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LA VITA IN UN PICCOLO PAESE - 2


di gioviaf
14.08.2018    |    22.983    |    3 9.3
"Com’eri bella con quell’abito bianco..."

L’indomani Olimpia si svegliò nel letto di sua madre. Si stiracchiò, sbadigliò, chiuse gli occhi fiondandosi di colpo che era domenica. Avendo troppo caldi si denudò completamente. Le piaceva essere chiusa in una camera, rimanervi, restare nuda. Una certa pesantezza nel basso ventre le fece fare una smorfia, poi sorrise, c’era di che avere un po’ male dopo quella notte così piena d’avventure.

Tese l’orecchio, sentì il va e vieni di suo padre che usciva ed entrava nella casa. Poi si ricordò ad un tratto che c’era la festa del paese e che doveva partecipare alla processione. Era ora di alzarsi, si stiracchiò ancora un po’ poi si alzò infilandosi una vestaglia di sua madre.

Peccato che questa era in clinica, ora padre e figlia erano obbligati a privarsi della festa per andare in città a far visita all’ammalata. Olimpia era dispiaciuta per la mancata festa ma, d’altra parte, se la madre non fosse stata in clinica, il giorno prima non sarebbe avvenuta nulla, e nulla sarebbe accaduto in avvenire.

Il padre era già pronto e un po’ più tardi lasciarono la casa dirigendosi verso il paese. Olimpia si diresse verso la canonica con il gruppo delle sue amiche mentre Bertrand andò a raggiungere gli amici.

Quando giunse l’ora della processione gli uomini uscirono piantandosi in un punto comodo per seguire il corteo, Bertrand sorrise quando vide sua figlia vestita di bianco con una corona dorata nei capelli fluttuanti, una specie di scettro in mano. Pensò al proprio scettro che ella aveva tenuto la notte precedente e si sentì di nuovo gagliardo. Quella bella verginella, quella piccola sgualdrina, si eccitava pensandola e rivedendola com’era stata con lui.

Durante il passaggio Olimpia gli sorrise con un sorriso di fanciulla bene allevata di cui soltanto suo padre poteva leggere la natura. Le punte dei seni della fanciulla si eressero.

Terminata la processione tornò in canonica dove dovette attendere il suo turno per restituire il camice bianco e rimettersi il suo vestito. Per alcuni minuti rimase sola col Vicario “La processione è riuscita, non è vero, Olimpia? Tu eri la più bella, la più graziosa delle vergini”. “Quello che mi dite mi fa piacere, signor Vicario, ma mi sembra che i vostri sguardi si posassero volentieri sulla mia amica Gertrude; riconosco che con il camice bianco attirava maggiormente gli sguardi, vi ho visto come la squadravate, era così bella, così attraente e so che anche lei prova molto piacere nel notare quegli sguardi d’uomo su di lei, soprattutto i vostri sguardi, lei mi parla molto spesso di voi, dice che siete un bell’uomo, il che è vero”.

Olimpia aveva sfiorato il Vicario per un attimo prima di andare a spogliarsi e aggiunse a voce bassa “so che Gertrude si sogna di voi, anche da sveglia. Dovreste confessarla…”.

Olimpia lasciò la canonica e raggiunse il padre al bar dell’albergo. Chiese una limonata e poi, senza mostrare fretta tutti e due fecero ritorno a casa.

“Finalmente! Rieccoci a casa. Papà, prendo una bottiglia?”. “Sì, è una buona idea. Com’eri bella con quell’abito bianco. Ero orgoglioso di avere una figlia così bella”. “E gli altri non sapevano ciò che c’era sotto il mio vestito mentre tu… Se sapessero come sono viziosa”. “Sì, viziosa mia”. La giovane si avvicinò al padre e si lasciò abbracciare. “Mi ami?” . “Alla follia, e tu?”,”Ah! Sì, io ti amo, il mio amore non finirà mai qualsiasi cosa accada. Se più tardi noi saremo separati, al minimo tuo gesto accorrerò, con te divido i miei vizi di brava ragazza”. Bertrand le accarezzava, al disotto delle gonne, le natiche.

Più tardi si recarono in clinica. Avevano fretta di essere là e già pensavano al momento in cui avrebbero preso la strada del ritorno. Rosalia stava un po’ meglio ed era in grado di parlare. Chiese alla figlia come se la cavava da sola e se aveva abbastanza cura del padre. “Oh sì, mamma, lo vizio anche e quando tu ritornerai forse avrai delle difficoltà con papà perche…”. si inventò, raccontò e in silenzio al fianco del letto Bertrand rimase stupito di quella giovane perversità che trovava le parole adatte per convincere l’ammalata.

Quando furono nell’auto Olimpia si slacciò la camicetta poi accese una sigaretta e la tese a suo padre. “Come ieri”, disse. Padre e figlia si guardarono negli occhi, vi lessero lo stesso turbamento, lo stesso desiderio di ricominciare la loro infamia, di immergersi nella lussuria e nella lubricità.

“Questa sera, quando ci saremo divertiti andremo alla festa del paese”, “Se vuoi, cara, ma prima ho voglia di prenderti di nuovo”. “Certamente, nono vedo l’ora di essere nelle tue braccia, e dopo la festa faremo festa fra di noi, se ne avrai la forza”. “Tu mi ecciti troppo”. “Lo vedo dai tuoi pantaloni, sono rigonfi all’altezza dell’abbottonatura”.

La ragazza aveva preso la precauzione di lasciare le finestre chiuse. Quando furono in casa Olimpia si tolse il vestito, le mutandine, il reggiseno; si stiracchiò facendo balzare le belle poppe e mostrando le ascelle pelose. “Qui si sta meglio. Nuda, è bello quando mi guardi, ho un calore fra le cosce ed ho voglia di succhiarti, il cazzo mi farà godere a prenderlo in bocca”. Così dicendo si avvicinò e si sedette sulle ginocchia del padre.

“Baciami, mettimi una mano fra le cosce, senti come sono già bagnata, io sono la tua viziosa figlia, sì toccami, stringimi forte nelle tue braccia, tu sei forte, sei il mio uomo, il maschio che mi occorre, ah! Com’è bello sentire le mie natiche sulle tue cosce, sento il tuo membro rigido che spinge sotto di me. Oh! Baciami ancora, mettimi la lingua in bocca…”.

Entrambi andarono verso il divano, vi si distesero, dopo che Bertrand si fu tolto i pantaloni. Si accarezzarono a vicenda fra le cosce bocca a bocca, con gli occhi pieni di desiderio. “Io mi sento come una cagna in calore. Farei chissà quale porcheria, sono folle di ciò, sentire la tua verga in mano, i tuoi grossi coglioni e le mie cosce aperte per il piacere”. Si mise sopra suo padre, gli baciò i capezzoli, gli lecco il ventre. Bruscamente afferrò poi la verga, prese tutta la punta in bocca chiudendovi le labbra sopra quindi mosse la testa dal basso in alto con un movimento rapido.

Bertrand la respinse “Mi farai sborrare, fermati un attimo”. Olimpia sorrise e s’inginocchiò sopra il ventre dell’uomo. Il suo pube divenne prominente. Berrtand vide le labbra sessuali aperte, il clitoride sporgente, i seni puntuti. “Non godremo ora, lo faremo nella camera della mamma, all’impiedi, davanti allo specchio”. Si distese di nuovo contro l’uomo, gli prese il cazzo, lei le succhiò le mammelle, le carezzò con le mani. “Non comprendo perché sei così viziosa”, “A forza di sentire delle cose, di vederle, mi sono venute delle idee, mi piacciono anche le storie d’amore”. “Ma tu non ti eri mai coricata con un uomo e sono stato io a sverginarti”, “Avevo giurato a me stessa che saresti statu tu a chiavarmi per la prima volta, nono so perché. Ti ho sempre ammirato, per me tu sei il più bello degli uomini, un altro cazzo non mi procurerebbe lo stesso piacere del tuo”.

“Ma avevi goduto prima di…?”, “Sì, da sola. Per colpa del curato che al confessionale mi chiedeva dove mettevo le mani prima di addormentarmi. E’ così che ho scoperto il piacere e subito mi è piaciuto procurarmelo”. “Lo facevi spesso?”, “Tutte le sere, nella mia camera, mi piaceva mettermi nuda, divertirmi, giocare. Quando ancora andavo a scuola talvolta ne parlavo, non ero la sola, almeno due delle mie compagne conoscevano la cosa. Ci piaceva farci delle confidenza. Una di esse aveva visto un giorno il membro di suo padre. Ce ne ha fatto una descrizione meravigliosa, dopo mi sono detta che avrei visto il tuo. Me lo sono giurata”. “Ed ora ce l’hai in mano ed io sono il tuo amante. Quando ti prendo provi maggior piacere di quando tu ti masturbavi nella tua camera?”. “Certamente il piacere è diverso ma mi piaci soprattutto quando mi tocchi prima di mettermelo, provo le due sensazioni. E’ bello parlare di queste cose”.

Olimpia si distese sul ventre di Bertrand, allargò le gambe e piazzò il cazzo eretto contro la sua fica, lentamente strofinò le dita, si divertì a premere la lunga asta di carne contro la sua vagina, strofinandosi in modo particolare con il glande il clitoride.

“E’ bello essere dei viziosi. Ora non potrei più vivere senza fare delle cose proibite. E dire che la mamma non conosce nulla di tutto ciò. Che ingenua, è vero che altrimenti non potrei palpeggiarti mia piccola fessurina. Oh che cazzo grosso che hai”. Si alzava lungo la colonna di carne, vi strofinava lascivamente le sue intimità frementi. Ad un tratto Bertrand le prese una mano, se la pose sul pube. Olimpia incollò il seno contro quello del maschio, alzò una mano e proseguì la corsa andando dal ventre alla verga.

“Questa sera, se vuoi, nella camera farò quel che ti piacerà, adesso lasciami godere così, questa notte toccherà a te. Io sborro, bagno la tua verga, resta dritto”. Un po’ più tardi si rivestirono e andarono in paese; Bertrand andò all’osteria mentre Olimpia si mise alla ricerca del Vicario. Quando lo incontrò chiese “Forse Gertrude è ancora qui signor Vicario?”: “Sì, ma non so dove sia in questo momento. Avevi ragione, credo che sia innamorata. Noi siamo rimasti soli per qualche minuto e…”. “Voi dovreste andare a casa sua più spesso. Sareste ben accolto. Sua madre è vedova e bigotta, le vostre visite le farebbero certamente piacere”. “Come sei perversa, piccola Olimpia. A vederti non lo si crederebbe”. “E’ questo che costituisce la mia bellezza, pudica e casta in pubblico ma una perversa quando… La mia amica mi rassomiglia. Anche lei pensa a certe cose e desidererebbe viverle segretamente”. “Farei male a non seguire i tuoi giudiziosi consigli”. “Non ve ne pentireste”. Finita la conversazione col curato la ragazza raggiunse il padre che appena la vide finì di bere, salutò gli amici ed entrambi se ne andarono dirigendosi verso casa.

Olimpia andò subito in camera e pochi minuti dopo chiamò il padre. Con la gonna alzata, seduta al bordo del letto, si guardava nel grande specchio. Non aveva le mutandine e la sua fica si allargava. “Sbottonati, fammi vedere la tua verga che ne ho tanto bisogno. Sono una sgualdrina ? Vuoi che lo faccia ora? Mostrami il tuo cazzo, ben eretto, guarda io so che ti piace ammirare il mio sesso, così”. “Io ti amo, ti amo”. “Io mi masturbo per te, sono ardente, voglio essere chiavata, si chiavata, da te, ancora, è così bello. Io mi tocco come una sporcacciona, guarda”. “Sei bella Olimpia, mi piaci, guarda come tu mi fai erigere”. “Spogliati, voglio vederti completamente nudo, ho chiuso le finestre, nessuno può vederti, ciò che ci circonda, il mio odore e il tuo, ci eccitiamo entrambi”.

Nudo Bertrand la teneva per la vita, sospesa alla sua verga. Poi la depose, allargò le ginocchia, diede dei colpi di reni. Sua figlia gemeva languidamente con la testa sulla sua spalla, il ventre umido. L’uomo la prese per le natiche, le cercò il buco. Olimpia cominciò a sborrare, grugnì come un animale, si appese ancora sul membro per finire poi a terra con le gambe aperte. Tutta scossa dal godimento vide il getto dello sperma andare verso di lei, colpirla al ventre e bagnarla deliziosamente.

spero in numerosi giudizi, grazie
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