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Prime Esperienze

Salve Terra, qui Koona 1a p.


di sexitraumer
18.01.2011    |    15.310    |    0 6.9
"Tuttavia c’era qualcosa che alterava il mio umore, e non sapevo cosa..."

Affido queste mie note allo spazio profondo certa che prima o poi verranno ricevute anche sul pianeta Terra, magnifico pianeta del quale ho solo sentito parlare sia dal computer di stazione, che dai miei familiari qui su questo satellite di un pianeta esterno che mi hanno detto alla nascita chiamarsi Saturno. Tutto iniziò sei anni fa quando mi svegliai con l’idea di provocare una macchina, il computer centrale per la precisione. Il verbo provocare non me lo spiegavo. Mi ero svegliata con quell’idea, una strana idea. Dapprima andai nella stanza del lavaggio a farmi la doccia, poi dopo aver preso la biancheria assegnatami per le quarantotto ore successive mi vestii ed andai in soggiorno.

“Computer!”
“Sono pronto come sempre signorina Karydu! Attendo le tue istruzioni.”
“Computer! Dimmi, ma tu anche se sei una macchina, sei maschio o femmina?”
“Non capisco la domanda signorina Karydu!”
“Mi chiamo Koona.”
“Mi è noto signorina Karydu.”
“Voglio essere chiamata Koona computer e ti avevo domandato, tu sei maschio o femmina?”
“Mi è stata impressa, o per meglio dire caricata, una voce maschile. Deduco di essere maschio.”
“Computer! Voglio sapere tutto sul sesso. Vero che gli esseri umani lo fanno, o lo usano per riprodursi? Mandami un ologramma muvj con due adulti che fanno sesso! Attendo.”
“Koona, la tua età non ti autorizza a porre questa richiesta. Non sei autorizzata a guardare il sesso in olomuvj. Mi dispiace.”
“Computer! Guarda qui! E guarda bene!”

Mi calai la tutina di soggiorno e stazionamento davanti al suo occhio artificiale. Potevo essere ad un buon metro da quel sensore ottico. Parlavo col Sorvegliante tramite delle luci e degli altoparlanti nella parte alta delle pareti. Egli era come una presenza continua senza avere un aspetto né definito, né umanoide. Mostrai il mio sesso al Sorvegliante di Stazione; per voi terricoli - oh scusate terrestri - da qualche giorno mi ero accorta che avevo dei piccoli peli castani proprio lì su quel mio tenero organo che uso per espellere urina dal mio corpo. Quel potentissimo elaboratore poteva, a quanto ne sapevo, vedere la mia figura intera; ero alta un metro e sessantasei; sulla Terra per la mia età sarei una stangona - è così che la chiamate una donnina alta, vero?! - Qui sono nella media, anche perché mi fu spiegato che con una gravità decisamente minore sarei cresciuta molto, comunque più di una donna terrestre. Ero una donna formalmente bianca, ma avevo ereditato da mia madre un colorito nocciola, un vero e proprio pigmento, perché lei era di una porzione di continente terrestre diversa da quello di mio padre. I miei capelli che portavo lunghi fin oltre le scapole erano castani e questo mi consente di spiegarvi che erano dello stesso colore della mia pelle che era chiara; viceversa i miei capelli erano scuri. I miei occhi erano verdi. Nel mio petto il seno non era ancora del tutto sviluppato. Mi aspettavo che crescesse ancora ed ero abituata a non portarlo scoperto. In quel momento indossavo una tuta aderente di cellulosa naturale coltivata qui alla base: mi dicono si chiami cotone. Il mio colore è il grigio e rosso. Ogni risvolto o manica è infatti colorato di rosso sul fondo grigio. La indossavo in due pezzi sopra la biancheria più intima che era a protezione del mio sesso. Tenendo abbassati i pantaloni mi abbassai le mutande e mostrai tutto il mio sesso al Sorvegliante; lo avevo fatto molte volte, soprattutto durante le visite mediche cui mi sottoponevo periodicamente. L’infermeria del tutto automatizzata era gestita anch’essa dal computer centrale e i droidi, macchine acefale del tutto mobili con quattro arti estensibili, erano autorizzati, previa la loro sterilizzazione, a fare gli ausiliari. In infermeria si materializzava talvolta l’ologramma di un dottore che se ne stava chissà dove a gestire la sua trasmissione. Per parte mia avevo l’idea fissa che il dottor Waeldyma, un uomo anziano e calvo non tanto alto era sempre il Sorvegliante in funzione di medico. La mia nudità non mi dava alcun problema e lo stesso computer gestendo l’infermeria si limitava a farmi una scansione del mio corpo senza alcuna invasione; poi la “trasmetteva” al dottor Waeldyma perché si pronunciasse. Una volta però dovendo valutare se per caso avevo dei vermi nell’intestino il Sorvegliante mi chiese di andare in infermeria dove mi aspettava già in piedi il dottor Waeldyma con le mani in tasca nel camice bianco calmo e compassato. Era “lì” perché facessi quello che lui chiedeva. Lui essendo solo un ologramma 3D non avrebbe mai potuto toccarmi nel senso materiale del termine. Io dopo aver scoperto il mio posteriore abbassando i pantaloni alle caviglie salii sulla lettiga ed il dottore senza mai cambiare posizione mi disse di distendermi di fianco da qualunque parte volessi, e di rimanere ferma:

“Signorina Karydu, adesso il droide alla sua destra le passerà una pomata. É giusto che debba essere lei a collaborare, mi scusi! Volevo dire a partecipare: prenda lei stessa quella pomatina dal piattino che le sta dando il droide ed usando il proprio dito indice o medio secondo la sua preferenza passi tutta la pomatina sul buco da cui va di corpo. Le possono bastare cinque minuti? ”

Feci al droide spavalda per mascherare il mio imbarazzo:
“Dà qua! Ne basteranno due.”

Il droide allungò lentamente il suo braccio meccanico per porgermi il piattino con la sostanza lubrificante. Me la spalmai sul mio ano muovendo il polpastrello circolarmente, per istinto, e passati i due minuti di frizione sul cronometro dell’infermeria, tolsi il dito e portai la mano sotto la guancia per prepararmi all’eventuale dolore. Il Sorvegliante mi vedeva grazie alle camere video dell’infermeria, mentre il “presente” dottor Waeldyma rimaneva indifferente in piedi un metro davanti alla mia testa. Era come se non ci tenesse a vedere il mio culo nei particolari. Pensai: - Chissà quanti ne vede tutti i giorni lui che può stare con gli umani! - Annuii con la testa guardando verso il droide alla mia sinistra. Questo si mosse, e passò dal lato opposto attraversando la figura olografica del dottor Waeldyma che non se ne accorse. Ora il droide con funzioni di infermiere era passato alla mia destra ed era alle mie spalle. Il mio era stato interpretato come il segnale di via libera. Il droide che teneva pronto una sorta di bastoncino piuttosto sottile di un cm di diametro, sterilizzato, con un film di protezione che lo avvolgeva, avvicinò il suo braccio meccanico al mio culetto offerto dalla mia postura su un fianco. I pantaloni della mia tuta erano calati alle caviglie. Una camicia aderente restava a nascondere le forme del mio piccolo seno e parte della mia schiena. Le istruzioni dicevano che così l’eventuale dolore si sopportava meglio. L’estremità del bastoncino era bombata a forma di quella cosa che da bambini s’imparava a conoscere come supposta: con la punta arrotondata per facilitare la penetrazione. Il droide esitò dei secondi il che mi fece anche ridere; poi dopo che la voce del dottor Waeldyma mi disse di respirare e trattenere il respiro, il droide avvicinò il bastoncino al mio ano, e fece piccolissime pressioni per una decina di secondi; ero un tantino tesa, poi finalmente spinse dentro la punta, e me lo introdusse nel retto con la massima gentilezza che poteva esercitare un droide dall’aspetto non umanoide. L’invasione, per quanto dolce, l’avevo sentita. Io capii che potevo buttare fuori l’aria dai miei polmoni in imbarazzo (i polmoni ! Non io che avevo superato il momento più angoscioso) e collaborai senza esprimere alcun fastidio. Una volta che il bastoncino fu dentro si espanse almeno del doppio un attimo perché la testina aderisse alle pareti del mio retto, quindi venne tolto e mandato dal droide con il suo braccio estensibile ad un cassetto estratto che richiudendosi lo portò all’analisi del tutto automatizzata. Il momento in cui uscì provai del piacere. Era la prima volta nella mia vita. Il dottor Waeldyma mi disse che gli dispiaceva per l’invasione intima; tuttavia di fagioli elettronici trasmittenti con microdroidi d’intervento a livello cellulare ce n’erano pochissimi qui alla base, e bisognava tenerli nel caso insorgessero patologie di altro tipo come i tumori nei quali i microdroidi sapevano quali cellule colpire, e quali no. Altrimenti bastava ingoiare il fagiolo, e restare fermi e stesi finché durava la trasmissione … io invece dentro me stessa provai del piacere a sentirmi violata con gentilezza e stimolata nel retto con quella breve espansione dentro di me che ero riuscita a percepire nel breve tempo in cui il mio colon riprese le dimensioni sue abituali. Quando chiesi chiarimenti al dottor Waeldyma sul mio piacere momentaneo mi rispose brevemente che era una reazione fisiologica superficiale di nessun interesse medico. Mi suggeriva d’ignorarla, e di informarlo ad esempio se notavo sangue nelle feci. Al che io gli chiesi:

“Dottor Waeldyma! Cosa sono queste feci?”
“Signorina Karydu, le feci sono i suoi escrementi, o le sue deiezioni.”
“Intende dire la mia cacca dottore?”
“Sì!”
“Non si chiama anche merda?”
“Signorina Karydu le ricordo che una ragazza della sua età non deve dire parole volgari! Non sta bene! Comunque sì. Si chiama anche così; ma solo tra persone sporche e violente.”
“Come mai non mi ha fatto male?”
“Da medico posso dirle perché era un esame brevissimo. Se invece dovesse insorgere una malattia intestinale quest’esame si farebbe con una sonda con videocamera e sarebbe un tantino doloroso e certo non durerebbe poco. Oltretutto devo avvertirla signorina Karydu che una rettoscopia richiede il pompaggio di un pochino di aria per superare la resistenza delle pareti dell‘intestino. E dovendo andare in profondità questo le causerebbe dolore, e non piacere.”
“E quando questo?”
“Non c’è un quando; ma dopo i quaranta anni, certo non domani, signorina Karydu dovrà fare quest’esame almeno ogni due anni. Per quell’epoca però sarà una donna adulta e non le serviranno le mie spiegazioni. Attenda un attimo signorina Karydu!”
“Che c’è?”
“I droidi mi hanno inviato le scansioni del bastoncino! Lei non ha i vermi. Felicitazioni!”
“Bene, grazie, posso rivestirmi?”
“Sì, e la prego di farmi sapere i suoi progressi a scuola. Per me sono importanti anche quelli.”
“Va bene, ma …”

Tutto il nostro dialogo si svolse più o meno così anche se le mie domande e le sue risposte erano inframmezzate da una pausa di quarantasette secondi per via della distanza. La sua immagine olografica 3D scomparve e l’infermeria tornò vuota. Avevo meno di dodici anni e di più non ritenne di dovermi dire. A lezione non mi confidai neppure con la “mia insegnante”. Il computer non so chi mai l’abbia programmato, tuttavia fece di tutto per non farmi sentire mai sola dopo la morte di mia madre che mi avrebbe senz’altro assistito in un esame come quello. Il Sorvegliante curava anche la mia istruzione. Ogni ventiquattro ore una lezione di tre ore. Poi dovevo studiare io per altre quattro, quindi dedicarmi al lavoro. Alle ventesima ora, dopo cena, dovevo andare a dormire fino alla settima ora del giorno successivo. Avevo una mezza idea di chi ero, e di quale disgrazia mi era toccata. Voi che abitate sulla Terra fate un po’ quello che volete. Io qui invece sono una sorta di prigioniera coccolata dalle macchine di silicio e metalli vari. Sono la figlia di due terrestri di tendenza eterosessuale. Mio padre mi spiegarono sia la mamma che il Sorvegliante era un cosmonauta come lei. Il suo nome era Danny Karydu, terrestre, caucasico nato a Minsk, regione Eurasia il 29 maggio dell’anno terrestre 2436; mia mamma si chiamava IgaManero del continente americano-australe invece, ma in realtà nacque sulla Stazione Orbitante Circumlunare l’11 ottobre 2441 sempre anno terrestre; lo stesso che usiamo qui tanto perché lo sappiate. Entrambi contrassero più o meno nel 2483 un Unione Temporanea di Reciproca Assistenza che sulla Terra sembrano chiamare matrimonio a termine. In breve con questa unione sono stata concepita con un loro incontro fisico, e sono venuta al mondo il 2 agosto 2486; mamma mi confidò di essersi accorta di aspettarmi tre giorni dopo l’arrivo qui nella stazione prefabbricata Titano Uno. Ai miei genitori durante la spedizione coloniaria su questo deprimente satellite vennero assegnati due robot tuttofare alimentati ad energia nucleare; mi spiegarono essere delle macchine di Von Neumann, e mi dissero che erano capaci di replicare sé stesse a patto di avere le necessarie risorse. Comunque mio padre, l’ingegnere Karydu insieme a queste macchine, ed alle loro copie, costruì i bracci due e tre di questa stazione satellitare la cui forma generale è una stella a tre punte di cui solo due raggi sono simmetrici. Al braccio tre fino al compimento dei sedici anni tempo terrestre il Sorvegliante mi impedirà di accedere. So che invece poteva accedere lì mia madre. Non ho le idee chiare e questa amici terrestri che leggete è solo colpa vostra! Ci avete abbandonati. Continuiamo a ricevere le capsule robotiche di sostegno. Tre ogni cento giorni. Un paio sono andate perse durante il contatto e l’ingresso nell’atmosfera di Titano, ma non è stata una tragedia. La base ha anche razioni di emergenza. Il tutto generalmente è gestito da altri tre robot. Sembra che da qualche tempo stiano organizzando una spedizione per portarmi sul vostro pianeta che io da qui posso solo sognare o vedere in un ologramma muvj 3D predisposto e censurato dal Sorvegliante. Il mio compagno di conversazione con voce maschile eccettuato il dottor Waeldyma. Sessualmente più inerte di un sasso. Un mega calcolatore quantistico di silicio da 500 Petabyte ossia 500 volte 1 miliardo di Terabyte. So cos’è una password e so che serve a tutelare una cosa chiamata privacy, qualcosa di intimo, di cui chiunque ha il diritto di essere geloso, e di non condividerlo con altri. Il computer però è quantistico e ragionevolmente potente. Quindi qualunque password io mi inventi il Sorvegliante la indovina e legge comunque i miei sfoghi sia digitati sia in ologramma muvj. Mi viene detto che è grande più o meno quanto un armadio. Resta solo un problema: cos’è un armadio? Un oggetto che usate sulla Terra? I miei pensieri erano scorsi velocemente in attesa che il Sorvegliante si pronunciasse sul cambiamento che avevo notato nel mio sesso. Ora non mi trovavo in infermeria dove il Sorvegliante avrebbe predisposto un esame completo. Non mi aspettavo però che la peluria cresciuta sopra la mia vulva fosse già così folta. Il suo oculare alla parete dietro mia indicazione provvide a fare un primo piano alla mia vulva. A lui doveva apparire scura sia nel pelo, sia nella pelle. La mia era un vulva vergine. Il mio pelo copriva un lembo a cappuccio della vulva che a sfiorarlo provavo momentaneo benessere. Da quello che avevo capito di mio, e che sia il computer sia la mia insegnante insistevano a non dirmi, era che se i maschi avevano un pene e la vagina delle donne aveva una cavità le due cose non potevano non essere in relazione …

“Vedo il tuo sesso Koona ! Però non comprendo il tuo gesto.”
“Volevo mostrartelo. Tutto qui. Non siamo amici forse?”

Pensai maliziosa: - per forza non lo comprendi! Sei una macchina! Ma ti voglio bene lo stesso. - Questo però non glielo avrei mai detto. La macchina naturalmente era programmata per darmi la risposta più ovvia e ragionevole:

“Non è meglio che ne parli al dottor Waeldyma? Noi dovremmo mantenere le giuste distanze Koona.”
“Ne volevo parlare con te. Tu sei qui. Il dottor Waeldyma è lontano. Non trasmette forse da un‘astronave mercantile entro un minuto-luce da noi?!”
“No, Koona! Trasmette da un astrocargo militare. Nella mia memoria ho diversi episodi raccolti sulla rete Cosmoz che sconsigliano di mettere in relazione una bambina da sola con un’astronave privata o mercantile. Mi hanno programmato per intrattenere rapporti con chi ha ricevuto un’educazione ed una disciplina da seguire, o con chi ha un‘autorità superiore cui rendere conto.”
“Insomma è un medico di bordo militare.”
“Sì, e dovendo curare il suo equipaggio, è una persona gentile a dedicarti parte del suo tempo.”
“Beh, c’è anche il mio di tempo! Dato che per la risposta bisogna sempre aspettare almeno 40 secondi; da dedicare ad un fantasma!”
“Non ho saputo trovare di meglio. Mi dispiace Koona. Io sono una macchina, e per diagnosticare qualunque malattia di voi umani ci vuole comunque un essere umano. Il dottor Waeldyma sa quello che deve chiederti. Io non sempre.”
“Tu non sai forse tante cose?”

Mi portai le dita verso il basso, e gli indicai apposta la peluria che mi era spuntata su quasi tutto il mio sesso:

“Cosa sono queste cose marroni che mi sono spuntati numerosi computer? Li ho proprio sul sesso ed un po‘ più in alto, da diversi giorni. Sono come i capelli e le sopracciglia e li aveva pure la mamma …”
“Peluria pubica Koona. Tutto normale. Ora però devi coprirti.”
“Si guarisce dalla peluria pubica Sorvegliante?”
“Non è una malattia Koona. Fanno parte della tua crescita. Necessariamente. Quando cominci a sudare per un qualunque motivo quei peli assorbono l’eccedenza ed avvertono il tuo olfatto che non emani un buon odore; quindi sai che devi lavarti prima di renderti indesiderabile.”
“Addirittura indesiderabile! E per chi?”
“Per i tuoi simili! Che ti ricordo incontrerai entro due anni materialmente, e non in ologramma.”
“Ma non ci sono anche donne che si depilano lì? Qualcosa è sfuggita anche qui da rete Cosmoz.”
“Sì, facendo una verifica in background ho individuato quello che hai scaricato ed ho provveduto a bloccarti l’accesso. L’ho fatto per il tuo bene Koona. Purtroppo non hai qui tua madre a consigliarti. Se ci fosse sarebbe lei a gestire l‘accesso e a vietartelo. Nel dubbio che tu minorenne venga fuorviata ho interrotto io l‘accesso; è per questo che non ti connetti più da venti giorni.”
“Volevo sapere solo qualcosa sulla bellezza della propria intimità. Insomma ci sono donne col sesso depilato?! Confermi?”
“Si tratta di gusti singoli e di casi singoli. Come macchina non mi posso pronunciare. Ora ti devo chiedere di vestirti, o dovrò assegnarti una corvée Koona prima di pranzo.”
“Al tempo ! Ho un’altra domanda Sorvegliante!”

Mi avvicinai fino ad una ventina di cm per meglio mostrare il mio sesso all’oculare del Sorvegliante che indifferente al cambio di campo del mio sesso disse paternamente:

“Sentiamo.”
“Ho voglia di toccarmi, se mi sfrego qui mi piace, e voglio farlo di nuovo. É normale questo?”

Con i polpastrelli descrissi dei cerchietti sulle labbra esterne smovendone un po’ i lembi. A mano a mano che lo facevo la mia vulva si inumidiva e si apriva. Lo feci esibizionisticamente molte volte, poi portai i polpastrelli a carezzarmi per sfioramenti quel lembo a cappuccio più in alto nascosto dal pelo che abilmente scostavo per raffinare la carezza. Continuai con la mia provocazione domandando al Sorvegliante:

“Come si chiama questo cappuccetto qui sopra? Se si scopre divento sensibile. A me piace sfiorarmelo, ma non riesco a toccarlo. A farlo il mio piacere cresce.”
“Si chiama clitoride Koona. É un piccolo organo che devi proteggere. Ti consiglio di non stimolarlo troppo. Così, ti faccio notare, lo stai stimolando. Ti confermo che si tratta di un organo sensibilissimo una volta stimolato con gli sfioramenti che ho visto. Tu sei un‘esibizionista Koona. Apprendo solo ora questo lato del tuo carattere.”
“Sì?!…ahnnn! Sì! …Uhm! Uhm! Ahnnn!”
“Koona! Mi accorgo adesso che stai provando del piacere. Devi contenerti Koona, ed astenerti in futuro dall’esibire queste cose. Secondo la morale umana generale sulla Terra, e nello Spazio cosmico, salvo disposti sociali o religiosi, simili gesti sono ammissibili in bagno, o nel proprio letto sotto le lenzuola; comunque sempre al chiuso ed al riparo da sguardi altrui.”
“Ma che c’era di male?! Erano solo le mie emozioni. Le mie nuove emozioni!”
“Talune volte, secondo la mia programmazione, è conveniente non mostrarle troppo certe emozioni: ti rammento che se nell’astronave che un giorno ti porterà sulla Terra dovessi compiere questi atti di esibizione potresti causare dei disordini interni all’equipaggio di sostegno dovuti alla gelosia ed all’ovvia attrazione che il sesso esercita verso l’altro sesso. L’equipaggio umano potrebbe contendersi i tuoi favori anche con azioni sconvenienti o violente; anche nel caso tu non volessi concederti. Diventeresti un problema quasi da subito. Esibire il sesso, ricordalo, è sempre pericoloso. Anzi pericolosissimo alla tua età, poiché potresti risvegliare istinti o passioni sbagliate anche negli adulti.”

Al terminale didattico mi arrivò il giorno dopo, tra le parole nuove la parola “pedofilia”, con le spiegazioni per la sottoscritta. Ovviamente il computer aveva istruito la mia insegnante.

“Per un’astronave manca ancora molto tempo, per cui dimmi computer, quante volte potrei aver bisogno di toccarmi in un giorno, d’ora in poi?”
“Dipende dal tuo stato umorale Koona. L’umore è un privilegio di voi umani. Rivestiti, ultima richiesta, poi dovrò assegnarti una corvée.”
“Uffa!”

Mi feci un’altra carezza, poi mi alzai i pantaloncini. Il Sorvegliante mi disse:

“La colazione è pronta Koona, da venti minuti .”
“Una tazza di lipidi in soluzione acquosa calda ?”
“Sì Koona, il tuo programma crescita li richiede, posso dirti che da tre settimane ho aggiunto dosi crescenti di una macromolecola chiamata caffeina, tuttavia per la tua salute non te la somministrerò mai a parte. La prenderai sempre con il latte. Sulla Terra lo chiamano cappuccino.”
“Perché cappuccino?”

Il Sorvegliante era un potentissimo elaboratore, e bastò un istante perché mi desse la risposta:

“Fu inventato poco meno di duemila anni fa da uomini terrestri religiosi dediti alla preghiera del loro dio presso un luogo di dimora, raccoglimento, preghiera, e lavoro detto monastero, dove oltre a pregare compivano lavori utili per la popolazione; lo inventarono per avviare la giornata fin dalla prima mattina; si facevano chiamare, per lo meno alcuni di loro, frati cappuccini; da cui il nome della bevanda.”
“Falla breve di che si tratta?”
“Latte e caffè Koona.”
“Lo hanno mandato dalla Terra?”
“No, Koona. L’ultimo carico proveniva dalla stazione orbitante Marte 3. La colazione la fai nella stanza diurna. Sono le otto e trenta del mattino tempo terrestre. Gradisci della musica?”
“No, ma dimmi, che ora è su Saturno?”
“Le cinque e trenta. Per tempo terrestre intendevo che ogni ora ha sessanta minuti ed ogni minuto sessanta secondi. Un giorno ha 24 ore mentre e qui su Titano un giorno dura 15 ore circa. Ma ore e minuti hanno la stessa durata.”
“Che ore sono tempo Saturno?”
“Ripeto le cinque e trenta del mattino di Titano. La mezza di questo Satellite dove ci troviamo è fra due ore; la rotazione del nostro satellite termina e ricomincia tra nove ore e mezza. Però consiglio di usare il tempo terrestre per facilitare le comunicazioni con la Terra.”
“Noi siamo di Titano. Usiamo il tempo di Titano-Saturno no?!”
“Perché vuoi passare al tempo saturniano?”
“Mi sembrava più giusto.”
“I tuoi ritmi circadiani Koona sono regolati su ventiquattro ore, tempo medio di rotazione della Terra e di Marte…”
“La Terra di noi se ne frega di fottimento d’un cazzo!”

Il Sorvegliante ebbe un attimo di silenzio poi sentenziò:

“Hai una corvée da compiere per avere diritto al pranzo Koona! Passerai l’aspirapolvere manualmente su tutta la sala del refettorio. I piccoli robot aspirapolvere li ho appena disattivati. Dopo di che passerai lo straccio a mano, usando spazzolone e disinfettante; Il droide numero quattro ti porterà il necessario. solo al termine del lavoro potrai mangiare Koona. Sarà sempre il quattro a servirti. Farai tutto questo in silenzio. Se fiati senza ragione, o imprechi, dovrai iniziare tutto daccapo fino a quando non finirai l‘incombenza.”
“Che ho fatto Sorvegliante?”
“Non ti è consentito usare espressioni volgari. Oltretutto sei stata anche sgrammaticata.”
“Va bene, Porco Saturno!”
“Seconda corvée Koona! Pulirai anche il tavolo delle riunioni.”
“Non si riunisce mai nessuno lì. Da due anni!”
“Nessuno ti disturberà in tal caso. Eseguirai le due corvées dopo la lezione. Al termine del primo mezzo titaniano corrispondente all‘ora tredicesima della giornata odierna. Niente tennis oggi pomeriggio.”
“Non importa. Non ne avevo voglia. Poi giocare contro di te è noioso, Sorvegliante.”
“A lezione Koona! Miss Dera ti sta aspettando.”
“Che aspetti! É solo un ologramma!”
“Sono giorni che il tuo umore è differente Koona!”
“Rasputin!”

In quel momento scoprii che il Sorvegliante quantistico aveva un suo senso dell’umorismo. Dalla mia ironia dedusse che nessuno mi avrebbe disturbata. Chiamai il mio cane, un animale pelosissimo, nero di razza, diciamo, titaniana: uno dei pochi quadrupedi privilegiati che possono godersi il roseo panorama titaniano con Saturno sempre pronto ad opprimerci. Dovunque andassi nella base Rasputin mi seguiva rimanendo ad un metro da me. Durante la colazione si metteva sotto il tavolino annusando il mio piede destro. Ora dopo la colazione nella stanza diurna con vista Saturno su quattro quinti del cielo con quei suoi curiosi anelli sarei dovuta andare nell’aula di lezione. Voi terrestri stravedete per gli anelli di Saturno, mentre io che li vedo tutti i miei giorni, posso assicurarvi che provo un certo schifo solo a sentirne parlare anche solo negli olobooks. Eccomi arrivata: il Sorvegliante mi avrebbe proiettato un ologramma 3D in cui una maestra molto simile a quelle terrestri mi faceva lezione. C’era solo un problema: non avevo compagni come nelle scuole terrestri o almeno in quelle delle colonie di Marte. Io stessa avevo optato per non avere compagni virtuali. Non c’è niente di più insopportabile di un’immagine immateriale. Il mio unico amico materiale, stupendamente sporco e peloso, è questo clone di un cane terrestre di razza comune che mio padre si portò dalla Terra violando i protocolli di viaggio. Era un ingegnere e sapeva come costruire una capsula per il cane. Quello con cui passo io la giornata è geneticamente modificato per non andare in calore. Ha sei anni terrestri. Rasputin 2°, ma tanto sempre e solo Rasputin lo chiamo anch’io; è un cane intelligente e sa interagire con i robot di sorveglianza, oltre che con me. Il suo ascendente l’ho cremato io stessa prima di consegnare le sue ceneri ai laghi di metano di questo posto allucinante. Beh sono arrivata in aula. Rasputin sa già che deve aspettare fuori benché dell’immagine olografica di Miss Dera, la mia maestra, non sappia proprio che farsene. Presi posto sul tavolino sedendomici direttamente. Non avevo voglia della poltroncina girevole. Due metri davanti a me si materializzò l’immagine di Miss Dera, una bella donna di una quarantina d’anni vestita come si usa sul vostro pianeta. Una gonna tagliata alle ginocchia, ed una giacchetta sopra una camicetta. Secondo il nostro vocabolario lì da voi si chiamerebbe tailleur. Miss Dera era l’insegnante che secondo il Sorvegliante di Stazione mi era stata assegnata dalle autorità della Stazione Marte 3, e teoricamente doveva trasmettere da lì. Il problema però era che non comunicavamo in tempo reale vista la distanza media Marte-Saturno. Il segnale alla velocità della luce ci metteva ben un’ora ad arrivare fin qui. Se dialogavamo i casi erano due: o il Sorvegliante aveva precaricati i vari insegnamenti che doveva somministrarmi con Miss Dera che li aveva pre registrati per me da Marte 3; oppure Miss Dera era solo “una sua creazione” dato che essendo un computer quantistico poteva lavorare contemporaneamente su più livelli e su molti programmi tra quelli possibili ed immaginabili. Io personalmente ero convinta che Miss Dera altro non era che il Sorvegliante sotto altra veste. Il dubbio mi restava per il dottor Waeldyma medico di bordo di un’astronave militare che occasionalmente, quando era possibile, si collegava con Titano Uno per le mie visite mediche. A beneficio di KoonaKarydu di anni 13 orfana del padre, l’ingegner Karydu e da qualche tempo anche della propria madre IgaKarydu-Manero.

“Buon giorno Koona! Come ti senti stamattina?”
“Abbastanza della merda Miss Dera! Ho già ricevuto due corvées dal Sorvegliante.”
“Koona! Semmai si dice di mer… insomma quella cosa che hai detto tu! Non della m puntato a.”
“Anche le imprecazioni sono soggette alla grammatica?”
“Sì. Senti bambina mia, spero tu abbia studiato; dobbiamo passare alle interrogazioni.”
“Prego Miss Dera, m’interroghi pure, e se è il caso mi punisca, anche perché vorrei sapere che succede sulla Terra quando un alunno rifiuta di farsi interrogare dalla sua insegnante.”
“Prende una “F” e viene lasciato stare; ma prima di metterla l’insegnante è obbligato a tentare comunque: meglio un voto basso come C o D che l’impreparazione totale! Se insiste lo si lascia stare per quel giorno; ma a prenderne due o tre, anche distribuiti tra più materie, viene bocciato automaticamente, e deve ripetere l’anno. I suoi genitori vengono informati. E se tu ti rifiutassi di rispondere io dovrei avvertire i tuoi … Oh! Scusa Koona!”

Dentro di me ne risi; io i genitori li avevo persi tutti e due. Quindi nel mio caso non sarebbe stato informato nessuno; o al massimo il Sorvegliante si sarebbe fatto informare da Miss Dera che però era sempre una sua creazione. Chi di noi due fingeva di crederci allora?! Ancora me lo domando. Miss Dera aveva compreso un istante dopo la sua gaffe; poi però:

“Koona io sono tenuta ad interrogarti: Parlami del teorema di Pitagora. É il più semplice per la tua età! Dai, che sei una ragazzina che impara presto, e vorrei insegnarti cose più complesse. Il Sorvegliante mi dice che interagisci bene con le tecnologie della base.”
“Miss Dera! Le comunico che io non sto studiando da sei giorni; ho solo voglia di toccarmi! Veramente! Avrebbe un’immagine maschile che possa partecipare alla nostra olo-lezione? Vorrei un bel ragazzo sui vent’anni! Possibilmente nudo. Miss Dera, mi sta ascoltando? Nella biblioteca non sono riuscita a trovare niente che parli estensivamente del pene maschile. Ma io voglio anche il petto di un bel ragazzo. Vorrei stringere le natiche di un bel ragazzo, e riempirlo di baci. É vero che se io per esempio bacio un uomo, all’uomo il suo organo gli si ingrossa?! A vederlo sembra piccolo. Può indicarmi un buon olobook sul membro maschile? Vero che i ragazzi lo chiamano pisello? Vorrei studiarmi quello. Non Pitagora! Non avete niente di cornografico qui alla base?”

Miss Dera rimase pensosa e silenziosa per un attimo, poi si rivolse a me dicendo:

“Koona! Semmai si dice pornografico, e non cornografico! L’educazione sessuale sarà una nostra materia di studio solo quando avrai compiuto i quattordici anni! Ossia tra cinque mesi ed otto giorni. La licenza media inferiore la devi ancora conseguire.”
“Sì, campa cavallo … dite così sulla Terra, vero?!”

Ripresi a toccarmi; ne avevo voglia. Il mio pruritino era interiore ed all’esterno toccandomi il sesso sentivo solo che era caldo e piacevole al tatto dei polpastrelli delle mie dita. Miss Dera se ne accorse:

“Cosa stai facendo Koona? Che vogliono dire le mani lì sotto? Il tuo tono non mi piaceva, ma ti ho lasciata sfogare! Adesso ascoltami: che stai facendo con le mani dentro la cerniera della tuta?! Che significa quel movimento continuo?”
“Solo che mi sto toccando Miss Dera! In verità vorrei che fosse un maschio a farlo: è l’unico sentimento di cui sono sicura. Sento che devo toccarmi Miss Dera, provo benessere dopo che mi sono massaggiata lì, proprio lì sul mio sesso. E volevo sapere se per i maschi è lo stesso…”

Miss Dera rimase pensosa in silenzio diversi momenti, poi mi disse:

“Sono autorizzata a dirti che ci sono analogie con i maschietti Koona! Adesso la smetteresti? Non è una cosa civile! Davanti ad altre persone devi contenerti, controllarti. Niente bassi istinti! Adesso riprendi il controllo per favore!”
“Auhmmm! Uhnnnn! Ma io non sono stata concepita dai bassi istinti tra virgolette dei miei genitori?”
“Sei stata concepita dall’incontro di due adulti! Se non era pianificato, era di sicuro previsto come possibile,cioé che sarebbe comunque avvenuto, anche se essi potevano non sapere quando.”
“Come sarebbe a dire pianificato, possibile, comunque avvenuto? Che mi sta dicendo? Ahnnn!”
“Che i tuoi genitori ti hanno concepita senza sapere in che momento. Potresti essere stata il frutto della loro passione, come di un loro incontro, diciamo una necessità carnale a cui hanno ceduto, per sfogarsi. La convivenza alle volte rende aggressivi!”
“Si sono baciati?”
“Si sono incontrati.”
“Hanno fatto sesso Miss Dera? É vero che gli adulti dicono “scopare” quando fanno sesso? É vero che il pene entra nella vagina? Entra tutto?! Quanto ci resta?! Entra solo lì?!”
“Koona, vuoi smetterla? Ti prometto che affronteremo questi argomenti a tempo debito!”

Miss Dera o il suo ologramma non mi rispose altro. Il suo silenzio tuttavia valeva mille parole. Certo che avevano fatto sesso! Ma come si faceva il sesso? Io intanto continuavo a toccarmi incurante degli sguardi di disappunto di Miss Dera. La mia mano sentivo di doverla far ruotare smuovendo un po’ la pelle del mio sesso, e dovevo farlo molte volte. Sapevo che si chiamava vulva, e me la sentivo sempre più calda. Più mi toccavo, più ero felice, ma mi bagnavo anche. Non sapevo il perché e né Miss Dera, né il Sorvegliante mi volevano chiarire le cose. Dovevo solo procurarmi il benessere che derivava dal farlo. Mi piaceva farlo, ogni momento di più. Senza accorgermene mi stavo sfiorando il confine tra le due labbra della vulva con una leggerezza che, solo adesso che vi mando le mie note, posso definire opportuna. La parola in questione per me era ancora da imparare: masturbazione; più precisamente masturbazione tattile.

“Ahnnnn! Però mi piace! Uhmmm! Ahnnn! Lei diceva che dovevo essere civile: ma i civili Miss Dera li tengono qui da soli, come me?!”
“Ti capisco Koona. Non sei sola. Non del tutto. Io sono disponibile sempre, dovresti saperlo.”
“Esiste un termine che mi spieghi cosa mi sta succedendo?! Ahnnn! Hum! Uhmmmm! Miss Dera!”
“Dimmi Koona!”
“Uhmmm! Ahnnn! Insomma! Ahnnn! Cosa è quello che sto facendo Miss Dera?!”
“Masturbazione Koona! Si chiama masturbazione.”
“Ahnnn! Sono felice Miss Dera! Anche un po’ bagnata! É ora non mi prude più. No. É un pruritino da sporcizia. Sono sporca adesso. É normale Miss Dera? Ahnnn!”
“Sì, abbastanza normale visto quello che stai facendo Koona!”
“Che vuol dire masturbazione Miss Dera?”
“Gesto ripetitivo. Può anche non essere fisica, come ad esempio mentale, od intellettuale. Mentalmente può anche bloccarti. Si ripete sempre lo stesso gesto, onde procurarsi momentaneo piacere. É però oziosa ed inconcludente. Alle lunghe esaurisce.”
“Alle lunghe?”
“Era un modo di dire! Approfitta per imparare Koona! Volevo dire se fatta in continuazione per un lungo periodo di tempo. Può essere necessaria per scaricare la tensione dei propri nervi.”
“É un po’ di tempo che penso ai ragazzi più grandi di me quando lo faccio Miss Dera! É normale anche questo? Vorrei dirle che tre notti fa ho chiuso gli occhi, e mi sono toccata; e non ho smesso finché non ho … provato di nuovo il piacere di poco fa.”
“Basta! Lo vedo che non ti va! Per oggi niente più lezione Koona. Ti consiglio di andare a ripulirti il sesso, e di compiere quelle due corvées che ti sono state assegnate. Per lo meno farai qualcosa di utile per tutta la base. Sono stata informata dal Sorvegliante.”
“Miss Dera, i maschi la fanno questa masturbazione?”
“Sì Koona; i maschi stimolano il loro pene per provare piacere; tuttavia ciò non deve riguardarci: siamo donne.”
“Miss Dera! Io …”
“Koona! Ora basta! Vai a lavarti il sesso. L’igiene è più importante adesso. Con la sporcizia i microbi di riproducono più velocemente. Su Titano non c’è un ospedale. Chiedi al Sorvegliante una veste di ricambio. La tua tutina non puoi indossarla più finché non viene ripulita. Ci penseranno i droidi; è un‘incombenza che non possiamo lasciare a te da sola.”

Miss Dera si dissolse, scomparve così com’era comparsa. A questo genere di fenomeno ero abituata fin da bambina: mamma quando era in vita mi spiegò come funzionava. Lo sapevo che in un certo senso Miss Dera non era minimamente reale. Però da quando era morta anche mia madre come compagnia era meglio di niente. Dentro di me lo sapevo: Il Sorvegliante e Miss Dera erano un’unica entità diversamente organizzata. Miss Dera però poteva dare ordini solo a me. Li prendeva dal Sorvegliante, al pari di me; non poteva però dare ordini né ai droidi assistenti, né al mio cane che obbediva solo a me. E per forza! Chi altri c’era di carnale, materiale, reale?! Per un motivo che non riesco a capire i cani non ci cascano con gli ologrammi, tanto meno prendono ordini dagli elaboratori, e dai loro sintetizzatori vocali. Ero di nuovo sola. Di fatto padrona della mia ala, il braccio Uno della Stazione Titano. Dal corridoio entrava luce rosa e cremisi riflessa verso di noi dal grande pianeta roseo giallognolo attorno al quale orbitiamo. E siccome il nostro periodo orbitale intorno a Saturno è uguale a quello in cui ruotiamo sul nostro asse Saturno ci mostra sempre la stessa faccia…Il mio corpo da roseo che era come se si tingesse dello stesso pigmento riflesso dal nostro grande fratello con gli anelli. La mia tutina era rossa, colore che mi venne spiegato era femminile, mentre per qualche motivo ai maschi pertiene il blu. Solo che a Titano Uno non c’erano maschi. Tutta la base era di un grigiore deprimente; per lo meno se confrontata con il variopinto ed al tempo stesso allucinante ed infernale panorama di Titano. I corridoi avevano dei vetri spessi di plexiglas che mi proteggevano dai 180 gradi sotto zero dell‘ambiente esterno. Ciascun braccio era lungo un centinaio di metri e se volevo potevo muovermi su un semovente; tuttavia non disdegnavo di camminare dai miei appartamenti fino alla stanza principale di controllo dove convergevano i tre bracci della stazione Titano Uno. Mi tolsi del tutto i pantaloncini aderenti al corpo, e mi accorsi che la mia biancheria intima di colore bianco, le mutande, era umida e giallina. Rimasi nuda solo sotto il mio ombelico, e raggiunsi dopo due minuti la stanza dei lavaggi. Aprii anche la cerniera della giacchetta del petto. Ora un po’ di aria, quella asettica e condizionata della base, investiva il mio piccolo seno come fosse la prima volta. Mi stavo accorgendo in quel momento che mi stava decisamente su; le mie, diciamo cupolette, stavano dritte e parallele anche se erano piccole. Mi toccai il capezzolo sinistro per un paio di secondi, e vidi che era duro. Poco prima mi ero sentita sporca toccando la mia vulva appena masturbata. Temevo di sporcarmi nuovamente toccandomi il capezzolo tra le dita, poiché stavo sentendo di nuovo le stesse, questa volta sottili, sensazioni di piacere. Mi presi nella mia mano destra come a vedere quanto fosse estesa l’intera cupoletta sinistra. Poi mi toccai la cupoletta destra, e trassi di nuovo del piacere dalla presa tra le dita del capezzolo destro. La parola da imparare era auto palpeggiamento; vidi poi, grazie agli insegnamenti di Miss Dera, che era più corretto parlare di auto palpazione, utile tra l‘altro per individuare un nemico insidioso: il nodulo. In quel giorno particolare, in cui mi ero svegliata ribelle, sentivo che avevo un nuovo rapporto col mio corpo. Miss Dera se ne era accorta. Il Sorvegliante avrebbe dovuto prenderne atto. Tuttavia c’era qualcosa che alterava il mio umore, e non sapevo cosa. Mi lavai con una bella doccia. Ero una ragazza ormai non più bambina. Vidi crescere con orgoglio il mio seno, e vissi con qualche preoccupazione i primi peli della vulva prima che il Sorvegliante mi tranquillizzasse. L’acqua tiepida mi ripulì a fondo. Il Sorvegliante aveva incaricato un droide a rotelle di portarmi una tuta di ricambio di colore rosa ed un asciugamano; feci notare al Sorvegliante che avrei gradito coltivare una rosa. Tuttavia non mi aveva ancora fornito il seme.

“Koona!”
“Dimmi computer!”
“Miss Dera mi ha detto del tuo stato alterato. Ne abbiamo parlato. Ti annullo le due corvées! Spero sarai contenta.”

Risposi indifferente guardando in basso:

“Raggiante!”
“Dal tuo tono non si direbbe Koona!”
“Posso andare a pranzo?!”
“Sì, hai due ore di tempo. Poi a studiare però. Devo anche dirti che l’astronave di soccorso Micenea 7 ha comunicato in automatico che contano di arrivare qui entro due anni al massimo.”
“In automatico?”
“Te lo confesso, non ho parlato con degli esseri umani. Come computer ho interrogato il computer di navigazione della Micenea 7. Era più pratico e consumiamo meno energia. La procedura regolare era questa comunque. Anche il loro volo avviene in automatico.”
“Ah, beh tanto piacere!”
“Spero sarai contenta. Entro quattro anni tornerai sulla Terra.”
“Io sono nata su Titano. Andrò la prima volta sulla Terra. Anzi sai che ti dico?!”
“Cosa Koona?!”
“Torneremo!”
“Sì, certo! Ma disilluditi! Io sono programmato per gestire questa base in modo da darla efficiente ed abitabile ai tuoi successori.”

Pranzai con la solita dieta sotto stretto controllo del Sorvegliante che incaricava i droidi di servirmi i piatti. Se non mi piaceva lo davo a Rasputin. Io non potevo intervenire né sulla quantità né sull’oggetto del pranzo o cena. I droidi mi portarono un digestivo. Chiesi un caffè puro, bevanda che avevo iniziato ad assumere in piccole dosi nel latte ad iniziativa del Sorvegliante, ma mi venne rifiutato dai droidi a causa della mia età. Uno dei droidi mi ricordò che dovevo andare a studiare non meno di tre ore. Tuttavia volevo fare una passeggiata fuori prima dello studio. Mi allontanavo appena di cento metri all’esterno quando esploravo a piedi. Mi rivolsi al computer per i preliminari:

“Chiedo autorizzazione per un’uscita all’esterno con tuta termica e casco. Durata stimata sessanta minuti. Esplorazione, lato nord avanti fino al settore C-3. Scopo primario: recupero capsula di sussistenza arrivata nove giorni fa e riemersa dal laghetto; trovati all‘esame telescopico air bag sgonfi e paracadute sul terreno vicino. Sembra si sia depositata sul bordo del lago; scopo secondario: studio laghetto di metano liquido e presa di fotogrammi per didattica. Richiedo approntamento del TM. Mezzo necessario. Confermare.”



-continua-

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