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VOGLIE: PARTE 3


di skizzoinfoiato
29.12.2020    |    11.547    |    3 9.7
"Il contrasto sembrava formare un quadro, un quadro che mi attirava a se come una calamita..."

Scoprii presto che al desiderio non si comanda, per trarne il massimo lo devi assecondare, cullare, per far si che ti possa a sua volta racchiudere nel suo abbraccio e farti provare sempre qualcosa di speciale che non dimenticherai mai.
Fu cosi che mentre mi trovavo in fila, in una estenuante fila per accedere ai camerini di un noto negozio di un altrettanto famoso centro commerciale presi a chiacchierare con la mia vicina , si chiamava, oddio si chiama ancora Jasmine, era una ragazza di una bellezza davvero particolare. Scoprii essere mezza europea e indiana da parte di madre da cui aveva ripreso evidentemente la fisicità: magra capelli lunghi e neri, due occhi che sembravano smeraldi, questi suppongo ereditati dal padre, il tutto su una carnagione più chiara rispetto a quella di un indiano, un color tipo cioccolato al latte.
Vestita in modo alternativo alla moda che la rendeva ancora più bella, quando si trovò pronta ad entrare, ebbe la fortuna che si liberasse quello più grande, all’angolo e in posizione più defilata rispetto alla schiera del resto dei camerini, la gente in fila, provata dall’attesa ormai era immersa fra i vestiti che aveva con se e l’immancabile telefonino.
Non si accorsero nemmeno che Jasmine mi prese la mano trascinandomi con se.
Ero ancora frastornata dal gesto che, guardandomi di riflesso nello specchio “volevi aspettare ancora li fuori? Dai metti le tue cose sull’altra poltroncina… c’è spazio per entrambe qua dentro non trovi?”
Iniziò a spogliarsi, mi definivo bisex, avevo già avuto le mie esperienze, ma lì dentro mi sembrò di vedere una donna spogliarsi per la prima volta.
Rimasi attonita gustandomi ogni centimetro del suo corpo che veniva lasciato a disposizione del mio sguardo.
Era in lingerie, quando si fermò “che fai non provi nulla te?” mi destai da quel torpore e gettai gli abiti sulla poltrona che mi aveva lasciato ma rimasi ferma come se non sapessi cosa dovessi fare.
“aspetta , ti aiuto!”
Ci trovammo una difronte all’altra, il cuore mi batteva, e prese a correre sempre più forte, mentre il camerino, nonostante i rumori assordanti provenienti dall’esterno, piombò come per magia in un silenzio provocato e idealizzato dalla mia mente.
Sentii solo le sue mani che mi scostavano una ciocca di capelli dal viso, le sue dita sfiorarmi la guancia, raggiungere il bavero del mio giacchetto che poco dopo mi sfilò appendendolo al muro. Tornò su di me , ma le sue mani mi sembrò non si fossero mai allontanate.
Indossavo un abito con una zip posteriore e tenuto in vita da una cintura, i nostri occhi sembrava parlassero, le mani stavano giocando fra loro mentre lei prese posizione dietro di me, e mentre mi cingeva i fianchi dopo aver slacciato la cintura, i brividi delle voglia di lussuria che stavo provando con questa sconosciuta presero possesso dei centri del mio piacere.
Risalì in alto senza che ci prestassi particolare attenzione, solo il lieve suono del calare della zip mi avvertì che il vestito presto mi avrebbe reso vulnerabile.
Mi scopri piano, con una calma e dolcezza disarmante ancor più di quanta ne avesse usata per se. Come il vestito passò le coppe del mio reggipetto, lo lasciò cadere ai miei piedi, e come un automa alzai i piedi per liberarmene definitivamente.
Le mani adesso percorrevano libere sul mio addome, sulle mie braccia, sui fianchi come se stesse prendendo le mie misure, i capezzoli non restarono indifferenti ad un simile trattamento e divennero irti e duri, sembravano volessero bucare il pizzo che li copriva.
Con un gesto abile lo sganciò, e rimase in attesa. Era il mio turno di motivarla o fermarla, ma a quel punto non si torna indietro, ci si abbandona a Cupido e Eros farà il resto.
Feci scendere le spalline e il reggipetto raggiunse presto l’abito ai miei piedi. Ci stavamo ancora fissando dallo specchio, come se da una parte ci fornisse protezione, una sorta di scudo, dall’altra potesse chiaramente mostrare il desiderio di entrambe aumentare all’impazzata.
Tornò difronte a me, adesso potevo perdermi nei suoi occhi con le mie labbra che ardevano dal desiderio di consumarsi per baciarla. Si tolse il reggiseno e si mostrò come io mi stavo mostrando a lei.
Aveva due seni bellissimi, con questa carnagione le dava una bellezza davvero unica, i suoi capezzoli erano piuttosto piccoli a sormontare una terza misura perfetta sul suo fisico, che sembrava quasi più grande, piccoli scuri come scure le sue areole. Sembravano due chicchi di caffè pronti per essere degustati.
Un gemito quasi più di sorpresa che per il piacere che mi provocò mi usci quando venne a saggiare la consistenza del mio, e contraccambiai il gesto.
Le bocche si unirono in un castissimo bacio, un bacio che accese quella miccia che raggiunse veloce le mie parti basse provocandomi un piacere prossimo all’orgasmo.
Aveva un sapore… divino, un perfetto mix di dolce, soffice, una qualcosa capace di generare dipendenza.
E mi ribaciò, a dir il vero mi baciò tante volte ma ognuna di esse mi sembrava sempre una prima volta. Impossibile raccontarvi quel lunghissimo modo di baciare, un’artista !
La mia mente aveva già preso a volare alto e lontano, quando prese a scendere con l’umida lingua sul seno, fermandosi a giocherellare con la mia areola diventata sensibilissima, e poi la sentii… la sentii… sentii la sua bocca sul capezzolo e suggerlo amabilmente tanto da farmi scoppiare in un’ orgasmo che mi travolse e che con molta fatica feci morire dentro quell’urlo strozzatosi in gola.
Mentre mi leccava i capezzoli che ogni volta ne uscivano più duri e lunghi, grondavo umori, che le mie mutandine non riuscivano a contenere, alcuni rivoli scendevano oscenamente sulle mie cosce, asciugati, per quanto possibile, dall’ultimo baluardo di resistenza a lei: quelle stesse mutandine che vennero, ormai fradice, tolte di mezzo.
Ci stavamo baciando, quando realizzai quando folle fossero le nostre mosse, ero sempre stata piuttosto pudica, e adesso mi ritrovavo avvinghiata ad una sconosciuta godendo di lei, in pubblico, o meglio in un camerino con una moltitudine di gente ignara di cosa stesse succedendo a poco meno di un paio di metri di distanza.
Ma non potevo pensarci era troppa la passione con cui Jasmine si stava prendendo cura di me. La mia voglia, quella mia sana voglia di sesso mi aveva fatto rompere i freni da un bel po', risposi alla mia amante con sfrontatezza, andando anch’io a prendermi il suo corpo.
Mentre avvinghiate come un serpente sulla sua preda, anch’io andai famelica a cercare il suo seno, a sentirne forma e consistenza, sento premere sul mio palmo la sua eccitazione.
Poi fu il mio turno andare a cercarla… posso dire che le feci una doccia di saliva tanto leccai il suo corpo, la desideravo e scesi ancora, fino all’agognato premio.
Davanti alla mia faccia in un perizoma di pizzo viola acceso il mio regalo. Le mani giocarono molto con il bordo mentre baciavo l’interno coscia notando chiaramente che anche lei era al limite, dalla chiazza scura provocata dai suoi umori.
Finalmente era nuda davanti a me. Io che prima mi sentivo a disagio non avendo mai pensato la mattina ad un’evoluzione così repentina al centro commerciale che non mi ero preparata adeguatamente, insomma non ero depilata.
Ma la vista di quella fica pelosa e riccia cancellò le mie titubanze. Era bella, non ricordavo nemmeno a quando risaliva l’ultima volta che avevo una figa così, volendo, poco curata.
La guardavo come se non sapessi cosa la foresta nascondesse, ero stranamente disorientata, con una carezza mi portò a guardarla dal basso, e vederla così mi provocò un’altra marea di piacere. Un cenno di assenso, che tornai a guardarla in mezzo alle gambe, a guardare mentre con le dita si insinuava in quel pelo per poi mostrarmi, divaricandosi, come in un colpo di scena, le sue rosse piccole labbra.
Il contrasto sembrava formare un quadro, un quadro che mi attirava a se come una calamita. Ma era solo la pressione che stavo ricevendo sulla mia nuca dalla mano libera.
Non la feci attendere oltre andando a saggiare e ad esplorare ogni anfratto facendola tremare, gemere, perse l’equilibrio ritrovandosi seduta sui mucchi di abiti, ma nulla mi importava, la segui e continuai a non concederle tregua, continuando il mio abile lavoro di lingua.
Mi esplose in faccia! E faticai a ripulire quanto da lei prodotto. Ansimante e felice ci perdemmo in un reciproco sorriso. Dopo un paio di minuti, con i suoi abiti fece una sorta di tappeto per terra e mi venne sopra formando un 69 e ricominciando i nostri giochi di lingua.
Non eravamo sazie volevo godere di lei. Ci fermammo per metterci in posizione della forbice, adesso i nostri sessi erano faccia a faccia, o meglio labbra contro labbra pronte a quel nuovo giro di giostra che ci fece simultaneamente provare la forza di uno tsunamico amplesso. Mai avuto un orgasmo simile!
Esauste, ma felici restammo ansimanti, fianco a fianco qualche altro minuto, poi le nostre menti che fino a quel momento avevano avuto spazio solo per se stesse, ricominciarono a sentire i rumori del negozio, di quella bolgia di persone così vicine e così ignare di tutto.
Ci rivestimmo scambiandoci l’intimo come a non voler dimenticare l’accaduto, poi uscimmo comprando tutto, volevo con me tutti gli abiti che furono testimoni di questa giornata.
Oggi quando ci ripenso mi basta prendere un dei molti capi lo fisso come a chiedere conferma che non sia stato solo un sogno.
Non lo è stato, se fossi brava a disegnare farei un suo quadro, di quella giornata porto con me quella voglia di trasgressione, di voyeurismo, insomma di troiaggine assurda che di quando in quando mi seduce portandomi a provare esperienze indimenticabili.
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