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Prime Esperienze

Salve Terra, qui Koona 5a p.


di sexitraumer
24.01.2011    |    3.670    |    0 9.6
"Io davo piacere a lui, e lui a me..."
Mario si mise a mangiare. Tornai nella mia stanza angosciata. Johanna venne dietro la porta chiedendo di vedermi all’intercom. Io ignorai la sua chiamata. Ebbi un’illuminazione: mi venne in mente che se volevo salvare Rasputin dovevo mettere in gioco me stessa. Ero disperata all’idea di doverlo far sopprimere. I miei tre salvatori sembravano una squadra unita, ma questo era tutto da dimostrare. Forse se li avessi divisi ne avrei tratto qualche vantaggio. Un vantaggio sfruttabile. Per dividerli però dovevo agire sulle loro debolezze. E avevo solo quarantotto ore di tempo. Mario sembrava un bel giovane! Dovevo farlo innamorare di me! Era un piano ingenuo, ma forse poteva funzionare. Johanna continuava a chiamare; risposi:

“Che c’è ancora ?”
“Stai bene Koona ?”
“Sto bene. Lasciatemi sola! E non toccate Rasputin, o sarà peggio per tutti qui! ”
“Va bene. Comunque volevo dirti che partiremo tra quarantotto ore. Hai due giorni interi da trascorrere con Rasputin! Ti prometto che nessuno lo toccherà fino al momento che … insomma quando partiremo dovrai rassegnarti Koona! Puoi aprire adesso! Smettila di fare la ragazzina viziata!”
“Vogliamo riposarci io e Rasputin! Va via!”
“D’accordo. A più tardi Koona!”

Certo ecco l’idea! Dividerli! E soprattutto agire sul più giovane (e bello) Mario, il pilota della capsula Pegaso che mi avrebbe portato sull’astronave che doveva portarmi sulla Terra! Dovevo fare in modo che fosse ricattabile, che cedesse alle mie richieste. Anche se il comandante sembrava essere l’anziano Gregory Yakin. Aprii la porta e feci uscire Rasputin. Andammo tutti e due in giro per vedere cosa avrebbe fatto Johanna che veniva puntualmente annusata dal cane. Altrettanto Johanna tendeva ad ignorarlo. Lasciai Johanna che si stava dirigendo nella cucina della base, e col mio cane mi recai in sala riunioni dove vidi che c’era Mario che finiva di mangiare. Pensai di avvicinarmi chiedendogli:

“Posso sedermi accanto a te?”
“Sì, certo.”
“Ti piace il sandwich liofilizzato ?”
“Uhm, ho mangiato di meglio in passato. Sulla Marte 3 ne servono di ottimi, salsette buonissime.”
“Ti ho sentito parlare della manutenzione del TM prima, che volevi dire?”
“Uhm, uhm, gnam, volevo dire, gnam, gnam, che i cuscinetti potrebbero grippare da un momento all’altro. Anche se sono del tipo brushless a queste temperature vanno lubrificati! Ti ricordi se mamma o papà avevano mai agganciato il TM al braccio due?”
“No, non me lo ricordo. Mamma credo di no.”
“Uhm, ecco, gnam, questo è il punto! Hai mai ordinato ai droidi di fare una lubrificazione loro? Ci vuole solo un quarto d’ora a ruota !”
“No, lasciavo al Sorvegliante queste cose.”
“Ma usavi il TM ?”
“Sì, ma non mi allontanavo molto.”
“Quanto?”
“Quattro, sei o sette km, andata e ritorno circa.”
“Beh, noi ne dovremo fare trenta, gnam, buoni, non meno di due ore di viaggio. Tu con me e Johanna sul TM! Gregory ci seguirà di fianco col rover!”
“Che caldo!”
“Davvero?! Io non lo sento, burp! Scusa!”

Mario emise un suono a metà strada tra una deglutizione ed un rutto. Gli sorrisi, e lui ricambiò. Mi aprii un po’ la fusciacca; ora Mario poteva vedere il piccolo gonfiore dei miei seni. La maglietta di cotone riproduceva esternamente il contorno dei miei capezzoli. Finsi di interessarmi ancora al TM:

“Mario perché hai detto due ore buone di viaggio ?!”
“Perché non potremo superare i quindici orari ed i km da farsi sono trenta!”
“Senti sul Pegaso quanto spazio c’è?”
“Ce ne è quanto basta per noi quattro. Sei una ragazzina per cui abbiamo portato con noi Sorella Johanna. Posto per una quinta persona non ce n’è. Disilluditi col cane! Comunque il Comandante Kränz, il signore che comanda nella nostra nave, la Micenea 7, non te lo lascerebbe tenere a bordo per ragioni sanitarie…”
“Dici ?”
“Sicuro al mille per mille! Lui e le sue guardie di sicurezza, sempre ben armate, lo sparerebbero con il phaser. Lo sai cos’è un phaser ?”
“Sì, un’arma che uccide i cattivi negli olomuvj.”
“Ma non è pulita come negli olo: nella vita reale brucia la pelle squarciandola ed aprendola letteralmente, surriscalda il sangue fino a bruciarlo, quindi buca i muscoli e talvolta le ossa. Una brutta poltiglia informe tutto intorno al buco che fa. Vuoi questo per il tuo cane?”
“No.”
“E allora perché non vuoi che Johanna te lo addormenti?”
“Perché è sempre un … omicidio. No, volevo dire che il cane muore.”

Non trovavo la parola.

“Canicidio! Si tratta di un cane Koona, non di un uomo! Ne io né Greg metteremo a repentaglio la missione per salvare te signorina, per un banalissimo cane!”
“Rasputin non è banale!”
“Sicuro! Ma è solo un cane!”
“Oh! Che stai facendo ?!”
“Chi io?”
“No, il cane!”

Mi misi una mano sotto i pantaloncini. Un gesto infantile. Poi la tirai fuori lasciando che l‘elastico richiudesse la vista delle mie mutandine. Mi alzai in piedi e girando intorno a Mario finsi di dover cercare Rasputin sotto il tavolo, Rasputin aspettava sotto infatti. Mi abbassai e mi accovacciai anche io avendo cura di allentarmi i pantaloncini in vita; poi muovendomi feci in modo che cascassero lasciando scoperte le mutandine. Baciai il mio pelosissimo cane rumorosamente per attirare l’attenzione di Mario, che abbassandosi a vedere cosa stava succedendo, mi vide nella relativa oscurità del tavolo in una posizione provocante. Volevo che mi guardasse lì, nelle mie intimità. Vidi la sua ombra allungarsi. Era lui che si era abbassato. Con un movimento rapido scostai l’orlo esterno delle mutande perché vedesse il mio inguine, ed una piccola porzione del mio sesso da dietro. Poi mi aggiustai sia le mutande che i pantaloni; quindi afferrai Rasputin con le mani senza curarmi di Mario. Chissà che faccia aveva fatto! Venni fuori da sotto il tavolo e tornai in piedi. Lasciai scendere il cane. Mario scostò i piedi dato che non aveva voglia di avere a che fare con lui che puntualmente lo annusò. Mario mi guardò basito:

“Non morde vero?!”

Abbassai subito, per un secondo che a Mario parve un’eternità, i pantaloncini e le mutande sul davanti. Che mi vedesse i peli! Solo per qualche istante. Sentivo dei passi. Rasputin abbaiò. I miei pantaloncini elastici tornarono in posizione. Forse era Johanna, ma poi quei passi cominciarono a scomparire. Johanna evidentemente non ci aveva visti. Mario disse:

“No.”
“No?!”
“…”
“Ma la lubrificazione al TM non può farla Greg insieme ai droidi ?”
“Co-cosa?”
“I cuscinetti devono essere lubrificati, e Greg è un ingegnere, no?”
“E allora ?”

Sussurrai con la voce più dolce che sapessi fare:

“Pensa : se Greg andasse fuori con i droidi, se Johanna restasse chiusa in una stanza per sbaglio, io resterei da sola con te che sei un così bell‘uomo, così solo magari. Se hai una fidanzata certo non è qui! Io non la vedo. ”
“Ce l’ho la fidanzata, sì!”
“Sulla nave ?!”
“A te cosa importa ?”

Scoprii la pancia mostrandogli l’ombelico e con esso una porzione del mio ventre. Gli presi la mano destra e la poggiai sulla mia pancia. Lui me la lisciò un secondo, ma poi la ritrasse. Il suo volto era teso. Io continuavo languidamente a bassa voce.

“Sei sicuro che a te non importa? Dai perché non mi tocchi ?! Così dai!”
“Cosa?”

Gli offrii di lisciare di nuovo il mio ventre. Il contatto con la mia pelle gli piaceva. Poteva dire ciò che voleva, ma stava indugiando di nuovo sul mio corpo e stavolta per più di un secondo!

“Che ne dici del mio corpo? Caldo vero?! Secondo me ti piacerebbe prendermi ! Come si dice ? Porco Saturno ! Ti piacerebbe possedermi ?!”

Avvicinai le mie labbra alle sue. Lo baciai un paio di secondi. Fui io a prendere l’iniziativa. Mario scostò le labbra di pochissimo. Non potei certo incontrare la sua lingua, anche se ero proprio curiosa. Mario, ancora seduto, si ritrasse interrompendo il nostro contatto labbiale.

“Tu vuoi mandarmi in prigione! Finiscila !”
“Ma no! Se però mi aiuti a portare con me Rasputin io ti faccio stare con me un’ora. Pagamento anticipato ! Potrai entrare dentro di me, capisci ?! L‘hai sentita la mia pancia ?! Potrai sentire quanto è calda questa quando mi viene la voglia!”

Alludevo alla mia vagina. Ero sicura che Mario mi avesse capita.

“Johanna ha distrutto il mio giocattolino. Lo avevo fatto con la pietra di qui! Ora con cosa mi tocco lì?! Tu con questi muscoli sei meglio del mio giocattolino personale!”

Continuavo a toccare Mario sulle braccia dopo essermi massaggiata la vulva sopra la superficie dei pantaloni. Ora ero io a lisciarlo. Lui cercava ancora di farmi ragionare.

“Ma che dici ?! Sul Pegaso non c’è posto per il cane !”
“Ma sì che c’è! Lo troviamo il posto.”
“Ma ti manca tuo padre per caso?”
“Sì, ma io ora voglio un uomo! Te! Sei giovane e prestante!”

Sorridendo a Mario che mi guardava incredulo abbassai di poco i pantaloncini, ed il bordo delle mutandine per fargli intravedere di nuovo la mia peluria pubica.

Gli sorrisi maliziosamente ed insistetti con la proposta:

“Dì, ci verresti con me sul TM ?! Ti porterei alla mia serra personale. Non è lontana dalla base, e potremo stenderci tutti e due nudi nel muschio.”
“No. Non è possibile. Johanna non ci lascerebbe andare da soli. Sei sotto la sua custodia dal momento del nostro arrivo qui!”
“Allora vienimi a trovare stanotte, nella mia camera!”
“No. Il protocollo di missione prevede che Johanna dorma con te. Dovrai ospitarla.”
“Allora bisogna fare in modo di restare soli un’oretta. La rinchiuderò in qualche stanza con uno stratagemma.”
“E Greg ?!”
“Mandalo sul TM a lubrificare i cuscinetti. Prima ho ascoltato i vostri discorsi. Fai in modo che resti fuori un’oretta, no?!”

Toccai i pantaloni di Mario all’altezza del suo pene. Toccavo esitando. Io un uomo non lo sapevo toccare. Sentivo però che qualunque cosa ci fosse stava ingrossando almeno un po’ e magari indurendo. Poi ritrassi la mia mano inesperta non senza aver “preso” un paio di volte. Gli lasciai la mia mano sopra il bozzo del suo pene, e gli dissi:

“Tu entrerai dentro di me! In cambio Rasputin viene con noi! Ci stai ?!”

Finalmente la risposta che volevo:

“Quando ?!”
“Non appena ti liberi di Greg, io vedo di imprigionare Johanna. So come funzionano le serrature qui! Ci vorrà qualche ora perché si liberi, ma avremo già finito.”
“Una cosa signorina!”
“Dimmi.”
“Io ti faccio portare il cane sulla Pegaso, ma quando arriviamo sulla Micenea sarà solo un problema tuo. Al comandante non piacerà il tuo cane! Di questo stanne certa!”
“D’accordo ! Starò con te ! Sulla Micenea me la vedo io. A più tardi Mario!”

Nel frattempo era tornata Johanna. Istintivamente chiamai Rasputin perché non volevo si trattenesse sotto di lei. “La mia custode” era tornata sul tavolo con un vassoio e due bevande calde che supposi fosserò due caffè. Riconoscevo l’odore perchè il Computer di Sorveglianza ogni tanto me lo metteva nel latte. Purtroppo Mario era ancora soprappensiero. Non si era accorto che Johanna gli aveva rivolto la parola:

“Mario, ti va un caffè ? Ne ho fatti due. Non sono proprio dei veri caffè, ma sono buoni lo stesso. Mario mi ascolti ?”
“Eh ?! Ah sì grazie!”

Mario doveva aver perso il suo autocontrollo. Incredibile cosa può fare la seduzione di un’adolescente! Speravo in quei momenti in cui mi carezzavo il mio cagnolino che Mario non si tradisse, o che non mi sbugiardasse con Johanna. Questa donna era di polso! E Mario, debitamente riportato alla realtà, avrebbe finito per eseguire i suoi ordini.

“Dov’è Greg ?”
“Sta nel soggiornino. Sta cercando di comunicare con la nave, ma ha qualche difficoltà. Il campo magnetico di Saturno è più potente di quello che pensavamo. Riesce a comunicare solo pochi secondi.”
“Domani dovrà farmi un favore personale.”
“Quale?”
“Ho trovato il lubrificante e l’anticongelante in officina. Ma a dire la verità io non lo so lubrificare il TM. So che ci sono dei dotti interni apribili dalla cabina di pilotaggio per evitare l’attività extra veicolare. Con 180 sotto zero dall’esterno non sono lubrificabili direttamente i cuscinetti. Lui è ingegnere e saprà quali pannelli aprire dentro il TM. Io non so nemmeno quanto ce ne vuole!”
“D’accordo parlagliene! A Greg piace darsi da fare. Odia stare con le mani in mano. Comunque ero sicura che tu conoscessi il TM. Ti abbiamo visto pilotarlo di persona.”
“Sì, farò così.”
“Tutto bene Mario ?”
“Sì, perché me lo chiedi ?”
“Alle volte sei strano Mario. Hai litigato con Koona per caso? Non preoccuparti, con lei me la vedo io. É normale che faccia così alla sua età. Un po’ capricciosa certo, del resto fino adesso qui comandava lei, ed ora che siamo arrivati noi tre abbiamo rotto il suo equilibrio; si è accorta che la stiamo un po’ detronizzando. Farò in modo che non ti faccia arrabbiare. Quel cane non ti infastidirà quando dovrai pilotare il Pegaso! Promesso.”
“Ok. Senti io vado a stendermi un paio d‘ore.”
“Va pure.”

La vita proseguì normalmente. Io decisi di tornare dai miei commensali. Decisi di simpatizzare anche con Greg per non destare troppi sospetti. Gli chiesi della sua famiglia, e mi disse che sulla Terra aveva tre figli, di cui una della mia età. Si chiamava Teresa, e mi spiegò che quando l’aveva lasciata aveva solo dodici anni. Nel momento in cui l’avrebbe reincontrata, e di questo un po’ si vergognava a dirlo, quasi diciassette. Aveva paura che non sarebbe stato riabbracciato poiché si era dimostrato un padre assente per i suoi figli. Per i più grandi, Michael e Jozef era un esempio, ma per Teresa non era stato un buon padre. Lo tranquillizzai dicendogli che secondo me i suoi figli potevano andare fieri di lui. Mi disse che gli mancavano due anni per la pensione, ma ignorante com’ero dovetti farmi spiegare il concetto di pensione. All’arrivo sulla Terra si sarebbe fatto trasferire allo Spazioporto lunare, così poteva vedere la sua famiglia più spesso: due settimane di licenza ogni tre di lavoro. Si preoccupava anche del conto in banca. Sperava che sua moglie Floriana non glielo avesse prosciugato. Anche qui mi dovette spiegare cos’era un conto in banca, e cosa fosse una carta di credito che di carta non era per niente dato che era fatta con leghe metalliche. Alla fine, ritenendo di essere entrato in confidenza con me, mi mostrò un’immagine digitale della sua famiglia. Poteva focalizzarla ad un metro da lui dalla sua polsiera tramite un aggeggio per comunicare dotato di micro obiettivo. Un’immagine in due dimensioni di un metro per mezzo metro. Carino quel giocattolo, pensai. La guardava sempre prima di andare a dormire. Si dissolveva entro un tempo prestabilito. Lui, ebbe a dirmi, in cinque minuti chiudeva gli occhi. Poi mi propose di posare accanto a lui per una foto ricordo. Si tolse la polsiera, e la poggiò sulla sedia davanti a noi, quindi mi disse di aspettare qualche istante e naturalmente di sorridere. Johanna ci aveva visto e disse:

“Aspettate, ne voglio una anch’io. Posso Greg ?”
“Certo, spingi l’autoscatto. Così, vieni qua!”

Posai anche per Johanna sorridendo più che potevo. La situazione sembrava normale. Rasputin non si era intromesso, né io lo chiamai. Greg disse:

“Propongo quando Mario si sarà riposato di predisporre il mission planning di domani; poi un’ora prima di andare a dormire vorrei organizzare qualche gioco di società per rilassare la mente e stimolare anche la bambina a partecipare.”

Johanna lo corresse, ed io dentro di me apprezzai quell’intervento.

“Greg! Non possiamo più chiamarla bambina, Koona ha quasi sedici anni. Non posso raccontarti tutto, ma ormai è una quasi-donna.”
“Lo so Johanna ! É che mi manca mia figlia Teresa, lo stavo dicendo anche alla signorina Karydu, non aveva ancora compiuto i dodici anni quando sono partito.”
“Davvero Greg ?!”
“Vero. Quando farò ritorno ne avrà compiuti diciassette! Faccio sempre un sogno ricorrente, sai?!”
“E quale ?”
“Io ritorno e Teresa non mi riconosce.”
“Ma non ci parli via Cosmoz ?”
“Un ologramma ! Quando sorride mi sembra così evanescente.”
“C’era un tempo in cui si parlava solo tramite un lungo filo, senza vedersi, bisognava anche avere una certa scorta di dischetti metallici chiamati monete, ah, no! Ecco gettoni, sì, si chiamavano proprio gettoni. Direi che sei fortunato che Cosmoz ti regali venti minuti al mese gratuiti. Io ho fatto voto di povertà, e la mia diocesi non vuole appoggiarsi a Cosmoz! Cosmoz del resto è immorale; il sessanta per cento della programmazione è porno già da anni.”
“Dai Johanna non è poi tutta porno …”
“Guarda Greg che non sono una novellina. Sai mi va di fare un po’ di outing, così mi sfogo anch’io. Un bel po‘ di volontarie del sesso sull‘astrocargo si lamentano con noi assistenti spirituali che i maschi, anche se chiedono il sesso con gentilezza, vogliono sempre rifare quello che vedono su Cosmoz. E queste donne chiedono qualcosa in più. Farò un rapporto al comandante. Sta nascendo un mercato sotterraneo di costi aggiuntivi. Denaro in nero Greg.”
“Io e Floriana siamo alla vecchia maniera. Spegniamo la luce e il resto viene da sé.”
“Sai Greg, io posso chiamare casa solo dalla sala comunicazioni della Micenea. Il capitano mi fa un favore personale benché sia ateo.”
“Beh, hai bel privilegio; i comandanti mercantili beneficiano delle reti di trasmissione militari ad alta priorità. Cosmoz è commerciale, e non può usare i ponti radio militari della fascia interna. Mi dispiace Johanna non volevo fare il lamentoso. Cambiamo discorso. Koona !”
“Sì Greg?”
“Hai qualche gioco da parte qui ?!
“No. Miei non ne ho. Scaricavo tutto dal computer di sorveglianza. Ogni tanto mi faceva accedere anche a Cosmoz.”
“Tu a Cosmoz ?”
“Sì Greg! Per il supporto alla didattica la connessione è libera. Per la programmazione hot entravo con le password di mia madre. Comunque il computer dopo una verifica se ne accorgeva, e cancellava tutto oltre a troncare il contatto lì sul momento.”
“Ma tu come te la paghi Cosmoz?”
“Mai pagata. Sulle stazioni minerarie è offerta gratis per tutti i pionieri della fascia asteroidale esterna.”

Johanna si stava preoccupando. La mia sincerità stava facendo loro comprendere che anche se non sapevo cosa fosse la pensione o la carta di credito conoscevo già gli aspetti più deteriori della società umana spaziale. Greg preoccupato come un padre mi chiese :

“Koona, piccola mia! Non mi dire che guardi anche gli olomuvj a sfondo sessuale …”
“Sei di sicuro un buon padre Greg! Ma io qui ho guardato tutto ciò che riusciva a sfuggire al computer di sorveglianza.”

Johanna troncò quella conversazione che stava diventando imbarazzante per la dignità di Greg; un uomo forse tutto di un pezzo, all‘antica. Chissà dove avevo imparato questo modo di dire di cui conoscevo il significato.

“Ora sappiamo come occuperò il viaggio verso la Terra! Con questa ragazza dovrò lavorare parecchio.”

Poi si rivolse a me:

“Koona tu vorresti dimostrare più della tua età; ma sei ancora un’immatura! Se hai guardato scene di sesso hai fatto male!”
“Del sesso ne ho sempre parlato con Miss Dera! Per approfondire taluni aspetti … pensavo te ne fossi accorto prima in infermeria.”
“Sulla Micenea 7 ci sono molti uomini; alcuni di loro non sono come Greg! Hanno trascorso un paio d’anni negli asteroidi minerari. Sono irruviditi. Te lo dico fin da ora: non socializzare troppo col personale maschile della nave, comandante compreso! Potrebbero iniziare a litigare per trascorrere del tempo con te. Di solito sulla Micenea 7 le donne sotto i ventisette anni non sono ammesse. E quelle ammesse …”

Interruppi Johanna per farle capire che sapevo le regole della navigazione spaziale commerciale.

“ … devono essere disposte, se private cittadine non coniugate e se legate da contratto con la società che arma la nave, a fare sesso protetto con gli uomini dell’equipaggio dietro gentile richiesta di questi, se il viaggio supera mesi uno. Sono pagate per questo dalla società armatrice. Non possono accettare denaro a bordo. Non devono stilare o parlare di classifiche, né dare voti di abilità di prestazione degli uomini con cui giacciono. Vietate le orge, e qualunque atto con più di due persone etero. Vietato trarre foto ricordo degli atti compiuti. Sconsigliate, ma non vietate le lunghe relazioni, non può esser chiesto alcun vincolo di fedeltà. Matrimonio a bordo,de facto, vietato o reso comunque impossibile a celebrarsi. Ho dimenticato niente ?!”

Conoscevo abbastanza bene quest’aspetto del diritto di navigazione spaziale commerciale. Se ne parlava in non pochi olomuvj che avevo scaricato da Cosmoz.

“Vedo che ti sei documentata.”
“Non ho niente da fare qui!”
“Visto che le regole già le conosci, dovunque tu voglia andare dovrai essere accompagnata da me o da una mia sostituta! In teoria anche qui dentro, ma sono abbastanza realista da lasciarti un po’ più libera qui a casa tua … Ma da quando metterai piede nella piccola Pegaso obbedirai ad ogni mio ordine senza discutere. Intesi ?!”
“Uhm mhmm”
“Non voglio un muguno! Sulla nave fino all’arrivo sulla Terra mi dovrai rispondere: sì sorella Johanna, eseguo. Abituati a dare spesso questa risposta e andremo d‘accordo. Agli sconosciuti, specie se più anziani si da del lei. In teoria dovresti dare del lei anche a me.”
“Sì sorella Johanna, eseguo!”

Pensai, stai fresca!

“Vai a riposare Koona.”
“Leggerò un olobook! Rasputin! Andiamo. Ciao Greg!”
“A più tardi Koona!”

Il cane mi seguì al mio cenno. Venivo obbedita dal cane come Johanna voleva che obbedissi a lei. Anche Johanna e Greg si andarono a riposare. Dormimmo un po’, per quello che ricordo, tutti e tre. Io ebbi la conferma che ero riuscita a sedurre Mario. Mentre Greg e Johanna dormivano Mario in punta di piedi venne a trovarmi in camera mia. Finsi di dormire nonostante si stesse avvicinando dopo avermi fissata un buon minuto dall’esterno (avevo lasciato la porta aperta). Mi ero stesa sul letto senza il lenzuolo a coprirmi. Mario mi mise addosso la sua mano destra, delicatamente, con l’indice ed il pollice prese il lembo dei miei pantaloncini e cominciò ad abbassarmeli cercando il pelo ed il mio monte di venere (dopo il diploma di scuola media Miss Dera mi aveva illustrato la vulva in generale). Vi indugiò solo un paio di secondi, poi delicatamente fece tornare l’orlo dei pantaloncini verso il basso ventre. Il mio ventre. Mario non ancora soddisfatto alzò il bordo della maglietta per scoprirmi quasi tutta la pancia e con mano molto leggera cercò di arrivare a scoprire i miei seni ancora abbastanza acerbi. Sulla vista delle mie tettine scoperte si soffermò come ipnotizzato. Decisi di non fingere più. Stavo correndo un bel rischio: come avrebbe reagito? Dissi a bassa voce:

“Mario!”

Mario trasalì rimanendo meravigliato di essere stato scoperto. Pilota, astronauta, probabilmente un laureato; e soprattutto maschio. Era più infantile di quello che immaginavo. Cosa credeva ? Che una ragazza in quella situazione continua a dormire ? Comunque non reagì male. Aspettava che fossi io a cavarlo da quell’imbarazzo. Presi la sua mano e me la portai al seno sinistro. Sentii il suo palmo caldo sulla punta del mio capezzolo. Dissi a Mario:

“Dai stringi! Stringi piano! Possiedimi il seno!”

Mario era come inebetito, tuttavia strinse il mio seno. Una coppetta di carne che si contreva e sentiva il calore della sua stretta. Il mio respiro aumentò sensibilmente. Con l’altra mano mi strinse anche l’altro. Dei brevissimi istanti di piacere venivano sfalsati nella mia percezione dalla non contemporaneità delle sue prese. Mi s’irrigidì anche la pancia all’altezza dell’ombelico. Il diaframma del mio petto si era come paralizzato. Respiravo affannosamente. Chiusi gli occhi, cominciando a godere di quelle sue prese e strette. Volevo assaggiare altre sensazioni. Gli chiesi:

“Non so se ti piaceranno, ahn! Piano! Abbassati, succhiami i capezzoli. Sento che, ahn! Sono duri!”
“Sono turgidi Koona! Li sento sulla mano. Si dice turgidi!”

Continuava a stringere. Aumentai la mia provocazione:

“Succhia! ”
“Sì!”

Si sedette accanto a me e si abbassò sul mio seno in gran parte scoperto. La maglietta mi era stata avvolta fino al collo. In pochi secondi sentii diverse cose: dal suo alito caldo sulla pelle delle mie coppette, fino alla sua saliva che bagnava il mio capezzolo che restava sempre più duro. Fortuna che era pure molto carnoso. Mi sentii succhiata con vigore. Il mio petto voleva scoppiare. Una piccola deludente pausa mi fece capire che aveva cambiato capezzolo mentre continuava a stringermi la tettina già succhiata. Con la mia mano destra, sopra il suo bacino, cercai senza rendermene conto il suo pene sotto la sua tuta. Mi accorsi, per la prima volta in vita mia, che il pene del maschio in questi momenti diventava grosso, e tendeva ad indurirsi. Cercai il suo pene esitando lentamente, e ne afferrai l’asta. Finì di indurirsi tra le dita della mia mano innocente ed inesperta. Istintivamente chiusi la presa, e sentii dentro la mia mano il calore e la pressione del suo sangue come pure il piacevole contatto con quella pelle del suo sesso. Adoravo quella presa. Ne traevo soddisfazione, piacere anche sulla mano; Mario mi stava lasciando la sua saliva nel mio seno, mi stava sporcando, ma quello che contava per me era solo il suo pene caldo in indurimento progressivo. Cominciai senza saperlo a muovere la mano. Stavamo facendo uno scambio di piacevoli sensazioni, per me abbastanza nuove. Io davo piacere a lui, e lui a me. Smise all’improvviso di stringermi il seno sinistro, e abbassando la mano destra verso il mio bacino mi frugò velocemente sotto i pantaloncini e le mutandine. Sapevamo entrambi cosa cercava quella mano maschile. Sentii la sua mano sul mio sesso. E mi accorsi per la prima volta in vita mia che la mia vulva si era gonfiata.

“Ahnnnnnnnn!”

Stavolta rantolai senza riuscire a controllarmi. La sua mano me la afferrò fino a contenerla tutta e la possedette come aveva fatto con il mio seno. Stringeva e lasciava la presa per poi tornare a stringere e massaggiare. Stavolta potevo accorgermi che godevo anche perché ero ormai tutta inzuppata. Mi ero bagnata, e sporcando la sua mano dei miei liquamini aumentavo la sua curiosità di toccarmi. Il suo polpastrello del pollice mi sfiorava il mio cappuccetto, il clitoride mentre il polpastrello del suo medio o del mignolo? Chissà, mi solcava lo spacco di entrata. Guardai Mario languidamente, e all’improvviso tirai fuori la lingua ! Non sapevo perché, ma la mia lingua stava di fuori. Mario avvicinò la sua testa e tirando fuori anche lui la sua lingua cercò la mia. Un piccolo duello delle nostre carni interne intrise di saliva e congiungemmo le labbra in un lungo bacio come quelli che avevo visto negli olomuvj di Cosmoz. Ci sciabolammo la lingua l’un l’altro e più ci baciavamo più la mia vulva si bagnava. Ormai muovevo le cosce aprendole per facilitare le sue carezze intime. Ero felice. Bevevo la sua saliva, e aspettavo tra i suoi tocchi invasivi del mio fiore che le sue dita entrassero nel morbido pertugio. Mario era abilissimo a solleticarmi anche l’ano strofinando con dolcezza anche il mio inguine che gli avevo mostrato prima sotto il tavolo. Sentii sul mio pollice un rigonfiamento dopo l’asta. Era la sua cappella. Desideravo il possesso totale della sua asta, del suo sesso, e cominciai a tirare indietro quella sua pelle che ricopriva il glande. Il pene era diventato un missile un po’ storto verso l’alto ed era uscito dai pantaloni. Continuavo a smanettarglielo. Divenni più curiosa e più veloce nel tirare la pelle all’indietro. Riuscii a scoprire del tutto la sua cappella e gliela toccai con il palmo della mano modificando la presa, avevo preso a coprirgliela tutta. Era turgida anche la cappella. Finalmente prendevo in mano un vero pene maschile! Chiesi a Mario ingenuamente:

“Entri con questo dentro il sesso della tua donna ?!”
“Ah! Sì, Koona! Sì. Ma io ah! Come sei brava, continua!”
“Quanto ti resta così duro ? Ahnnnn, così duro dentro, uhmmmm!”
“Venti minuti forse! A venti ci arrivo, credo, ahhhhhhh!”
“Ci entra tutto ?”
“Beh, sì! A molte piace che ci entri tutto quanto.”
“E fa male ?! Ahnnnn, carezzami ancora, non smettere!”
“No, che dici! Ti fa volare!”
“Ma ti resta sempre duro?!”
“Sì, per un po’ sì. Continua Koona, sei brava!”
“Come si chiama questa cosa che ti sto facendo?”
“Sega! Si chiama sega! E me la stai facendo bene! Dove hai imparato ?”
“Salverai il mio cane ?!”
“Che ? Che c’entra il cane ora?”

Mollai il suo pene. Per un secondo restò sù. Chiusi le cosce per impedirgli di muovere la mano sulla mia vulva bagnata. La mia disponibilità aveva un prezzo. Mi ero irrigidita.

“Perché ti sei fermata? Che ti prende?”
“Rasputin! É per lui che mi lascio toccare da te!”
“Il cane, sempre il cane!”
“Allora ?!”
“…”

Mario ci pensò un attimo poi si arrese. Lo capii dall’espressione depressa del suo volto.

“Va bene. Ti faccio portare il cane sulla Pegaso…”
“No! Devi aiutarmi una volta a bordo! Non voglio che il comandante lo faccia sparare!”
“Santo Universo, come faccio ?”
“Trova un modo! Se sei un pilota, vuol dire che sei intelligente, no?!”
“Cazzo !”

Una lunga pausa di due minuti nei quali Mario fece appello a tutto il suo sapere poi sentenziò:

“Rod mi deve mille e duecento sacchi; potrei farlo tenere a lui nel magazzino delle pastiglie! Lì anche il comandante non può accedere quando vuole. Off-limits anche per lui. Però è vicino al reattore! Se becca radiazioni farà una brutta morte! Una morte lenta e degradante. Uno sparo sarebbe preferibile!”
“Ce ne sono molte?”
“In teoria c’è la schermatura, ma dove ci sono reattori nucleari neutroni in giro ce ne sono sempre e pericolosi radionuclidi a iosa! Un piccolo infernetto che può diventare radioattivo da un momento all‘altro.”
“Ho capito, lì ci vanno in pochi … ”

Presi a ricarezzare il suo pene con la mano mentre raccontava la sua amicizia con Rod.

“Rod è dei nucleari. Non rivolge la parola che ai suoi colleghi. Anche a mensa! I nucleari non possono socializzare con il resto dell’equipaggio. Parla con pochi.”
“Tu come lo conosci ?”
“Non posso dirtelo … lo conosco e basta.”
“Sai, qui il computer non mi ha mai fatto accedere al braccio tre, quello col reattore, neppure a me!”
“Normale. Il nucleare è una tecnologia che non vuole curiosi.”
“Ma può tenere il cane ?”
“Sì.”

Ripresi con la sega. Mario una soluzione l’aveva trovata! Chiesi curiosa mentre gli guardavo e gli masturbavo il pene. Lui si stava già rilassando avendo riottenuto la mia masturbazione:

“Quanti sono milleduecento sacchi?”
“Quattro mesi di stipendio!”

Valutai quello come un buon affare. Certo Rasputin un po’ rischiava. Per me, per il momento, poteva bastare. Poi alla prima occasione lo avrei fatto prelevare anche da lì. Certo bisognava prima arrivarci sulla nave! Smisi di essere ostile a Mario continuando con le carezze e lo smanettamento al suo pene di nuovo grosso certo, ma non come prima.

“Alzati in piedi, dai che voglio un po’ di spazio qui! Forza ! Non è il tuo letto!”

Mario si alzò in piedi credendo che il breve idillio fosse alla fine. Lo trattenni afferrandolo per una natica un attimo. Il suo pene si stava ammosciando nonostante le mie movenze. Lo ripresi delicatamente, e me lo portai alla bocca. Arrivai a baciare con le labbra i peli della base dell’asta interamente ingoiata. Sentivo la sua cappella sul mio palato. L’organo di Mario tornava ad ingrandirsi pulsando sopra la mia lingua, la sua cappella mi stava irritando. Mi occorreva dell’aria per poter respirare. Feci uscire il pene dalla mia bocca, e vidi che lo avevo insalivato ben bene. Una sorta di sottile bava debolmente bianca e trasparente si presentava come un filo che univa la mia bocca ingenua a quel suo stupendo organo al quale pochi minuti prima mi ero legata manualmente.

“Questa cosa le donne te la fanno?”
“Sì, si chiama bocchino, o pompino!”
“Perché pompino ?”

Intanto gli stavo baciando la cappella.

“Perché oltre a leccarlo lo succhiano finché non sborra…”
“Insomma ne fanno uscire lo sperma … il liquido seminale maschile …bianco?!”
“Sì.”
“Uhm, la bava è amara. Uh! Aspetta voglio riprovare !”

Lo ripresi di nuovo in bocca, stavolta più decisa, ma non essendo brava in pompini, come li aveva chiamati lui, lo sputai subito fuori tossendo per l’irritazione della gola dove mi era scesa la sua acquetta bianca appiccicosa. Alternavo la sega con la mano ancora inesperta con il “pompino tossicchiato”. Mario gradiva quel mio interesse per il suo sesso. Mi stava sussurrando che i maschi lo chiamavano “cazzo” quando all’improvviso sentii dei rumori. Erano passi umani. Rasputin si mise ad abbaiare nel corridoietto. Dovevamo interrompere l’incontro. Io mi staccai, mi coprii alla meglio, e tornai a distendermi mettendo le mani sotto le mie natiche per asciugarle sfregandole sul lenzuolo. Poi mi alzai, e finii di ricompormi. Feci cenno a Mario di scostarsi, e di lasciar passare prima me. Andai incontro al cane e vidi che Johanna si era alzata dal divano in soggiorno e che stava tornandovi dopo esser stata evidentemente alla toilette. Una bella fortuna! Mario che si era rimesso il pene (che ora scoprivo chiamarsi cazzo) sotto i pantaloni fece per andarsene. Guardò in corridoio, e uscì quando gli diedi il via libera con un cenno. Lo incontrai ancora una volta in corridoio. Gli dissi piano piano:

“Appena puoi liberati! Manda Greg sul TM che a Johanna ci penso io … ”
“Va bene e stai tranquilla per il cane! Hai vinto tu!”
“Stai in guardia ! Johanna non dovrà toccarlo …”
“Tranquilla!”

Venni chiamata proprio da Johanna che doveva averci in qualche modo sentito nonostante avessimo sempre parlato a bassa voce. Mi chiese se avevo dormito e come. Poi mi fece:

“Spero non avrai tormentato Mario con la storia del cane … sai, è il pilota che ci riporterà sulla nave, noi, io e Greg intendo, non ti lasceremo fare niente che metta a repentaglio la sua vita. Spero comprenderai che il pilota ci serve!”

Non le risposi niente. Per parte mia Mario me lo ero già “comprato”. Ritornai in camera mia a vedere se era disponibile un cambio di mutande. Mi ero bagnata bene mentre ci masturbavamo reciprocamente ed ora dovevo ripulirmi. Presi un paio di mutande ed una maglietta nuova ed andai nel locale docce. Fuori attendeva Johanna che mi disse che dovevo aspettare che finisse Mario di fare la sua. Per quel che riguardava Johanna non avrebbe permesso alcuna promiscuità. Mi suggerì di andare a farmi un giro in cucina e di tornare dopo un po’. Ne approfittai per andare alla toilette seguita dal mio pelosissimo cane. Calate le mutande mi sedetti sul water per liberare la vescica. Lasciai cadere in terra i pantaloni della tuta e le mutande. Mi tolsi tutto, per lo meno di sotto. Quando finii raccolsi i pantaloni e li re-indossai senza le mutande dato che erano abbastanza sporche. Non mi accorsi in quel momento che senza le mutande l’elastico in vita li faceva aderire di meno, per cui camminando tendevano a cascare. Dietro di me le natiche cominciavano a scoprirsi passo dopo passo. Andai in cucina ed aprii il frigorifero. Decisi di bere un po’ di acqua fresca. Mentre guardavo se ci fosse qualcosa da mangiare non mi ero accorta che era entrato qualcuno. Era Mario. Si avvicinò e mi palpeggiò il sedere baciandomi qualche istante dietro il collo, per lo più con la lingua. La infilò anche nel mio orecchio qualche secondo e all’improvviso fece una forte presa sulla mia natica destra seguita dal tentativo d’intrusione del suo dito nel mio ano. Dunque gli uomini facevano anche questo alle donne. Quel suo dito lì non mi piaceva, ma contenni il mio disappunto. Presi a respirare più ampiamente. Sembrava che il suo dito volesse entrare proprio lì nel mio buchino. Sentendo i passi di Johanna nel corridoio Mario mollò la presa, e si allontanò dopo aver preso anche lui un contenitore di yogurt. Johanna entrò e vide che Mario mangiava lo yogurt senza curarsi della mia presenza. Io continuavo a contemplare il frigorifero dentro. I miei pantaloncini tendevano a scendere e Johanna se ne accorse:

“Koona! Alzati i pantaloni! Non sta bene mostrare il posteriore in presenza di uomini!”

Alzai i pantaloncini. Bevvi qualcosa poi accorgendomi che tenevo ancora le mutande pulite sotto l’ascella sinistra andai in silenzio a fare la doccia. Come uscii dalla cucina, per istinto volli restare in corridoio ad origliare. Johanna avrebbe detto qualcosa a Mario. Io volevo sapere cosa. In punta di piedi tornai verso la porta e mi feci piatta contro le pareti del corridoietto.


-continua-

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Commenti per Salve Terra, qui Koona 5a p.:

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