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Lascive follie borghesi e castellane, 5a parte


di sexitraumer
18.03.2020    |    2.791    |    0 9.7
"Poi voltandosi gli intimò: “Su, aiutatemi a toglierla questa veste! Non abbiamo molto tempo! Dovrete arrivare a Tricase per il tramonto, o prima..."
Ormai cari moderni, un mese e più era passato dalla dipartita del Barone, e anche al castello la baronessa madre avea decretato la fine del lutto: sarebbe stato di nuovo consentito parlare a tavola di qualunque argomento, anche lezioso, e di mangiare quanto si voleva; lo stesso valeva per il vino. La signora baronessa avea dismesso l’abito nero, per indossarne altri chiari e sobri al tempo stesso, a tema floreale; pure i suoi biondi capelli avevano ripreso colore (li faceva tingere) e pettinature più ricercate ed elaborate. Soprattutto aveva ripreso ad indossare vesti con scollatura per metà seno. Al castello era arrivato anche il suo più giovane amante, ormai uomo, e a tavola s’erano aggiunti li nobili futuri mariti delle sue perle: Federica e Alessandra. Il figlio Edoardo a casa in licenza indossava normali abiti più o meno sobri e meno appariscenti della vistosa divisa di alabardiere…la baronessa avendo osservato Luigino parare con sufficienza le frecciatine d’ironia del geloso Edoardo, presagendo un possibile scontro tra i due aveva pensato di allontanarne uno: Luigino, il nipote amante, almeno fino a quando fosse durata la licenza di Edoardo…
“Luigino!”
“Dite zia!”
“Dovreste fare una cosa per noi…”
“Sarebbe…”
“Qui c’è una missiva sigillata a ceralacca! Eccovela!”
Luigino la prese e attese altre istruzioni dalla baronessa:
“Dovrete darla in mani, ripeto IN MANI, all’arcivescovo di Tricase. Egli sa la ragione della missiva, e tanto vale che la dica anche a voi: In Tricase, o poco vicino, si sta costruendo un palazzo arcivescovile et una parte del materiale da costruzione lo sta fornendo la nostra baronia. Nella missiva ci sono le nostre richieste per l’arcivescovo. Niuno, tranne lui, e nemmeno voi, dovrà legger la missiva. Se vi vedeste, Dio non voglia, in pericolo, distruggetela col fuoco! All’uopo i vostri accompagnatori, un servo ed un cocchiere, son dotati di apposito acido, e polvere sulfurea per crear se occorre foco. Pensate di potervi recare in Tricase, e tornare qui per domani in mattinata? Naturalmente l’arcivescovo, come mio inviato, vi offrirà ospitalità per la notte…”
“Va bene zia. Quando volete che parta ?”
“Adesso, caro il mio ambasciatore…sapete, dovrete arrivare pria del tramonto!”
“Allora debbo salutarvi qui zia. Dove trovo la carrozza?”
“Vi sta aspettando dabbasso un calesse. Mi raccomando a voi caro nipote!”
Eh cari moderni…se la baronessa avesse accompagnato il nipote fino alla carrozza sua chiusa, si sarebbero chiusi dentro un quartino d’ora, poi il nipote della bionda amante, avrebbe piazzato la testa tra le cosce della baronessa, e si sarebbe preso il compenso suo agognato: il sapore della vulva della sua amante da sempre… a malincuore salutò la gentil parente baciandole la mano, dirigendosi poi dabbasso, dove venne accolto dai suoi due accompagnatori che, dopo averlo fatto salire a bordo gli mostrarono srotolandola, una pergamena stampata a torchio della Terra d’Otranto parecchio ingiallita e sporca, e una bussola di ottone dal vetro sporco e opacizzato. Il cocchiere usò la camicia pulita nel vano tentativo di schiarire un po’ quel vetro opacizzato dagli anni…poi diede la bussola al collega che si sarebbe seduto accanto o di fronte a Luigino nel calesse; quest’ultimo disse:
“Signor Dresser…scusate se oso importunarvi…voi sapete usare la bussola? E perdonate l’ardire marchese…leggere una carta geografica?”
“Date qua! ...da quel che capisco voi non la sapete usare…o mi sbaglio?”
“Io non so leggere signorino…però so adoprare la bussola…vedete ora l’ago segna una mezza quarta a destra; la direzione che dobbiamo prendere è mezzo giro, due quarte, a sinistra…o sto sbagliando?”
“No, avete ragione…dunque…se questo è il sentiero che ci han segnato saranno pressappoco due ore di calesse se non ci fermano…a proposito, come vi chiamate?”
“Giuseppe eccellenza! E il cocchiere si chiama Andrea…”
“Bene io sono Luigino, lieto di conoscere entrambi…la strada per uscire dal paese la conoscete, Andrea?”
“Certo.”
“Allora andiamo…”
Il calesse uscì dalla corte poi prese la strada che portava alla porta meridionale del borgo; tuttavia tornò prima indietro fermandosi all’uscita posteriore del maniero. Andrea disse:
“Signor Luigino…dovete scendere, bussare due colpi non di più, ed entrare in quella porta che vedete. Lì vi verrà detto cosa dovrete fare. Noi abbiamo l’ordine di aspettare qui. Tenete con voi la missiva. Qui a noi non potete lasciarla per ordine della baronessa!”
“Uhmmmf…e va bene! Quanti misteri, cazzo!”
Luigino saltò giù dal calesse, e bussò alla porta:
“TOCK ! TOCK!”
La porta di aprì e una donna con una veste nera e un mephisto gli fece cenno di seguirla fino ad una porta più interna che la donna aprì. Gli fece cenno di entrare, poi chiuse la porta dopo esser entrata anche lei in una stanza illuminata da una sola torcia a muro. Si tolse quindi il cappuccio e si presentò a Luigino…
“Allora tesoro mio, pensavate che vi avrei fatto viaggiare senza darvi un buon viatico?”
Era la baronessa che con un ampio sorriso si mostrò al nipote già rassegnato a due giorni senza la sua amante. Poi voltandosi gli intimò:
“Su, aiutatemi a toglierla questa veste! Non abbiamo molto tempo! Dovrete arrivare a Tricase per il tramonto, o prima possibilmente!”
La donna spogliata dal nipote, un appassionato delle sue materne carni, si ritrovò nuda, e quando si era voltata per offrirgli il corpo nudo Luigino scoprì che tra le cosce interne aveva legato delle rose senza spine, e delle margherite da camomilla affinché le profumassero la vulva, che aveva lavato per servirla al nipote. Purtroppo il nastrino di seta le aveva fatto un piccolo eritema su ogni coscia…la donna continuava a dare istruzioni al nipote amante:
“Amore mio, non perdete tempo a spogliarvi! Calate solo le braghe quando sarà il momento. Intanto servitevi dei vostri sapori più favoriti…”
“Via questi lacci, vi hanno fatto il segno! Uhmmmmf…certo l’avete profumata bene madame…uhmmm…quasi quasi me la mangio!...SLAAAAAPF…sluuuurp…mhmmm…buona…buona…”
“AHNNNNN…ahnnnn…huhmmmmm…ohhhhh…come siete bravo Luigino mio…ohhhhhh…ahnnn!
“Sluuurpf…slaaap…sluuuuuurp…buona…uhmmm…buona…si bagna o no? ...adoro i vostri filini…sluuurp!”
“Leccatela amore mio…ahnnnm…ohhhhh…AHNNN…MHMMMM…io mi…ahnnn…mi…ahnnnn…mi…noi…insomma…mi…sto bagnandoooohhhhh…uhhhhhh…ahnnn…se cola…assaggiate…ahnnn…ma è meglio se…mi…vi…fate…cavalcareeeehhhhh…su stavolta fate stare di sopra noi…ahnnn…ohhhhh…leccate…ma…insommahhhhhh!”
Il più giovane, e più antico, dei suoi amanti le aveva iniziato una leccata alla vulva di quelle metodiche, rapide, leggere e numerose, oltre che imprevedibili nel tocco e nella frizione…quando era lui a leccargliela si bagnava in meno di un minuto, e qualche istante dopo le si rizzavano i capezzoli e indurivano i seni…anche lui bastava un suo sorriso accompagnato da una presa alla cappella e da molti baci alla sua bocca e Luigino aveva uno spadone pronto e duro con cui trafiggere la sua preda femmina…
Luigino smise di leccarla, e si calò le braghe. Un bel cazzo ingrandito dall’eccitazione si presentò alla nobildonna nuda ed eccitata.
“Datelo a noi!”
La donna mentre lui era in piedi s’inginocchiò, e gli prese in bocca il cazzo carezzandogli i coglioni gonfi, e muovendo la sua lingua sulla sua cappella, anche al centro, dov’era più sensibile…dopo una ventina di lappate ritenne di aver indurito il cazzo del nipote adeguatamente, e intimò al nipote:
“Stendetevi! Comandiamo noi stavolta!”
Il nipote si stese nel duro pavimento di pietra, e aspettò che la donna infoiata, dopo aver aggiustato la verticalizzazione del cazzo, se lo infilò abilmente nella fica, cadendo letteralmente su di esso fino a farlo scomparire del tutto dentro di sé…il cazzo del suo uomo ormai era duro, e la donna respirò, ed espirò da femmina sorpresa, come se fosse la prima volta che veniva penetrata. Il suo seno ondeggiò goffamente; il nipote ne concluse che non se l’aspettava così duro, dentro quella fica i cui calori, odori, e sapori conosceva a memoria da anni…
“AHNNNN!”
“Sì…è vostro madame! …ahnnn…cavalcatelo come meglio credete!”
“AHNN…ahnnn…ahnnn…ahnnnn…amor mio!...ahnnn…non abbiamo tanto…ahnnnn…tempooohhh…appena vorrete venire…innaffiateci !”
“Ahnnn…ohhhh…ahnnnn…ahnnnn…ahnnnn vi prego zia…ahnnnn…”
“Cosaaaahhhhh…amore…miooohhhh…cosahhhh…ahnnnn…”
“Fermatevi un attimo….voglio suggervi i capezzoli…ahnnnn…ahnnn…”
“…mhmmmm…e sia ! Alzatevi, ma non vi faccio uscire!”
L’uomo si alzò e le andò verso il seno sinistro per suggerglielo come da suo impellente desiderio…
“…ahnnnnn…ahnnnn…avete sete vedo!...ahnnnn…piano nipote mio, pianoohhh…ahnnn…siam bagnateeeeehhhh… fate piano…ohhhh…HOH…ahnn…ahi….piano Luigino……ohhhhhh!”
Mentre succhiava il seno sinistro, strizzava il capezzolo a quello destro, pizzicandoglielo…poi invertì il trattamento rapidamente…la baronessa aveva dolori al capezzolo già strizzato, ma per niente al mondo gliel’avrebbe mai negato…all’improvviso il nipote la baciò in bocca profondendogli tutta la saliva che aveva in due colpi di lingua; la donna ricambiò con più e più colpi della sua lingua altrettanto e più salivosa. Si possedettero i volti per due tre minuti movendo le loro lingue in un duello rapido e bagnato; poi la donna gli intimò…
“…Luigino! …tornate a stendervi! Voglio cavalcarvi duro…sentirete voi stesso che sbrodolata! Sono una pentola a vapore libero!...guardatemi la patacca o i seni…ma lasciatevi cavalcare…spluchf…spluchtf !”
Lo baciò con altri due colpi di lingua abbondantissimi, poi con una spintarella lo fece tornar supino. La loro congiunzione non s’era mai interrotta e riprese ad andare su e giù, e ad ogni colpo dalla sua vulva scendevano bavette trasparenti…ormai erano eccitati entrambi, e quando Luigino le sparò il primo gettito la donna cominciò a scendere su di lui per poi continuare col cavalco fino all’ultimo sparetto. Gli ultimi tre li ricevette abbassata a baciargli il viso…
“Zietta…ahnnnn…noi due non si dorme nudi da mesi…”
“Lo sappiamo amor mio! Quando tornerete da Tricase vi prometto un paio di giorni nel letto con me, tutti nudi, senza nulla…”
“Me la farete leccare in qualunque momento…vero?”
“Vi farò leccare qualunque pertugio…saremo la vostra schiava pciù, pciù…pciù!”
“Amata zietta…il tempo per farvi il culo, non lo abbiamo vero?”
“Proprio no amor mio! Pciù…pciù…pciù…approfitterò della vostra assenza per sgomberarmi…al vostro ritorno mi farete sodomia quanto vorrete…”
“Zietta…sporcate il mio volto con la vostra fica…adesso…masturbatevela contro il mio naso, la bocca…io ve la pulirò con la lingua…”
“Va bene…aspettate…hoh…ecco è fuori…però potevate restare dentro…va bene! Stendetevi, e quando vi manca l’aria movete la mano, e la tolgo!”
Luigino si rilassò supino di nuovo, e la sua amante frizionava il suo volto con la sua fica, sporca della scopata e della venuta di entrambi…ci vollero forse dieci o quindici minuti mentali della baronessa per far contento il nipote; quando la donna ritenne di poter venire di nuovo si massaggiò frenetica la vulva sopra la testa del nipote, che aveva aperto la bocca per cogliere qualche goccetta della sua venuta…dopo due o tre massaggi poggiò la fica esausta sopra la bocca del nipote che completò una pulizia sommaria di lingua…poi la donna, alzatasi in piedi, gli dovette intimare:
“Alzatevi anche voi…amor mio!”
Luigino si alzò davanti a lei con le braghe ancora calate; la donna s’inginocchiò innanzi a lui e gli prese in bocca il cazzo più volte insalivandoglielo, e pulendoglielo con più saliva possibile…poi dopo avergli baciato le palle, gli rialzò lei stessa i pantaloni aderenti, per poi chiuderglieli. Lo baciò di nuovo in bocca con un bacio appiccicosissimo quindi gli disse:
“Ora potete partire! Prima adempirete l’ambascia che vi abbiamo affidato, e prima tornerete qui per possederci, tutta per voi nipote!”
“Mi toccherò pensando a voi amor mio!”
“No, invece ! Vi risparmierete per travasarci più nettare che potete…andate adesso! Il calesse vi sta aspettando! E mi raccomando! Acqua in bocca, con quei due!”
Luigino partì con i due per Tricase, e verso sera, il futuro barone Edoardo, dopo che furono ripartite Alessandra e Federica coi loro prossimi mariti cenò con la madre, ai capi opposti della tavola, ognuno sul lato corto. Conversarono tra un piatto e l’altro…
“Madre…”
“Dite Edoardo…”
“Vi vedo sempre un po’ più giovane da…”
“…perché mi adulate?”
“Non vi stavo adulando, madre! Intendevo da quando è tornato Luigino...”
“E allora? Ne avevamo già parlato, ci sembra…”
“Sapete, madre…sinceramente non credevo che lo avreste mandato via.”
“Non l’abbiamo mandato via! Gli abbiamo affidato un’ambasceria riservatissima per l’arcivescovo di Tricase, che nel caso non lo sappiate, compra da noi il tufo per il palazzo vescovile che stanno costruendo…e comunque rassegnatevi! Tornerà dopo domani con la risposta dell’arcivescovo per noi…”
“Madre, vi chiedo perdono se vi ho contrariata poc’anzi, e siccome tra due giorni Luigino sarà di nuovo qui per darvi la compagnia che tanto gradite, mi chiedevo se poteste concedermi un incontro privato, di quelli col nastro lilla sulla porta…”
“Ve lo concediamo…a due condizioni…!”
“Dite madre.”
“Al ritorno di Luigino tornerete al reparto vostro, o trascorrerete il resto della licenza altrove. Le ironie di questo pomeriggio a pranzo non le gradimmo, in verità…e poi…”
“…e poi madre?...”
“Presenzierete alla partenza di una persona, che saluteremo nel cortile interno, qui al castello all’alba. Dovrete svegliarvi presto, molto presto…allora?”
“Accetto entrambe le condizioni, madre. Non sarà un problema salutare un parente che arriverà all’alba.”
“Non è un parente. E partirà all’alba, non arriverà! O se arriverà come da voi detto, partirà immantinente dopo. E voi starete accanto a noi, a salutarla assieme.”
“D’accordo madre!”
“Tra un’ora raggiungeteci nei nostri appartamenti privati!”
Edoardo trascorse un’oretta girando per casa a vedere se la sua stanza era come l’aveva lasciata, poi passò presso le cucine per uno spuntino rapido, un panino e un po’ di vino, quindi recatosi al bagno per urinare ed altro finì di trascorrere quell’ora…arrivato agli appartamenti della madre bussò, dopo essersi guardato intorno…
“Tock…tock!”
Trascorse un minuto senza risposta, quindi ribussò:
“Tock…tock!”
Un altro minuto di silenzio, poi all’improvviso finalmente la sua voce:
“Avanti…prego!”
Edoardo entrò, e vide la madre che stava scrivendo seduta eretta una missiva presto il suo scrittoio. La baronessa non fece caso al figlio, che dopo essersi guardato intorno, si diresse verso di lei, baciandola sul collo e non sulla guancia. Il bacio con l’uso della lingua fu lungo, e nel terminarlo il figlio raggiunse con la lingua una zona erogena di sua madre: il retro dell’orecchio. La madre si tenne l’inopportuno corteggiamento, senza farvi troppo caso. Anzi, dopo aver intinto la penna nell’inchiostro, firmò la pergamena, e fece per apporvi il proprio sigillo personale di ceralacca preriscaldandolo alla candela dello scrittoio prima di premerlo sul foglio…
“Cosa vi porta qui Edoardo?!”
Il figlio prese entrambi i seni alla madre, poi ripeté il corteggiamento con una leccata ampia sulla guancia calda della donna, un tantino contrariata da tanta, impropria in verità, intraprendenza. Iddio solo sapeva cosa circolasse nel suo sangue…dovette pensare la baronessa. I brividi di contrarietà, che normalmente il suo corpo provava, si trasformavano inspiegabilmente in solletico intimo, una specie di allucinazioni sensoriali, puntiformi, multiple, che si accendevano in successione casuale tra le sue cosce, i suoi fianchi, l’inguine, e la fica. Il suo respiro si fece più ampio, come pure i battiti del cuore. Le mani del figlio avevano procurato un indurimento del seno, ed un inturgidirsi dei capezzoli, che soffrivano il contatto con la veste…la madre non ci mise molto a cedere, dati quei sintomi, sui quali non si potea equivocare…la donna si voltò, e prese in mano le guance del figlio, e disse:
“Venite qui Luigino!”
Baciò intensamente in bocca il proprio figlio, senza rendersi conto che l’avea chiamato come il suo nipote amante. Il bacio fu totale, come totale e duratura fu l’offerta di lingua e saliva che profuse nella bocca del figlio incestuoso. Poco prima di staccare le labbra per respirare meglio, le scappò un rantolo rumoroso…
“AHAHMMMM…!”
“…mhmmm…madre! Mi avete chiamato come vostro nipote!”
“Siete belli tutti e due!...vi basta così, o volete altro?!”
“Fate sentire madre…!”
Il figlio le sollevò la gonna per frugarla, mentre la madre lo guardava disorientata sul da farsi…
“Hohhhh…”
“…huhmmm…dov’è?...dov’è?...”
“Più in alto Edoardo! …pregohhhh!”
Alla fine riuscì a trovare il pelo, da quello alle carni della vulva il passo fu brevissimo. Edoardo eccitato massaggiò alla meglio la vulva della madre che percepì già bagnata. La donna lo eccitò ulteriormente…
“Ci siamo bagnate quando ci avete leccate dietro l’orecchio! Per caso…ahnn…ahnnn…è sfuggito a Luigino, che noi lì siam sensibili? Ahnnnn…ohhhnnnn…ahhnnnn!”
“Non so madre, uhmmm, non ricordo…aspettate che voglio assaggiarvi ancora…”
Cercò ancora, letteralmente imbestialito la lingua e la saliva della madre, che a quel punto fece con il figlio un lungo, lungo, lingua-lingua, che fece bagnare la donna ancora di più…poi il figlio le chiese:
“Come si toglie questa veste, madre? ...Uhmmmm!”
“Troppo complicato…cercate quello che abbisognate da sotto la gonna…intanto ci liberiamo le minne…!”
Il figlio s’inginocchiò, e come un cane da fiuto andò immediatamente in cerca della fica della madre nascosto dall’ampia gonna, trovandola all’istante. La donna allargò le cosce come poteva ed Edoardo intraprese una bagnatissima leccata di fica, affamato di ogni fluido fino a quel momento emesso e depositatosi sulle cosce interne. Ripulì metodicamente tutta la fica, come fosse lo strumento animato d’un lavacro intimo, poi finalmente iniziò a leccare con più delicatezza in alto vicino il clitoride…alla signora baronessa scappò un altro rantolo incontrollato…
“AHN…AHAHNNN…sì!”
…tanto che dovette pizzicarsi lei stessa i capezzoli per meglio godere di quel servizio…poi intimò al figlio di smettere che aveva goduto, e voleva godere di nuovo, ma con il cazzo stavolta!
“Edoardoooohhhh…ohhhhhh…ahnnnn…bastaaaaahhh! Ci serve il cazzo, adesso! Il cazzo !”
La donna nel frattempo trovò il modo di slacciarsi l’ampia gonna che cadde in terra, presentandole il figlio eccitato che si era lavata la propria faccia con i propri fluidi intimi. Aveva il volto rosso scarlatto, tanto era infoiato, e il pelo biondo della baronessa era tutto arruffatto a causa della fica gonfia. Si stese sulla gonna caduta in terra tutta nuda sotto, e allargò le cosce per dilatare lo spacco della vulva vogliosa di penetrazione. Il figlio le carezzò la vulva più volte, poi le andò sopra il volto, per offrire il cazzo alla bocca della madre. La signora lo scappellò alla meglio, e gli fece un servizio rapidissimo di lingua sulla sola cappella, ed un paio d’ingoi di tutto il cazzo accompagnati da una carezza alle palle gonfie di lui. Poi sputò fuori il cazzo ordinandogli:
“…uhmmm…ahnnf…ehhh…lo vogliamo dentro adesso! AVANTI !”
Il ragazzo arretrò, e riscappellatosi il cazzo, diede una dozzina di strofinii della cappella sul clito e sullo spacco, onde far desiderare alla madre eccitata la penetrazione…all’improvviso la trafisse facendole dilatare gli occhi increduli che fosse così duro, e così invasivo…e così rapido!
“AHNNNNN !”
“Eccolo madre!...per voi! HAHNNN…solo per voi!”
“Fino in fondoooo…! Fino in fondooooohhh Edoardo! Siam vostre!”
Edoardo scopò intensamente quella fica, andando avanti e indietro impietosamente, e la donna e madre sembrava goderne. Un figlio lussurioso e molestatore fino alla congiunzione dell’incesto! Questa parola le provocò un bagno interno, che la cappella di lui apprezzò parecchio, dato che aveva aumentato la velocità degli affondi. Mentre scopava la fica della nobildonna, diventata un pentolone di carne caldo, il figlio affondò la propria testa tra le minne della madre, caldissime e stupende al contatto pelle pelle…il ragazzo era in paradiso, quello vero, materiale, terrestre…i suoi tentativi di suggerle i capezzoli, prima l’uno e poi l’altro provocarono il rallentamento degli affondi…
“Lo farete dopo…ohhhhh…è uscito! Maledetto voi! Dentro…dentro di nuovo!”
Il ragazzo le rificcò il proprio cazzo dentro la vagina, e la madre riprese a godere…lo incoraggiò dicendogli:
“AHN! Riprendete…veloce…come prima! Tutto dentro…ahnnn…e veloce, dai! Ahnnn!”
Il ragazzo riprese la corsa preorgasmica, e la madre affinché non sfuggisse più, chiuse le gambe sulle sue, possedendogli a stringere con le mani entrambe le natiche del figlio…poi iniziò a baciarlo alternando anche degli incoraggiamenti a voce…
“…ahnhhnnn…dove…te…dovete…ahnnn…ahnnnn…inna…innaff…fiarci…innaffiarci tutta…Edoardo, su! Pciù, pciù, pciù !...colpite…colpite!...siam vostra !”
Le giuste parole, e i baci numerosi della madre, fecero effetto, e le palle iniziarono a gonfiarsi fino allo spasmo; la signora trovò il modo di toccarne una da dietro sfiorandola a solletico, e mentre baciava in bocca il suo incestuoso amante, al ragazzo partì un’onda che scosse una delle palle, come se si stesse staccando, una frustata carnale all’interno del cazzo già turgido, e infine un bollente caldissimo piacere sulla punta della cappella…ero lo sparo del primo colpo, massivo, velocissimo e denso, che colpendo e spargendosi nelle pareti interne della vagina materna già ricca di liquami, fece godere il ragazzo, che sentì partire involontariamente altri colpi per calmare i pruritini interni della cappella bagnata dalla sborra, e dai liquamini vaginali…era venuto dentro la madre. La signora gli fece sparare tutti i colpi abbracciandolo…finalmente era finita…il peccato aveva avuto il coraggio di consumarlo con l’abbigliamento intimo superiore ormai stropicciato. Il figlio tolse il cazzo ormai rimpicciolito mentre i loro sessi si stavano raffreddando…la madre parlò:
“Dite Edoardo, avete saputo cosa è successo in Inghilterra, presso la corte di Enrico ottavo?”
“No, madre, cosa successe?”
“Anna Bolena…vi dice niente questo nome?”
“No, madre.”
“Anna Bolena, l’amante del re d’Inghilterra…”
“Cosa?”
“Non avete saputo, vero?”
“No.”
“Beh, è stata decapitata per incesto col fratello che a sua volta, vittima di un matrimonio combinato non volea congiungersi con la moglie che gli avevano trovato…questa povera infelice s’è inventata che la favorita del sovrano, anzi sua moglie, usasse tradirlo col di lei fratello innocente…in poche parole hanno decapitato entrambi! Poi sembra vennero fuori evidenze che era tutta una montatura…vi rendete conto come trattano lì li incestuosi ? Dite Edoardo, se ci decapitassero? Noi e voi, figlio, sul patibolo per giustiziarci…ci pensate mai ?”
“Perché dovrebbero?”
“Perché abbiamo commesso incesto! Con coscienza, ovvero lo sapevamo; e volontà, cioè lo volevamo…e soprattutto sappiamo cosa può accaderci per averlo fatto, sapete cosa vuol dire?”
“No, cosa vorrebbe dire?”
“Dolo, dato che conoscevamo le conseguenze prima del fatto commesso!”
“Non ci penso mai madre…li studi di legge non m’erano congeniali!”
“A voi, e a quella masnada di popolani che frequentavate, nulla tranne la nullafacenza era congeniale! Pensate ogni tanto, prima di fare le cose. Con noi, come con chiunque altro!”

Il ragazzo aveva esigenza di urinare, per cui scese dal letto in cerca del vaso della madre. Trovatolo, le diede le spalle, e urinò rumorosamente, colle braghe aderenti calate sulle caviglie, che lo rendevano un po’ ridicolo. Finito d’urinare ripose il vaso sotto il letto, e andò verso le pareti per cercare il catino coll’acqua di rose di sua madre per lavarsi il cazzo. La donna scese dal letto, prese il vaso e vi si sedette sopra rilasciando due robusti peti e la propria urina…poi andò a lavarsi la vulva dove il figlio s’era lavato già il cazzo. Come finì di rinfrescarsi il figlio le chiese:
“Madre…”
“Dite!”
“Vorrei vedervi gattonare…lo fareste per me?”
“Dovrei gattonare?!...dite, volete eccitarvi di nuovo?”
“Sì…ma sarei già eccitato! Mi sembra d’avervi fatta molto bene…”
La madre sorrise con sufficienza. Edoardo iniziò a menarsi il cazzo con le mani; la madre, dopo essersi liberata della biancheria intima di sopra, fissò il figlio masturbarsi, eretta e nuda; poi decise d’accontentarlo, dato che il pavimento avea un tappeto. Gattonava, e si muoveva in cerchio. I seni le pendevano, e i muscoli delle natiche facevano il loro lavoro apparendo ora sodi ora rilasciati. Di tanto in tanto sollevava il culo, e inarcava la schiena. Il figlio, sempre più eccitato, cominciò a lasciare il letto, tenendosi il cazzo in mano; poi iniziò ad andare dietro alla madre osservandole soprattutto le natiche, e il pelo biondo da dietro. All’improvviso si gettò col volto su di lei, o meglio sulle sue natiche, ed infoiato aggredì l’ano a colpi di lingua, mentre le sue mani da predatore tenevano la madre a quattro zampe stretta per i fianchi.
“Hohhhh! Era questo che volevate, dunque!...Hohn…hohnn…huhmmmm…porco! Ci ficcate la lingua, eh?!...hmmm…toglietelahhhhh!”
Edoardo al contrario, fece ancora più rumore con la bocca…
“SLAAAAAPL…yuhmmmm…slaaapf!”
“Nhmmm…noooohh…hoh…ancora no, su!”
Il figlio sempre più esaltato iniziò a sputarci contro, dilatando le natiche della madre finemente coi soli pollici…
“SPULFUTCH…PFUCHT!”
“Ahn…vi prego, no! AHNN… Edoardo…non vi chiediamo tantooohhhh…basta smettete d’introdurci la lingua…ohhhhhhhh!”
Alla richiesta tremolante della madre, Edoardo rispose ficcandocela ancora di più. A quel punto la donna si arrese e decise che si sarebbe goduta quella morbosa esplorazione il cui imbarazzo d’esser cercata proprio lì dentro non riuscì a trattenere…
“Figlio, vi preghiamo di fermarvi! Queste cose non le desideriamo neanche da Luigino…ahnnnnn…ohhhh…neanche vostro padre si permetteva tanto…fermatevi!”
…all’improvviso Edoardo tirò fuori la sua lingua sporcata dall’ano della madre amante, e senza alcun preavviso, col suo cazzo nel frattempo induritosi, ci sparò dentro la cappella, senza neanche dilatarle l’ano quanto bastava per un’entrata più gentile. Alla donna, che era troppo imabarazzata per aspettarsi una sodomia istantanea, scappò un grido di dolore:
“AHIIIII !”
“Ohhhh, che bel culo, madre !”
“…uhhhhhh…ahiii..c..co…ahi…come vi siete permesso…delinquente! Mi avete fatto male!”
“Ahhhnnn…madre! Gli è che siete bella da trafiggere lì dietro!”
“Siam belle comunque, figlio bastardo che non siete altro! ...ce l’avete grosso!...uhiiii…ahi…ahi…beh…hahnnnnn!...fi…in…fini…”
“…ini…che, madre?”
“Finite di ficcare…! Facendo piano…huhhh… o urleremo…e che ci sentano tutti!...maledizione…avanti! Piano! Porco bastardo! Ci fate dire le male parole…ahnnn…ce la pagherete…ora finite! Ma ce la pagherete!...AHNNN!”
“…eccolo madre! Tanto lo so che vi piace lì !”
“…ahnnn..ahi…ci piace lì quando si entra piano! A Luigino insegnammo ad avvertirci sempre…”
“Ancora dolore?...uhmmm…ahnnn…ohhh sempre Luigino…madre!”
“AHI…ahnnnn…Edoardo! HUH ! …Luigino è educato quando ce lo mette dietro…HAHNNN…ahi…HAHNNN…è grosso Edoardo…piano…”
“Madre, ma per caso state piangendo? Ancora male? C’è solo la cappella…e vi fa ancora male?...”
“…uhmmm…no…è…è…passato! ...sù fateci il culo! O ci avete aperta per niente!?! Ahnnn! Mi brucia un po’ sapete…”
Il figlio inculatore non tardò a capire il motivo del bruciore. Non staccava gli occhi dall’ano trafitto. La nobildonna perdeva del sangue; della qualcosa Edoardo s’accorse mentre cercava d’infilarcelo tutto come la madre gli aveva detto.
“Perdete sangue, madre…ahnnnn…però farò piano…ahnnnn!”
“Per forza noi si perde sangue! AHNNN…non ci avete dato tempo di accogliere il vostro ospite, come si conviene…ahi…forza ficcatecelo dentro! AHNNNN ! Fino in fondo!”
“…madre…allora ficco?!”
“Ficcate, maledetto voi! Non possiamo star …hohhhhh…qui tutto il pomeriggio a quattro zampe!...su! Avantiiii!...ahnnn…non vi spaventerete per un po’ di emorroidi, vero?!”
Edoardo diede un colpo in avanti, e il nobilretto accolse tutto il nobilcazzo, mentre il sangue continuava ancora a rigagnolare dal muscoletto sfinterico ormai allargatosi…
“…ahn! Ohhhhh ! Oraaahnnn…che siete fino…in…in…ahnnnn…fondo…movetevi, maledetto voi! UHI!”
Il figlio, semi paralizzatosi dal grido di dolore della madre, riprese a scoparle il retto con movenze ampie e regolari, senza mai mollare la presa sui fianchi della madre.
“AHNNN..ahnnn…ahnnnnn!”
“AHN ! …AHNN!...mi piacete, madre…che culo divino! AHNNNN!”
Nonostante la posa animalesca la nobildonna, non riuscendo a godere appieno, tese un braccio per reggersi a tre zampe, e con la mano abile si massaggiò la fica, per godere almeno un po’, data quella fallimentare dura sodomia del figlio…
“Fottete!...e lasciate…ahhhhnnnn..stare…li commenti…! Ahnnnnnn…prendeteci bene ! No…non fateci cadere…ahhnnn…ahnnn…che dobbiam toccarci…la…la…ahnnn…la….la…pata…cca! AHN!”
“Ahnnnn…ahnnnnn…e mentre voi vi toccate la patacca io vi spingo dentro la cacca…! HHNNN…!”
“…maledetto voi! Fottere vostra madre siccome volgar baldracca! Non poetate almeno!”
“Ahnnnn…avete un culo così stretto madre, che mi prende voglia di bestemmiare ad ogni…ahnnn…ahhhhhnnn…affondooooh!”
“Non permettetevi! AHNNNN ! Siam la vostra puta, non la vostra cloaca…ahnnn…ahuhhhnnnn…huhhhhh…huh, huh, huh ! …Uhhhhhh…uhhhhhh”
“Ahnnn….state…ahnnnn… godendo madre?!...”
“Sìiiiii…huh…di fica…HUHN…di tocco…ahnnnn…di fica!....huhhhhhh!...ahnnn…su…finite il vostro lavorooohhh…ahhnnnn…ahhhnnn...su ! HUHNNN…ohhh…che cazzaccio che avete! Avete un pugnale al posto del membro virile!...AHNNN…porco! …AHNNN…AHNNN!”
“Ora lo sentirete fino alla pancia, madre mia…huhhhh..ahnnn…ahnnn…ahnnnn…ahhhhnnn”
“Hhmmm…ohhhh..hohhh…hohhh…allora…siate capace…d’innaffiarci…ahnnn…insomma!”
Il seccato insulto della nobildonna al membro virile di suo figlio, provocò in lui una sottile esaltazione, che lo portò in una decina di affondi a darne uno più ampio, risolutivo, violento quanto bastava per scuoterle tutto il corpo, fin quasi a farla cadere di fianco…invece nell’istante del denso caldo sparo di sborra, il retto della nobildonna, e il cazzo del folle figlio, erano diventati un tutt’uno. L’intestino le si era stretto intorno ad asta e cappella, mentre il cazzo del figlio innaffiava i visceri della libertina madre…la quale ormai era convinta d’aver perso sensibilità…
“AHN!”
Essendo anche stanco, Edoardo non aveva emesso che un solo respiro…poi otto colpi dopo si era accasciato sudato sopra la schiena della madre, che con una disinvolta caduta pilotata di fianco sul tappeto era riuscita a disgiungersi. Dal suo nobile ano, rosso scarlatto, fuoriuscì un misto di sborra, sangue e baronale merda, che le natiche per struscio, depositarono sul tappeto. La madre si alzò dolorante e andò a lavarsi il culo, e in special modo l’ano alla bacinella, come meglio le riusciva…poi prese uno strofinaccio, lo bagnò con l’acqua fresca del catino privato, e ci toccò beffarda il figlio sulla schiena per svegliarlo, dato che s’era addormentato…
“Lavatevi il cazzo, con questo! E ciò fate subito, pria che il sangue s’incrosti sulla cappella vostra!”
La madre era tornata a esibire la sua solita alterigia. Il ragazzo seccato fece quello che le disse la madre…poi la signora, nuda s’inginocchiò davanti alla testa del figlio di nuovo pigramente steso a terra a fissare il vuoto, attesa di riaddormentarsi. La nobil madre gli disse atona, senza ostilità, e tantomeno affetto:
“Usate l’urina sotto il vaso per pulire la cacca e il sangue dal tappeto…l’abbiam cacciato per colpa vostra! Per farci frizione sullo sporco adoprate lo strofinaccio di poc’anzi… se siete già pulito! Poi sciacquerete il tutto vicino alle macchie coll’acqua profumata del catino…avvolgerete il tappeto e non vi moverete da questa stanza! Stasera ceneremo da sole! Non fatevi vedere a tavola…diremo alla servitù di portarvi da mangiare, e di ritirar il tappeto. Che non vedano le macchie! Trascorrerete la notte qui. All’alba verremo a svegliarvi, siamo intesi?!”
Il figlio non rispose; la madre incalzò di nuovo.
“Siamo intesi?”
“Sì, madre…”
“La macchia deve sparire, capito?! La servitù non deve vederla…”
“Sì, madre…”
“Edoardo, guardateci in faccia!”
Il figlio la guardò; la madre mosse la mano sinistra…
“SCIAFF ! SCIAFF !”
La baronal puttana, incestuosa per sua concessione, tirò due ceffoni al figlio, uno di dritto e uno di rovescio…
“Questi son per la dura sodomia! Ora prendete il vaso e pulite! ”
Edoardo recuperò il vaso da notte pieno della loro urina, e con un intingolo iniziò a frizionare quel tappeto…la madre intanto si rivestì alla meglio, e andò verso la porta. Aperta la quale ebbe una sorpresa, tanto che disse a Edoardo…
“Il nastro viola, Edoardo…”
“Cosa, madre?”
“Il nastro! Non l’avete messo! Pensate un po’ se entrava qualcuno! Maledetto voi!”
“Sì, sì…”
“Slam !”
La donna andò a rivestirsi, quindi si recò in salone per la cena. Edoardo avrebbe cenato da solo, nella camera privata di sua madre…

“Madre, che volete?...aunghhhh…!”
“Svegliatevi dormiglione! Che è quasi l’alba,…su fuori dal letto!...andiamo!”
“Madre…ma non potete salutarla voi, questa persona…?”
“Su andiamo! Avete dormito abbastanza…vi aspettiamo fuori dalla porta. Ricomponetevi, che non saremo soli! E portate con voi un cuscino, dai!”
La madre uscì affinché Edoardo potesse urinare nel suo vaso sotto il letto e si rivestisse. Ci vollero cinque minuti buoni, poi la donna assieme al figlio raggiunsero il cortile interno del castello. Il portone era aperto affinché chiunque di passaggio all’alba potesse entrare per assistere. C’era un tappeto di iuta, un apparecchio di legno piuttosto spartano, e privo di decorazioni: due aste verticali con alla sommità una scure sospesa ad una corda, e il boia a presidiarla. Erano presenti l’avvocato della baronessa Lodovico Sanfedele, il dottor Alfio suo praticante, l’anziano giudice Delcadè che aveva emesso la condanna, il pubblico ministero dottor Pannocchia che l’aveva chiesta, ed un servo generico di nome Giovanni, comunque di turno all’alba quel giorno. L’aria fresca del mattino sembrò gelida al viso caldo di Edoardo, sotto le lenzuola fino a dieci minuti prima…la nobildonna da padrona di casa prese la parola.
“Signori magistrati, vi diamo il benvenuto, e vi chiediamo venia se non vi si offrono sedie. Innanzi alla morte siamo convinte si debba comunque restare in piedi, riservando le sedie alli condannati, e alli preti che li accompagnano. Giudice Delcadè, e pubblico accusatore Pannocchia! Sapete mica quando arriva l’avvocato Malapenna?”
Il pubblico accusatore rispose, illuminando la baronessa sulla mancata presenza dell’avvocato della difesa fino a quel momento.
“Illustrissima baronessa, l’avvocato Malapenna ha già salutato, e confortato per quanto poteva, la sua cliente, ma non verrà per protestare contro la condanna a morte da me richiesta, poiché egli dice che la condannata sia donnina folle, con personalitate infantile, e come tale non sana di mente…in realtà, illustre baronessa, soffre di vomito, e cuore, e assister alle esecuzioni capitali non gli face bene. Trema sempre dopo. Vi ricordo che avete facoltà di commutare la pena nel carcere a vita, anche all’ultimo momento!”
“Ci abbiam pensato a lungo e maturato abbiamo una decisione, anche se…”
La baronessa chiese un parere al figlio, ormai maggiorenne, intervenuto:
“Se foste voi il barone cosa fareste?”
“Ma chi si sta giustiziando? Non vedo niuno…”
“La infanticida Maria di Cesare…ne avete sentito parlare immagino…ha concepito e soppresso, per meglio dire soffocato fino a ucciderli, quattro neonati, frutti di incesto con lo zio in dieci anni…trovati seppelliti nel letamaio in casa dello zio…lo zio era fratello del padre suo, che finché era stato vivo sapeva, ma non s’impicciava…”
“Beh, allora madre consiglierei di procedere…ma lo zio era quello che chiamavano orco e porco e doppio porco?”
“Sì.”
“E dov’è?”
“Forse voi non sapevate, ma il di lei zio, Pasquale, commise pronto suicidio, pugnalandosi al cuore dopo la scoperta de’ li corpicini…si fece cader lui stesso di peso, da sopra contro il coltellone per la carne all’uopo tenuto dritto che qualche istante, quello necessario alla piantata al cuore…quando l’armigeri dopo la deposizione della nipote Maria andarono per arrestarlo mentre si trovava in casa del fratello sposato, lo trovarono agonizzante…”
“Quindi quel bastardo ha trovato il modo di punirsi…ormai dovrà pagare solo lei!”
S’intromise il giudice Delcadé:
“Più che altro di evitare il processo con la giusta punizione, nobile alabardiere Edoardo! V’assicuro che la vostra illustre, e generosa madre reggente, s’interessò al caso. Penso non sia un segreto ormai informarvi che vostra madre pagò gli onorari dell’avvocato suo Malapenna, e le spese del giudizio per un totale di centododici ducati…”
La baronessa precisò al figlio erede:
“In veritate pagammo riservatamente. Soldi buttati! Sarebbe bastato che al processo avesse detto che glieli avea fatti uccidere lo zio Pasquale, per i vicini di casa già noto come orco e porco, e avrebbe avuto il carcere a vita! …ma al giudice lei stessa disse ch’era stata lei tutte e quattro le volte…e il giudice è stato inflessibile, e manco l’appello poté salvarla…”
“Madre, ma se era anch’ella una vittima, non potevate graziarla? …”
“Se l’infanticidio fosse stato uno solo, l’avremmo fatto, ma quattro erano state le vittime, e per quattro la grazia non si può concedere…ma se avete coraggio, ditelo, e la grazieremo immediatamente!”
“Andrà libera?”
“Affatto caro figlio, dal patibolo, al carcere perpetuo…”
Il figlio alabardiere, e futuro erede, si era finalmente svegliato, e pensò fissando il vuoto, ma notò la madre, pensò. Dopo un paio di minuti la madre baronessa gli chiese:
“…e allora cosa volete che facciamo?”
Il pubblico accusatore Pannocchia s’intromise:
“…per la mia esperienza di vent’anni non appare essere di quelle condanne che si possano commutare…è un parere, non un articolo di legge! Non sentitevi vincolati!”
Il giudice Delcadé disse rivolto al ragazzo:
“Giovane eccellenza, la donnina al processo, la possibilità di accusare lo zio l’ha avuta quattro volte! Una per ogni corpicino, anche se il processo è stato unico, data la medesimezza del disegno criminoso.”
“Giudice, ma da che età faceano il sesso d’incesto?”
“Il primo caso all’età di quattordici, poi tutti li altri fino ai ventisei…ora ne ha ventisette!”
Il pubblico accusatore Pannocchia si reintromise:
“Eccellenza, è giusto che sappiate: in un certo senso si è tentato di arrivare ad un esito diverso…per altre vie, non di legge; non dovrei dirlo, ma un guardiano del carcere venne lasciato con lei due ore, acciocché la convincesse…senza farle violenza…due giorni dopo la sentenza…mi vien da ridere a pensare che si era risparmiate le palle, non so se mi spiego…! E si era offerto di metterla incinta, per ritardare l’esecuzione, e col tempo, commutarla forse. Beh, che ci crediate o no, la donnina rifiutò cacciandolo, che di gravidanze abbastanza ne aveva…”
Il figlio erede soppesate le informazioni ricevute disse:
“Baronessa madre, rispetterò la decisione vostra! Quale che sia! Mi rimetto a voi.”
La madre gli spiegò:
“Voi, futuro barone e signore del vostro territorio, come vorreste regolarvi? Alcuno vi costringe! Non sentitevi vincolato!”

- Continua –
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