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Lascive follie borghesi e castellane, 3a parte


di sexitraumer
18.03.2020    |    3.136    |    0 9.6
"Purtroppo ridotti in quella calda camera dovevamo contenere i rumori, altrimenti, ci avrebbero sentito, ed avrebbero intuito il vero status di suor..."
…io intanto solo ora, che non son più del vostro mondo, ho saputo come andò ciò che vi ho descritto cari moderni…quando tornai a casa il mattino dopo, non sospettai nulla di ciò che c’era stato, o forse non volli approfondire, dato che io lussurioso ed infedele lo ero sempre stato per inveterata abitudine; mentre mia moglie Francesca, in quei cinque giorni che tenemmo Aymone a casa nostra, gli aveva concesso altre dieci-dodici sveltine, circa due al giorno, non appena io me ne andavo a lavoro. Che io sappia fu il suo solo tradimento, che bene o male rimase in famiglia.
L’ultima volta sfortunatamente furono disattenti: un nostro vicino anziano, ottantunenne, messer Tommasino, ormai rimasto vedovo senza figli, forse invidioso, o forse in buona fede, o che sò per vincere la solitudine, o semplicemente incuriosito dal nuovo personaggio, Aymone, al seguito di Francesca, che non era nostro figlio, li aveva seguiti durante una passeggiata fuori borgo sul sentiero di campagna…io sapevo che il vecchietto era attratto dalla moglie mia, per il suo viso dolce…ma certo non osava molestarla…
… vedendo me tempo dopo, che ero preoccupato, mi disse che era convinto di averli visti! …
“Messer Toraldo! Ascoltatemi…ascoltatemi…fate bene a preoccuparvi!”
“Perché di grazia?”
“Ho visto la moglie vostra insieme ad un ragazzo, molto giovane, biondino…magro…”
“Mio nipote Aymone…il figlio della sorella mia, che ci venne a trovare; e allora?”
“Vi venne a trovare? Dite…?...Beh Dio mi perdoni, Toraldo! Li ho visti! Li ho visti, da soli, vicino la campagna mia…tre giorni fa…domenica era…o era sabato? Li ho visti, li ho visti…”
“Davvero…?”
“Perdonatemi Toraldo! Li ho guardati…a lungo…li ho seguiti…ma senza farmi vedere…mica volevo recar loro disturbo!”
“E allora? Cos’è successo? Insomma…”
“Il ragazzetto ‘Mone, l’ha palpeggiata mentre s’era chinata a coglier della cicoria. La signora vostra gli scostò la mano, poi proseguirono altri cento, uhmmm sì cento passi, in cerca d’altre erbe la signora…il ‘Mone invece le guardava il culo messer Toraldo, e se cercava di toccarlo di nuovo sua moglie si spostava ridendo più avanti…io ero cinquanta passi dietro a loro…senza farmi vedere, sempre…”
“…senza farvi vedere…bravo! Dite…dite…”
Il suo racconto mi stava prendendo cari moderni, sapete, finir cornuto da un tredicenne, per di più figlio di mia sorella…certo che bel guardone il vicino Tommasino! Aveva fatto il pastore tutta la sua vita, e conosceva bene ogni sentiero, e la tecnica per misurare le distanze in passi…sorridendo lo invitai a continuare…
“Beh, perché vi siete fermato?”
“…io non so se posso messere…quel che ho visto dopo…fate bene a preoccuparvi…fate bene!”
“Perché faccio bene?”
“A me dispiace dirvelo, ma meglio è che voi lo sape!”
“Cosa dovrei sapere?”
“Vostra moglie, perdonate che l’ardisco…quel bel fiore di vostra moglie…uhnn…ve le ha messe le corna, ve le ha messe!”
“Addirittura? Siete sicuro?!”
“Vedo poco vicino, ma lontanino vedo, e bene signor Toraldo !”
“Sono stanco caro Tommasino…per cortesia ditemi cosa avreste visto…sennò vorrei andare…”
Il vecchio Tommasino si aggrappò al mio braccio mentre stavo cercando di andarmene; ero stato talmente tante volte io infedele alla mia Francesca, che ci sarei passato sopra senza alcun patema, ma, dato quanto mi percuoteva il braccio il mio amico di strada, decisi di fermarmi e ascoltarlo…
“Va bene, su, continuate Tommasino…vi ascolto! Ma spero per voi che sia importante! Non avete idea dei miei problemi al momento!”
“Camminando sono giunti vicino il fondo mio, e hanno proseguito fino all’albero di carrube, e lì ‘Mone l’ha presa per i fianchi, e ha premuto le parti basse, le sue, contro il culo della moglie vostra…io mi sono riparato dietro il mio albero di noci, e li ho visti…”
“Ma i ragazzi di dodici-tredici anni lo fanno…e poi chi vi dice che fosse mio nipote?”
“…perdonate se insisto! Era biondino, un bel ragazzetto, e anche vostra moglie è bella.”
“Tommasino, lo so che mia moglie è bella. L’ho sposata, sapete…”
“…forse non avreste dovuto…loro due facevano a…a…non ho il coraggio…”
“…bene! Finiamola qui…allora vado…se non c’è altro…”
“…Toraldo ! Non andatevene! Ve lo devo dire…”
“Sì?...eccomi, ma dovrei andarmene, vorreste decidervi?”
“Lei si è inginocchiata, poi a…at…a terra a pecora…il ‘Mone ha preso la gonna, e le ha scoperto il culo…ci ha affondato il viso tutto quanto tra le chiappe della signora, poi l’ha tolto e, e perdonate messer Toraldo ! Dicevo, s’è tirata fori la lingua sua…poi mentre se l’assaporava di novo dietro, dove c’era il buco, la moglie vostra hae scostata lei istessa li meloni - che belli ch’erano! -sapete, acciocché vedeva meglio il buco…perdonatemi messere!...la signora sua godeva…godeva…ogni volta che il biondino la leccava dietro, lei chiudea l’occhi sui, che aveva un viso che mi turbava come da quando ero giovincello…uhnnn…mai vidi volto di donna così bello nel godere…che bella che è la vostra signora, Toraldo! Perdonatemi ! Mi son comportato siccome giovinastro che spiava le coppiette! Ahnnn…ohh…uhmmm…uhnnn!”
Di nuovo a piangere…palle!
“Perché devo perdonarvi Tommasino? E perché piangete? Avete li occhi sì rossi che dovrebbero bruciarvi, anzi vi dico che mi bruciano li miei a guardare li vostri! ...su, calmatevi e raccontate…così chiariremo la cosa che avreste visto!...”
“Ecco io, io, a guardar il culo alla moglie vostra mi son toccato, e mi son fatto manovella anch’io…erano belli i meloni della signora dietro…come ho visto il buco son venuto, anche perché la signora sua godeva copiosamente quando ‘Mone ci infilava la lingua…però il cazzo no…no…ohnn….no, no…ci ha messo la lingua Toraldo…la lingua…lì dietro…”
Tommasino da anziano, descrivendo le emozioni che aveva provato, stava piangendo…

…da parte mia cercavo di mostrarmi comprensivo, e di fargli finire il racconto a quel punto…sembrava volersi sfogare…però che imbarazzo a dirgli prima che Aymone fosse mio nipote!
“…va bene. L’avete già detto! E poi? ...”
“…ahnnn…huhmmmf…la moglie vostra s’è alzata in piedi, ed è andata verso il tronco, mentre il ragazzetto, ‘Mone, la seguiva aggrappato alla gonna, siccome animale che mordeva la preda appena presa.”
Gli sorrisi, trattandosi d’un vecchio solo al mondo…
“Siete poetico Tommasino!”
“La moglie vostra messer Toraldo, a quel punto seduta si era con le spalle al tronco, si era scoperta li seni, e li ha fatti suggere al ragazzo seduto siccome infante sulle sue cosce stese, e mentre che le succhiava una delle minne, che li capezzoli vedevo, e bene, la moglie vostra gli prese in mano il cazzo, e gli fece bona manovella…fatta da mano di bella donna! Come volevo stare al posto di quel biondino! AHNNN…huhhmmm…poi si tirò verso di sé la gonna sua, e lo cuore mio mi andò a mille che paura avevo di prendermi un colpo…e la sua bellissima signora, sorridendo al ‘Mone, mise in vista la pataccona col pelo…anche se il Sole era dietro le nuvole che tramontava; il ragazzetto, ‘Mone ci mise lingua a lecco, pochi lecchi, perché alfine si decise a penetrarla, infocato nei modi…fecero abbracciati amore e coito, messer Toraldo, e la moglie vostra, invece che farlo venir fori sulle cosce, sulla pancia, sopra il pelo o sulla minna libera, come usan far li innamorati non sposati ancora, che mi danno moneta se presto loro il fondo mio…no vostra moglie si fece venir dentro! E si tenne ‘Mone dentro fino a che il sole era tramontato…poi si son alzati, e stanchi, raccolta altra cicoria, e un po’ di menta, e fatta la pipì tutti e due, son tornati al borgo, che il ragazzo tutto sudato era…e io camminato ho dopo loro …di nascosto…ahnn…ohn…huhm…e…qu…ahnnn…que…s…sto è tutto messer Toraldo!”
Finalmente aveva finito: dunque la moglie mia Francesca mi aveva fatto cornuto con mio nipote, figlio della sorella mia…e purtroppo anche se riparati sotto un albero in campagna col maletempo sono stati così inconsapevolmente stupidi da farsi vedere…questa però era solo la sua parola di uomo vecchio e solitario; magari frutto di fantasia…no, non volevo dare importanza né al suo pianto, né al contenuto scabroso del suo racconto, anche se, devo dire, la cicoria selvatica l’ho trovata a casa in quei giorni in cui ospitavamo Aymone. Il vecchio nonno Tommasino da quando era rimasto solo, sapevo usava arrotondare qualche soldo concedendo l’uso del fondo suo, un po’ riparato dalla vista per via d’un muro in pietre per chi fosse sul sentiero interpoderale, alle coppie che non volevano far sentir i loro rumori di sesso alli vicini propri, e quindi guardone, non avendo niente da fare, lo era diventato di fatto…e ora la demenza senile, o la semplice solitudine, gli avevano giocato un brutto tiro, dato che, piangendo, confidava anche quello che avrebbe dovuto tenersi per sé. Cercai di imbastire una breve indagine:
“Ma eravate solo voi nel vostro fondo, quando dite d’aver assistito alla scena da voi raccontata Tommasino?”
“Sì, messer Toraldo, niuno vi era anche perché le nuvole minacciavano pioggia, anche se poi non è piovuto più…e siam tornati tutti a casa!”
A seguire il suo racconto era rimasto attratto dal buchetto del culo di mia moglie Francesca, che vedendolo esplorato con desiderio e morbosa soddisfazione da parte di mio nipote, lo aveva fatto venire durante la propria masturbazione da guardone. Che invidia dover aver provato! Anche alcuni vicini mi avevano detto di questa sua abitudine, di spiare le coppie che andavano a scopare vicino il suo fondo, o pagandolo, dentro di esso…eh già! Proprio in tal modo conobbi il neo vedovo Tommasino, quando all’inizio del mio matrimonio, un vicino di dove eravamo andati ad abitare, di nome Paolo, un cornuto impotente (e rassegnato), m’avea offerto di assistere assieme a lui mentre spiava sua moglie Flavia, che avea intrapreso una tresca di sesso adulterino col bottegaio messer Barbini, amico del proprio padre, titolare di una macelleria e salumi…Flavia come moglie era una puttana volgare, oltre che una femmina tutta istinto, analfabeta, e sporca nei modi, che ci provò anche col sottoscritto, ma la rifiutai…ed intimai a mia moglie di non frequentarla, e pure io imparai a tenermi lontano da quel Paolo, che scoprii poi essere un maldicente dietro, quando scopriva che avevi un buon lavoro, o bona istruzione, qualità quest’ultima che in lui latitava…il vecchio Tommasino non m’era mai stato veramente antipatico, ma avendo io una relazione appagante con mia sorella, lontano da occhi, e occhiacci maligni, non mi era mai capitato di servirmi delle “offerte” di messer Tommasino, pur salutando lui, e voltando altrove lo sguardo incrociando Paolo. Ora invece la coppia spiata era nientemeno che mia moglie, e mio nipote…sul momento decisi di non dare troppo peso al racconto del Tommasino, per lo meno innanzi a lui…
…io dopo averlo ascoltato fino alla fine, fissandolo negli occhi, gli dissi che avea visto male.
“Messer Tommasino, avete visto male! Probabilmente eravate stanco…e solo. Ogni tanto, mica dico sempre, mettete qualcosa da parte, e andate da una di quelle ragazze che lavorano nel vico delle pute! Sono belline, sapete, e se temete le malattie che ve ne importa?! All’età che avete…lo dico per voi, senza che vi consumiate, non dico il cazzo, ma il senno, a spiar coppiette…che poi l’immaginazione, e la fantasia v’ingannano senza che ve ne accorgiate voi stesso…”
“Guardate Toraldo che…io…capisco che…ohhhh…forse non dovevo dirglielo, ahnnnn…ma secondo coscienza dovevate sapere!…ma io li ho visti quei due!”
…Quel giorno che diceva lui, gli specificai, tra il garbato, e l’irritato al tempo stesso, appropriandomi della parola, ma senza urlare, che mia moglie Francesca era con me al castello, per presenziare ad un matrimonio privato di un collega (che non ho mai avuto) …poi ripresi…
“Tommasino ascoltatemi bene! Mia moglie il giorno che dite voi era con me al castello…la castellana, ed il marito signor Barone mio, ci hanno ospitati per due giorni, uno per il matrimonio di un mio amico che lavora lì, l’altro per smaltire il vino bevuto in libagioni, e festeggiamenti delli sposi! Mio nipote Aymone, che voi chiamate il biondino, era insieme a noi, come posson testimoniare tutti li amici che al castello teniamo io e la moglie mia! Io e la moglie mia teniamo l’amicizia del barone e della signora castellana sua moglie. M’intendete? ...anche all’avvocato del casato, dal quale io dipendo, imbastire denunzia per calunnia alli armigeri, o al magistrato, sarebbe cosa rapida! E il denunziato avrebbe da procurarsi un avvocato suo, da ben pagare, pena la galera in caso di soccombenza innanzi al giudice!”
“Uhmmm…voi…dite Toraldo?! Eppure la somiglianza della vostra Francesca era straordinaria !...davvero, sapete?!...insomma devo essermi sbagliato!”
Un po’ ritenevo d’averlo intimidito. Onde evitare che ne parlasse ad altri, anche se non aveva amici, presi quel che avevo in tasca: 8 scudi, e glieli misi in mano, chiudendogliela:
“Con questi per prima cosa andrete dal cerusico, e vi farete dare un medicamento per gli occhi, che sono troppo rossi, e devo dir paura mi fanno a fissarveli… e non datevi pena per la spesa, che da voi non vorrà nulla! Vi costerà il medicamento soltanto. Poi prenderete un bel bagno a casa vostra, quindi andrete a far la barba, e alla fine, e andrete a farvi un po’ di vero sesso con qualche ragazza a pagamento…vedrete da voi quanto vi sentirete meglio. Spiar le coppie vi fa male Tommasino!”
“…ma Toraldo, io…non volevo…”
“Sapete alla fine vi convincete di vederle dappertutto…siccome malanno della mente…”
“…ma io non sono pazzo messer Toraldo!”
“La vostra età, e la vostra scarsa vista, financo la vostra solitudine, vi scusano messer Tommasino! Vi ripeto che la moglie mia Francesca era con me ad un matrimonio nel giorno da voi indicato; vi siete sicuramente sbagliato! Voglio rassicurarvi sulla moglie mia Francesca, che è moglie onesta e devota, e non permetterei mai a niuno di dubitarne! Soprattutto tramite la malignitate d’un pettegolezzo, sarete d’accordo, alquanto sconcio! …Su, su, riguardatevi Tommasino, e la prossima volta ci berremo assieme un bicchier di vino, magari a casa nostra, e sarà la moglie mia a servirvelo! Vedrete voi stesso quanto sia signora del focolare domestico la mia Francesca! …non potea essere lei quel giorno! Convincetevene!”
“…ma…ma io…”
“Ora vi lascio che ho da fare!”
…e lui anziano ormai vedeva poco, anche se col suo racconto, da lontano, aveva visto come un falco; mi aveva visto preoccupato, e aveva pensato che fosse buona cosa avvertirmi su mia moglie; la mia preoccupazione era per la morte prossima del mio vero datore di lavoro: il barone del castello; mi aveva assunto lui, e non sapevo, se la baronessa sua neo vedova, e di sicuro reggente, mi avrebbe confermato…
…tempo dopo quella nostra conversazione, dalla quale mi congedai stringendogli comunque la mano, il vicino impiccione, forse vergognandosi, aveva improvvisamente tolto il saluto a me, e alla moglie mia Francesca…era molto vecchio…ma l’avevo già perdonato, ma al mio saluto non rispondeva più…guardava in basso e proseguiva, come fosse rimasto offeso per non esser stato creduto, o per aver confessato, o per esser stato da me pagato per star zitto. Poi tre settimane dopo quella sua conversazione con me, li armigeri del capitano Dal Vey, lo trovarono impiccato all’albero di noci del suo fondo. Le indagini non portarono a nulla; di vista lo conoscevano tanti, in particolare nessuno. Conclusero ch’era stato suicidio, dato che poco prima, due giorni pare, s’era recato dapprima da un prete, che nulla disse di ciò che avea ricevuto in confessione, poi da un notaro, per lasciare un testamento: nominava la chiesa del borgo erede del fondo suo, della casa, e di quanto in essa contenuto, anche se li ultimi risparmi, più i miei otto scudi se li era spesi tutti con le pute (come gli avevo suggerito) e col notaro; col testamento, dettato a questi di persona, salutava tutti, e chiedeva perdono per le sue gesta in vita, come spiar parecchie coppiette, e farsi pagare per usare il fondo suo per fare sesso, e per guardarlo fatto da altri; quindi era sparito per due giorni…fino a che li armigeri di ronda, tra i quali il nostro baroncino erede, da un anno di servizio militare, scoprivano il corpo appeso, e rigido, condotti da un cane randagio, tollerato, e conosciuto più di lui, dai contadini dei fondi finintimi…
…e tornando a me e a suor Persefone, stanchi che fummo del buio e del freddo della cantina, uscimmo all’esterno e facemmo il normale tragitto che di solito faceva solo la servitù per accedervi, quindi risalimmo presso i locali in cui di solito a dormire c’era la servitù. Chiesi sommariamente chi fosse la generosa lavoratrice del pane che doveva fare la notte; mi fu presentata, che la conoscevo al massimo di vista, parlammo e le presentai suor Persefone affinché scambiassero li saluti e li ringraziamenti di rito. Poi quest’anziana, ma non vecchia donna, analfabeta, ma d’esperienza, prima di darmi la stanza prelevò i risparmi suoi, delle monete, da un cilindro di legno che teneva sotto il cuscino del letto…
“…allora Araldo, può dormire qui stanotte…ma domattina dalle nove servirà a me…questi me li porto con me oggi…che quella troppo bella ète per esser una suora di passaggio!”
“Toraldo, signora! Ma state tranquilla, che di lei rispondo io…resta solo questa notte. Non v’arrecherà disturbo veruno…e io starò con ella per assicurarmene.”
“Toraldo! Da giovane ho servito sotto le suore! E quella donna della suora solo l’abito tiene!”
“Non so cosa intendiate, ma va bene lo stesso…buon lavoro signora!”
“Anche a voi!”
La signora andò verso le cucine a preparare le forme, dato che la l’impasto di farina l’avevano fatto lievitare già da una giornata. Io e suor Persefone prendemmo possesso del piccolo alloggio: una stanza piccola senza finestre, con una sola luce in alto che facea anche entrare l’aria, con un letto, un tavolo di legno d’arte povera, e una sedia, oltre che un vero lusso: un lume a olio, ed infine un quadro con il profilo della Vergine Maria, ed un Crocifisso di legno appesi al muro. Come chiudemmo la porta suor Persefone disse:
“Mi sembrava che simpatica non ero a questa donna, sicuro che posso stare qui stanotte? Vi ripeto Toraldo, posso anche dormire nella paglia delle stalle!”
“Un letto caldo è meglio amica mia!”
“Il sesso di prima mi ha messo fame e sete, cosa mangiano qui la sera?”
“La servitù generica strutto, e qualche pollo nei fine settimana, e verdure varie…che io sappia. La servitù particolare mangia meglio, come la vitella o il manzo, ma in cambio ha da sopportare qualche tocco di troppo, o dal Barone, o dal figlio maschio, che però ora è comandato militare alabardiere per tre anni. Venne coscritto con l’inganno dalla madre e dal padre, che si misero d’accordo col capitano degli alabardieri del borgo…pare molestasse anche le serve della madre sua, di solito esenti per tal motivo dai tocchi intimi del marito barone.”
“Beh direi che se non lo mandavano via, avrebbe finito per far sentir il cazzo anche alla madre sua, non trovate?!”
“AH, ah, ah…chissà che non sia come dite voi! Ma v’ammonisco di non farvi sentire dalla servitute che avete detto questa cosa. La baronessa ha informatori dappertutto, tutti disposti a riferire per lavorare qui al castello.”
“Capisco.”
“Comunque se mi dite cosa volete mangiare, posso rimediare qualche cosa, e portarvela io stesso…sempre che mi aspettate qui…”
“Aspettarvi qui?”
“Come ospite della baronessa non siete in vinculis, ma se volete visitar il palazzo, dovreste farlo accompagnata dal sottoscritto…sarebbe meglio, ecco. Altrimenti preferite desinare alla cena collettiva della servitù?”
“Vada per la cena collettiva…a che ora?”
“Possiamo andare adesso, se credete…”
“Andiamo, va…”
Mangiammo alla mensa assieme alla servitù generica, cercando di esporci il meno possibile; fummo fortunati: c’era da mangiare carne di cavallo, pane, formaggio, pomodori e qualche frisa, oltre che buon vino bianco che proveniva dalla cantina del barone…alzammo entrambi un po’ il gomito col vino, ma restammo autocontrollati. Suor Persefone parlava solo se interrogata, sorridendo appena, e rimanendo molto sul generico circa le difficoltà che l’aveano portata a chiedere momentanea ospitalità alla sola baronessa, tramite messer Vezio, dato che il barone permaneva nel suo coma. E di questo non accennai a nessuno, né lì dentro, né a suor Persefone…verso l’ora nona lasciammo la mensa, e per digerire feci visitar alla mia ospite il resto del castello. Calata la sera ci recammo nella nostra stanza, e la prima richiesta di suor Persefone fu un vaso per la pipì. Lo cercammo, ma non c’era. Poi mi ricordai che c’era un bagno collettivo in fondo al corridoio e lo indicai alla suora. Quindi tornò, e parlammo del resto del sesso mercenario da me pagato anticipatamente…
“Allora Toraldo, ricordo bene che vi ho promesso il culo…per caso gradireste leccar ancora la fica?”
“Certo non mi dispiace…se capita…se me la offrite comunque…”
“Bisogna che riempiate questa bacinella vuota allora…sapete dove si può prendere dell’acqua?”
“Ho visto una botticella all’entrata…ve la vado a riempire subito…”
Andai a svolgere quest’incombenza, poi tornai in camera. Suor Persefone aveva tolto dal muro le immagini sacre appoggiandole a terra. Me ne ero accorto e mi disse:
“Per quel che devo far con l’abito, preferisco che non ci guardino! Poi le riappenderemo di nuovo…”
“Ma siete credente o no?”
“Rispetto i credenti, ma non lo sono più…!”
S’alzò la tonaca, poi raggiunse la bacinella che avevo di nuovo poggiato nel telaio di metallo, poi disse:
“Tenetemi la tonaca alzata, fino ai seni, che mi devo rinfrescar la vulva…grazie!”
Le tenni la tonaca dietro a lei, mentre nuda dalla pancia alle caviglie passava manate d’acqua sul sesso tutto quanto per un paio di minuti, poi fece lo stesso al buchetto del culo…quindi finito il lavacro di fortuna mi disse:
“Potreste estrarre un ditino d’olio da quella lampada? A mensa non m’andava di chiederlo o avrebbero malignato…”
“Ci proverò…se riesco a sapere dov’è la bocchetta del serbatoio…uhmmm…”
Mi occupai di prendere l’olio dal lume che dava luce alla stanza, e intanto suor Persefone si era messa contro il letto alla pecorina, tirando verso di sé la parte bassa della tonaca; le sue cosce, e le sue natiche erano in aria in completa vista per il sottoscritto. Trovato il modo di estrarre l’olio, me ne finì sui polpastrelli del dito parecchio…suor Persefone mi diede delle istruzioni…
“Lubrificatemi il buchetto Toraldo, che entrerà meglio…certo un cazzone grosso come il vostro mi farà urlare…si può urlare qui?!”
“Meglio di no, amica mia…ora vi faccio il lavoretto…lasciatevi aprire…”
“Gradite Toraldo!”
Aprii le natiche alla donna, e le contemplai il roseo buchetto del culo, piuttosto bello, come belli erano i lineamenti del suo corpo…chissà perché s’era fatta suora…guarda…guarda…
“UHN…che?”
“Perdonate! Volevo prima leccarvelo un po’…ecco ora metto l’olio…”
Umettai per bene tutto il roseo muscoletto striato e v’introdussi il dito indice senza forzare, lasciando che scivolasse dentro, e lo mossi alla meglio, poi lo feci uscire, e di nuovo mi godetti lo spettacolo delle natiche che si aprivano dilatando il buchetto, altra linguata!
“AHNNNN…Toraldo, la lingua asporta l’olio! …vi prego !”
Presi tutto l’olio che mi era rimasto nei polpastrelli e ripetei l’operazione, ficcando questa volta indice e medio…
“UHM…UHUI…altro olio, prendetelo!”
Tolsi le due dita dal culo, e feci colare altro olio dal serbatoio del lume. Intanto che mi ero eccitato contemplandole il buchetto da forzare, misi l’olio direttamente sulla mia cappellona, avvertendo la mia amante:
“Ora ve lo ficco dentro…ho oliato la cappella…ve lo spargerà dentro per bene…se siete pronta ora ve lo sfondo…ecco la cappella ! La sentite Persefone ?”
“…uhmm…sì…la sento…ohhh…vedo che premete! ...uhn…fate con garbo, Toraldo!”
Spinsi un po’, ma non sembrava voler cedere…allora arretrai un istante, le dilatai l’ano da una parte sola, la sinistra, e diedi un’improvvisa spinta, dopo averlo aperto massaggiando l’inguine col pollice dell’altra mano…ci volle un buon secondo…l’ultima cosa che vidi fu Persefone chiudere gli occhi per reprimere una smorfia di dolore…
“AHIIII !...ahi…ahnnn…ahi…per lo meno è entrato…vero?! Lo sento che è entrato…ahnnn…ahiii!”
“Sì Persefone ! Sono dentro, ma c’è solo la cappella !”
“Hoh…uhu…spingete piano, e bene…ahn!... messer Toraldo! Ci deve entrare…ohhhh… tutto, sapete…tuttooooohh…hoh…spingete avanti! Son pronta!”
Spinsi piano, senza fermare il cazzo…
“Così va bene ?...”
“AHHHHHNNN..sì…uhi! sì…ahnnnn…mi state aprendoooohhh…ahnnnn…ahnnnn…tutto, dentro tuttooooohh!”
“AHN…eccovelo suor Persefone! Adesso è dentro ! …hmmm…fino alle palle! Le sentite? Ve le sto sbattendo sull’inguine, sentite?!”
“Spat, spat…”
“HUHNNN…sì le sentoooooohhhh…ohhhhh! Movetevi Toraldo! Movetevi! ...ahn!”
“AHNNN…ahnnnn…ahnnnn…ahhhhnnnn!”
Feci sodomia a suor Persefone, che da suora vestita, godeva dello smovimento delli visceri, e ad un tempo soffriva per la dilatazione del suo ano, non abituato, ad un cazzone come il mio, che stava spadroneggiando negli intestini suoi. Che bella sensazione che provavo! Una suora alla pecorina pronta a offrire il suo buchetto posteriore…sopportando le voglie del mio cazzo, e le prese delle mie mani…era tempo che avrei voluto fare una cosa del genere! Ma con una vera suora, non con una prostituta travestita…e questa era a metà, da una parte ex suora, e da quella che impugnavo io prostituta. Purtroppo ridotti in quella calda camera dovevamo contenere i rumori, altrimenti, ci avrebbero sentito, ed avrebbero intuito il vero status di suor Persefone…il suo culo era bello stretto, e la cappella mi veniva presa bene…
“AHNNNN…ahnnn…ahnnn…ahnnn!”
“Sì, Toraldo ! HAHNNNN ! Fottetemi duro! AHNNN ! Per tutte le patacche vecchie che ho dovuto leccare in convento ! AHNNNN ! HANNNNN ! Hohhhh…Ohhhh ! Hohhhhhh !”
“…ma dite…ahnnnn…nel culo…vi piace…ahnnn…ahnnnn…così tantoooohhh…!”
“Sì, mi piaceeeehhhh…ahnnn…ahnnnn…ahnnnn !”
Continuai con la sodomia a tamburo battente…ben piantato dentro quel culo che faceva di tutto per ospitarmi…all’improvviso, e con una certa delusione, mi accorsi che avevo goduto…sentii il viaggio dell’impulso a sparare la sborra, ma avevo la cappella così stretta tra quelle carni, da non sentir troppo le carni del retto, ma solo il piacere che dava lo sperma che usciva per esser sparso nelli intestini di Persefone, che sollevata nel volto, aspettava di venir riempita della mia crema bianca. Passò forse un minuto o due, comunque poi lo tolsi…e contemplai l’ano rosso della donna che riprendeva la forma, solo dopo un paio di spasmi a vuoto…poi di riffa o di raffa si richiuse…e un po’ di sborra, poco più di un rigagnolo, uscì dall’ano mentre si richiudeva…
“Toraldo, vi prego! Pulitelo, che non voglio sporcar la tonaca…vostra sorella me la fece pulire gratis, et asciugare al focolare, in tempo per il viaggio stamani…”
“Aspettate, amica mia!...ecco…”
Sparsi lo sperma sulla sua coscia attraente, strofinandolo fino ad asciugarmi la mano contro la sua pelle vellutata, poi la aiutai a togliersi la tonaca del tutto per indossarla solo una volta pulita. Andammo a turno a lavarci sul catino. Io lavai per primo il cazzo, poi mi offrii di andare a buttare l’acqua al bagno, e ritornare a rifornirla alla botticella affinché si pulisse lei con dell’acqua pulita. Suor Persefone fece anche lei i suoi lavacri intimi e non, baciata sul collo di tanto in tanto da me…la signora mi propose:
“Toraldo, or che vi ho fatto godere nel buco a voi più favorito, sarei un po’ stanca…con ciò che mi pagaste direi che ci potrebbe venir qualcos’altro, ma non troppo impegnativo…”
“E sarebbe?”
“Se lo gradite, potrei farvi leccare la fica…gradirei che me la faceste godere con la lingua…ora che vi riposate un po’ vorrei che v’impegnaste con la lingua, mi fate venir la patacca, e mi dite se con la mia età mantengo ho un buon sapore lì sotto…va bene?!”
“E quanti anni avete?”
“Se la famiglia mia, che suora mi volle, non m’ha ingannata ne ho 42…”
“E in convento a che età siete entrata, se posso chiedervelo…”
“Venticinque, ma solo perché non volevo sposarmi quei vecchi che papà mio mi proponeva, vecchi con incarichi pubblici per la Repubblica di Firenze, ma senza grandi denari…e siccome una volta fui sorpresa a causa di una denunzia anonima a far coito presso la magione mia con due uomini, uno per buco, onde soffocar lo scandalo il padre mio mi disse…oh no, aspettate! Non mi disse: mi obbligò a scegliere tra il matrimonio con uno di loro, o il convento…rifiutando a priori il marriaggio a costrizione, ho scelto il convento, onde liberarmi della tutela paterna un po’ ingombrante, e a lungo malignato ho se in realtà la denunzia anonima non fosse stata sua…se voleva trovarmi marito, ci dovea pensare quando ero di sedici anni, non di venticinque! E bei figlioli ne conoscevo assai…sapevo per sentito dire che in convento qualche cosa si faceva…ma io come già vi dissi aspettavo solo l’occasione per scappar dalla Toscana, dopo aver messo da parte dei denari, pochissimi per volta, onde non farmi scoprire che li distraevo dalle offerte…e quando l’occasione si presentò in un mese e mezzo raggiunsi il Sallento vostro Messer Toraldo!”
“…e io che avevo creduto di far sodomia ad una vera suora!”
“Suora solo nell’abito, messer Toraldo! ...ma nelle carni, e l’avete visto, più ed oltre puttana! Dite, volete leccarmela, o preferite penetrarla?”
Suor Persefone aveva di nuovo alzato verso il seno la tonaca, e mi aveva avvicinato il basso ventre e vulva fresca di lavacro intimo…era eretta in piedi, e attendeva che iniziassi il cunninlictus. Avvicinai il volto ed iniziai a leccarla attraverso il carnale spacchetto. La leccavo lentamente per goderne sulla lingua ogni piccola piega di quella bella gradevole carne del femmineo sesso. La suora cominciava a goderne…
“…ahnnnn…ohhhh…come la leccate bene Toraldo! ...anche vostro nipote Aymone devo dire non se la cavava male!...solo che a lui ho negato il sapore della venuta…ahnnn…quello voglio darlo a voi!”
Diedi un’altra ventina di leccate delicate, poi chiesi all’amante del momento:
“Potreste sedervi sul letto, dando le spalle al muro? Aprite le cosce, ve la lecco, e vi metto un dito nella fica e uno nel culo…credete che vi possa piacere?”
“Toraldo, mi piacete perché siete un vero porco, di razza! Aspettate un attimo…ecco!”
Si sedette sulla branda, e poggiata la schiena ai mattoni del muro, aprì le gambe per darmi fica, inguine e ano, dopo aver richiamato sopra le minne la tonaca ormai spiegazzata, che si sforzava di tener pulita, anche perché altro abito sembrava non possedesse…
“Sluuuurp, slapf…slurp!”
“Leccatela Toraldo, leccatela…ahnnnn…ohhhhh…anh…huhmmm!”
…insomma ripresi la leccata al peloso sesso della suora. All’ingresso del pertugio, le introdussi il medio e l’indice, mentre con qualche difficoltà usai l’anulare per stimolarle l’ano ad un tempo. Movevo le dita lentamente, onde farle sentir che veniva cercata dentro li due pertugi assieme, e le leccavo la carne della vulva più vicino al clitoride. Lo stimolo dei due pertugi, e della mia lingua, fece venir abbastanza rapidamente la donna, dalla cui fica uscivano bavette debolmente bianche. Mi aveva chiesto di assaggiarle e il sapore amarognolo e salaticcio non mi era dispiaciuto affatto…
“AHNNNNN…movete le dita…movetele mentre…AHN!...ahnnnn…mentreeeeeehh…OHHH!…me la leccate…”
“Sluuurp…è buono suor Persefone…direi che la fica vostra ha il sapore buono…e dite…ahnnn…ve l’ha leccata così anche mia sorella Olivina?”
“Sì, mio bel porco! Uno dei sessantanove più belli della mia vita! …sapete Toraldo, se in un comodo letto potessi avere il vostro cazzo, e la lingua della sorella vostra, allora per me sarebbe il paradiso sulla Terra…ahhhnnn…leccatemela ancora…voglio venire! ...è appena appena umidiccia…voglio bagnarvi Toraldo! AHNNNNN…con Aymone non me la sono sentita di bagnarlo…solo una manovella…ahnnn…ahnnnnn!”
Teneramente e servizievolmente leccai quel sesso di rosea carne, la cui tonalità sembrava aumentare ad ogni mia azione, di lingua o di dita; complessivamente cari moderni, una delle vulve più saporose che avessi mai leccato, ogni coglimento dei suoi strani sapori mi stimolava a cercarne altri, col mio salivoso organo di senso. La donna godeva ogni decina di colpetti della mia lingua, che sapevo fare imprevedibili, leggeri e veloci, fino a quando la vulva non le si gonfiò…allora, dato che voglia m’era venuta di penetrarla, proposi all’esaltata femmina:
“Amica mia! Questa fica adesso va penetrata…che ne dite? Lo volete il cazzo? In poche manate s’intosterà…certo debbo togliere le dita dal vostro magnifico …pertugio…allora?”
“Sì, porcone mio, menatevelo…intostatevelo, e leccatemela ancora un po’ così finisco di bagnarmi…intanto che vi diventa duro!”
Così feci fino a far aprire del tutto quella fica gonfia…leccavo e vi sovrapponevo la lingua, sentendo vari sapori a seconda se la mia lingua venisse stimolata sopra o nella punta; ci vollero due, tre minuti, e mi era tornato duro…l’amante disse:
“Oh che grosso che è Toraldo! Fatelo entrare…mi sento tutta uno sciacquo dentro! ...su entrate!”
“Sul serio lo volete?”
“Sì Toraldo lo voglioooohhhh…infilatelo Toraldo…infilatelo! Dai…UHMMM!...sì…dai…”
“Ora arriva…”
Presi il cazzo, lo poggiai all’ingresso strusciandone la cappella vicino al suo clito un paio di volte e più…finché non vidi nei suoi occhi vogliosi il desiderio d’invasione, all’improvviso, mentre moveva la lingua…
“AHNNNN!”
…glielo misi dentro tutto, dato che aveva gli occhi vogliosi…quella donna, per quel che potevo saperne secondo il mio istinto, tutto era stata fuorché una donna di carità…
“SPALSHHH !”
…la vulva fece un certo rumore non appena diedi un colpo singolo per ficcarcelo bene. Le mie palle si erano gonfiate e sbattevano contro la pelle delle sue cosce, l’inguine, e la parte delle sue natiche verso di me, dato che l’intero culo era schiacciato sul materasso. Ero in buona posizione per bagnare la cappella con i liquami delle sue intimità più interne. Li perdeva letteralmente dalla fica ad ogni mio colpo in avanti! Se al mondo fosse esistita una definizione per porca o per lussuriosa, il mio cazzo, che abile non era con le parole, l’avrebbe potuto spiegare coi soli sensi…al mio cervello arrivavano sensazioni di piacere, e voglia di averlo ancora più grosso, per penetrare ancora più a fondo…tuttavia mi accorsi, infantilmente in verità, che se tornavo indietro, poi potevo riaffondare verso avanti…che stavo aspettando? Ci diedi dentro facendo presa sulle sue anche, mentre le sue caviglie ondeggiavano fra il mio petto e collo e i miei fianchi…
“Slaaaaapp!”
“AHUHHHHNNNN…ahnnnnn!”
…le leccai anche le caviglie e un po’ i piedi, aumentando il suo piacere.
Persefone lubricamente estrasse la sua lingua e invitò me con lo sguardo ad abbassarmi quel tanto che bastava a incrociare la mia lingua con la sua già ricca di saliva…così feci, ma dovetti interrompere le movenze, ognuna delle quali faceva debordare dalla sua fica rigagnoli bianchi e trasparenze varie. La fica di quella donna era tutta un colare…un paradiso di caldi liquami che scendendo sul mio cazzo si raffreddava per manifestarsi materialmente, sottoforma di solletico e prurito sulla mia pelle sudata.
“Toraldo ! Sbattete le palle su di me!”
“…uhmmm…ancora un po’ della vostra lingua…ahnnn…date, date ! Sluuuuurp!”
Mentre slinguavamo, sciabolandoci le lingue un altro buon minuto come due farfalle che sbattessero le ali l’una contro l’altra, mi ricordai che dovevo proseguire nella penetrazione di quella fica rosea e pelosa, carnalissima. Pensai alla moglie mia Francesca…anche Francesca si bagnava sotto i colpi del mio cazzone, ma a me non bastava mai…pensai anche a Olivina, e al nostro osceno rapporto personale, pensai alla parente di Michele, colla quale feci un sessantanove durante il quale le penetravo il retto con una candela a torciglione…pensai a quando mia sorella Olivina mi consentì di leccarle l’ano, che assaporai la prima volta in vita mia, e pensai alla nostra bionda, fine e bella baronessa, che sapevo che aveva una tresca con il nipote veneto…mi andò la mente a ciò che mi era stato raccontato del piccolo Edoardo, sorpreso per caso da una delle sorelle a sodomizzare in un salotto, su di un tappeto, senza neppure chiudere l’uscio, la quarantenne donna Ester, altra donna con lo sguardo ammiccante come Persefone…volevo farmi la corsa per goderle dentro. Presi in braccio Persefone col cazzo ancora dentro di lei, e ci stendemmo entrambi in terra, dato che quel piccolo letto tutti e due non ci poteva mantenere. Deposta in terra la mia amante le andai sopra per finire di scoparla, più veloce che potevo…avevo voglia di venirle dentro…
“Ahnnn…ahnnnn….ahhhnnn…ahn!”
“AHHHNN…AHN…AHNNNNNNN…AHAN…AHN!”
“AHNNN Toraldo, leccatemi le orecchiehhhhh…annnnhhh…vi pregooooohhhhh!”
Misi la mia lingua a leccamento della pelle del viso e delle orecchie; Persefone si voltò su di un lato e potei introdurle la mia lingua dentro il padiglione…le avevo preso, su sua indicazione, una zona chiaramente erogena. La mia amante aveva la temperatura del viso incandescente, e la mia saliva, anziché raffreddarla, la riscaldava ancora di più…all’improvviso si girò sull’altro lato e ripetei il trattamento all’altro orecchio. La donna urlò mentre le movevo il cazzo…
“OHHHHHHHHHH! Sìiiiiii !...AHHHNNNNNN!”
L’urlo di spasmodico piacere della mia amante fece in modo che un’ondata di piacere intenso partì dalle mie palle che mi facevano male fino alla punta del glande, immerso in un caldo inferno di fiamme bagnate…la donna esclamò un gigantesco sì quando il primo sparo raggiunse le pareti della sua vagina…
“Sìiiiiiiiiii ! AHNNN…ancora…ancoraaaahhhh…ahnnnn…ahnnnnn…ahnnnn!”
“ECCOVELA ! Vi sta sbrodolando tutta ! Puttana siete! Puttanaahhhhhh! …ahnn…ahnnn…ahnnnn!”
Cercai di riempirle tutta la fica…ma di orgasmi ne avevo già avuti due, e così denso il mio sperma non era. Mi bruciava anche il cazzo, oltre che le palle che mi facevano abbastanza male. In realtà io per quel giorno avevo già dato…abbracciai Persefone dopo l’ultimo sparetto, e stremato persi i sensi su di lei, fino al mattino successivo, quando venni svegliato da uno dei servi esterni. Ero più o meno nudo e avevo dormito tutta la notte; solo che Persefone non c’era e sul letto dell’impanatrice c’ero io. Evidentemente Persefone mi ci doveva aver spostato nel sonno. Ma non vedevo bene.
Sentivo che qualcuno mi chiamava…
“Ehi, messere…svegliatevi…messer Toraldo, svegliatevi!”
“AHUNNGHHHHH…huammmhhh…chi siete? Che ore sono?”
“Sono Giovanni, uno dei servi della cantina, signore…e secondo la meridiana sono le undici!”
Mi prese un colpo! Le undici ?! Ora mi stavo realmente svegliando…e dov’era Persefone che dovevo sorvegliare, dato che secondo messer Vezio, le era parsa più una furba, che una suora…
“Suor Persefone ! Dov’è…? Ha fatto colazione dabbasso con la servitù ?”
“Sì, signore…due ore fa. Disse che stava andando via, e che aveva preferito lasciarvi dormire…”
Mi guardai intorno, e trovai un pezzo di pergamena familiare; era quello che avevo nascosto nei vestiti, che stavo recuperando per rivestirmi…però il messaggio era rimasto in vista, anche a Giovanni… Persefone mi aveva vergato un messaggio sul retro di quello intimo di Olivina; pensai subito d’indagare…
“…Giovanni, sapete leggere?”
“No, Toraldo…sono analfabeta, e leggo solo i numeri…perché me lo chiedete?”
“Non avete letto questa piccola pergamena?”
“No, signore, le ripeto che non so leggere…”
Finii di vestirmi, e intanto solo ora volevo sapere perché ero stato svegliato…e dove fosse la donna che aveva trascorso con me la notte appena trascorsa.
“Va bene, ma dov’è adesso?”
“In...in…ecco io non so se…”
“Vado al bagno per fare pipì…al mio ritorno me lo direte, spero!”
Andai ai bagni collettivi della servitù per vuotare la vescica, poi tornai da quel Giovanni che aveva l’aria di chi sapeva qualcosa ma non voleva dirla…
“Allora Giovanni…?”
“Meglio che vi recate dabbasso…dovrete dar la vostra deposizione al capitano di giustizia…”
“…capitano di giustizia?!...che è successo, insomma…”
“Andate, vi stanno aspettando…”
Appena mi recai all’ingresso del castello, vidi uno degli ufficiali di comando alle ronde che mi stava aspettando…intanto avendo gli occhi riposati lessi il messaggio di Persefone intanto che mi davo un po’ d’importanza prima del colloquio con il militare di polizia…era scritto piccolissimo, ma riuscii a leggerlo…
“Caro Toraldo, stanotte vi siete addormentato, e non vi siete svegliato neppure quando vi ho pulito il membro con la mia bocca, come avrebbe fatto qualunque donna innamorata. Ormai è l’ora nona e più, e mi apprestavo ad andare via ancora una volta. Perdonatemi, dormite così bene, vedo, che non ho voglia di svegliarvi. Fuori mi aspettano i miei veri nemici, due persone inviate da Firenze per arrestarmi, e condurmi lì da loro, dove m’aspetta il patibolo. Dentro il castello non son entrati, mi aspettano presidiando l’ingresso oltre ponte…e io non mi resta che un’alternativa per scappare, definitivamente stavolta. Non mi chiamo Persefone…vi diranno i miei cacciatori chi sono stata realmente. Vi amo Toraldo! Ora mi reco là di sopra e …addio!”
Riposi il biglietto dentro la mia tasca, e raggiunsi il milite che mi apostrofò:
“Siete voi mastro Toraldo, il contabile?”
“In persona! E voi ?”
“Sono l’alfiere Elio Ingrosso, debbo farvi qualche domanda…anzi, venite che vi mostro una cosa…”
Mi accompagnò verso la murata di sinistra che delimitava il fossato del castello, e m’invitò a guardare in basso…venni sorpreso da ciò che vidi: il corpo senza vita di suor Persefone disteso su erba e pietra, e un lago di sangue sotto la testa, e Persefone con lo guardo vitreo…uno sconosciuto in ginocchio accanto a lei, più o meno con la mia anzianità, provvide a chiudere gli occhi sbarrati per il trauma, a quella povera donna, la cui anima era ormai dell’altro mondo…un altro uomo, più giovane stava prendendo appunti con un lapis su un paio di pergamene, che una volta riempite vennero riposte in una borsa di pelle a tracolla…
“Sono due agenti, della Signoria di Firenze, autorizzati a far ricerca de’ criminali, e a riportarli a casa loro per giustiziarli nella pubblica piazza…”
“E io cosa c’entro?”
“Stavano seguendo la donna da quando lasciò Martano, dato che ivi non riuscirono a chiederne l’arresto…stamani la donna è stata vista andare via dall’ingresso principale del castello, e subito è tornata indietro di corsa, vedendo che la stavano aspettando poco oltre il ponte del portone d’ingresso…ha raggiunto di corsa i piani più alti, e s’è buttata nel vuoto…era circa l’ora nona, o poco più. Oh sta arrivando il suo cacciatore; spero sarete così cortese da rispondere alle sue domande…comunque non temete: non ce l’hanno con voi! E nemmeno noi.”
L’uomo, dall’aspetto modesto, vestito come un viandante con porta pane e bisaccia, si parò davanti a me cordialmente, stringendomi la mano rimanendo ritto sulla schiena:
“Salve, sono Pier de’ Sanguinacci, e sono un agente di polizia della repubblica di Firenze, potreste dirmi chi siete voi? Mi dicono che siete stato tra gli ultimi a parlare con la donna che noi, sappiatelo caro voi, ricercavamo da tre anni e più circa, quando riuscì a scappare da Firenze poco pria che venisse catturata…”
“Sono mastro Toraldo, il contabile del mio illustre barone, che però è fuori sede al momento. Ma perché la cercavate, se posso? ...”
“Oh…potete: la donna, nostro malgrado morta, si chiamava Paoletta Vanni di anni trentotto; a Firenze, cinque anni addietro, si era resa colpevole di ruberie varie, ad anziani soli che circuiva, e derubava, e infine parricidio. Uccise il povero padre suo Germano Vanni perché s’era accorto delle ruberie della figlia, e non volea esser coinvolto, né nascondere li complici suoi e la refurtiva nelle sue terre; per timore che la volesse denunziare, lo uccise pugnalandolo durante una lite, quindi si diede alla macchia utilizzando, abbiam poi visto, travestimenti vari; comunque li complici suoi son già stati tutti presi; due di loro già impiccati nella pubblica piazza un anno addietro! Dovete sapere che il magistrato di giustizia inviò me e il mio collega Mariotto Perre, a catturare donna Paoletta ovunque fosse, onde farle subire il giusto supplizio, previsto per il parricidio efferato…”
“…e…sarebbe? ...supplizio dite? …”
“Morte per squartamento! Una pietosa supplica, inoltrata alle autorità dallo zio, fratello del povero padre suo ucciso, acciocché venisse impiccata sulla forca, come si addice alli infami, non venne accolta. E il magistrato de’ pene e supplizi confermò lo squartamento. Noi dovevamo solo riportarla a casa sua, per farle subire quanto previsto…ma di gambe, o di occhi, è stata più rapida. Purtroppo ci è stato detto che in quanto agenti di polizia di un altro stato, non eravamo autorizzati ad entrare nel castello senza il permesso del barone, che ora pare non esserci, e ci siam limitati ad attenderla uscire, dato che in eterno non potea certo rimanere. Quando deve aver visto che non aveva scampo alcuno, ha preso la decisione di buttarsi dal punto più alto…guardate messer Toraldo…avea con sé un affilatissimo bisturi da chirurgo, questo!”
L’agente fiorentino mi mostrò un bisturi da taglio avvolto in una stoffa dello stesso colore della tonaca. Il pensiero che quella donna avrebbe potuto tagliarmi la gola nel sonno mi stava facendo tremare le gambe, nonostante fossi certo che le tenevo ferme. Però provavo dei brividi intimi: all’inguine e alle cosce…e se mi fossi pisciato i pantaloni non me ne sarei accorto! ...pensai rapido: e se avesse già tagliato la gola ad Olivina e l’avesse già derubata? No. Aymone le aveva viste salutarsi…e se Aymone avesse cercato di violentarla e lei gli avrebbe potuto…no! Da mio nipote le molestie le aveva sopportate! Quell’agente ignorando il linguaggio del mio corpo mi mostrò anche un sacchetto:
“Avea con sé, poco meno di quattordici ducati…è moneta dei vostri luoghi, vidi. Dite, Toraldo, per caso li denari sono vostri?”
Risposi fermo e sicuro:
“No. Erano suoi. Io…i…impietosito dal fatto che, benché suora, presso la chiesa matrice non aveva ottenuto alloggio, la portai al castello, e perorai col capo sorvegliante la sua necessità. Decisa a risparmiare li denari, che ci volean per …insomma…per una pensione fino a domattina…cioè stamattina, gli offrimmo di dormire qui al castello. Io oggi dovevo assicurarmi che per l’ora nona liberasse la stanza che le era stata favorita da un’impanatrice del forno, che aveva da stare sveglia la notte…e questo è tutto.”
“Guardate, messer Toraldo!”
“Sì.”
“Poco fa stavate sudando freddo, Toraldo! E ne avevate ben donde! Avete rischiato grosso: trattasi di donna abile nei travestimenti, e di più, abilissima affabulatrice; mi dicevano che voi al castello ci lavorate soltanto…ha mangiato assieme a voi alla mensa della servitù, vero?”
“Sì, gli avevo fatto fare il giro del castello per farle passare il tempo…poi l’avevo accompagnata alla cena collettiva, onde non venisse troppo molestata dalla servitute…”
“Dicono che nella stanza che avevano assegnato alla suora hanno sentito rumori di copula appassionata questa notte! Avete per caso voi giaciuto con lei?”
“…sì e le ho pagato quei tredici ducati e spicci, che le avete trovato, per farci sesso! …adesso lo sapete! Vi pregherei di essere discreto. La moglie mia al castello non vien mai; ma la servitute femmina, e qualche maschio, sanno che marito fedele non son mai stato…”
“Non mi riguarda! Comunque non vivete al castello con la moglie vostra…?”
“Sì, abito poco lontano da qui, con mia moglie Francesca…”
“Se ve la foste entrata in casa, vi avrebbe ripulito di ogni vostro avere…e forse anche ucciso voi o vostra moglie. Gradite riavere i soldi?!”
“No, sarebbe poco onesto; fece sesso mercenario con me, guadagnandoseli!”
Poi si rivolse all’Alfiere Ingrosso…
“Dato che trattasi sempre di una cittadina della repubblica di Firenze, reclamiamo ufficialmente il corpo. Lo riporteremo a Firenze, e lì si deciderà se farle lo squarto da morta, o seppellirla e basta…”
“…non so messer De’ Sanguinacci…dobbiamo parlarne col magistrato di qui, prima. Adesso raccoglieremo la deposizione di chi la vide buttarsi…son sufficienti due, poi fatto rapporto deciderà il magistrato de’ delitti. Li denari restano sequestrati, fino a definizione della cosa…Toraldo! Dite, voi e vostra moglie dove abitate?”
“In Corte de’ Ferratori, la porta senza anelli di bussata…”
“Potete andare, ma tenetevi a disposizione!”
“Alfiere! M’appello a voi! Se lo gradiste farlo, tenetevi li denari, ma non dite alla moglie mia del sesso di stanotte, ve ne prego!”
“…andate…andate…non avete commesso alcunché. Nulla avete a temere! Andate vi dico…”
L’alfiere volea che me ne andassi, ma alcun impegno prese con me circa l’informazione alla moglie mia! Mi fece cenno che potevo andare via…ed io precisai:
“Debbo restar al maniero! Mi trovate nel mio ufficio, al primo piano, ala ovest. Debbo andare a preparare le carte, e li inchiostri per li timbri. Aspetto due fratelli commercianti per la firma di alcuni contratti…alfiere Ingrosso…con permesso…”
“Andate pure…”
Me ne tornai nel mio ufficio, con una sensazione di vuoto dentro, ignorando se l’avevo scampata o meno, e le gambe che mi tremavano, dove bruciai al candeliere sia la lettera intima di Olivina per me, col messaggio di Persefone Paoletta, sia quella più lunga…dunque quella suora non si chiamava Persefone, era una ladra, e una parricida. Mi vennero i brividi alla sola idea che avea trascorso del tempo colla sorella mia, e da sola con Aymone, che per fortuna era al sicuro con la moglie mia Francesca. In quelli stessi momenti nelli quali io mi facevo bello con suor Persefone…

- continua -

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