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Odette, oui je suis putaine, 6a parte - ( Fernando )


di sexitraumer
11.05.2015    |    5.427    |    0 7.8
"Invece lo spasmo pre orgasmico di Lino lo vece venire dopo due colpi in avanti: il cappellone avvolto dal muscolo intestinale stava arretrando di un pochino in..."

…nel frattempo presso la modesta magion di messer Lino la biondina Odette s’apprestava a terminare la cena a base di carne animale arrostita e formaggio, che il suo ospite aveva tirato fuori dalla dispensa. L’uomo vedovo ritenendo di far cosa gradita alla sua ospite, da lui correttamente ritenuta nord europea, lasciò a lei gli arrosticini speziati di varie carni che aveva già riscaldato alla brace prima di servirglieli. Viceversa servì alla ragazza della caciotta in misura minore di quanta ne consumasse lui. Osservava compiaciuto le sue forme adolescenziali pregustando il momento in cui quelle rosee carni che trasparivano dalla camicia-veste sarebbero state nelle sue mani. Messer Lino, da agente delle riscossioni qual era, era persona piuttosto razionale e controllata. Non avrebbe mai sentito il bisogno di masturbarsi osservandola mangiare. Dopo formaggio e carne Messer Lino servì alla ragazza delle arance, un paio che divisero più o meno equamente. Un cordiale di limoncello chiuse quella cenetta intima, ma non lussuosa. Dopo aver consumato il cordiale Odette si guardò intorno nel debole chiarore delle candele di quella casa di due stanze, quindi messer Lino le indicò il giaciglio. Qui Odette richiese il compenso pattuito prima presso il forno, lo prese mettendolo poi nel suo sacco, quindi si tolse l’ampia camicia-veste senza fare alcun caso se Lino l’avesse vista o meno. Restò nuda, completamente nuda, da capo a piedi nel volgere di un batter di ciglia, e salì su quel giaciglio nella posizione delle quattro zampe, di cui una lievemente più arretrata. Messer Lino che l’aveva seguita con lo sguardo, rimase folgorato da quella visione innocente ed animalesca, e mentre smetteva i propri abiti iniziò ad eccitarsi sessualmente col cazzo che gli s’ingrossava in mano, vuoi per l’intimità della scena erotica a domicilio, vuoi per l’intimità dell’ambiente appena riscaldato da quel chiarore rossastro delle candele, di cui Lino doveva possedere una discreta scorta, vista la disinvoltura con cui lasciava che si consumassero. Odette vide che dove Mastro Giuseppe era stato tondo anche se ben dotato, messer Lino era asciutto e ben dotato lo stesso, ma sotto un altro profilo: aveva i coglioni molto grossi ed un cazzo ben “circonferenziato” anche se non molto lungo. Odette aspettava alla pecorina che lui iniziasse il gradimento del primo contatto col proprio corpo secondo l’angolo che avesse preferito. Odette sentendo il solletico invasivo tra le sue coscette nel giro di un istante, grazie all’umidità della lingua di lui fra inguine e fica, una lingua attiva, ed ovviamente animalesca, iniziò ad entrare col tremorino intimo nella logica di un nuovo coito. Messer Lino quella lingua la usava velocemente su quel suo piccolo inguine, ed Odette per tutta risposta allargò le coscette ancora di più, movendo di tanto in tanto il proprio dito sinistro vicino il suo clitoride. L’esattore si appassionò anche al suo piccolo ano lavato alla meglio dopo l’eiaculazione di Bartolo. Cercò d’ignorarne quell’ovvio odore non proprio piacevole, e vi faceva brevi puntatine con la punta della propria lingua, per poi ruotare l’intera testa con la lingua estratta sulle sue piccole natiche ben sode: la destra e la sinistra erano state ben insalivate. Odette mosse il culo due volte all’indietro, di cui una in maniera abbastanza brusca, e Lino capì che doveva smettere. La ragazza si voltò, e si stese supina con le gambe nella posizione della forbice aperta. Messer Lino chinò il proprio viso sulla fica della ragazza, e dopo averci sputato della saliva cominciò a leccare ampiamente tutta la vulva di lei, che per l’eccitazione tirò fuori a propria volta la propria lingua. Messer Lino le leccava il clitoride e le carnosità intorno con la velocità di un cane. Odette, che non aveva avuto il tempo di profumarsela dopo il lavaggio sommario nel forno di mastro Giuseppe, ebbe dall’infoiato vedovo un lavaggio supplementare che aveva asciugato tutta la saliva che vi aveva lasciato cadere qualche minuto prima. Ad Odette sembrava che, l’uomo, l’odore forte del suo sesso lo apprezzasse egualmente. Sembrava non volersi staccare…la ragazza godendosi quelle sensibili ondate di piacere linguali rantolò non appena le fu possibile, tra un sospiro e l’altro:
“…ahnnn ! Ahn ! Ahnnnnn !...entrez vous ! Monsieur Linò entrez vous, s’il vous plait !…ahnnn !...Ahnnn !...ohhhhh…Cazzò ! Cazzò ! D’emblé ! Allez y !...Ohhhh !”
A messer Lino non dispiacque presentarle la sua bombarda, forse non lunga, ma certo molto larga. Dopo due o tre strisciate della sua dura cappella sullo spacco abbastanza aperto di lei, le introdusse il suo cazzo eretto lasciandosi cadere su di lei. Odette sentì immediatamente l’intrusione avvertendo un raro godimento da trafittura rapida. Il batacchio di Lino le tolse il respiro per un paio di secondi…
“AHN !”
…poi la sua già eccitata sorchetta diede il caldo e bagnato benvenuto alla cappella di quel cazzo, per poi bagnargli anche l’asta in affondo. Lino, iniziò a muoversi avanti ed indietro, e ad ogni affondo Odette tendeva a sentirsi il respiro smorzato. Le scosse di piacere più intenso quando Lino sbagliava di poco l’affondo verticale avanzando col cazzo inclinato, ora a destra, ora a sinistra. Descrivendo una specie di cono dentro di lei col vertice alla base delle proprie palle procurava alla ragazza sensazioni lubriche ed intense avvertibili grazie al cazzo largo di Lino, che colpiva la vagina di lei da direzioni inaspettate rispetto alle scopate con gli altri clienti. Odette godeva assai lubricamente, e non le riusciva di pensare a niente. Da professionista del piacere aveva imparato a godersi anche il rapporto anale, e quel cazzo di male gliene avrebbe fatto parecchio tra un po’ di tempo…anche se adesso se lo stava godendo nel miglior buco possibile. Odette si lasciava leccare il collo durante il contatto intimo con il suo cliente, e così fece pure con il non troppo alto messer Lino, che estendeva la leccata anche alle guance dato che i due erano più o meno di pari statura. Il cazzo di Lino stava facendo “suonare le campane” alla mente di lei, dato che la fica ed il cervello di Odette sembravano lavorare all’unisono. Gli istanti più piacevoli purtroppo trascorrevano veloci, e se la ragazza avesse pensato solo a godere, messer Lino non avrebbe tardato a spararle dentro un bel proiettile liquido e rovente…Odette interruppe il coito non appena sentì le pulsazioni sull’asta. Si mise pecoreccia in un istante, e l’uomo la raggiunse con belluina prontezza afferrandola per le anche. La stava possedendo e aveva osato sfuggirgli…Voleva rimetterglielo in quella sua piccola fica calda ed un po’… colante, ma la ragazza lo prevenne:
“…non ! Pas !... Dans le cul ! Dans le cul !”
“Ahhhnnnnffff, ahnnnn, uhhhmmmmm ! nel culo lo vuoi ?...ahnnn, mannaggia stavo venend…ohhh !”
Continuava a strusciarle il cazzo duro, in cerca di esplosione, sulla pelle calda e liscia delle sue coscette…
“Culò, Linò ! Culò !”
Anche stavolta Odette allargò il proprio ano, come aveva fatto con il giovane Bartolo, e Lino procedette all’affondo di quel fiero gladio di carne dura. Odette cacciò un urlo per lo spavento. Era convinta che l’avrebbe saputo “prendere”…
“AHHHHHHHHIIIIIIIIIII !”
…non era escluso che l’avrebbero sentito nel vicolo quell’urlo; e nel frattempo chiunque fosse stato di passaggio avrebbe capito che era la ragazza ad averlo sentito…
L’ano di lei subì la bruciante presentazione del cazzo di Lino, arrabbiato di suo per l’interruzione del coito vaginale, che più o meno piacevolmente avvolto dentro l’intestino, sembrava attendere il colpo di reni di lui. Ogni colpo, secondo l’esperienza della ragazza, le avrebbe squassato l’intestino procurandole uno strano piacere, tra la sofferenza ed il godimento, con prevalenza del secondo dopo i primi bruciori e dolori dell’avanzamento. Invece lo spasmo pre orgasmico di Lino lo vece venire dopo due colpi in avanti: il cappellone avvolto dal muscolo intestinale stava arretrando di un pochino in attesa del terzo colpo, quando le palle fecero partire improvvisamente il supremo impulso. Dopo la stretta ed il rilascio in prossimità dell’inguine, Lino si accorse di non poter più trattenere l’onda nervosa, che sembrava amplificarsi nel viaggio pressoché istantaneo lungo il cazzo…lì dentro, nella mente di lui, illuso dominus del coito, sembrava che il tempo stesse per rallentare, ma né fuori né dentro il corpo di Lino, e men che meno in quello di Odette, si sarebbe fermato; anzi ! La percezione del tempo da parte di lui accelerò, dopo l’illusione dell’attimo in cui lo sperma scaldava la punta dell’uretra uscendone, e nella più fredda realtà materiale quel cazzo sparò lo sperma nei visceri tiepidi della ragazza, ben riempiti dal denso frutto dell’aggressività sessuale di lui. L’istante del piacere si stava allontanando, e ovviamente Lino cercava di replicarlo, con altri colpetti di reni, mentre il cazzo restava più o meno piacevolmente strozzato nel colon retto di lei. Ogni rilascio però era minore del precedente, e così anche il piacere provato dall’uomo. Odette, da parte sua, sudata per lo sforzo provato, lasciava Lino libero di pomparle quanti getti avesse voluto. Nel culo non gliene importava quanto gliene pompassero. Un minuto dopo Lino staccò il cazzo, e si stese sul letto accanto a lei, stremata al pari di lui. Lino però non era ancora soddisfatto nonostante l’esplosione per cui, voltandosi verso di lei, pensò di “riprendere il discorso” con quelle zinnette che aveva sbirciato presso il forno. Portò le proprie labbra sul capezzolo di sinistra, e strettone alla meglio il relativo seno, si mise a succhiare famelico; dopo un minuto staccò le labbra ed il succhio solo per ripetere l’operazione su quello di destra; i succhi e le strette di Lino avevano rieccitato Odette che re-iniziò a respirare vigorosamente. Questa volta Odette pensò che se la sarebbe goduta un po’; riteneva d’averne diritto dopo la sofferenza della sodomia. Come aveva previsto il suo cliente le avrebbe presto baciato e leccato un po’ tutto il corpo sul davanti. Anche lì poco sotto l’ombelico dov’era ubicata la sua zona più erogena, cosa che Lino, ansioso di giocare con quelle sue zinnette, ovviamente ignorava. Succhiava e succhiava l’esattore di Muro. Sembrava volesse pignorarle i capezzoli o quanto meno affermare un diritto inalienabile di utilizzo per succhio. Certo Odette, latte non ne produceva, né le strette di Lino ne stimolavano la produzione. In tanti anni di professione la donnina non aveva mai subito un possesso così famelico e focalizzato; certo evidentemente Lino doveva essere in arretrato da mesi…o nel paese donnine dal fisico adolescenziale come quello di Odette semplicemente non ve n’erano mai state. A tratti le scappava da ridere nonostante la tenerezza che le suscitava un cliente innamorato delle sue tette; tuttavia –pensò – se continuava così un altro paio di minuti gli avrebbe chiesto un supplemento il mattino dopo. Staccò la mano destra di lui dal seno sinistro fin troppo stretto tra le sue dita e la guidò verso la sua piccola fica. La ragazza voleva essere lavorata un po’ anche lì…se quell’uomo avesse saputo combinare una presa possessiva sul sesso con il lavorio ai capezzoli, allora sì che si sarebbe eccitata adeguatamente. Ciò che aveva reso sempre Odette una donna da cui il cliente tornava era il fatto che cercava di bagnarsi veramente, non soltanto facendo in modo che le insalivassero il sesso…amava essere presa dappertutto…apriva e chiudeva le cosce sulla mano di Lino che le massaggiava la vulva, quando finalmente questi le lasciò il capezzolo destro inturgidito ed eretto e cominciò a baciarla sulla pancia. L’uomo fece passare le sue mani sotto le natiche, e mentre le leccava il basso ventre usando la lingua come un pennello, tenendo la mano sinistra sotto la natica corrispondente, cercava di penetrare col medio il piccolo ano di lei, in attesa dell’ovvio cunninlinctus. La lingua di lui sotto l’ombelico le fece gonfiare la sua carnosissima fica, che stavolta – potè vedere da sé Lino – si era aperta da sola. Certo Lino avrebbe voluto che Odette glielo prendesse in bocca, ma quella fica aperta era un bell’invito alla penetrazione, a quel punto conveniva ri-approfittarne. Le leccò ancora un po’ il clitoride poi, con un movimento abbastanza rapido, le ficcò di nuovo dentro la sua corta, ma ben larga bombarda carnale…Odette gradì nuovamente l’intrusione godendo non appena la sua dura cappella si fece strada nella sua piccola elastica vagina. Occorse ben più di un secondo affinché quella vagina si adattasse al batacchio. Un piccolo lasso di tempo ch’ella utilizzò per godere. Quell’ingombrante cazzone le piaceva talmente tanto che tollerava ampiamente le salivose leccate di lui sulle sue piccole guance. Certo tutta quella saliva maschile con alito al formaggio non le piaceva troppo, ma le sensazioni piacevoli che le dava il cazzo di messer Lino valevano un piccolo disagio. Provò anche a spostare il proprio bacino un po’ di lato, all’improvviso un paio di volte, per sentire quel cazzo in tutte le direzioni possibili del suo organo di senso interno. Lino aveva cominciato ad accelerare il ritmo dei suoi colpi, sempre più veloci. Era chiaro che voleva sborrare di nuovo…ma dentro Odette era decisa a non farlo venire neanche stavolta. Messer Lino muoveva il suo bacino a velocità costante; il suo affondo durava circa un secondo e mezzo: il tempo di un respiro ed inizio espiro…la statura di Lino, circa pari a quella della ragazza, gli consentiva di tentare dei succhiacci rapidi, quasi dei piccoli furti di latte, dalle sue zinnette ormai turgide ed erette. Odette sapeva che il suo seno era una delle sue zone più erogene e continuando a quel ritmo e modo sarebbe venuta lei stessa, e ben prima del suo felicissimo cliente, dentro di lei. Sì, la ragazza ebbe il suo orgasmo; scoprì che faceva, ella stessa, fatica a trattenerlo, così che la sua bollente conchiglietta di carne bagnò di nuovo la cappella di Lino. L’uomo iniziò la sua corsa finale; in ciò non era diverso da tutti gli altri clienti di Odette: tre impegnati minutini, forse meno, di affondi rapidi e decisi contro quel morbido, caldo, bagnatissimo bersaglio ospitale che aspettava la sparata di caldo seme maschile calmante. La seconda sparata probabilmente non sarebbe stata pari alla prima che le era stata riversata per intero nei propri visceri rettali…Odette sperava che il secondo orgasmo di Lino non contenesse sperma fertile, ma nonostante avesse potuto gradirlo in fin dei conti, la razionalità prevalse la seconda volta: la ragazza interruppe di nuovo il coito, e rapidamente si portò con la propria bocca verso quel cazzone di Lino che doveva essere in disappunto per quel contatto interrotto col paradiso in terra. Fu rapida a prendergli in bocca la cappella, come aveva abilmente fatto con Giuseppe, ed ancora più rapida a leccargli il glande verso il centro, rapida nel mordicchiargli il frenulo e dopo tre salivosi colpi al centro della cappella Lino le venne in bocca; dopo aver accolto la prima sparata liquida e rovente tra lingua e palato superiore decise di correre un certo rischio come a risarcire Lino del coito interrotto. Ingoiò decisa il corto cazzo del suo scopatore e lasciò che l’uomo le sparasse direttamente in gola i restanti proiettili poco densi che in realtà andarono a depositarsi tra lingua e tonsille. Odette fu fortunata che non le irritò il cavo orale dopo essersi, in realtà solo per caso, favorevolmente mescolato, quello sperma poco denso, con la saliva già presente…l’uomo trovò ugualmente un cavo caldo e pulsante disposto ad accogliere il cazzo ed il seme; non poteva lamentarsi del trattamento. Dopo l’ultima buttata Odette prese il cazzo e lo spippò ancora un paio di volte di cui l’ultima a bocca aperta; si assicurò così che non buttava più. Lasciò penzolare quel cazzo che aveva già dato e lo restituì al padrone. Odette fece cenno a Lino, scarico e sudato, di sedersi; Lino senza capire lo fece. Venne baciato sulla guancia dalla ragazza che completò la cosa abbracciandolo. Nel suo italiano stentatissimo gli disse a bassa voce:
“Tou cazzo bon-o moltò…tu scopa bon…ben-e Linò !”
“Ma non potevi farmi venire dentro ? Stavo proprio per…”
“Hai tou un peu latte, sì ?”
“Vuoi bere del latte ? Acqua, no ?!”
“Si tou haves, per me latte sì !”
“Il latte lo prenderai domani mattina, ora non ne ho. Se vuoi ho dell’acquavite”
“Ca-vi-te ?”
“…ho capito, va ! Aspetta che torno…”
Messer Lino, girando nudo per la sua casa (di due stanze di cui una ingresso) tornò con due nappi di legno ed una sua bottiglia “segreta” di creta alta circa un avambraccio di diametro massimo pari a circa una mano. Versò alla ragazza quella bevanda molto alcolica dicendole di fare piano…
“Guarda che è forte…!”
Odette dopo un primo sorso ne bevve tutto il contenuto ingoiandolo rapidamente...la qual cosa meravigliò Lino che la gustava di solito abbastanza piano. La ragazza volendo togliersi dalla bocca il sapore di sperma “al formaggio” del suo cliente ed ospite ne chiese un altro:
“…encore…encore…très bon monsieur ! Merci !”
“Ancora ?!...guarda che stà roba non è mica acqua di fonte !”
Lino, da brav’uomo, le versò dell’altra acquavite, e complice l’oscurità ed il debole chiarore delle candele in via di consumazione, non si accorse che glielo aveva riempito del tutto. La ragazza usò i primi due sorsi per fare dei risciacqui prima di ingoiarlo. Lino, più risparmioso si versò mezzo nappo per prudenza. La ragazza, sapendo di aver conquistato la fiducia di Lino per quella notte gli propose:
“Tou vuoli ancora scopa, sì ?!”
“Sì, tra un po’…basta con l’acquavite ! Ora c’è solo acqua se vuoi…”
La ragazza non fece caso alla specificazione di lui circa l’acquavite e continuò:
“Tou hora, se vuoli nuova scopà, tu paga encora cinq lire e tu scopà culò… e se vuoli vieni tu dentrò quanto vuoli !”
“Va bene, quando vuoi…vuoi altre cinque lire ?”
“Sì, cinq autres e tu scopà me jusqu’au ton sommeil…”
“Giusquà ton som-me-il ? Che vuoi dire ? Non conosco il franzès…”
“Se tu reveillé tu scopà…puis tu dorme, no ?! Dopo scopà tu dorme, vero ?! Una, due altra, poi noi dorme, sì ?!”
“Sì, sì…”
“Tu hora altre cinq lires …”
“Va bene, le vado a prendere…”
Lino andò nell’altra stanza e tornò con delle monete spicce. Insieme avrebbero fatto meno di cinque lire; Odette con le monete non era, come tutte le prostitute del resto, una sprovveduta, e contatele sentenziò:
“Queste meno di cinq lires !”
“Sì, signorina, ma mi avete sbevazzato due nappi di acquavite ! Io me ne faccio bastare mezzo ogni sera !...”
Lino le indicò la quantità di alcolico che la ragazza gli aveva “sottratto”. Odette capì, e fu d’accordo. Si alzò restando completamente nuda, e andò a riporre le monete nel suo sacco, quindi senza chiedere a Lino si diresse alla bacinella che conteneva un po’ d’acqua con dei petali di rosa a profumarla, poi prese a lavarsi dapprima il viso, e dopo aver piazzato a terra la bacinella lavò la propria fica ed il culo. Quindi rimessa la bacinella sul piedistallo andò a prendere un po’ d’aria, benché tutta nuda, alla finestra. Anche Lino usò la stessa acqua per lavarsi il viso ed il cazzo; tuttavia il contatto, e lo sciacquettio di quel liquido universale stimolò in lui la voglia di urinare: prese il vaso da notte sotto il letto e si liberò. Poi Odette atteso che finisse, fece altrettanto. Quindi il vaso ritornò sotto il letto. I due erano pronti per un’altra cavalcata…
Odette, salita sul letto si mise carponi appoggiando la testa al cuscino. Offrì l’intero bacino al suo cliente che era invitato ad eccitarsi nella maniera a lui più comoda. L’uomo, inginocchiatosi dietro di lei, si mise a palpeggiarla e leccarla un po’ dappertutto, tra natiche e ano. Tra inguine e bassa fica…Lino era stanco, ma sempre disposto a rieccitarsi onde sentire sul suo cazzo il culo stretto della donnina. Da parte sua Odette, dopo aver bevuto lo sperma di Lino dal sapore forte, aveva deciso che non l’avrebbe più preso in bocca per quella notte. Nondimeno avrebbe lasciato l’uomo libero di sfogare la propria aggressività sessuale residua nel suo culo. Secondo la sua passata esperienza un uomo dell’età di Lino non sarebbe durato più di due altre scopate; il che si traduceva, comprendendo il riposo tra una e l’altra, in una un’altra oretta di sesso. E pensare che solo ventiquattro ore prima un bravo marinaio della flotta turca originario di quelle parti, la stava chiavando tra gli scogli del tricasino…non si poteva dire che Odette avesse avuto problemi di “ambientamento” lì a Muro…suoi pensieri andavano un po’ per conto loro, anarchicamente, mentre fuori da quel corpo appena le sembrava di sentirla la lingua di lui che compiva dei veloci assaggi dei buchini proibiti che avrebbe voluto tanto “esplorare” da piccolo. La nebbia di ricordi delle ultime ore di lei venne bruscamente interrotta dallo slargo dell’ano da parte della cappella dura di lui.
“AHN !”
“Ahhhhh, ecco ! Tieni ! …è ancora duro Odetta ! Ahhh, sentilo ! Duro, oh ! Duro ! Che bel culo che hai Odetta ! Sìiiiiiiii ! Ahhh!”
“Ahhhh oui !...uhi ! Ahn, ahiiii! Uh ! Bon ! Ahnnn ! Bon ! Dans le cul ! Ouiiiiii !”
“Cul che danza ? Sì ! Te lo smuovo bene il mazzo ! Eh piglia ! Ohhhhh ! Pigliaahhhhh !”
“Oui ! Monsieur oui ! Rompi monsieur mon cul ! Uhn ! Ahnnnn !”
Quell’uomo di vigore ne aveva ancora, e saggiamente aveva evitato di bere troppo, dato che probabilmente sapeva che l’alcool faceva scopare male, con poca erezione, impedendo ad esempio la messa nel culo. Ovviamente non comprendendo il francese aveva scambiato il dans le cul dell’esaltata femmina con la danza nel culo, anche se in un certo senso quel cazzo ballava eccome !… Odette da parte sua possedeva la forza fisica delle ventenni, e resistere allo stress sessuale (ripetitivo) le era sembrata una cosa ovvia. Avesse avuto 45-50 anni, con una decresciuta efficienza, non l’avrebbe subita così facilmente quella pratica sodomitica resa realmente faticosa dalla larghezza del glande del suo cliente. La posizione della pecorina non era poi così di tutto riposo. Se si fosse potuta mettere di fianco rilassando una parte della muscolatura tra natiche e sfintere avrebbe potuto anche rilassarsi mettendosi ad aspettare l’innaffio, cosa che cerebralmente apprezzava. Le movenze di Lino erano sicure; Odette pensò che quello fosse uno dei rapporti preferiti con sua moglie o con le donne in genere. Il culo di Odette era un passivo balocco nelle mani di quell’uomo che stava esaltandosi al punto di mollare i fianchi e stringere le zinnette molli verso il basso di lei. La nuova stretta accompagnata dal coito anale rese Odette il cui colon restava tiepido più calda, con l’ovvio vantaggio di accelerare il ritmo di battuta della cappella di Lino nelle pareti rettali. La giovane prostituta cominciò a provare un po’ di soddisfazione e di piacere, un piacere misto di dolore, esaltazione, avvolgimento, e tanto calore scambiato da quei due corpi congiunti contro natura in un peccato carnale desiderato da entrambi…peccato non fosse possibile baciarsi a lingua; all’uopo Lino le leccava la nuca ogni tanto, non appena lo sforzo, la posizione, ed il mantenimento del coito glielo consentivano. La ragazza, ritenendo di saperlo eccitare mandò dei rantoli, e quando si sentì leccata dietro l’orecchio sinistro pronunziò dei brevi incitamenti, con un tono femminile ed intimo, all’eiaculazione.
“Oui ! Colpi-mi ! Colpi-mi ! Uhn ! Ahnnnnn !”
“Sì ! Hoh ! Sì…ahn ! Cce kulu ka tieniiiiii…ahnnnn !”
“Ahn ! Huh ! Ahn ! Huhh ! Ahnnnnnnn ! Huhhhhhhhh ! Ahù ! Ahi ! Ahnnnn !”
Le paroline in italiano stentato, ma in tono innocente, sortirono l’effetto che la ragazza da consumata dispensatrice di sesso si aspettava:
“Ahhhh ! Ahnnnnn ! Ahnnnn ! Eccooooooohhhh !...Sìiiiiiiii !”
Messer Lino pompò l’ormai acquoso seme nel retto della giovane puttana, che gradì da parte sua sentirsi i visceri bagnati più in profondità più o meno subito dopo il cazzo ben piantato dentro, godendo dei tre schizzi che le sembrò di aver sentito con i propri sensi interni, avendo contemporaneamente quelli esterni intorpiditi dalla lunga sodomia. Messer Lino si staccò accasciandosi sul letto supino. Trascurò di pulirsi il cazzo. Odette restò a pancia sotto. Soltanto adesso si accorgeva che durante la notte di sesso duro non aveva dato importanza alle zanzare che stavano trovando parecchia carne, ben rossa, da succhiare. La ragazza si voltò, si sporse in avanti, quindi afferrò il lenzuolo, e si coprì anche il capo per trovare un po’ di sollievo dalle punture che aveva sopportato quando erano poche, ma adesso erano aumentate, grazie allo scirocco presente da quando era sbarcata poche ore prima. Lui continuava a toccarla e lei non lo ostacolava. Si lasciò massaggiare la vulva, e succhiare stancamente i capezzoli meno di un minuto, poi per il sonno, Lino crollò addormentandosi. Poté dormire anche la ragazza a quel punto.

Il mattino dopo Lino svegliò la sua beata ospite; non arrivò a portarle la colazione al letto, come si accorse Odette dopo un quarto d’ora che le era parso un’eternità dato che era ancora in via di risveglio. Senza curarsi d’indossare alcunché girò per la stanza in cerca di un vaso da notte che trovò sotto il letto dal lato di Lino. Con le gambe posizionate a ranocchia vuotò la vescica provando l’intimo piacere di liberarsela. Come fece per alzarsi anche il colon retto la avvertì che aveva intenzione di far uscire dell’aria accumulata durante la notte, per cui per timore di sporcare il pietroso, ma ragionevolmente pulito pavimento provò a tornare nella posizione della defecazione liberandosi…pulitasi alla meglio con l’acqua avanzata dal catino al lato della loro stanza con petali di rosa ormai appassiti da settimane. Non era un’acqua pulita; doveva già essersene servito messer Lino…ma dovendo lavare ano e vulva, posti notoriamente non troppo puliti per vari motivi, non ci diede peso. Quindi si recò nella stanza davanti, presso l’ingresso dove messer Lino al focolare aveva scaldato del latte fresco di munta, con del caffè filtrato forse il giorno addietro e conservato all’uopo. Pane sul tavolo ve ne era abbastanza, e mentre Odette si serviva del latte Lino le tagliò due buone fette di pane casereccio, poi vedendo che si stava riducendo lo mise via. Le fette erano ragionevolmente grosse per cui la ragazza non si lamentò, dato che la tazza che stava usando era grossa e Lino nulla aveva avuto a ridire circa la razione di latte. Odette mangiò con appetito e messer Lino la lasciava mangiare ancora nuda. L’uomo ormai per lo più vestito vedendo che Odette si era macchiata con il latte uno dei capezzoli non resisté alla tentazione di toccarglielo per pulirla o meglio per sentirle tra le dita, dapprima il capezzolo, poi l’intero seno. La ragazza gli tenne la mano purché non esagerasse con la stretta, lasciandole il seno abbastanza morbido da permetterle la deglutizione del latte e la masticazione lenta di quel pane bianco, che le stava piacendo. Lino le aveva messo le mani anche sull’altro seno e cominciava a prenderglieli entrambi; Odette lo lasciava ancora fare dato che adesso intendeva dedicarsi alla seconda fetta da inzuppare nella tazza dove era rimasto metà latte…messer Lino non osava baciarle il viso o il collo dato che era ancora impegnata a desinar la colazione; prendendo e stringendo, quando il latte finì cominciò a stringerle i seni con più forza, stringendo anche di tanto in tanto due dita a chiudersi su ciascun capezzolo. I seni di Odette, benché piccoli, erano diventati roventi essendo la ragazza già ben calda dal risveglio. Lino mantenendo la presa si chinò a baciarle anche la schiena, e la ragazza a quel punto si mise prona sul tavolo aggrappandosi alla meglio fino al lato opposto con la presa delle sue dita. Messer Lino di nuovo eccitato le cercò la vulva da dietro, nonostante Odette di aspettava a quel punto di essere di nuovo violata nell’ano, dove la sera prima aveva goduto eccome, grazie alla buona dotazione dimensionale del suo cliente ospite. Non osava chiederglielo, ma avrebbe gradito di nuovo un bel servizio al suo culo, per lo più abbastanza sgombro al suo interno da una buona mezzora…no, al suo cliente interessava la fica… e trovata l’apertura favorevole dopo cinque o sei strusci e tentativi, le entrò dentro con una certa efficienza essendoselo indurito, e bene, mentre le prendeva i seni poc’anzi. Odette godé all’istante dell’infiocinatura:
“Ahnnn ! Ahnnnnn ! Ohhhhhh ! Ahnnnnn !”
“Ohhhhh ! Che bella fica che avete Odetta ! Ohhhhhh ! Humhhhhhh ! Humhhh !”
“Ahnnn ! Uhhh ! Ahhhhhn ! Uhhhhh ! Ahnnnnn !”
Gli affondi di messer Lino erano sicuri e lenti, la qual cosa prolungava il piacere nella piccola vagina interna con la quale la ragazza usava lavorare e godere. La cappella di Lino non era certo pari a quella di mastro Giuseppe, non atletico, né alto, non di meno un pochino meglio dotato in larghezza di messer Lino. Quei loro due sessi s’intendevano perfettamente durante gli affondi e le movenze; complessivamente una bella scopata condotta da due corpi che avevano riposato e bene. Purtroppo ad un certo momento Lino aveva preso ad accelerare, e per farlo aveva dovuto mollarle i piccoli seni duri, ma schiacciati sul tavolo. Odette si sentì presi i fianchi, ed il gioco avanti ed indietro del bacino e del cazzo dritto e duro di messer Lino poté proseguire con maggiore velocità ed efficienza. Odette, pratica dei tempi d’orgasmo degli uomini, ben decisa a non farsi venire dentro aspettò, giocando un po’ d’azzardo con la fisiologia umana maschile, otto colpi di lui uno con più forza rispetto all’altro, poi con un calcetto d’abilità riuscì ad interrompere il coito ed allontanare messer Lino di un buon braccio:
“Nooooo ! Che fate Odettahhhhh !?!”
L’uomo non fece in tempo ad arrabbiarsi, perché Odette si era già voltata ed inginocchiata prendendogli in bocca la cappella ben dura, e bagnata dalla fica in sbrodolo di lei.
“Che ffff…ai…? Bella mia che ffff….ohhhhhh fffai ?! Uhhhhhhhh ! Ven….veng….ohhhhhh !!!”
Mosse la sua lingua sui lobi viola della sua gigantesca, quasi sferica cappella, e dopo due colpi leggerissimi, rapidi e salivosi sul centro dell’uretra, avendo visto che il nettare bianco stava per venire sparato, gli carezzò con femminile leggerezza le palle dure con la destra, e con la sinistra strusciò la cappella due volte sul suo seno caldo che si gonfiava respirando. Un gioco di abilità, quanto quello di un prestigiatore, affinato con anni di professione: i tocchi leggeri indotti da lei col suo seno piccolo, e due baci al cazzo di lui lo fecero esplodere…
“Arrrggggghhhhh ! Ohhhhhhhh ! Ohhhhh ! Ecccooooooooooohhhh ! Ahnnnn ! Sìiiiiiiii !”
“…”
“Splatch !”
Il primo schizzo, quello caldo e denso si schiantò sul seno come fosse stato una secchiata d’acqua improvvisa sul proprio cammino, solo con una velocità degna della volata d’un proiettile di bombarda che incontri il bersaglio appena dopo l’uscita dalla canna…il secondo, poi il terzo, quindi il quarto abbondante innaffio di bianca linfa. Messer Lino sembrava averne per due. Finiti gli spari la ragazza gli prese in bocca la cappella, e gli dispensò una pulita istintuale, affettuosa, quasi materna, con la propria saliva e la propria lingua, che sembrava sapesse da sola quello che doveva fare a contatto con la pelle del glande. Poi si spalmò lo sperma sul seno colpito affinché aderisse il più possibile al suo corpo. Lino sudatissimo e soddisfatto oltre ogni limite, s’inginocchiò su di lei appoggiata al tavolo senza essersi seduta, e le riempì la fica di baci e leccate a mo’ di cagnolino. Messer Lino lo aveva capito: non avrebbe avuto altri coiti, a meno di non pagare un supplemento sul pattuito la notte prima. Odette si lasciò pulire la vulva bagnata dalla sua lingua di maschio affamato di femmina, carezzandogli la testa per un paio di minuti. Poi si staccò. Messer Lino, sudato e scarico, riprese a vestirsi alla meglio, non prima di essere andato nella stanza da letto a vuotare la vescica. La ragazza, trovata dell’acqua fresca e pulita da una giara si lavò completamente vicino il focolare cercando di non sporcare il pavimento. Messer Lino non ebbe a ridire che le consumò tutta la giara. Sarebbe dovuto andare alla fontana a riempirla di nuovo entro la giornata, se avesse voluto bere l’indomani. Ad ogni buon conto lo fece subito. La ragazza invece fece i bagagli dopo essersi vestita intanto che messer Lino tornava dalla fontana. Verso l’ora decima si diressero entrambi verso la magione di mastro Giuseppe; Odette non volendo riavere a che fare con la sempre più ostile e diffidente Addolorata restò all’angolo della strada con il suo sacco guardandosi intorno. Messer Lino parlò restando sull’uscio con Addolorata, che gli disse che non sapeva dove fosse suo marito Giuseppe; quando messer Lino le disse che, essendo di strada, erano già passati dal forno e che l’avevano trovato chiuso…tuttavia Addolorata continuava a tener ben chiuso l’uscio dietro di sé; messer Lino, da cortese uomo di mondo aveva intuito la situazione e non insistette oltre. Era infatti più che probabile che Addolorata intendesse impedire al marito, ed al figlio Bartolo di trascorrere altro tempo con quella biondina tentatrice…nel frattempo era giunto il giovane lavorante Fernando, che incontrata Odette, le raccontò in francese che Addolorata e Giuseppe quella mattina avevano litigato fino al punto che si erano sentiti per la strada. La gente non aveva mai potuto immaginare fino a che punto fosse capace di urlare Addolorata, disperata tra l’altro per le possibili tentazioni per il pubere Bartolo, che, di riffa o di raffa, aveva finito per raccontare all’arrabbiatissima madre di esser diventato uomo con Odetta…tuoni e fulmini e la protezione dei santi invocati a iosa…Odette da donna seria evitò di ridere, poi scambiate due parole con messer Lino nel frattempo tornato da lei, decise che avrebbe preso congedo da entrambi. Fernando insistette per accompagnarla lui di persona chiedendole di aspettarlo un pochino. Fernando ritornò presso la propria casa e rapidamente ritornò da Lino e Odette…rivolgendosi a Lino disse:
“Messer Lino, non avevate un parente, mi disse Mastro Giuseppe, che puote darci a nolo una coppia di cavalli validi ?”
“Sì, ma era una cosa con Giuseppe, e voi caro Fernando siete in grado di pagare il nolo dei cavalli ?”
“Sì, illustrissimo, portai con me una parte de’ li sparagni miei…”
E mostrò a messer Lino un sacchetto di danari. Questi disse:
“Ma sì ! A voi o a Giuseppe che differenza deve fare ?...beh, venite ! Andiamo dal cugino mio per i cavalli…”
Recatisi dal cugino Calderazzo, onde evitare che questi non più così giovane pretendesse una qualche prestazione dalla ragazza, messer Lino e Fernando dissero ad Odette di aspettarli fuori dalla casa di questi, in disparte. La trattativa con il cugino di messer Lino fu lunga ed estenuante, e niente sembrava che valesse la parentela tra i due. I due cavalli vennero noleggiati per una giornata solare al prezzo di venti lire. Fernando, avendo sempre condotto il calesse di mastro Giuseppe con due vecchi cavalli ignorava il reale costo a nolo di due cavalli per uso privato e dovette dare fondo ai propri risparmi, tanto che non gli restarono neppure sei o sette soldi per del pane e formaggio da comprare ad Otranto una volta arrivati, prima del ritorno. Ma gli ardori del disciplinato Fernando lo resero cieco davanti ai soldi. Lui e Lino uscirono dalla magione del Calderazzo con i due cavalli, uno per ciascuno. Si diressero da Odette. Messer Lino nell’aiutarla a salire ne approfittò per palpeggiarle il sedere, poi a malincuore si rassegnò a perdere colei che lui stesso aveva definito un fiore del nord…soddisfatto della situazione Fernando e Odette uscirono dal paese per dirigersi verso Otranto. Fernando vi era già stato tre o quattro volte, e conosceva grossomodo la giusta direzione. I loro cavalli erano giovani, capaci anche di spunti di velocità, tuttavia in assenza di qualsivoglia pericolo Odette era decisa a trattar bene quegli animali, anche se con i ronzini di mastro Giuseppe non aveva avuto scelta pur di sfuggire a quegli spagnoli che, per lo più in buona fede, si stavano interessando a lei. Fernando poté notare che la ragazza cavalcava molto bene, a suo agio sulla sella, senza sedervisi di fianco come certe nobildonne, che mai avrebbero montato come un uomo. I due cavalcavano beati nelle stradine di campagna che seguite con pazienza, una ad una, mantenendo la direzione li avrebbero alfine portati ad Otranto. Il sole si era fatto ben alto; era da poco scoccata, ma anche passata la mezza. Odette non sembrava volesse far pause. Fernando da cittadino di un comune, poco abituato alla durezza della calura in campagna sperava in una sosta, ottenuta la quale sperava in un pranzo ed infine in almeno una scopata con la donnina del nord. Fernando ormai affamato affiancò il cavallo di Odette e le propose di fermarsi presso una fattoria davanti a loro, e lì chiedere un po’ di ospitalità per mangiare e bere. Il ragazzo le fece presente di essere rimasto sostanzialmente senza soldi, e che gli sarebbe piaciuto poter comprare pane, formaggio ed un po’ di vino. Odette che aveva apprezzato il gesto del nolo dei cavalli, ad un prezzo piuttosto alto, 20 lire giornaliere, tutti soldi anticipati da Fernando, fermò i cavalli, e dopo che ne discese invitò Fernando a fare altrettanto: i due una volta discesi legarono ad un albero i cavalli poi Odette, dopo aver vuotato la vescica, e di fatto per imitazione suggerito a Fernando di fare altrettanto si ritrovarono l’uno di fronte all’altro. Odette per gratificare il giovane lavorante, anche abbastanza carino, di quanto s’era adoprato per accompagnarla si alzò la veste dopo avergli sorriso mostrandogli il pelo in pieno sole. Fernando non se lo fece dire due volte e fatti un paio di passi verso di lei s’inginocchiò rapidamente per leccarle la fica e la pelle delle cosce nelle vicinanze di essa e sentire il pelo biondo sul proprio naso…Odette usò il più classico dei sistemi per drizzarlo ai maschietti: il sapore dell’agognata femminile fica fin da subito, con un invito inequivoco: scostare lievemente le labbra dello spacco. Nelle leccate Fernando non era all’altezza del vecchio mastro Giuseppe, ma era meticoloso a sovrapporre la propria bocca sulla vulva di lei, sì che lo spacco odoroso di essa fosse ben sovrapposto, o meglio giustapposto con le labbra di lui. Anche La lingua di lui le era entrata dentro, e sembrava volerci saettare come un pescetto che non s’era reso conto di esser saltato fuori dallo stagno o dalla boccia di vetro…Fernando traeva forti respiri per eccitarsi con l’intimità della donnina che godeva dei suoi attacchi, a tratti infantili, al suo piccolo caldo sesso…
“Ahnnn ! Ahnnn ! Ahnnnn ! Quiiiiiiii ! Encore ! Encore ! Encore ! Quiiiii !”
“Ummm ! Uhnn ! Uhmmmm! Slaaaappp ! Uhmmmm ! Slaaaaappp !”
La natura aveva fatto il suo corso: il cazzo di Fernando poté saettare fuori dalle sue vesti, e staccata la bocca da quel paradiso di carnalissimi umori acidi, ma invitanti per via del sapore salaticcio e bagnato, poté infilzare direttamente la vulva della ragazza che, dapprima stretta e poi elasticamente ben dischiusa sullo spacco dai suoi colpi di lingua maschili…
“…Ahnnnn ! Ohhhhh ! ”
“Ahnnn ! Ahnnn ! Ahnn ! Odettaaaaaaahhhh !”
… si aprì in uno o due secondi per accogliere dentro di scivolo quel cazzo duro ed eccitato in cerca di congiunzione.
“Ahnnn ! Ohhh ouiiiii ! Je le sens !”
Una volta dentro la ragazza Fernando iniziò quel che avrebbe dovuto fare prima della leccata: baciare e leccare Odette sul collo, e sul viso, continuamente, e con modi da affamato; la qual cosa fece realmente eccitare anche Odette, che da parte sua allentò il laccetto della veste e scoprì per lui i capezzoli già turgidi svettanti dai suoi seni a coppetta. Due capezzoli dritti sugli attenti, come fossero stati soldatini…movendo il capo durante gli affondi di lingua nell’orecchio, ben addentro, la ragazza fece che Fernando potesse notarli; e non poteva non vederli data l’evidenza del respiro della ragazza. Il succhio di capezzolo Fernando lo praticò ad entrambi, cercando di non perdere il coito con un movimento inconsulto. Il centro della cappella di Fernando era allo spasimo. La fica di lei, per l’eccitazione, espelleva dei liquamini in eccesso ad ogni affondo del cazzo di lui. Quella donnina il suo orgasmo lo stava vivendo intensamente ed entro meno di un minuto sarebbe arrivato quello maschile di lui, sotto forma di sparo bianco, caldo e denso. Pratica dei tempi di sparo maschili, pratica d’istinto, mosse il bacino per far uscire quell’enorme cazzo; in altre circostanze lo avrebbe fatto godere dentro, ma per la sua missione non poteva permettersi di restare incinta…il ragazzo passò un lunghissimo istante a chiedersi del perché di quell’inopportuna interruzione, e mentre le guardava la fica bagnata che si richiudeva, si chinò come un animale a leccare via tutto quello che ne stava per uscire, come la bavetta bianco e argento. Odette lo lasciò fare un mezzo minuto, poi scostatagli la testa con un sorriso cambiò posizione mettendosi carponi ed alzando i lembi della veste. Il suo tondo culetto in pieno sole era a disposizione del giovane, che scostatele le natiche un paio di volte, vedendo in bella evidenza il roseo ano, si eccitò di nuovo: le scostò la natica con la sinistra, e con l’aiuto della destra vi accompagnò glande e asta contro quel buchetto da aprire maschiamente… e la trafisse d’un sol colpo. Quindi iniziò a sbatterla dopo averla presa saldamente per i fianchi:
“AHN ! Uhi ! Ahhhhhhhhhh !”
“Ahn ! Prendilo Odetta ! Prendilo nel culo ! Eccolo, dai !”
“Ouiiiii ! Ouiii ! Oh ! Nooooonnn ! Ohhhhh ! Encore ! Battez-vous ! …”
“Sì eccolo ! Sborro dentro ! Sì…Odetta… Prendi ! “
“Ahnn !”
Odette da consumata attrice alternava rantoli di piacere, con quelli di dolore, poi ancora piacere…
“Ohhhiiii ! Ahnnn ! Ohhhhhhhh ! Ahnnnn !”
…il resto lo fece la sua piccola ricchezza: il culetto stretto di lei, che sapeva opporsi a quel giovane cazzo duro e dritto, per poi cedere comunque, finché non fosse entrato tutto; quindi dopo meno di una dozzina di eccitati affondi, Fernando poté finalmente far scoppiare i suoi giovani e duri coglioni sparandole dentro il proprio bianco nettare. Dopo quell’innaffio obbligatorio del retto, lo liberò dal proprio cazzo e si lasciò cadere nell’erba sfinito. Riposarono entrambi una buona mezzora, poi si ridiressero dai loro cavalli tenuti legati all’ombra di un albero di olivi. Il sesso intenso aveva messo loro fame, e data la singolare situazione, Fernando spiegò alla sua amica che aveva speso tutto per i due cavalli, e non aveva sostanzialmente più niente…Odette rivestitisi diede al suo accompagnatore due lire affinché comprasse da mangiare presso i contadini di quella masseria, che stava cinquecento metri circa davanti a loro. Fernando pregustando mentalmente il desinare andò al trotto verso la fattoria, e disceso dal suo destriero e legato il cavallo al legno della recinzione, chiese di poter vedere i contadini di quella masseria per acquistare di che mangiare e bere. Odette aspettò dei minuti tenendosi fuori vista, fino a che trascorsa una buona mezzora, presa dalla curiosità e dal destino delle due lire che aveva dato a Fernando non decise di andare a vedere…il suo istinto di sopravvivenza però le suggerì di armare il pistolotto a due colpi che teneva nel suo sacco marinaro, e di metterlo tra le sue vesti sotto la camicia…si avvicinò alla casa colonica a schiena dritta, senza timore come le avevano a suo tempo insegnato i suoi genitori adottivi, mercanti esperti di cavalli da tiro e da trotto; le trasmisero anche il rispetto per quei magnifici animali da trattare con la dovuta lealtà; ovviamente la ragazza era lì per farsi dire che fine aveva fatto il suo accompagnatore, quel giovane volenteroso e disciplinato Fernando, che le era stato molto utile per via della lingua…in ambo i sensi…
avvicinatasi alla casa vide che una donna vecchia e brutta stava cercando, sciolto il cavallo di Fernando, di portare l’animale dentro la corte; il cavallo naturalmente recalcitrava e nitriva come volesse dire qualcosa…e – manco a dirlo ! - qualcosa non andava: Fernando ci stava mettendo troppo per comprare un po’ di pane, formaggio e vino per due lire dai contadini del posto…contadini ?!...incuriosita Odette si recò dentro la corte della masseria, traversando col suo cavallo un arco di legno e pietra; non appena entrò in quella corte comunque priva di tetto, il suo naso venne aggredito da una puzza ammorbante; appena il tempo di voltare lo sguardo verso la sua destra, e in mezzo ad una certa sporcizia vide una scena raccapricciante: a Fernando era stata tagliata la gola, e giaceva morto in prossimità del letame dove vi era stato sommariamente gettato. Sembrava dormire, con la stessa smorfia che era toccata a suo padre Maarten una ventina d’anni addietro…alcuni rumori indicavano che v’erano altre persone al di là del cortile interno, dal lato opposto a quello da cui era entrata lei. Osservando meglio il cadavere dall’alto vide che non aveva più neanche il borzello che Odette aveva notato un paio d’ore prima, e che di solito il giovane lavorante Fernando portava sulla vita. All’improvviso una mano non vista cercò di prendere la briglia di sinistra per fermare anche lei. Si voltò fulminea: un ceffo male odorante, con capelli spettinati, lunghi, con una barba vecchia di mesi, forse mai lavata insieme al resto di quel cencioso corpo sporco, cercava di trattenere il suo cavallo, onde farne discendere anche lei. Il ceffo brandiva un gigantesco coltello, una specie di machete, che a differenza delle mani che lo impugnavano aveva la lama pulita ed affilata; probabilmente lo strumento era stato appena lavato del sangue di Fernando. Questi era stato piuttosto sfortunato: per cercare un po’ di pane e formaggio, nonché un po’ di vino si era imbattuto in una masseria di delinquenti, abbrutiti dalla vita che conducevano; da lontano al povero lavorante, onesto, erano sembrati una comunità di contadini operosi e per ciò stesso brave persone. Niente di più lontano dalla realtà che ora stava vivendo la giovane prostituta. A prendergli con insistenza la briglia era un brigante fortunatamente di bassa statura, e la donna vista fuori probabilmente era la sua compagna – pensò Odette. L’uomo sembrava sapere cosa fare per indurre il cavallo a consegnargli la passeggera…era proprio ostinato! E scuoteva la briglia sperando che il cavallo facesse cadere la passeggera. Essendo un maschio pieno d’ignoranza, doveva aver creduto che una donna fosse comunque un essere debole, e non usò subito il machete per colpire – se fosse stato meno stupido – le caviglie di Odette, la quale gli tirò un calcio in faccia con il proprio piede sinistro, ma sembrava non averlo proprio scalfito: era sempre lì: era chiaro che il machete adesso sarebbe stato usato subito contro di lei, che – pensò nonostante lo scorrere degli istanti - sarebbe stata violabile anche da cadavere per qualche oretta; mentre il suo giovane e sano cavallo lo volevano ben vivo. Non doveva farsi disarcionare, altrimenti era morta. Estrasse il pistolotto e…
“BANG !”
….gli sparò un colpo colpendolo sul bacino, due dita di lato dal cazzo. L’uomo, che non si aspettava una pistolettata, divenuto in viso rosso di rabbia per il dolore all’osso, tirò le briglie del suo cavallo ancora di più, in un orgasmo di dolore e di forza bruta ad un tempo…. L’uomo cercò in extremis di attirare l’attenzione dei compari, in verità un po’ lontani, impegnati a spartirsi altre cose dall’altra parte della costruzione: probabilmente gli ultimi spicci ed averi intimi di Fernando…
“AHIIIIIIIIIIIIIIIII ! …ehnrghhhh ! Li muerti toi, puttana zokkula ! Ahiiiiii ! Eniti acquaiiiiii ! Iutatime ! Iutatimeeeeehhhhhhh !”
Il brigante non voleva saperne di accasciarsi. Una misteriosa forza lo stava facendo resistere oltre modo. Odette lo sapeva che stava chiamando aiuto…non c’era un attimo da perdere ! Con la sinistra si liberò con un altro calcio, meglio mirato stavolta, nell’occhio dell’aggressore che dovette mollare la presa alla briglia; poi la donnina, come già aveva fatto con il troppo insistente Lucio, senza pensarci oltre, gli tirò anche il secondo colpo, l’ultimo prima di una prossima, quanto impossibile, ricarica:
“BANG !”
Lo colpì stavolta al capo, facendolo finalmente stramazzare a terra in un lago di sangue. La palla di metallo, da quella brevissima distanza gli fece schizzare fuori l’occhio destro, che finì per terra insieme ad una piccola massa cerebrale, mentre una scheggia di osso cranico le colpì la palpebra destra data la vicinanza. D’istinto si lavò l’occhio continuando a brandire la pistola ormai scarica suo malgrado. Se aveva ucciso lui Fernando, allora quel povero lavorante poteva ritenersi vendicato. Girò il cavallo, ed uscì da quella corte sporca, irreale ed infernale. Un giovane brigante le aveva tirato un coltellaccio da lancio, che però l’aveva mancata, conficcandosi nel legno dell’arcata mezzo metro al di sopra della testa bionda della cavallerizza in fuga; Odette, intuendo che la vecchia donna fuori, non avesse la sua forza o la sua abilità, le prese al volo ed a strappo la briglia del cavallo di Fernando, che non accettando quella donnaccia come padrona, di fatto si ricongiunse al compagno cavalcato da Odette, i quali poterono così allontanarsi di gran carriera, da quel sinistro posto, che l’amico aveva scambiato in lontananza per un’operosa fattoria condotta da buoni contadini…
A quel punto la ragazza, recuperato l’altro cavallo, cercò di prendere e mantenere la direzione per Otranto, ben decisa a lasciarsi alle spalle quella sinistra fattoria di briganti sbandati. Dopo un paio di miglia misurate a occhio, senza fermarsi a ricaricare il pistolotto, quando si assicurò che quei briganti avevano rinunciato a seguirla, cavalcò pian piano per due ulteriori ore, fino a quando superata una collina, vide il mare azzurro di nuovo davanti a sé, insieme a moltissime case di pietra bianca. Era arrivata infine ad Otranto: la città che aveva scelto per la sua ultima missione. Una volta individuato il sentiero che portava alla città, discese dal proprio cavallo, e dopo averlo liberato dal proprio bagaglio, lo affiancò all’altro; quest’ultimo cavallo, quello cavalcato dallo sfortunato Fernando, strusciò le proprie nari contro il viso di Odette, affettuosamente, grato per averlo sottratto a quella gentaccia. La ragazza li baciò sul muso entrambi un buon minuto; poi dopo averli messi nella direzione per tornare a Muro, e fatti con loro una decina di passi, dopo un’ultima carezza al muso di entrambi, si spostò, e diede al proprio cavallo un colpetto robusto e deciso alla coscia…dopo un istante, quando si apprestava a darlo anche all’altro, i due validi cavalli forse capirono, e si mossero in avanti riprendendo da soli la via del ritorno a Muro dal loro padrone. In fondo non erano suoi. Mancavano circa due ore al tramonto…

- continua -
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