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Due pendolari e... un animale con le corna!


di renko
08.05.2019    |    19.561    |    6 9.7
"Lentamente apre la zip dei miei jeans e ci infila una mano, mi accarezza sopra la stoffa degli slip per qualche istante, calma piatta a sud dell’ombelico ma..."
Da diverse settimane ormai ogni mattina aspettavo con impazienza che Giulia salisse sul treno per riprendere i nostri giochini erotici da pendolari.
Era iniziato tutto casualmente, ogni mattina la vedevo prendere il mio stesso treno qualche fermata dopo che ero salito io e scendere a quella appena prima della mia. Sguardi che si incrociano per un istante ogni mattina, con il tempo si evolvono in brevi cenni di saluto, si passa ad augurarsi la buona giornata e buon lavoro al momento di scendere, si inizia a chiacchierare per far passare il tempo del viaggio e poi l’intesa si fa sempre più piacevole e, nel nostro caso, intima.
Un messaggio con un complimento, un po’ sfacciato e anche spinto, che le ho mandato, ha dato inizio a quotidiane piccanti situazioni in quel vagone in cui, il rischio che qualcuno ci vedesse, ci eccitava moltissimo.
Poco prima di scendere Giulia mi chiedeva sempre: “E domani cosa vuoi che faccia?”, e io le ordinavo cosa mettersi o cosa fare l’indomani.
“Domani niente reggiseno e t-shirt aderente.” La eccitavano molto questi giochi, lo provavano i capezzoli turgidi che mi piaceva veder premere contro il cotone leggero delle magliette che portava.
“Domani mettiti una gonna molto corta.” Le accarezzavo le gambe salendo fino a sfiorare le mutandine che, molto spesso, trovavo umide di piacere.
“Domani camicetta mooolto scollata.” Il vedo-non-vedo è sempre il massimo dell’erotismo, lei con movimenti apparentemente innocenti mi offriva brevi immagini dei suoi piccoli seni aprendo i lembi della camicetta. Quando il treno era particolarmente affollato, e qualcuno faceva il viaggio in piedi di fianco ai nostri sedili, mi accorgevo degli sguardi che lanciavano verso il décolleté di Giulia. La cosa ci eccitava, era eccitante soprattutto fingere indifferenza, fare finta che fosse del tutto naturale quell’abbigliamento. Ogni tanto ci lanciavamo complici sguardi di intesa quando qualche passeggero la fissava in modo particolarmente intenso.
A volte in treno c’erano molti viaggiatori e a volte ce n’erano pochi, dipendeva dal fatto che ci fossero gli studenti o meno, che fosse periodo di ferie o ponti oppure normali settimane di lavoro pieno. Nei giorni in cui eravamo in pochi ci sedevamo il più lontano possibile dagli altri e le nostre piccole perversioni si facevano più spinte, quando il treno era affollato ci limitavamo a sbirciatine o sfioramenti apparentemente casuali.
Avevamo trovato un modo piacevolissimo di eliminare la noia, la routine e mille altri disagi che ogni giorno i pendolari devono faticosamente sopportare, noi salivamo in treno con vero piacere ogni mattina, un appuntamento che non vedevamo l’ora arrivasse. Una innocente evasione dalla quotidianità… neanche tanto innocente a dirla tutta!
.
A casa, con il marito, era un inferno per Giulia. Quell’animale non perdeva occasione per lamentarsi di ogni cosa facesse e di insultarla. Mi aveva lasciato intendere che a volte fosse anche violento. Non lo conoscevo ma mi stava pesantemente antipatico e il desiderio di cornificarlo aumentava rapidamente. Giulia aveva bisogno di attenzioni, di sentirsi desiderata e apprezzata. Da troppo tempo era disprezzata e trascurata, anche sessualmente.
Aggiungete che la sua naturale carica erotica era stata soffocata per anni, ora aveva l’occasione per sfogare desideri e sogni per troppo tempo repressi, era una bomba pronta ad esplodere se solo qualcuno avesse saputo accendere la miccia. E ha incontrato me…
.
La settimana di malattia che avevo trascorso tra letto e divano mi era pesata particolarmente perché mi aveva impedito di vedere Giulia. Ci scambiavamo messaggi al cellulare, non voleva inviare foto ma mi provocava con allusioni e fantasie alle quali io rispondevo facendola eccitare e ordinandole di toccarsi anche mentre si trovava in luoghi pubblici.
A volte mi chiamava mentre era in treno lamentandosi di dover fare il viaggio senza di me, ma soprattutto senza i nostri giochi.
Così le ordinavo di far scivolare una mano sotto la camicetta e di toccarsi: “Adesso accarezzati lentamente, leccati le dita e poi passatele sul capezzolo, stringilo piano tra indice e medio, tiralo un po’ con le dita, pizzicalo piano.”.
Percepivo la sua eccitazione dal respiro che si faceva affannoso e dai gemiti che ogni tanto si lasciava sfuggire, il tutto in una carrozza piena di pendolari. Il pensiero eccitava anche me e aumentava la voglia di essere tra quei passeggeri.
Così il sabato mattina, finita la malattia, decido di fare un giro in macchina dalle parti di casa sua, magari la vedo, chissà? So che anche suo marito non lavora il sabato e potrebbe essere a casa con lei, ma non resisto e le mando un messaggio: “Sono nel parcheggio del supermarket vicino a casa tua, non è che devi fare la spesa?”
Dopo trenta secondi mi squilla il cellulare, è lei. Rispondo immediatamente sperando non mi dica che il marito ha visto il mio messaggio…
“Ciao, tutto bene?”
“Ciao, come stai, sei guarito?”
“Sì, sì, guarito ma mi sento senza forze, dopo una settimana di antibiotici ho le gomme a terra.”
“Sono sola in casa, ti va di salire?”
Se mi va di salire?!?
Secondo voi mi va?
“Certo, aprimi il portone che tra un minuto sono lì.”
“Va bene, ti aspetto.”
Mi apre la porta e noto subito gli occhi arrossati e l’espressione triste, indossa una tuta da ginnastica e ha un’aria un po’ trascurata.
“Ehi, qualcosa non va?” le chiedo preoccupato.
Mi getta le braccia al collo in un abbraccio premendo il viso contro il mio petto. Mi stringe forte in cerca di conforto e contatto fisico. Ricambio l’abbraccio stringendola e accarezzandole la schiena, senza scendere fino al culo anche se ne avrei tanta voglia… sento che non è il momento.
“Ieri sera mio marito si è infuriato perché ha trovato tortellini in brodo per cena, ha fatto una scenata dicendomene di tutti i colori, poi ha aperto la finestra e gettato il piatto di sotto, guarda…”
Mi porta alla finestra aperta e mi mostra in cortile il piatto bianco a terra con i tortellini sparpagliati attorno.
“Mi vergogno ad andare a riprenderlo, qualcuno potrebbe vedermi.”
Mi scappa un sorriso pensando che di solito è eccitata se qualcuno potrebbe vederla… ma non faccio commenti.
“Che stronzo!” dico stringendola in un nuovo abbraccio, poi la bacio sulla bocca, le labbra sono salate per le lacrime che vi sono cadute. Con la lingua provo a forzarle e si aprono subito ad accogliermi umide. Le lingue si cercano scambiandosi abbracci lascivi, le mani iniziano a scorrere lungo il corpo, le abbasso la zip della tuta per sentire il contatto con la sua pelle. Non abbiamo mai avuto questa possibilità prima d’ora in treno.
Ci accorgiamo però che siamo davanti alla finestra spalancata, il palazzo di fronte è a pochi metri, se qualche vicino si affaccia potrebbe godersi uno spettacolo inaspettato.
Mi prende per mano e mi precede verso il divano, c’è una coperta ed un cuscino, mi dice che lo stronzo ha dormito lì la notte precedente, rifiutandosi di andare a letto con lei.
Ci sediamo, non ha richiuso la zip e io le guardo il seno nudo, è già un po’ eccitata nonostante i brutti ricordi della sera prima.
“Vedo che stai meglio finalmente…” mi dice abbozzando un sorrisetto malizioso.
“Un po’ ma sono veramente senza forze.”
“E lì? Ti è rimasta un po’ di forza?” e indica l’alloggio del mio amichetto preferito nei jeans.
“Mi sa che una settimana di antibiotico ha ammazzato anche lui.” Rispondo desolato.
“Posso controllare se è vero?”
Se può controllare ?!?
Secondo voi?
“Fai pure ma credo che resterai delusa.”
Mi sento veramente spossato e già mi preparo a fare una brutta figura. Giulia ora pare si sia ripresa un po’, l’espressione triste è stata sostituita da un leggero sorriso, accattivante, malizioso, eccitante.
Lentamente apre la zip dei miei jeans e ci infila una mano, mi accarezza sopra la stoffa degli slip per qualche istante, calma piatta a sud dell’ombelico ma sento iniziare a germogliare qualcosa…
La mano si intrufola sotto gli slip e circonda il mio amico pelato con una presa delicata, scorre lungo l’asta che ha iniziato a prendere forma. Forse non è in agonia, forse c’è qualche speranza che risorga. All’aumento di volume e consistenza Giulia mi guarda negli occhi passandosi la lingua sulle labbra socchiuse, senza interrompere la manovra resuscitante.
“Mi pare non sia poi così morto come dicevi…” ora lo sguardo non è più solo malizioso, è eccitata e lo sono anch’io.
Lo spazio lì dentro inizia ad essere stretto, Giulia lo fa uscire dai pantaloni continuando a massaggiarlo con una mano mentre con l’altra mi accarezza le palle. Combina i movimenti delle mani e i risultati sono di assoluto rispetto. L’amichetto ha decisamente ripreso vigore e ora punta deciso in direzione del soffitto.
Visto che la consistenza lo permette Giulia ora ha aumentato l’intensità del massaggio, mi sta facendo una sega mentre continua a strizzarmi delicatamente i coglioni. Mi lascio scivolare sul divano per agevolare l’operazione, abbassandomi i jeans fino alle ginocchia.
“Posso dargli un bacino?” mi chiede speranzosa.
Può dargli un bacino ?!?
No, non vi chiedo più nulla, è inutile.
Non aspetta la mia risposta, dandola per scontata, e si abbassa prendendomelo tutto in bocca. Sento la lingua che passa e ripassa sulla mia cappella facendomi trattenere il respiro ad ogni tornata. Le tengo le mani tra i capelli seguendo il movimento su e giù lungo il mio redivivo compagno di giochi.
E’ una pompinara impareggiabile!
Non ho mai visto nessun’altra metterci tanta passione nel succhiare un cazzo. Riesce a farmi perdere il controllo e rischio di venire molto prima di quanto vorrei. Così dopo pochi minuti, a malincuore, la fermo avvisandola del pericolo imminente.
Con grande dispiacere, suo e soprattutto mio, stacca la bocca dal mio pisello e mi sembra quasi di sentire il rumore di una bottiglia che viene stappata. Solo in questo momento torno in possesso delle mie facoltà mentali e penso che il marito potrebbe tornare a casa da un momento all’altro, glielo faccio presente ma lei mi risponde con un’alzata di spalle: “Meglio, così impara quello stronzo!”
Ma sì, chissenefrega! Tento di farmi coraggio pensando che sia abbastanza normale tornare a casa e trovare la moglie che cavalca uno sconosciuto in salotto.
Giulia si alza e si toglie anche i pantaloni della tuta, vedo sulle mutandine un alone inequivocabile all’altezza della patatina.
Mi si siede in grembo impalandosi sul mio cazzo che ormai sta per scoppiare da quanto è gonfio. Inizia a scoparmi lentamente, fa tutto lei, forse per evitarmi fatiche vista la mia convalescenza.
Dopo un po’ si gira dandomi la schiena, le afferro i fianchi mentre guardo il mio cazzo sparire nella sua tana e ricomparire luccicante di umori.
E’ troppo, è troppo! Mi fa impazzire muovendosi in questo modo, non resisto più, veramente stavolta. Glielo dico e lei aumenta leggermente la velocità con cui si impala appoggiando le mani sulle mie cosce.
Qualche colpo ancora e esplodo in una sborrata che mi pare infinita, viene anche Giulia con un rantolo e un brivido che la percorre tutta facendole inarcare la schiena per prendersi fino all’ultimo spasmo il piacere che ci siamo dati.
Stiamo qualche secondo così, uno dentro l’altra. Poi lei si sfila e si inginocchia davanti a me, lo prende con entrambe le mani in una coccola affettuosa, se lo porta alla bocca e lecca avidamente il risultato di tanto sforzo.
Solo quando è perfettamente ripulito mi si accoccola in braccio facendo le fusa finalmente soddisfatta. Pochi secondi e sentiamo lo sportello di un’auto sbattere. Balza in piedi e guardando dalla finestra mi dice sottovoce:
“E’ lui, è tornato. Forse è meglio che non ci trovi, tutto sommato!”
A tempo di record ci rivestiamo e esco dall’appartamento salutandola con un bacio di striscio.
Scendo le scale e, sulla porta, lo incrocio.
“Buongiorno.”
“Buongiorno” mi risponde cercando di capire se mi conosce, ci rinuncia con una scrollata di spalle e prosegue verso la porta di casa.
“Buongiorno al cazzo!” mi lascio scappare appena il portone si richiude alle mie spalle “Brutto cornuto di un animale!”.
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