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Tutta colpa della paura


di skizzoinfoiato
05.02.2018    |    35.107    |    7 9.9
"Scrivo in questa categoria questa storia perché, anche se stava bene nella categoria prime esperienze, il seguito sarà qua postato e per darne una giusta..."
Scrivo in questa categoria questa storia perché, anche se stava bene nella categoria prime esperienze, il seguito sarà qua postato e per darne una giusta continuità , questa è stata la mia scelta.


Mi chiamo Roberta ho 52 anni, sono sposata con tre figli, sono titolare di un grosso studio legale di Brescia, il nome devo ometterlo.

Ci fu affidata una grossa causa civile riguardante un'eredità, che richiese particolari attenzioni, troppo importante vincerla. Per tale motivo a tale pratica furono assegnati, oltre a me e alla mia socia Denise anche due tirocinanti, Francesco che si ammalò un paio di giorni prima della partenza per l'udienza fissata a l'Aquila, e Carlotta, ultimo dei nostri acquisti, che fu inserita essendosi particolarmente distinta nell'ultimo periodo.

Carlotta era una giovane avvocatessa di 25 anni, bionda, riccia, con un taglio asimmetrico, che le donava moltissimo nonostante non fosse proprio di mio gradimento, compensava con la sua perizia. Aveva una carnagione bianca quasi marmorea, alta poco meno di 170 cm, la corporatura giusta, l'avei definita non esattamente al peso forma ma di piacevolissimo aspetto, il suo sorriso catturava l'attenzione.

Raggiungemmo per tempo l'Aquila arrivando la domenica nel tardo pomeriggio era il 5-4-2009, avevamo appena lasciato i bagagli e raggiunto un noto bar per un caffè che. una telefonata, costrinse Denise a tornare immediatamente a casa per motivi familiari, restai quindi con Carlotta.

Tornate in albergo, iniziammo a ridistribuire le parti che avrebbe dovuto affrontare Denise, nonostante fossimo preparate eravamo talmente prese che finimmo solo a tarda notte, la causa era a ruolo per le 12 del giorno dopo lunedì 6-4-2009.

Forse in pochi ricollegheranno la data agli eventi drammatici che si verificarono negli Abruzzi, era la mattina del devastante terremoto che inginocchiò la gran parte della provincia aquilana.

Alle tre e venti fui svegliata, come molti, da una scossa violenta. Il modo in cui l'albergo sussultò a quella scossa mi spaventò molto e, infilando il minimo indispensabile: intimo, camicia nemmeno del tutto abbottonata, gonna e scarpe mi affacciai nel corridoio per fare una valutazione di quanti fossero altrettanto preoccupati, fuori trovai Carlotta, con la camicia da notte, con altri clienti più o meno vestiti .
Non ci volle molto, il tempo di razionalizzare il da farsi, che rientrammo nelle camere a prendere l'afferrabile e raggiungere poi la strada.

Ci ritrovammo di nuovo nel corridoio in meno di un minuto, Carlotta si presentò col vestito indossato nel viaggio, io presi la giacca e la ventiquattr'ore, ne avevo due identiche, una con il cambio, l'altra con i documenti, per la fretta presi quella con gli atti processuali., certo non la mia priorità confesso in quel momento.

Eravamo alla porta quando fummo investite dalla scossa che rase al suolo la maggior parte del centro storico, l'orologio segnava le 3:30 del mattino. Ci fu difficile anche attraversare la porta tanto la terra si stava scuotendo.
Quando finì, sembrò che fosse passato un tempo infinito, fra i boati di edifici che già erano crollati durante la scossa ad altri, come l'albergo, che crollarono immediatamente dopo.

In uno stato isterico e catatonico ci fermammo al centro dello slargo antistante la struttura, abbracciate per la paura faticammo anche a realizzare quanto appena successo,. Le grida invocanti richieste di aiuto ci riportarono alla realtà e andammo come tanta gente ad aiutare, per quanto possibile la ricerca di coloro che erano rimasti intrappolati sotto le macerie, e che ignari della situaizone.

Non è un racconto sugli orrori di quella notte, o sulle oscenità che ho vissuto, il terrore che ho condiviso, quindi tralascerò questa parte.

Solo in tarda mattinata arrivarono i primi soccorsi della protezione civile, e dopo molte pratiche burocratiche, esauste, impaurite finalmente ottenemmo il trasferimento sulla costa. Le strutture erano già al collasso, per questo ci toccò condividere la stessa camera matrimoniale.
Era ormai sera quando riuscimmo a contattare i nostri cari, in angoscia per noi, avevamo perso un cellulare, scarico l'altro. Il cuore sottosopra, con l'adrenalina che ancora tenva i sensi ben desti, mangiammo un boccone più per necessità, che per fame, eravamo a digiuno dalla sera prima, poi ci ritirammo in stanza.

Non avevamo tanta voglia di conversare, giusto il minimo indispensabile, facemmo entrambe lunghe docce per allontanare stanchezza e le immagini del mattino. Fu lì che realizzai di aver preso forse la borsa più importante ma al momento quella meno utile, quella con i documenti, raggiunsi Carlotta sotto il piumone, indossando la sola biancheria.

Il letto non era grande, una piazza e mezza, la distanza fra noi sarà stata massimo di 10 cm, faticammo a prendere sonno, scoppiammo a piangere più volte, nel misto di emozioni che stavamo provando: da una parte l'esser contente di esser vive, dall'altra il dolore per coloro che non avevano avuto la stessa fortuna. Abbracciate cercavamo di sostenerci a vicenda, ricordo i silenziosi lunghi pianti a tratti inconsolabili alla luce soffusa posta a centro stanza. Fummo colte dal sonno improvvisamente, forse il calo dell'adrenalina.

Un raggio di sole filtrante dalla tenda ci svegliò, esattamente nella posizione in cui ci eravamo addormentate. Solo il risvegliarsi l'una difronte all'altra ci fece realizzare all'istante che non si fosse trattato di un brutto sogno.

Le feci una carezza sul viso, a cui ne seguirono altre, scostai un ciuffo di capelli ricevendone in cambio un sorriso.
Non so dirne il motivo, ma per quanto i gesti fossero del tutto innocenti e privi di malizia non riuscivo a smettere di farle carezze.
Il piumone scese leggermente, fermandosi qualche centimetro più in basso del petto, Carlotta prese a ricambiare il genere di attenzioni che le davo e con delicatezza come se potesse farmi male prese a sfiorami il braccio con la punta delle dita.

Era la prima volta che venivo carezzata in questo modo da una donna, rimasi spiazzata da come quel tocco mandasse scariche di piacere al mio cervello.
Ci stringemmo in un abbraccio, costringendoci ad avvicinare i copri, che trasferirono l'un l'altro il proprio calore.
Nessuna necessità di parlare, eravamo vive!
Improvvisamente mi sentii diversa, come se sentissi il bisogno impellente di condividere oltre a quanto vissuto qualcosa di diverso. Mi sentii estremamente strana, tornate nella posizione iniziale, ripresi con le carezze, a quel volto così vicino al mio.

Come avvolta nell'ovatta scivolai con la mano sulla spalla, ritrovandomi a giocherellare con la spallina della sua sottoveste.

Si rilassò, e non tardò molto che la mano tornasse a sfiorare la mia pelle, nella discesa dalla mia gota si fermo alla mia spallina, e proseguì oltre fermandosi a metà braccio.

Mi sentivo avvampare, e forse erano contraccambiate le sensazioni che stavo provando, d'un tratto mi fece un cenno d'assenso con la testa, il mio imperturbabile sguardo le fece capire che non avessi compreso e facessi finta di non comprendere, fatto sta che portò la mano a pochi centimetri dalla mia ancora alle prese con la spallina.

Il gesto che seguì fu inconfutabile e non altrimenti interpretabile, il movimento verso l'esterno era la chiara autorizzazione a far scendere quel lembo di tessuto.
Mi presi del tempo poi mi sembrò di far ciò che mi era stato chiesto con una lentezza estenuante, almeno così la registrò la mia mente.
La stanza fu riempita solo dal rumore dei nostri respiri e del tessuto accompagnato oltre la spalla.

Il cuore mi batteva forte, mi sembrò di esser tornata adolescente, alla scoperta di un mistero, tornai verso il collo ora il percorso era sgombro da impedimenti, ma ovviamente l'azione compiuta aveva fatto si che anche sul davanti il tessuto avesse ceduto restando morbido sul suo petto. La sua mano mi prese il braccio e, tirandolo indietro fece si che la mia andasse a posarsi sulla parte di seno lasciata scoperta dalla coppa della sottoveste.

Poi fu la mia spallina a sortire lo stesso effetto della sua, dopo aver giocherellato per un po' con le dita con la coppa del mio reggiseno. Adesso entrambe eravamo un pezzo oltre l'argine di sicurezza, che entrambe non avevamo apparentemente voglia di rispettare.

I pochi centimetri che separavano le nostre bocche erano davvero pochi, tanto da poter sentire il suo profumo, il suo respiro, leggermente accelerato quanto il mio. Con una naturalezza, che definirei disarmante le labbra, si unirono in un bacio a stampo.
Si dice che un bacio tiri il successivo, in effetti andò così, nemmeno il tempo di allontanarci che già le labbra erano nuovamente le une sulle altre.

Le mani reciprocamente andarono a saggiare le mammelle, atto un po' scomodo per la vicinanza.
Già potevo sentire la consistenza del seno di Carlotta, una seconda scarsa più o meno
mi eccitò tremendamente sentirlo nella mia mano e nel palmo il capezzolo diventar ancor più turgido. Frettolosamente andai a sganciare il mio reggiseno per poterle consentire di ricevere le stesse sensazioni che avevo poc'anzi provato. Ma essendo davvero d'intralcio mi sollevai e lo gettai in fondo al letto, nel mentre Carlotta si era disfatta del piumone e calata la sottoveste fino al bacino.

Feci per tornare alla carica, mi bloccò e mi fece sdraiare supina. Stavo per parlare ma la sua bocca avida della mia mi impedì ogni commento. Le labbra avevano lasciato posto alle lingue, ora intente a duellare fra loro nell'intento di capire tutto l'una dell'altra. Le mani? Sempre avide toccavano, stringevano, sfioravano, non solo i seni ma tutto ciò che era a disposizione. In un abbraccio all'unisono gememmo in toni acuti dal contatto dei nostri capezzoli, tanto da doverlo soffocare in un bacio lussurioso quanto profondo.

In preda al Dio Eros, eravamo in un mondo tutto nostro, ci stavamo rotolando su quel letto avvinghiandoci come due contorsioniste. In un momento di pausa a riprender fiato i baci languidi che ci scambiammo furono come della benzina sul fuoco. Ero prona su quell'esile corpo della mia occasionale amante, inizia a scendere verso il lidi più a sud.

Scesi d'impeto fino ai piedi e risalendo per le gambe strusciandomi ad esse alternandomi fra loro tornai con la faccia all'altezza del pube.

Baciai l'interno delle sue cosce ben divaricate fino all'inguine giungendo al limite del suo perizoma. Presi a baciarne la parte superiore, i profumi che stavano inebriando la mia testa erano quelli del suo piacere che ne avevano inumidito.

Ero bramosa di desiderio, sollevai lo sguardo ad incrociare il suo, che non tardai a trovare. Lo sguardo difficilmente tradisce, specchio dell'anima si dice, in quello sguardo la supplica a continuare, sorrisi, il bacino si alzò e pian piano feci scendere quella minuscola barriera che ostacolava il mio procedere al piacere.

Il suo monte di venere era ricoperto da una foresta chiara, un po' disordinata a dir il vero, ma certo non me ne curai, andai avida alla ricerca col pollice delle sue grandi labbra. Il sol sfiorarle la fece scuotere tutta, trovai il clitoride che non tardò a gonfiarsi ed emergere dal suo nascondiglio. In tutto ciò mai avevo tolto gli occhi dai suoi, che fremevano col corpo al desiderio impellente. Si sorreggeva sui gomiti, essendo probabilmente allo stremo, tenendosi in equilibrio sulla sinistra, la mano destro si poggiò sul mio capo effettuando una lieve pressione. Voleva la mia bocca! L'accontentai.
Lasciai che mi guardasse mentre con la lingua di fuori mi abbassavo verso il frutto del piacere. Giunse il calore del mio respiro prima ancora della punta della lingua sul suo clitoride che gemiti e tremiti la invasero. Le gambe si chiusero a morsa sulla mia testa. Affondai il colpo presi a passare la lingua per tutta al sua spaccatura, e nel risalire non mancavo di dedicare più di un movimento rotatorio e una succhiatina mimando un pompino al suo clitoride.
La mia azione non le consentì di restare sollevata sui gomiti, si accasciò sul materasso, e cacciò delle urla di piacere talmente intese che dovette soffocarle con un cuscino. Le gambe mi stringevano quasi a farmi male, mentre continuai imperterrita il mio andirivieni di lingua. Tremò contorcendosi a lungo le mani sulla mia testa premevano. Succhiavo bevendo, metaforicamente parlando i litri, di succhi dell'orgasmo prodotto.
Leccai a lungo anche quando capii che l'ondata maggiore ormai era passata. Si rilassò e riguadagni la posizione accanto a lei.

Il petto ancor asi muoveva veloce, adesso negli occhi di entrambe c'era complicità, appagamento. Ma ancora non era finita, ci sorridemmo, Lei con estrema malizia, appena riprese le forze si mise prona su di me, assaporando attraverso i baci il suo sapore.

Con le mani mi fece scivolar via le mie mutande, mi fece girare e mettere a 4 zampe. Stando inginocchiata al mio fianco iniziò ad avvicinarsi con le mani al mio fiore, passando per i miei sodi glutei.
Il mio sedere è un opera d'arte a sentir mio marito e con tutte le ore di palestra che gli dedico ci mancherebbe altro.
Sopra il grande gluteo si formano lateralmente alla colonna vertebrale due fossette che trovo sexy... molto sexy e al mare direi non solo io. Il mio culo è bello tondo e valorizza tutto il mio fisico.
Il dito scese fino a raggiungere il roseo sfintere anale. Non amo particolarmente la pratica del canale posteriore ma quel dito... quel dito che roteò amabilmente sfiorandolo appena risveglio sopite e mai indagate voglie e sensazioni. Provocò riflessi e sentii chiaramente rapide contrazioni che poté, senza dubbio alcuno vederle mentre esse allargavano e stringevano lo sfintere esterno.
La mano scese fino alla mia fica, ormai bella imbrattata di secrezioni, direi oscenamente imbrattata.
Non so dirvi se si muovessero con estrema perizia facendomi apprezzare un tocco alquanto erotico o era la mia eccitazione ad amplificare il piacere di quel tocco.
Sentire l'estrema delicatezza e cura con cui con una mano mi teneva oscenamente aperta e l'altra iniziava a penetrarmi provocava in me ondate di piacere tanto da sentire ondate di umori calarmi lungo l'interno coscia.

In estasi aspettavo il progredire dentro di me di quelle lunghe dita affusolate. Le sentivo violare la mia carne millimetro dopo millimetro aumentare e decelerare il ritmo della penetrazione... scosse, di quando in quando, si rendevano ingovernabili. Il viso affondato nel cuscino per non urlare al mondo il mio piacere.

Cambiò posizione mettendosi prima dietro a raccogliere con la lingua ciò che stava colando, implorando pietà si mise supina sotto di me, invitandomi a sedermi su di lei e a trovare sulla sua bocca l'ultimo ritmo, il ritmo del non ritorno da quell'orgasmo che bramavo con un ardore mai avuto.

Muovevo il bacino sulla sua bocca mentre la lingua leccava o mi penetrava quelle carni vogliose di lei. Le mi mani immerse nella sua chioma bionda come ad implorarla di resistere. Venni, squirtando accasciandomi, ormai spossata su di lei.
Mi sembrò di perdere i sensi da quell'incredibile rapporto appena concluso.

Ripresi i sensi dopo qualche minuto, i corpi ancora avvinghiati, i volti rilassati, non c'era più paura ma desiderio.

“Ciao!” riuscii a pronunciare ricevendo un abbraccio e un bel bacio lungo, intenso quanto delicato in risposta, a cui non mi sottrassi.

“Ciao!” rispose.
“Incredibile.... per me è stata la prima volta così...”
“con una donna? Un rapporto lesbo?”
“si con una donna... non avrei mai creduto fosse tanto meraviglioso!”
“anche per me è stata la prima volta.... l'importante è che non siano state le sole circostanze a consentirlo perché non vorrei si fermasse a questa volta!”, rispose Carlotta.

Vide del turbamento, “ so che sei sposata... a me basta condividere il piacere … di famiglia tieniti la tua … come io cercherò di farmene una mia... va bene?”

Non sapevo che rispondere, ero turbata, Carlotta si alzò e andò in bagno... sentii l'acqua scendere, mentre ero ancora immobile nel letto.
Non poteva finire così... la raggiunsi... entrai sotto quel getto d'acqua calda la baciai... provò a parlare invitandola a tacere mentre le bocche ormai già danzavano fra loro e le mani riprendevano possesso del corpo difronte facemmo nuovamente l'amore.

Così è iniziata la nostra storia... così è iniziata la mia storia di alta infedeltà che ancor oggi prosegue.... ma queste sono altre storie.
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