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Prime Esperienze

...mi sarei toccata sulla spiaggia !-2a parte


di sexitraumer
14.05.2009    |    19.417    |    0 7.4
"Accidenti nonostante i miei e nostri baci era solo grosso, ma ancora molle..."
...la porta si aprì: era Roberto. Era a torso nudo con un paio di jeans e le infradito. Mi sorrise e mi fece entrare. La porta si richiuse dietro di me. Ero dentro in casa di colui che avevo eletto il mio uomo. Gli chiesi:
“Perché non aprivi? Credevo che mi stessi aspettando...”
“Sei qui a sola? O fuori aspetta qualcuno?”
“No, non mi aspetta nessuno fuori per strada, le mie amiche mi copriranno con i miei”
Sentivo dei rumori provenire da un’altra stanza, forse la cucina.
“Stai con qualcuno? Non sei solo?”
“Tu mi hai chiesto un buco no?!c’è la persona che me l’ha portato, fra poco va via...vorrei che tu non lo vedessi in viso...sai, lui si è fidato a portarmela a casa...la cosa che hai chiesto tu!”
“Va bene! E che dovrei fare?”
“Vai in camera da letto. Aspettami lì”
La casa infatti aveva un’altra camera. Mi accompagnò con la sua mano sulle mie spalle. Io mi fidavo. Sentivo il suo calore come amico. Roberto mi dava sicurezza. Non aveva gli occhi cattivi. C’era su un piccolo comodino, ai lati del lettone ognuno, con un’abat-jour modesta, un letto matrimoniale con dei lenzuoli di cotone a graziosi motivi a fiori rossi gialli e verde acqua, e un armadio di legno chiaro. Al muro uno di quei ritratti della Vergine Maria ripresa di profilo con il fazzoletto a coprire i capelli...un ritratto come tanti da quelle parti incorniciato in maniera semplice con del legno economico di colore dorato. Alla sinistra del letto un poster incorniciato con del laminato del posto di mare dove ci trovavamo. Un piccolo crocifisso di plastica giaceva al di sopra dell’interruttore della luce vicino la porta. Il tetto della camera aveva un intonaco crema con il soffitto a volta gotica. Sentivo qualche fastidiosa zanzara ronzare e scomparire a tratti per poi ritornare. Proprio insidiosa. C’era del caldo lì dentro. Mi distesi sul letto cercando di rilassarmi. Roberto, chiusa la mia porta, tornò verso la stanza da cui avevo udito i rumori. Questa volta li percepivo più smorzati. Confabulavano qualcosa, forse il prezzo...la parte mia l’avrei pagata fra poco. I rumori dopo cinque minuti forse non li percepivo più, ma mi accorsi dello scatto della serratura dell’ingresso: lo spaccia se ne era andato suppongo. Dopo un lungo minuto Roberto venne da me. La luce fioca mi faceva apparire più caldo ed intimo il suo sembiante. Il desiderio sessuale mi stava tornando. Mi alzai in piedi e gli dissi:
“Spogliamoci! Ti voglio nudo!”
“Certo.”
Lui doveva solo togliersi i pantaloni e gli slip. Io mi spogliai di corsa: mi tolsi subito la canotta e restai col solo reggiseno. Intanto che lui si era sistemato sul letto, ormai nudo, a sinistra, mi calai i pantaloni. Ero in mutande e reggiseno. Risaltai sul letto, e andai a piazzarmi sopra a lui. Solo dopo aver allargato le gambe sopra la sua pancia slacciai il reggiseno. Le mie zinne erano davanti al suo viso con i miei carnosissimi capezzoli marroni. Nessuna delle mie amiche aveva zinne come le mie. Mi abbassai per baciarlo. Sapeva di sapone e di colonia. Diversi secondi di caldi contatti tra le nostre labbra. Ad ogni bacio allargavo le labbra un po’ di più per incoraggiarlo a schiudere le sue; dopo pochi secondi, annunciata da un po’ di brividi per tutto il mio corpo, feci la conoscenza della sua lingua. Un sapore nuovo per me, finalmente caldo, pieno, e non mediato dalla salsedine...cominciava a toccarmi le zinne per saggiarne la morbidezza, sussultai quando mi sentii cercato e pizzicato il capezzolo destro. L’altra sua mano accarezzava la mia schiena con leggerezza. Ero felice e decisamente ormai sedotta. Roberto ci sapeva fare coi preliminari. Ero arrapatissima. Mi sentivo la fica ben calda dentro quelle mutande che pulite ormai non potevano essere più. La sua mano aveva preso a cercarmi proprio dentro di esse. La sua mano, asciutta, entrò disinvoltamente da sopra. Incontrò la mia vulva umidiccia dal desiderio, e subito cercò di saperne la forma e l’estensione venendone sporcata; tutta la sua mano sulla superficie della mia fica. Mandai un ampio respiro:
“Ahnnnnn!...uh!”
Era il mio benvenuto tra quelle mie carni dolci e scivolose. La sentivo sulle grandi labbra che mi massaggiava. Cercavo di continuare a baciarlo senza staccare le mie mani dalla sua testa. Che mi frugasse! Che mi esplorasse bene ed addentro! Mi lasciai abbassare le mutandine e all’improvviso mi alzai sopra di lui e me le tolsi. Finalmente la mia fica era en plen air tutta per lui...che la guardasse! Che si arrapasse. Accidenti nonostante i miei e nostri baci era solo grosso, ma ancora molle. C’era un solo sistema infallibile per drizzarglielo: il mio cespuglietto intimo sulla sua bocca. Mi fece cenno, e io capii. In tre secondi eravamo nella posizione del sessantanove. Una magica posizione. Allargai le mie cosce sopra la sua testa dove già riuscivo a provare del solletico quando immaginavo ci fosse una bocca affamata del mio sesso, dei miei odori intimi, del mio bagnarsi...se muoveva la lingua, se riusciva a muoverla nonostante la mia peluria folta ci saremmo proprio gustati entrambi e forse sarei anche balzata in avanti. La mia pancia era contratta per la tensione ed un piccolo prurito punzecchiava dolcemente i miei capezzoli a contatto con la peluria della sua pancia mentre cercavo di abbassare la bocca sul suo pisello da erigere ben bene. Tra l’inguine e la mia vulva sentivo il timido solletico delle sue labbra che strusciavano e baciavano i miei lembi di pelle aspettando il momento in cui avrei percepito l’umidità della sua lingua calda. Immaginavo, arrapandomi ancora di più, di sentirmi leccate via le goccette trasparenti della vulva. Io avevo fame di sperma, e di tutto ciò che era maschio. Avevo pure un bel batticuore...Non aspettai i suoi colpi di lingua; dati i miei peli gli avrei dato il tempo necessario, ma la fica desideravo proprio che me la leccasse caninamente. Io e la mia passera il turbo l’avevamo già inserito...Era il momento di decidersi: mi presi in bocca il suo membro. Era caldo e asciutto, profumava di sapone, me lo sentivo crescere tra le labbra; anche il calore di quella pelle delicata carezzava il mio naso che sfiorandolo gli ricambiava le carezze. Quel pisello ero decisa a farlo diventare un cazzo come era stato sott’acqua.
“Ahnn!...uhnnnn!”
“Finalmente! Ah!...uhmfffff,...glooommmm!”
Già, finalmente. Ecco, poco a poco cominciavo a sentire la sua lingua calda dentro la mia fica già in tiro. Me la stava leccando finalmente. Oltre al prurito, che aumentava, sentivo il solletico della punta della sua lingua tesa a contattare le mie carni in quel loro roseo ingresso interno. La sensazione di piacere mi viaggiava lungo tutto il corpo, per poi fermarsi ed irrigidirmi o i capezzoli dei miei seni abbondantini, o la mia lingua pronta sfogare sulla sua cappella. Contavo di bagnarlo a mano a mano che mi insalivava la vulva. Certo, depilata me la sarei goduta di più quella lingua...ma a me piace averlo il pelo! Poverino! Il più delle volte la punta della sua lingua colpiva il mio pelo...cercai di ricompensarlo con il pompino. Mi stavo dando da fare, e ad alta velocità. Avevo cominciato ad afferrargli anche i coglioni. Come mi piaceva sentirli sulla mia mano caldi ad intostare...Avevo saggiato con gli incisivi la durezza dell’asta, e sentito il pulsare della vena cava dell’asta. Il glande lo sentivo nelle pareti molli della mia bocca all’altezza delle guance. Era duro finalmente. Restava solo da farlo restare tale. La mia lingua si muoveva vorticosamente sulla sua cappella, ogni istante “la aggredivo” da una direzione diversa con tutta la superficie della mia lingua. Con la punta della lingua facevo dei passaggi delicati sulla punta del glande dove lui provava la massima sensibilità.
“Uh! Hmmmmmm! sì! ahnnn!”
“aarghh! ml uhm!”
“UH!”
A Roberto tremò la voce, urlò anche un tantino per il piacere (modestamente i pompini li ho sempre saputi fare...) e purtroppo staccò la bocca dalla mia fica, le cui grandi labbra qualche secondo prima si erano aperte alla sua lingua, timida esploratrice delle mie carnalissime morbide cavità intime. Affannava molto anche lui. Non se l’aspettava (e nemmeno io) questa mia abilità. Se almeno ce l’avesse lasciata la punta della sua lingua calda! La mia fica me la sentivo gonfiarsi. Tieni romana! Questo è il paradiso! Studia secchioncina del cazzo! Studia! Fai contenta la prof! Io trombo! Io lo provo il piacere! Quello vero! E fanculo anche a tuo fratello! Gliel’ho fatta vedere e non mi si è filata lo stesso! Cos’è ? Un mezzo frocio?! O pelosa non gli piaceva? mah! Saprà farsi solo le pippe e basta! distolsi il pensiero dai romani e mi concentrai solo sul mio Roberto. Infoiata pensai: ora prendo questo cazzo indurito per bene dalla mia bocca, e mi svergino da sola! Io credevo di percepire un mulinello interno dentro la mia fica anche senza la sua lingua! Dovevo avere una bella circolazione sanguigna in quel momento...Sentii la sua testa seguire il mio bacino quando lo sollevai per cambiare posizione in un baleno. Oggi Angela serviva al suo uomo nientemeno che brodo di femmina. Stava per sollevarsi anche lui, esaltato dalle mie attenzioni, per prendermi i fianchi quando gli dissi di scatto:
“No! Faccio io!...Rimani disteso!”
Volevo godermela la vista di quel corpo che mi aveva tanto attizzata sulla spiaggia. Presi in mano il suo cazzo per un paio di smanettamenti per tenergli l’erezione. Quando fui sicura che sarebbe rimasto dritto almeno cinque o sei secondi prima del contatto con la superficie esterna della mia fica sudata fuori e bagnata dentro, mi scostai io stessa con decisione le grandi labbra della vulva e presa un pochino di mira incontrai dapprima la sua cappella sul mio inguine; la sentivo dura, poi verso l’ingresso...e trovata la giusta inclinazione, mi lasciai cadere a corpo morto sul suo cazzone eretto. Un bell’autoinspadamento, una sorta di harahiri con un palo di carne! Mi feci trafiggere... Il dolore fu istantaneo, puntuale, intenso, come una sensazione di taglio, e una liberazione! Il suo cazzo avanzava dentro di me più addentro, ancora dolore, presi il coraggio di muovermi, su e giù, mi faceva male, piccoli bruciori, ma sapevo d’istinto che più mi muovevo prima sarebbero arrivate le successive ondate di piacere. Ero proprio impalata. Il mio sangue virginale aveva preso a macchiargli l’asta rigida solleticandolo perché se la grattò un pochino per qualche secondo; poi assaggiò il mio sangue dal suo dito. Era curioso, forse ero la prima che lui aveva sverginato in vita sua. Avevo perso la verginità! Quel momento così mitizzato era trascorso tra sudate movenze, e affannosi respiri. Ehi! Stavo scopando, ero decisa a cavare il massimo del piacere. Cavalcavo l’uomo che avevo scelto sulla spiaggia. Cominciavo a sentire il piacere, più la sua cappella dura avanzava liscia dentro di me, più volevo che avanzasse ancora più avanti...Roberto aveva un bel pisellone in tiro, chissà se arrivava a venti centimetri...mentalmente fantasticavo.
“Aprimi, cazzo dai! uh! tutta! aprimi tutta! Sì, sfonda qui! uuuuh! Lo...oh!sen...hnnnn...to!”
Ero stata anche una bella imprudente: senza preservativo. La mia passerotta cominciava a cacciare liquami, piccole lacrime, alcune argentee, lunghe qualche centimetro che scendevano repentinamente rapide dalla mia vagina, per scendere sul suo bacino dopo avergli solleticato l’asta rigida. Ero orgogliosa di bagnare il suo membro eretto col succo del mio sesso. Erano precedute da sensazioni di immenso piacere. Al mio interno contrazioni e rilassamenti ad ondate. Godevo. Anche Roberto, stimolato dalle mie calde scivolosità interne, aveva preso a muoversi. Me lo affondava dentro sempre più duro come se il suo missile volesse sollevarsi verso chissà quali altezze...Tante correntine nervose come un piccolo fascio che si rompeva lasciandole libere di diramarsi mi solleticavano dalla passera al cervello, e poi di nuovo alla vulva; sensazioni brevi, ma intensissime che poche donne sanno provare. Desideravo che gli restasse duro magari una buona mezz’ora. Era chiedere troppo? Per me lo avrei cavalcato anche altre due ore fino a sfinirmi. Sceglievo io stessa la direzione dalla quale essere trafitta. Per questo avevo scelto di stare di sopra io! Il suo palo faceva il suo maschio dovere. Ero stata fortunata. Ero così felice di aver potuto contare su una simile erezione. A Roberto il cazzo funzionava bene! Esaltata cercavo con la mente io stessa il mio punto G senza trovarlo. Tuttavia più volte cambiavo inclinazione, e ne ottenevo altro godimento, finché il palo si manteneva ben duro. Fui fortunata. Il suo cazzo non era mai uscito dalla mia vagina gonfia, bollente, e scivolosa. Stava ben caldo dentro. Godevamo felici.
Avevo anche chiuso gli occhi per godermi più intimamente quell’amplesso da me fortemente cercato ed ottenuto. Quando credevo che avrei dominato io stessa il mio diritto al piacere sentii un’ondatina repentina e sottile all’inizio sia liquida sia di calore; un lungo istante d’indecisione con una nuova piacevolissima sensazione nell’interno della mia vagina, poi proprio un’invasione! Uno due, forse cinque o sei schizzi belli ampi. Dardini caldi che colpivano le pareti della mia vagina in ogni dove. Che vulcano! Proiettilini liquidi che mi sentivo sparati dentro. Roberto aveva sborrato. Non aveva retto a lungo. Sei o sette minuti forse. Pochino. Io avrei voluto durasse almeno il doppio. Mi piaceva. Quegli schizzi veloci, decisi, mi facevano sentire una femmina completa e soddisfatta. Purtroppo la mia fica, essendo io in verticale, restituì quel nettare biancastro abbondantemente mescolato ai miei umori vaginali quasi subito, ormai -ahimé!- raffreddato; dopo pochi istanti scese, non appena il suo cazzo arretrando un po’, lasciava libero un po’ di spazio. Meglio così! Almeno non sarei finita incinta. La mia fica non era più ben tappata...non aspettai che si ammosciasse del tutto. Interruppi io stessa a malincuore quel contatto e stesami sul letto gli dissi:
“Aspetta te lo prendo in bocca un po’...ce n’è ancora un po’ di sborra, dammelo...”
Roberto mi avvicinò il cazzo ed io istintivamente glielo ripulii per bene. Quel suo pisello ancora sporco di sperma, dal sapore amaro e vagamente irritante, tornò pulito, come nuovo, grazie alle amorevoli cure della mia bocca e della mia lingua. Mi sembrava di avere una strana febbre. Potevo placarla solo con il cazzo. Nella mia fica era stato sicuramente bene. Certo, non era durato molto. Sborrò praticamente subito, dopo una manciata di chiavate, però belle ampie. Adesso ero decisa ad andare ben in fondo:
“Ora, gloooommmm, te lo prendo un po’ in booo...occ...aaaaahhh"
“Sì, come sei brava dai...ohhhhhh! Sei divina!...maaaahhh dove hai imparato?”
“...uhmmm!...a scuola!...al bagno del liceo!...in palestra, dopo le lezioni di merda...gloooommm! Uhmmmmmm!”
Avevo preso a rispompinarlo ben bene. Ogni tanto lo mordicchiavo pure!
“Uhmmmm!”- me lo sarei mangiato!
Doveva tornargli duro poiché volevo che me lo mettesse anche di dietro. Sì, proprio dentro i miei intestini. Avrei dato via anche la verginità posteriore. In Piemonte ci sarei tornata solo ben aperta. E da quella sera in avanti avrei fatto del sesso duro la mia unica ragione di vita. Lo avrei fatto solo con veri uomini; non certo con stronzetti intellettuali. Ero esaltata a pensare che quel cazzo che mi era entrato in topa si facesse largo nel mio culetto. Ah ci fossero state le mie professoresse a vedere quanto ero troia!!! I loro mariti mica se le trombavano come venivo scopata io! in quei momenti immaginavo di trombarmi i loro mariti una volta tornata su per farle ben cornute! Poi li avrei dato io i voti! Mamma (e papà) non avrebbero approvato di certo. I miei vecchi facevano quello che potevano per essere all’antica davanti a me. In realtà non avrebbero approvato neppure le mie amiche di lì. Pensavo a una, dieci, mille cento cose che non c’entravano niente tra di loro...intanto andavo avanti ed indietro, su e giù con la bocca su quel cazzo da ridrizzare. Col pompino ce la mettevo tutta. La stessa quantità di sborra che si era riversata nella mia fica la volevo nel di dietro. Ci dovevo lavorare parecchio sul suo cazzo, sfruttare il momento buono finché la stanchezza non fosse sopraggiunta. In quei momenti di crasso piacere mi immaginavo un’esaltata attrice pornografica, -perché no?- pensavo -e se un servizio porno lo girassi veramente quando torno su? Magari una volta sola! All’epoca non c’era internet in cui postare la foto. Il web era poco più che neonato. Bisognava avere il coraggio di prendere un appuntamento con una redazione di un giornale porno, o quantomeno procurarsi una polaroid per gli autoscatti con la maschera. Il cazzo cominciavo di nuovo a sentirlo duro sulle labbra, amaro tra il palato e la lingua dove raccoglievo qualche goccia poco densa e irritante, e vellutatamente caldo sulle mie narici che lo strusciavano...era quasi il momento: stavo per perdere la verginità del mio culo. Ero agitata un pochino e ciononostante, quando mollai (a malincuore) quel membro duro, mi piazzai in un istante alla pecorina. Se voleva scostarmi le natiche, il mio ano era a disposizione...Roberto capì quando iniziai a toccarmi la passerina umidiccia. Roberto, dopo avermi afferrata, amorevolmente mi scostò entrambe le natiche un paio di volte e valutò – credo – l’estensione del mio buchino da sfondare. Mi infilò il medio nel retto senza tanta gentilezza e dissi:
“Ahi!”
“Lo sapevo! senti non è che lo vuoi di nuovo in fica? magari te lo prepari meglio la prossima volta ”
“Macché preparazione! Inculami dai!metti pure l’altro dito!su dai!”
Le dita nel mio culo erano diventate due, medio e indice, che mi scavavano dentro. Il mio ano cominciava a capire quanto e come doveva allargarsi. Roberto continuò diversi secondi facendo entrare il doppietto da direzioni diverse. Sapeva come esplorarmi ed allargarmi lì. Le mie chiappe tremavano più o meno come le mie cosce, al cui interno sentivo una correntina dalla pelle ai muscoli vicino l’inguine e la vulva. I miei muscoli cosciali erano pronti a contrarsi. Se mi avesse impalato la fica in quel momento sarei prorotta in un’alluvione di piacere...mentre il buco che avevo affidato a lui era un altro. Immaginavo che la cappella grossa e dura mi avrebbe dato ben altro dolore che il semplice, pruriginoso fastidio delle due dita...Il momento in cui mi penetrò forzando venne all’improvviso. Mi ero appena accomodata il cuscino sul viso per aspettare meglio il dolore. Prima un pruritino del contatto della cappella contro il mio sfintere, poi un lungo attimo di vuoto, ed ecco! Fu inesorabile, intenso, tagliente...mi sentivo disorientata e rabbiosa:
“Ecco prendi!...”- con un unico colpo di reni me l’aveva piazzato dentro per metà almeno.
“Sì! Hu! Hu! ahi!cazzooo! Faaa maaaale!porca!”
Il suo cazzone era entrato, sverginata anche lì adesso! Roberto mi aveva aperta come volevo io! Avevo preso a respirare affannosamente mentre quel membro virile si faceva strada tra le mie carni tutt’altro che molli.
Stava avanzando lentamente. Il mio petto era tesissimo e sudato per la tensione. Il mio culo dovette convertirsi, soccombere, a quell’ingombrante presenza che voleva avanzare di maschia prepotenza. Se solo avesse preso a muoversi più veloce avrei provato a godere analmente. Speravo tanto che l’orgasmo anale non fosse un mito. Che ci fosse qualcosa di vero, anche se le fitte dal mio ano in poi dicevano il contrario. Intanto il diritto a quel godimento di dietro me lo stavo guadagnando col dolore. Qualche mia amica più grande, su da noi, me ne aveva parlato...intanto il dolore aumentava...mi avevano parlato del rapporto anale e del godimento singolare che dava alle donne. Secondo me di singolare c’era che il godimento lo dava solo agli uomini! Secondo alcune mie amiche (di su) una donna non è una donna completa se non ha dato anche il culo...Solo dolore. Non osavo muovermi troppo per paura di aumentare il dolore e il bruciore. Quell’intruso non sarebbe uscito tanto presto. Il mio Roberto se la stava godendo. Lo avevo invitato io stessa a farlo. Chiudevo gli occhi in una smorfia di costrizione. Se continuava così avrei pianto, e con ragione! Non sapevo che fosse così duro il rapporto anale. Ora il servizio pornografico non avevo più tanta voglia di girarlo, neppure nella mia fantasia...ormai il mio sfintere doveva essersi infiammato tutto. Speravo che almeno il momento della sborrata fosse, almeno quello, un momento dolce. Non riuscivo a voltarmi, ma le sue palle sbattevano contro il mio inguine; era il segno che il cazzo del mio uomo ormai era entrato tutto. Lo sverginamento posteriore era completo. Di buono c’era che la sensazione di dolore si stava attenuando. Era riuscito ad avanzare. Ora se rimaneva agganciato bene, e si muoveva un po’ avrei iniziato a godere dietro un pochino. Non mi lamentavo troppo. Ero stata io stessa a volerlo. Roberto non mi aveva fatto alcuna violenza. I minuti passavano, ed in vita mia scoprivo che mi dovevo veramente impegnare con tutte le mie forze per sopravvivere a quel carico da undici nel mio retto. I miei visceri si muovevano e si contraevano insieme ai suoi sussulti facendomi provare la paura di venire aperta a squarcio; qualche piccolo benessere lo provavo durante queste scossette. Niente di paragonabile a quello che era successo nella topa. In altri momenti mi sembrava che avrei sputato lo stomaco. Accidenti bisognava essere delle pazze esaltate per apprezzare il rapporto anale. Dare il culo, orgasmo posteriore, tutte leggende, tutte stronzate! Faceva male e basta! Lo stavo sperimentando ora, di persona. Non sentivo più nemmeno le sue mani a presa sui miei fianchi. Sentivo solo il suo cazzone! Mentre cercavo di abbassare un po’ il bacino...ehi! Mi sembrò di sentire una massa tiepida, poco calda, in movimento, che mi inondava dentro. Per lui era, immagino, il momento culmine; per me un momento arrivato inaspettato, e per niente esaltante. Nella mia fica il suo sperma l’ho apprezzato; nel retto no. Fortunatamente Roberto aveva goduto abbastanza presto anche qui. Il clistere era ancora in corso. Inarcai ancora di più il bacino. Volevo un servizio completo.
Affannavo sollevata, ancora un minutino di intimità, poi quel suo cazzone valoroso avrebbe abbandonato le mie carni in fiamme. Il bruciore post coito non lo avevo calcolato...Roberto alla fine dopo sei-sette schizzi tolse il suo pisellone ancora grosso, ma stremato. Non osavo immaginare cosa fosse diventato il mio retto. Avevo visto come cambiava aspetto in alcuni film hard guardati con i miei amici a casa loro “fumando” e toccandoci un po’ tra di noi... Istintivamente, non appena libera, andai dolorante e sudata verso il bagno e mi feci subito la doccia, anche a rischio che fosse fredda; fortunatamente ce n’era ancora di calda. Lasciai scorrere l’acqua su tutto il mio corpo sperando servisse a darmi del sollievo anche nel culo dove ero tutta un dolore ed in certi momenti nemmeno me lo sentivo più. Sudata e sfinita, ma soddisfatta. Questo sì! Avevo dato sfogo alle mie curiosità. Una vera scopata, di vero sesso duro senza pietà...la doccia la feci di sola acqua poiché usando il doccia schiuma ero convinta che l’irritazione del sapone dietro mi avrebbe fatta saltare (Roberto usava un doccia-schiuma rinfrescante)...dopo aver scaricato tutta l’acqua calda (ormai scendeva solo quella fredda) chiusi tutto, e mi asciugai con un asciugamano trovato lì. Tornai da Roberto con l’asciugamano avvolto sul corpo che mi copriva seni e bacino. Non so quanto tempo trascorse. Mi rilassai guardando il soffitto e chiusi pure gli occhi per qualche minuto. In quella luce giallastra quello che volevo era solo quiete. La quiete però venne rotta dal rumore di un accendino e dal fumo acre che andò a stimolare le mie nari...comodamente distesa nel letto e scaldata dall’asciugamano e dal corpo di lui chiesi a Roberto:
“Ne daresti un po’ anche a me?”
“Angela, ma perché fumi?”
“Per il piacere che da la sigaretta no?!”
Ci fumammo in silenzio la medesima sigaretta; aspiravo dopo di lui.
“Angela!”
La sigaretta non mi faceva pensare all’ano che mi bruciava tutto arrosito.
“Sì?”
“Adesso vado io al bagno!”
Roberto si allontanò con la sigaretta privandomi del fumo per usare lui il bagno. Quando tornò avevamo entrambi finito di fumare. Roberto aprì la finestra per cambiare l’aria.
“Tira la tenda! E se mi vedono?”
Roberto, benché ancora nudo eseguì. Non ricordavo bene, né allora, né oggi, ma per un attimo mi è sembrato che facesse con lo sguardo cenno a qualcuno all’esterno. Non ci diedi peso. In quel momento nuovamente rilassata, reputando che avessi ancora un’ora di margine, mi preparai per il buco che avevo chiesto:
“Vai a prendere l’eroina, me la inietti, e se vuoi mi scopi ancora, ti prego non nel culo, non più lì per stasera! te lo dico prima perché non so se sarò cosciente...me lo prometti che non m’inculi di nuovo?”
“Sai Angela, quando parli dimostri più anni di quelli che hai...ma quanti ne hai?”
“me lo prometti?”
“Sì, te lo prometto...senti perché non lasci stare il buco così mo’ che mi riposo ne facciamo un’altra”
La scopata l’aveva gradita; era inutile che gli rispondessi; piuttosto gli diedi il mio braccio per l’iniezione di eroina. Volevo sballarmi, e di brutto. Ero calma, ma dentro mi era tornata la stessa agitazione di prima dell’inculata. Ero al mio primo vero buco. Roberto stette via un paio di minuti. Li impiegai a carezzarmi la vulva che mi faceva ancora un po’ male per via del rapporto veloce. Dovevo carezzarla con cautela, anche se avevo goduto tantissimo, come mai fino a quel momento. Non c’è ditalino che possa eguagliare un cazzo caldo e duro ben piazzato dentro. Tornò con l’eroina e una sola siringa; mi disse che era quella per me. Lui non amava prenderla.
“Senti Angela! Tu me l’hai chiesta ed io te l’ho procurata! ma ora ti chiedo ancora di rinunciare! anche se ti sembrerà strano io sono di quelli che non la vuole, e non la prende!”
Ignorai questa sua micro paternale da due soldi (di solito me ne frego se la prendi o non la prendi...), ed indifferente gli dissi:
“è buona?”
“Sì è roba buona! Non è sintetica!...ma perché non lasciamo perdere? Anche se l’ho pagata non ha importanza, la venderò a qualcun altro...allora la butto”
Fece per metterla via, ma lo trattenni decisa.
“Butti un cazzo!”
“Sei sicura di volerla provare? Non è per l’età...è che poi, dopo sarai una donna diversa”
“E vai!allora dai! Su!”
Per me non faceva nulla, dato che volevo provarla...cominciai a stringere il pugno del braccio destro, rivolto verso di lui; mi piazzò rassegnato il laccio emostatico ben stretto e la mia vena venne fuori. Continuavo a stringere il pugno nuda mentre lui, nudo pure, preparava la dose tagliandola con il limone e riscaldandola con un accendino regolato a fiamma lunga tenuta con maestria al di sotto del classico cucchiaino. Tre minuti dopo, presa una boccettina di acqua distillata preparò la mia dose. La siringa era pronta: appoggiò l’ago e me lo spinse dentro il braccio teso verso di lui; la mia vena lo accolse. Ero pronta per il successivo piacere. Doveva essere una dose molto leggera. La sensazione di benessere mi pervase sì, ma sentivo ancora un certo contatto con la realtà. A tutt’oggi non ricordo granché: solo una grandissima sensazione di leggerezza, mi sembrava di galleggiare nell’aria di vedere il mio corpo che veniva rigirato più volte, mi sembrava persino di volare. Ero caduta nella stupefazione, ma sentivo ancora le sue mani che mi toccavano delicatamente in tutto il corpo. Ero tornata come bambina quando venivo lavata dai miei genitori. Quando il mio pensiero andava a loro era come se dormissi per delle ore e nel sogno stesso mi risvegliassi ristorata; Tra le pochissime cose che posso ricordare durante gli sprazzi di coscienza era che Roberto mi leccava la vagina con molta dedizione. A posto della sua lingua era come se avesse una bacchetta magica. La sua lingua veloce, avanti e indietro lungo lo spacco della mia vulva. Mentre la mia stupefazione continuava mi stese sul letto anche nella posizione del missionario, quella posizione che noi donne assumiamo di continuo e mi venne sopra tutto; i nostri corpi erano tutt’uno; chiusi gli occhi; l’ultima cosa che gli avevo visto fare era stata massaggiare dolcemente la mia fica. Quasi sicuramente però me l’aveva scopata di nuovo. Il suo viso si deformava, diventava annebbiato, non riuscivo a vedergli gli occhi. Una piccola parte di me reagiva con pochissima coscienza. Allargavo le gambe con dolcezza per favorire la sua penetrazione. Non sentivo dolore grazie alla droga. Mi sembrò che fosse entrata anche un’altra persona, maschio o femmina non saprei dire. Anche questa persona mi baciava, leccava tutto il corpo mentre ero presa da Roberto; mi palpeggiava per poi frugarmi nella fica. Potei sentire che mi stavo bagnando di nuovo. Riuscii a sentirmi i capezzoli succhiati famelicamente, ma da chi? Non appena me li stringeva un pochino era come se un missile lasciasse quella parte del mio seno. Le mie sensazioni erano contrastanti. La seconda persona era reale o immaginaria? Le mie sensazioni erano ancora reali? Mi accorgevo improvvisamente che avevo un dito che mi frugava nell’ano, oltre una lingua salivosa tra le pieghe della mia vulva. Ero felice di venire adeguatamente “cercata”; la seconda mano era come se agisse con molta gentilezza. Immaginai o vidi un’allucinazione: tutto il mio clitoride trasformato in una dura asta eretta, - allora – pensavo - avevo il cazzo anch’io!- tutto stava a saperlo trovare, svolgere...ah se le altre donne lo sapessero! in realtà quella che credevo di vedere era la mia clitoride succhiata dalla seconda presenza che, indistinta, andava avanti e indietro, su e giù con la lingua...e succhiava...succhiava...per me solo il benessere più totale, piacevole, avvolgente. Quelle leccate mi impedivano di addormentarmi del tutto e mi facevano anche colare la passera; o almeno credevo di sentirla colare...se rilasciavo i muscoli del bacino sentivo solo cedimento e rilassamento. La seconda persona mi allargò le cosce ed entrò in me. Non saprò mai se entrò con un cazzo, qualcosa di fallico, o la propria mano. Poi chiusi gli occhi già annebbiati, e cercai di farmi avvolgere dalla quiete. Ero senza peso. Come se volassi senza sapere se ero a pancia in giù o in su. Non aveva molta importanza e non distinguevo il giù dal su: semplicemente quei concetti non avevano più senso né io avevo voglia di un riferimento specifico. Volavo e capriolavo quanto mi pareva, mi sembrava di poter percorrere centinaia di metri con un unico salto...se volevo saltare di cinquanta metri? Bastava desiderarlo. Viaggiavo tra acque chiare, rosse, verdi, e blu, stelle, pianeti coloratissimi, mi facevo baciare il sesso da una lunghissima foglia colore indaco, entravo nuda dentro un fiore giallo per essere investita dal polline, ne vedevo spuntare altri intorno a me...vedevo me stessa nuda con le gambe ad X adagiata su di un umida grande e morbida tiepida foglia verde curva, sempre più ripida seconda della curvatura del mio corpo. Non avevo appigli. Ero leggerissima, il ramo che leggeva la foglia non si sarebbe spezzato, ma sentivo che sarei scivolata presto verso il basso , o era l’alto?...un grande sole che non mi accecava e tutto all’improvviso ruotava intorno a me, rapidamente. Il paesaggio verde ed azzurro. Poi rosso, giallo, bianco...blu: era il mare che ruotava? E dal mare venivano fuori balene che poi volavano, volavano lontano. All’orizzonte si formava una grande onda blu scura pronta a schiantarsi, ma dove? E se la grande onda mi avesse travolto? Scelsi di volare via...La spiaggia era piena di persone; non riuscivo a fissarle tutte. Avevo le ali per volare al di sopra di loro per poi precipitare sempre più veloce fino a sentire del caldo sulla mia faccia, no la mia guancia, e che scosse! Mi sembrava di capitombolare...il mondo non voleva fermarsi,...mamma! Mi ha guardato! Mi ha guardato! Una luce, no! Un tunnel, rosso, un fuoco con una spirale che si allargava sempre di più, cerco di correre verso la luce, il mio corpo è sospeso, sembra fermarsi, sono sempre nuda, precipito, il buco si allarga. Che odore! Solo ora mi accorgevo di possedere anche un odorato. Le mie narici irritate da qualcosa. Un odore pungente. Il mondo intorno a me è fermo, solido, grigio. Sono fuori! Sento delle voci. Ci sono persone, uomini arancioni, ma anche neri, luci; sì mi sembrava di vedere delle luci anche se molto sfocate, quelli neri hanno un bel cappello con una...sì! Quella è proprio una fiamma d’argento...diamine! Ma quelli sono proprio...non ho il coraggio di dirlo alla mia mente di nuovo sulla Terra non troppo volentieri. Era così bello dall’altra parte. Sono legata in una barella di metallo, degli uomini rossi sono accanto a me. Uno mi mette delle mollette al dito e pure alla caviglia. Sento un suono distinto; sì, è un coso elettrico che sorveglia il cuore, una sensazione di movimento, il rumore di una sirena, partiamo? un uomo, sicuramente un infermiere, mi proietta la luce sulla pupilla destra, poi sulla sinistra. Ora metto a fuoco. Sono dentro un’ambulanza; perché? Ero sul letto di Roberto...a casa di Roberto...che ci faccio qui! Vedo una piccola fetta di cielo notturno con le stelle. Lo sento dire:
“...pupille dilatate,questa è fatta!”
In sottofondo riconoscevo la voce familiare: l’avrei riconosciuta tra milioni di voci: quella di mia madre che, agitata, parlava col personale sul posto. Non mi voltai a guardarla. Non ne avevo il coraggio né comprendevo il significato delle loro parole. Tanto ero intorpidita. Mi stavo risvegliando. I suoni li sentivo più chiari. Le parole tornavano ad avere un significato.
“stia tranquilla signora, siamo intervenuti in tempo, non è in pericolo, ora la portiamo all’ospedale per accertamenti”
Poco prima che chiudessero gli sportelli dell’autoambulanza sentii uno dei carabinieri che avevo intravisto all’apertura degli occhi sulla panchina dire che dovevano venire a casa nostra per prassi, poi i miei ricordi di quella sera si fermano qui.



Giorni dopo mi dissero che venni trovata alle tre di notte stesa su una panchina vicino il lungomare vestita com’ero uscita, ma priva di conoscenza da una pattuglia di carabinieri di ronda; hanno detto che profumavo di sapone, sembravo fresca di doccia. Non avevo tracce apparenti di violenza su di me. E grazie! Roberto doveva avermi lavata nelle parti intime durante la mia stupefazione, dopo la seconda scopata con lui e mister, (o miss ?)...X. Immaginai che mi aveva ( o mi avevano?) trasportata incosciente fuori dalla sua casa, e deposta su una panchina. Il mio ricovero in osservazione durò i classici tre giorni. Rovinai le vacanze alla mia famiglia. Mi chiesero se ricordavo di aver fatto sesso, e dissi che non ricordavo di averlo fatto. Non so se mi credettero, ma non avendo su di me tracce di violenza fisica non insistettero più di tanto; ovvio ! Se ero stata lavata, tracce di sesso ne avrebbero trovate poche visto che io stessa mi ero lavata e riposata prima del sesso col buco... Roberto e X dopo essersi soddisfatti sul mio corpo mi avevano rilavata e con dosi abbondanti di sapone! Non saprò mai cosa veramente fecero col mio corpo. I medici del pronto soccorso volevano almeno sapere chi mi aveva dato la roba dato che il buco sull’avambraccio la sua traccia l’aveva lasciata. Insistetti a dire che non ricordavo nulla...(per parte mia, mi ero almeno un po’ divertita e felice di essere tornata tra i comuni mortali). Naturalmente quella sera stessa i carabinieri perquisirono la nostra casa e rivoltarono i nostri bagagli mentre ero in ospedale a smaltire gli effetti del buco. Le mie amiche per ovvi motivi non si fecero vedere, né io le coinvolsi. Conclusero che la droga me l’ero procurata fuori, presso terzi, ignoti. La psicologa non se la sentì di insistere (non ero certo la prima che si bucava). Mio padre fece un giro di telefonate, e dopo che gli avevano fatto firmare delle carte, fatto a me una predica sull’uso degli stupefacenti ed i pericoli a cui mi esponevo, finalmente mi dimisero. I miei genitori mi riportarono su da noi in Piemonte. Forse un colpo di testa da parte mia lo avevano messo nel conto. Non infierirono. Non mi rivolsero la parola per tutta la durata del viaggio. Non parlarono molto neppure tra di loro quando erano davanti a me. L’anno dopo non scendemmo nonostante avessi studiato duro, anche se con mediocri risultati (sapete, volevo rifarmi un’immagine davanti a loro); la maturità stessa la feci abbastanza di merda, e venni mandata via con la sola sufficienza. Di Roberto non ne seppi più nulla, né lo cercai più...tanto non ce l’avevo con lui, né mi mancava. L’abbandono su di una panchina pubblica non glielo potrò mai perdonare veramente. La colpa in realtà era stata soprattutto mia. Non avrei dovuto chiedergli quell’inutile buco, quando di nuove sensazioni, anche intense, la vagina ed il retto me ne avevano date così tante. L’anno dopo ancora le mie amichette che mi avevano “perso” quella sera con me furono molto fredde, nonostante ci fossimo sentite abbastanza tra telefono e cartoline durante l’anno. Non mi chiesero mai cosa avessi combinato. Era come se non lo volessero sapere. Col tempo capii che mi dovevo cercare altre compagnie. In fondo trovarmi un uomo non mi era stato difficile; figuriamoci un ragazzo.


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