fica. Il clitoride emerse fra i peli, le labbra gonfie si allargarono sulle carni luccicanti di ciprina. Bertrand la guardò con cupidigia. ”Vorrei leccarti”. “Sì, vizioso, mi darai una buona leccatina ed io ti pomperò con la mia bocca golosa che ama il tuo cazzo, il tuo bel cazzo. Oh! Come ti amo, masturbami ancora, più veloce”. “Lui te lo ha fatto?”. “No, avevo intenzione di farlo con te. Mi ha messo il cazzo, non ci siamo serviti della bocca, ma tu, oh mio caro, andiamo in camera, ci metteremo nudi sul letto, io brucio di voglia, vieni”.

Si alzarono, Bertrand afferrò Olimpia, la sbarazzò brutalmente dei vestiti col rischio di lacerarli; quindi si tolse i pantaloni e si denudò a sua volta. Poi la prese nelle sue braccia, la sollevò per portarla nella camera dell’incesto. Qui giunto la depose sul letto, le si chinò sopra, le mise il cazzo nella bocca dalle labbra tumide e avide. Lui cercò le sue cosce e a sua volta ebbe la fica alla sua portata. Leccò grugnendo come un porco mentre Olimpia succhiava voracemente. Dopo un po’ la ragazza alzò il busto e abbandonò la verga “Vieni, vieni che non ne posso più”. Girandosi su sé stessa incollò le natiche contro il sesso bruciante del padre. Fece scivolare la sua vagina inondata, trovò la cappella e se la fece penetrare nella fica.

“Ah! Attendevo proprio di essere presa così da te. Tutte le donne dovrebbero conoscere la felicità di farsi chiavare dal loro padre”. Bertrand la teneva per le anche. Lentamente la faceva andare avanti e indietro come sospesa alla sua verga. Gli sembrava di masturbarsi con quel corpo grazioso che impalava. E Olimpia, con un ghigno bestiale sul viso, seguiva docilmente il movimento che le rudi mani le imponevano mentre i suoi giovani seni si strofinavano sul lenzuolo.

Volse la testa offrendo la visione di un viso di beata gratitudine. Padre e figlia si dondolarono per un bel po’, strettamente attaccati l’uno all’altro tramite il sesso e Olimpia mormorò teneramente “Com’è bello, è meraviglioso essere la tua femmina, tu puoi farmi quello che vuoi, ti adoro alla follia, sì, mio caro, prendimi bene, sento che sto per venire così, dolcemente, teneramente. Io godo e ti amo, godi anche tu, riempimi del tuo spesso sperma, amore mio. Io muoio dal piacere, in questo letto, testimone dei nostri legami colpevoli”.


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