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Prime Esperienze

Salve Terra, qui Koona 7a p.


di sexitraumer
23.01.2012    |    4.431    |    0 9.6
"Avrei presto lasciato i pannelli grigi a scorrimento ed i vetri doppi che mi proteggevano dall’ostile atmosfera di Titano..."
Mario provò a prendere Johanna fra le cosce. La donna non gradì il paragone con quelle donne a cui faceva da assistente spirituale sulla nave mineraria. Si ritrasse da lui staccandosi. Gli mollò un ceffone ben dato di dritto su viso di lui, che capì di averla insultata gratuitamente. Si portò la mano alla guancia colpita, e provò a sorridere beffardamente alla donna che si era allontanata da lui, e gli disse con naturalezza e fermezza rimanendo eretta:

“Lo faccio per Koona. Ti sfoghi con me, e lasci stare lei. Intesi?”
“Intesi! Avvicinati!”
“Toccami! Prenditi il tempo che vuoi! Senza fretta. ”

Chiariti i limiti del rapporto si avvicinò a Mario perché iniziasse a la toccarla nuovamente.

“Ti piace vero?!”
“Ahnnnn! Non te lo prenderò in bocca Mario! Puoi starne certo! E metti il profilattico. Ahnnn!”

L’uomo le aveva preso la vulva, e gliela stava massaggiando cercando un bacio, più per abitudine che per convinzione. Johanna scostò la guancia evitando di guardare Mario negli occhi. Non aveva voglia di intenerirsi con un uomo, anche se la stava stimolando al piacere sessuale. Rimase in piedi di fronte a lui per un quarto d’ora nel quale non andò oltre una garbata masturbazione manuale per favorirgli l’erezione del cazzo. Continuava a scostarsi se lui cercava di baciarla. Provò a leccarla sul collo. Johanna si scostò di nuovo.

“No!”
“E dai … !”
“No. E ti prego, non succhiarmi i seni.”

Mario tra lo spazientito e l’eccitato domandò:

“Posso spremertele un po’?”
“Non stringere. Non ho intenzione di scoprirle. Non aspettare me. Quando arriva il tuo orgasmo godi! Accoglierò il tuo seme se userai il preservativo.”

Erano passati tanti anni dal suo ultimo innamoramento, ed era stata ingannata dal suo primo e unico marito. Si sarebbe lasciata prendere senza partecipare emotivamente per scaricare i suoi istinti, ed evitare che cercasse me, molto più giovane di Johanna. Ma desiderabili lo eravamo entrambe, anche se lei portava i capelli corti senza un taglio particolare a metà strada tra quello militare e la pelatura. In certe zone della testa i capelli di Johanna non superavano i tre millimetri a occhio. Sentendo il suo racconto fui sul punto di piangere per quanto ero stata stupida. Stavo cominciando a voler bene a quella povera donna; anche se restava colei che voleva sopprimere il mio Rasputin. Le chiesi freddamente:

“Gli hai offerto il tuo sesso ?”
“Mi sono stesa sul tavolo e gli ho detto di fare quel che doveva. Gliel’avrei data per un’oretta o poco meno. Mi raccomandai che non mi succhiasse i capezzoli. Era un livello d’intimità che non volevo concedergli. Mi sono lasciata prendere senza abbracciarlo o baciarlo. Il mio corpo nudo dalla pancia in giù, sotto il suo. ”
“E lui ?”
“Mi ha presa e scopata. Dopo un po’ mi ha chiesto di voltarmi, e di mettere solo il petto contro il tavolo. Voleva il mio posteriore dopo la vagina, che passione i maschi per il di dietro! Perché non lo provano loro? E così ho fatto. Per lo meno non lo dovevo vedere in faccia!”
“E ti sei lasciata amare ? Hai avuto l’orgasmo anche lì?”

In questo ero curiosa. Io l’orgasmo rettale non ero sicura di averlo provato. Solo una sensazione meno spiacevole da un certo momento in poi. Johanna ignorò la mia domanda inopportuna.

“Koona, aiutami a rialzarmi e accompagnami al bagno.”

Aiutai Johanna a camminare lentamente. Si era ricomposta rialzandosi i pantaloni per coprire il suo sesso. Io ero ancora nuda, ma l’avevo voluto io, e non me ne importava. Johanna mi spiegò:

“Non partecipavo. Respiravo veemente per dargli un po’ di soddisfazione e scaricarlo. Purtroppo il mio di dietro volle sentirlo al naturale … non ho avuto il tempo di ribellarmi per il coito anale a pelle!”

Mentre ascoltavo il racconto di Johanna immaginavo la scena con la mia fantasia in base alle parole di Johanna; più o meno doveva essere andata così: dopo essersi steso su di lei ed averle leccato la sua grande vulva (per lo meno in confronto alla mia) per dei minuti procedette a penetrarla. Johanna si sforzava di non godere per quei colpi di lingua del giovane che io sapevo molto abilmente dati ( per lo meno alla mia). Mi disse di aver parlato di alcune cose pertinenti al sesso di quei momenti per non pensare al piacere che stava provando:

“Ahnnn! Non la insalivare maiale! Ahnnn! Non temere, si bagnerà quando sarà il momento. Ahnnn! Per favore, ahnn! Vedi se puoi evitare di lecc … ahnnnnnn … are il clitoride, ahnnn no! No! Ahnnnn!”

Johanna ottenne l’effetto contrario chiamandolo maiale. Mario sentendosi stuzzicato aumentò gli assaggi del sesso di lei fino a quel momento ritenuto inviolabile visto che era una religiosa sposata col suo Dio. Essendo Mario essenzialmente ateo o semplicemente egoista pensava solo a se stesso ed a come “annunciarsi” a quella nuova vulva più anziana di lui e di quella della sua Lauren.

“Uhmmmmm! Se non ti lecco lì non mi si drizza per bene Johanna. Che bella donna che sei Johanna! Yuuuum, uhmmmmm, sluuuuuuur!”
“Porco ! Ahnnn! Ti prego sul clito no! Non devo godere io …”
“Allarga meglio!”

Mario sollevò le cosce di Johanna che non si oppose, e fattosi lo spazio per la sua testa fece aderire tutta la sua bocca alle grandi labbra di quella vulva boscosetta di sopra e non del tutto glabra di sotto. Insalivò ben bene le sue grandi labbra di una tonalità più rosse rispetto al resto del sesso; umidì bene le pieghe del suo spacco longilineo e quando carezzò con la lingua il suo meato urinario Johanna tremò tutta quanta. Le scappò un urletto, ma continuava a rifiutarsi di guardare Mario. Non lo avrebbe mai baciato.

“Uh!”

Gli occhi di Johanna stavano cambiando posizione spesso come pure la sua testa. Johanna compiva un certo sforzo per separare la sua vagina dal resto del corpo, almeno mentalmente. La donna cominciava a non controllarsi più. Tremolava e sussultava, sforzandosi di non ricambiare a Mario alcuna emozione. Non collocavo nel tempo quegli episodi. Passavano davanti alla mia mente sfumati e chiari ad un tempo. Erano cose avvenute prima del nostro incontro, quello di me e Mario. Il giovane pilota staccò la faccia bagnata dalla vulva di lei e si abbassò i pantaloni elasticizzati sotto le palle; tirato fuori il suo membro in tiro, vi infilò un fine guanto cilindrico trasparente ed aderente, pari pari alla superficie esterna del cazzo. Protetto, centrò rapidamente la vagina di quella discreta donna di una quarantina di anni, che gli si era offerta con dei limiti. Johanna ne ebbe un sussulto dal basso ventre, fino al mento. Benché la sua vagina apparisse di discrete dimensioni cedette al membro di lui cambiando di forma dilatandosi con naturalezza. La vagina di Johanna era generosa in dimensioni, e poté accogliere il membro virile di lui per intero. Allargava le gambe come poteva per non ostacolare quell’uomo avendogli promesso unilateralmente un po’ di quel riposo del guerriero. Johanna mentre il membro grosso di lui le invadeva il sesso entrando ed uscendo, teneva gli occhi fissi al soffitto, e le braccia e le mani aderenti al tavolo senza abbracciare Mario. Il giovane pilota si muoveva dentro di lei con tutto il suo vigore fisico tenendo strette nella mano le zinne generose di lei coperte dalla maglia. Solo i capezzoli annunciavano la loro eccitazione facendo risaltare la forma attraverso il tessuto. Il contatto intimo con la vagina di lei era quasi pieno. C’era il condom tuttavia. La vagina di Johanna fece il suo dovere: si scaldò, si gonfiò, e tutta bagnata, sempre di più, offrì le sue piacevoli scivolose pareti al cazzo dritto e duro di lui che le sbatteva dentro il suo glande violaceo. In sei minuti di sbattimento Mario poté sparare il proprio sperma nell’utero della donna indifferente che si accorse della sua venuta rilassandosi senza allargare più le cosce se non per favorire l‘uscita del membro di lui. Le scappò una carezza alla nuca di quell’uomo che dopo tutto l’aveva fatta godere ricordandole che era una donna, una femmina e poi, solo dopo, una religiosa votata al sacrificio.

“Vuota tutto Mario! Ecco la mia vagina! Sei dentro! La senti?”
“Ahn! Sì! Ahnnnnn! Ahnnnnn! Ahnnnnn!”

Mario le sparò dentro l’ultimo schizzo che finì tutto nel serbatoio del profilattico poco avanti il glande. Johanna freddamente dimenticando la carezza alla nuca di lui gli disse:

“Se hai finito esci! Hai goduto.”
“Tu no?! A me è sembrato che ti piacesse!”
“Non ho goduto. Tu non mi fai godere. La mia vagina ha risposto ai tuoi stimoli! Tutto qui! Tra noi due non ci sarà mai niente!”
“Ma va …”

Mario aveva sfilato il suo membro che ormai si stava rimpicciolendo.

“Togliti quel profilattico e mettine uno nuovo se vuoi un altro rapporto. Tra qualche minuto sarò di nuovo pronta.”

Mario ancora eccitato dalla singolare ospitalità di lei che non lo guardava mai in viso raccolse subito l’invito. Da donna seria Johanna sapeva che non si sarebbe accontentato di un solo amplesso.

“Sì ne voglio un altro!”

Johanna si alzò dal tavolo, ne discese, e andò a prendere un tovagliolo sterile. Lo bagnò sotto un po’ di acqua e sterilizzante dalla consolle dell’infermeria, e si lavò la vulva e le cosce senza curarsi di Mario che era nell‘intervallo refrattario. Si voltò per non far vedere a quell’uomo la delicata fase della pulizia del suo sesso, e forse per un riflesso di pudore. Mario vedendole il culo al naturale la prima volta la palpeggiò subito pizzicandole le natiche abbondanti di lei anche se tendevano a cascare verso il basso. Johanna non era certo una top model anche se di pelle a buccia di arancia ne aveva abbastanza poca. Mario mise la mano destra di taglio lungo l’avvallamento delle natiche per scendere verso il suo ano con le dita facendo capire alla donna cosa voleva per il secondo orgasmo, non appena avesse “ricaricato le batterie”. Continuava a toccarla pienamente. Nessuno si presentava in infermeria a disturbare. Dato che Johanna gli si era offerta decisa in cambio del suo impegno a non toccarmi non trovò niente di strano nei tocchi invasivi di lui. Ormai le aveva parzialmente introdotto il medio nella cavità anale aspettando la sua reazione. La donna gli disse:

“Cerca una pomata, e lubrificalo prima.”
“Dove la trovo la pomata?”
“Non so. Cerca nei cassettini verdi …”

Mario si mise a rovistare fino a quando tirò fuori un tubetto anonimo con una marca adesiva bianca. Guardò la scritta, e vide che era vasellina. Era stato fortunato. Sarebbe andata più che bene. La mostrò a Johanna che annuì. La donna si mise contro il tavolo appoggiandosi sui gomiti, e porse il suo enorme deretano verso Mario. L’uomo le scostò le natiche, e guardatole l’ano, cominciò a mettervi sopra la pomata; poi utilizzando il polpastrello dell’indice fece dei movimenti tutto intorno al centro. Prese dell’altra pomata e la piazzò al centro e naturalmente v’introdusse il dito più volte per favorire la lubrificazione all’interno del retto. Johanna lo lasciava fare senza lamentarsi limitandosi a guardare le tendine dell‘infermeria tirate al chiuso quando vi erano persone dentro. Quando lui finì la donna rassegnata ed indifferente afferrò distesa sulla pancia il lato opposto del tavolo e disse all’uomo:

“Drizzatelo da solo! Poi entra dentro, e fa il tuo porco comodo! Non dimenticare il guanto! Non voglio le tue malattie!”
“Non sono malato Johanna!”

Mario si prese il cazzo in mano più volte e, continuando a guardare quel culo abbondante ancora morbido e burroso di lei, si eccitò in pochi minuti. Gli venne grosso. Johanna era stata nella sua freddezza abbastanza materna nel concedersi. Chissà che Mario non stesse dando fondo a qualche sua inconfessabile fantasia incestuosa con una donna più grande di lui. Strusciava la cappella nell’incavo delle natiche di lei; tutto sommato due bei cocomeri ovalizzati! Quando valutò che fosse abbastanza duro violò l’ano di lei in un solo colpo. O per fretta, o per furba malignità, aveva dimenticato il condom. Johanna ebbe una smorfia improvvisa che le deformò il sembiante del viso poggiato alle pareti del tavolo, e strinse il bordo del tavolo con le mani per smaltire il dolore che stava provando. Il retto di Johanna si rivelò abbastanza cedevole. Mario lo poté infilare tutto quel suo missile carnale. Poi iniziò a muoversi. Inculava Johanna che chiudeva gli occhi dal dolore smorzato senza troppo respirare. Preferì il silenzio mentre l’uomo le invadeva il retto. Aspettava solo che finisse soffrendo per il suo uomo come qualunque donna, solo che Mario non era il suo uomo, seppure qualche fantasia inconscia doveva averla avuta pure lei. Magari io ero stata solo un pretesto. Volle sentire sulla pelle il tiepido retto di quella donna ormai arresasi alla sua veemenza mascolina. Le prese i fianchi dopo averle alzato un po’ la maglia. Si sbatté il culo di Johanna secondo la sua preferenza del momento. Si muoveva un po’ meno veloce di come lo aveva fatto nella vagina poco prima. L’uomo disse delle cose a Johanna:

“Dì qualcosa ! Ah! Ah! Ah ! Che bel culo che hai Johanna! Ah!”
“Fai! Uh! Ahi!”
“Solo ahi? Dimmi qualcosa Johanna, se no non mi eccito, devi dirmi qualcosa ah! Ah! Ah!”
“Pensa a scopare, ahi! Ahi! Ahi!”
“Dai che ti piace sotto, sotto … uhhhhhhh! Chissà quante potrei farmene nel tuo convento … ”
“Sei un imbecille. Uh! Ahn! Pensi solo a te stesso. Uh! Godi! Qui ormai è tutto tuo! Ahi! No! Ahi! Che male! Ahnnn! Maledetto farabutto, uomo schifoso!”
“Ahhnnnnn!”
“Ahnnn, Ahi! Ahnnnn, ahnnnn! Ahi!”

Johanna prese a respirare ad alta voce per eccitarlo, e caricarlo. Prima veniva, prima sarebbe finito quel rapporto innaturale. E alla fine Mario venne. Le aveva preso i seni già schiacciati sotto il tavolo sollevandola un poco. Fu rapido ad infilare le mani sotto la maglia di lei. Nel momento in cui sentì sul palmo della mano i seni caldi della donna, quella loro pelle vellutata, la turgidità di quei capezzoli che la donna gli aveva negato, Mario non seppe contenersi. Il suo bacino aveva accelerato il ritmo di battuta. Stringendo i capezzoli di lei, tra le dita indice e medio di ciascuna mano che avvolgevano i rispettivi seni, trovò la sensazione che cercava e, quando il prurito sulla punta del glande aumentò oltre ogni limite, l’uomo capì che era quello il momento! Strinse i seni al massimo e le sparò dentro i visceri contratti di lei il primo schizzo, poi il secondo, il terzo …
In tutto erano stati meno di dieci e chi lo sa? Forse più di cinque. La donna chiuse gli occhi dalla stanchezza o forse dal disgusto per la mancanza del profilattico. Dall’ano di lei uscì un po’ della bianca linfa di Mario. L’uomo si stava accasciando su di lei che pronta lo prevenne:

“No. Niente appoggio. Esci, che devo ripulirmi … stavolta direi che abbiamo finito visto che non ti sei messo il guanto. Bastardo!”
“Ahn! Stai tranquilla Johanna! Non sono malato!”

Johanna stava finendo il proprio racconto. Eravamo l’una di fronte all’altra.

“Mi ha fatto sentire sporca in quel momento! Ho accondisceso solo perché volevo che non ci provasse con te! Vi ho visti al nostro primo incontro come lo hai guardato!”
“Ho visto che sei svenuta poco fa quando ti ha preso i seni …”
“Ho pianto anche prima in silenzio! Quando mi sono concessa, mi ha preso i seni al culmine della sodomia. I miei seni li concedevo con tutto il cuore a quel fedifrago di Frank, il mio primo e unico ex- marito! Dopo la separazione non me li sono più fatti toccare da nessuno! Koona! Mario non ama le donne! Se le gode perché è bello, e poi le ripone via ! Sei stata una stupida a concederti! Comunque se veramente eri consenziente vedrò di aggiustare il rapporto. Andiamo a lavarci adesso! Speriamo che Greg dorma ancora.”
“Dormirà sicuramente, Mario mi ha confessato di aver narcotizzato anche lui.”

Raccolsi i miei vestiti indossandoli alla meno peggio. Praticamente avevo infilato solo la fusciacca superiore per coprirmi le braccia ed il petto dato che mi accorgevo di sentire freddo. Umilmente silenziosi i miei fedeli droidi ci seguirono fino al bagno. Dunque il computer non mi aveva ancora tolto il controllo personale di quei nanetti acefali tuttofare di latta, magnesio, e silicio con le braccia metalliche. Urinammo a turno. Poi decidemmo di aspettare per la doccia a pochi metri da noi più avanti che finisse Mario dato che Johanna non aveva voglia di incontrarlo. Finché ero con lei ritenni opportuno non incontrarlo nemmeno io. Restammo dentro la stanza da bagno senza uscire in corridoio dove ci aspettavano i fedeli droidi senza niente da fare.

“Con me ci è andato leggero col narcotico o col sonnifero. Comunque mi ha svegliato la vescica … poi udendo i vostri rumori animaleschi vi ho trovati!”
“Mi dispiace Johanna!”
“Ti dispiace … ”

A me, tranne la scena della violenza di rappresaglia di lui a quella donna, non mi era dispiaciuto affatto il sesso, compreso quello duro. Mario sapeva essere violento, anche con una donna, ma a me continuava a piacere. Era un bell’uomo tutto sommato. E per un po’ di intimità con un bell’uomo un po’ di dolore si sopporta. Pensai di cambiare discorso:

“Vuoi che ti aiuto con la doccia? É tutta automatizzata; sai usarla Johanna?”
“Tranquilla, me la caverò. Anzi sai che ti dico ? Falla prima tu.”

Rimanemmo a parlare del da farsi per il mattino successivo che, forse, stando alla rotazione del nostro satellite ospite, era già arrivato. Johanna non nominò mai il mio cane, ma mi parlò del poco spazio a bordo della Pegaso, concepita come capsula multiruolo e di salvataggio. Di norma era tri posto mi disse, ma era stata modificata per questa missione. Ascoltavo attenta. Il discorso su Rasputin si poneva per implicito. Io però non abbassavo la guardia fino a che non fosse stato chiaro che Rasputin (che dormiva nella mia stanza) non si toccava per nessun motivo. Venimmo interrotte da Greg. Lo avevamo svegliato. Erano le cinque e cinquantasei secondo gli orologi a muro. Mi coprii il sesso davanti a quell’uomo così diverso da Mario e comunque molto simpatico. Ci parlò da fuori la porta.

“Scusate se vi disturbo, ho visto Mario. Mi ha chiesto di domandarvi se ci sono antidolorifici qui alla base.”

Per quel che ricordavo in quel momento c’erano. Io stessa avevo avuto dei mal di testa quando stavo per avere il ciclo. Dissi da perfetta padrona di casa ai droidi che erano rimasti fuori vicino a Greg:

“Droidi, portate un blister di antidolorifico. Sono numerati zero otto nove; Locale infermeria.”

Uno dei droidi vi si recò immediatamente dopo essersi consultato in pochi istanti col computer di sorveglianza che autorizzò la richiesta. Greg seguì il droide per lasciarci un po’ di privacy anche se il bagno era unico. Non c’era quello delle donne. Mario aveva un dente rotto e gli stava facendo male. Johanna commentò:

“Forse ho esagerato con quel pugno!”
“Direi.”
“Ho visto quel suo membro dentro il tuo retto, e non ci ho visto più! Gli avevo già concesso il mio a quel bastardissimo maiale!”

Mentre finimmo di parlare tra di noi il droide portò un blister di compresse di quelle che prendevo io. Richiamai Greg e gliele diedi da dietro la porta perché le portasse a Mario che se ne era tornato rimesso a nuovo in officina di manutenzione dove avevamo consumato il nostro incontro da clandestini. Greg tornò dopo un po’ e disse da fuori la porta:

“Se avete finito con la toilette, dovrei usarlo io il bagno adesso.”
“Oh certo Greg! Voltati un attimo, e resta voltato finché non siamo andate via, per cortesia.”

Johanna era vestita, ma io sotto la fusciacca con cui mi coprivo le spalle ero ancora nuda. Le mie natiche avrebbero attratto comunque, come pure il mio pelo. Greg si voltò, ed uscimmo entrambe dirigendoci verso il locale docce. Il droide conoscendo la procedura era andato nella mia stanza a procurare la biancheria di ricambio. Rasputin ne approfittò per uscire a cercarmi. Non gli fu difficile trovarmi. Gli bastò seguire il droide con gli asciugamani. Fece le feste ad entrambe, anche se Johanna si sforzò di ignorarlo. Uscita dalla doccia, mi asciugai e presi in braccio il cane che mi scodinzolava tra le gambe. Johanna mi disse:

“Sei pulita di doccia e ti risporchi col cane! Sei incorreggibile Koona!”

Johanna cominciava a riassorbire il trauma di qualche ora prima. Era tornata una rompipalle. Poi entrò nella doccia dove finì di spogliarsi. Gli dissi:

“Se vuoi darmi gli indumenti li faccio lavare dalla lavatrice, e asciugare nell’essiccatoio. Tra mezz’ora saranno come nuovi. Basta che aspetti qui.”

Johanna dopo pochi secondi aprì la porta. Era completamente nuda. Mi diede i suoi abiti sporchi con un sorriso. Poi richiuse la porta semitrasparente opaca. Vidi tutto il suo corpo. Snello e regolare. Aveva dei seni stupendi. Quella donna faceva palestra, o controllava la dieta o entrambe le cose. Posso capire Mario che si era rassegnato a stringerglieli attraverso la maglietta all’inizio, per poi prenderglieli nudi non appena l’occasione fu per lui favorevole. Johanna era una bella donna. Io non ero certo lesbica. Ma una moglie con quelle forme a quell’età quale maschio non la vorrebbe?! Solo che il marito di Johanna era la pura Trascendenza, quel suo Dio di cui sapevo ancora poco essendo figlia di due atei. Sulla nave avremmo avuto il tempo di parlarne della Trascendenza. Affidate le sue vesti ai droidi mi sedetti ad asciugare i capelli con phon. Da quello che potevo sentire Johanna non sapeva usare i programmi automatici. Si lavava di persona. Restò sotto l’acqua venti minuti. Dopo una decina di minuti il droide tornò con gli abiti puliti ed asciutti. Johanna non mi aveva dato le sue mutande. Uscì dalla doccia e mi chiese un asciugamano. Gli dissi che poteva asciugarsi con l’aria calda e le indicai il pulsante. Un mio rapido gesto accese il dispositivo. Perché mandasse l’aria calda bisognava che la porta rimanesse chiusa. Dopo tre minuti Johanna uscì completamente nuda ed asciutta. Le dissi:

“Hai dimenticato di darmi le mutande. Aspetta che te ne faccio portare un paio di quelle di mia madre.”

Johanna mi rispose con naturalezza ed indifferenza:

“Grazie, ma non occorre. Metterò direttamente i pantaloni. Tanto sono opachi.”
“Come vuoi.”

Ci rivestimmo entrambe. Portando i capelli molto corti con Johanna il phon elettrico non fu necessario. Uscimmo dalle docce vestite. Io con la biancheria intima, lei con la tuta di missione. Andammo nella mia stanza per finire di vestirmi. Infilai anche io la tuta di soggiorno. Johanna aprì la sua valigetta. Credevo contenesse i veleni per Rasputin, per cui sgranai tanto di occhi. Johanna vedendomi tesa mi disse:

“Prendo solo le mie mutande di ricambio. Puoi chiudere la porta Koona?!”

Con un mio gesto la porta a pannello scorrevole si chiuse. Johanna si calò di nuovo i pantaloni e indossò il suo ricambio intimo. Poi si reinfilò i pantaloni. Allo stesso modo si tolse la maglietta e prese un reggiseno della sua misura. Lo indossò e si rimise la maglietta. Poi chiuse la valigia. Io l’avevo osservata seduta sul letto. Con un cenno ai sensori della porta la feci riaprire. Johanna mi disse:

“Che vuoi fare adesso ? Prepariamo la colazione ?”
“Senti, vorrei andare a vedere come sta Mario. Io non ho litigato con lui e dovrei parlargli. Non farò sesso con lui, te lo prometto.”
“Ormai! Immagino che sia per concordare la protezione di Rasputin, vero?”

Non risposi niente. Johanna era una donna intelligente.

“Va pure. Johanna non è un ingrata! Ti lascerò portare il cane. Non lo sopprimerò, puoi stare tranquilla. Di al signor Van Brenner di dare prima un‘occhiata alla capsula del cane, quella che ha costruito tuo padre. Secondo me il filtro per il ci o due non ce l‘ha.”

Io ed il cane ci recammo in officina. Mario che adesso Johanna chiamava “il signor van Brenner” si era collegato con un laptop computer alla Pegaso, la capsula che ci attendeva a trenta km da noi. Chiesi a Mario cosa stesse facendo e lui senza distogliere lo sguardo dallo schermo di quel laptop:

“Non è la check list esterna, però almeno sto controllando che la nave sia ancora lì.”
“Può spostarsi?”
“Per niente al mondo, sulla Terra! Qui però siamo su un planetoide col meteo imprevedibile, e le piogge corrosive. Fuori ci sono centottanta sotto zero ed il carburante di decollo non vorrei si attivasse da solo con qualche fulmine!”
“Può succedere ?”
“Solo in teoria.”
“Sarà fredda la capsula?”
“No, è riscaldata da batterie al plutonio. Adesso è a cinque gradi al suo interno. Quando partiremo comanderò di aumentare a ventuno gradi. Il resto lo faremo noi con la nostra presenza a bordo.”
“Fa ancora molto male la mascella?”
“Sì, Johannna è stata dura.”
“Anche tu. Però l’avevi già presa, così ha detto lei.”
“E allora?”
“Ma davvero ti ha venduto il suo corpo perché non ci provassi con me?”
“Sei tu che mi hai cercato. Questo Johanna non lo ha calcolato.”
“No. Lo aveva immaginato invece! E te l’ha data perché non ci provassi con me!”
“Sì, me l’ha proposto questo patto.”
“Ma ti piace Johanna ?”
“Non è male. Non è così fredda come ha voluto apparire. Il suo sesso era caldo …”

Lo interruppi con la più ovvia delle domande:

“Sono meglio io, o lei?”

Mario non si scompose, ma neppure volle pronunciarsi:

“Sei qui per un’indagine di mercato?”

Era chiaro che era in imbarazzo. A quel punto avendo visto di persona la foga con cui aveva “punito” Johanna gli ricordai il nostro patto:

“No. Sono qui per ricordarti che hai promesso di proteggere il mio cane.”
“Ho promesso e mantengo. Vuoi lasciarlo qui ?”
“No. Johanna, che adesso ti chiama il signor Van Brenner, ha suggerito che tu dessi un’occhiata alla capsula del cane. Quella che sta là sopra, la vedi?!”

Gliela indicai. Lui annuì.

“Dai uno sguardo ai filtri del ci o due ha detto.”
“Ok.”
“Allora vado a far colazione. Tu vuoi niente ?”
“Niente grazie. Devo aspettare che quelle pillole facciano effetto. Sono blande.”
“Mi dispiace Mario. Prova con due. Sai una cosa?”
“Quale?”
“Secondo me tu Lauren non la sposi. Non so, ma sento che sarà così. A te piace Johanna.”
“Tu come fai ad esserne certa?”
“Certe cose noi donne le sappiamo vedere.”

Andai in sala riunioni. Greg aveva fatto la doccia anche lui. Era ancora in accappatoio e parlava con Johanna in corridoio. Non volli ascoltare i loro discorsi, e chiesi al computer di predisporre la per la mia colazione. Il nostro ultimo mattino qui alla base era appena iniziato. Mentre consumavo i miei lipidi in soluzione acquosa con dei lieviti di questa base mi guardavo intorno. Avrei presto lasciato i pannelli grigi a scorrimento ed i vetri doppi che mi proteggevano dall’ostile atmosfera di Titano. Guardai dalla finestra che dava sul panorama. Gli anelli del giallo Saturno erano sempre lì ad occupare l’orizzonte. Fuori pioveva, e potevo vedere i fulmini titaniani. Venni aggredita da un senso di angoscia: e se qualche fulmine avesse colpito la Pegaso ? Beh poco male! Saremmo rimasti lì. Certo ci sarebbe stato il problema delle disponibilità alimentari. Un conto è mantenere una sola persona, ed altro conto è provvedere per quattro. Il computer di sorveglianza una soluzione l’avrebbe comunque trovata. Chiesi ai droidi un vassoio supplementare da portare a Mario che si teneva a prudente distanza da Johanna. Ormai la fame doveva essergli venuta, anche se non era facile mangiare con un dente rotto. In realtà volevo sapere che soluzione aveva escogitato per Rasputin. Gli portai il vassoio senza affidarmi ai droidi. Aveva esaminato il filtro del ci-o-due che aveva costruito mio padre. Mario, avendo visto che ero venuta a trovarlo portandogli la colazione mi disse:

“Il filtro può andare bene un paio d’ore, non di più.”
“Cosa si può fare?”
“Bah! Aggiungere un altro filtro ci farebbe perdere solo altro tempo, e ti assicuro che non ce lo possiamo permettere.”
“E allora cosa?”
“Semplice: ogni due ore devi aprire la capsula per far uscire l’aria viziata dall’anidride carbonica.”
“Tutto qui?”
“No. Aggiungerò un paio di cinture di sicurezza. Il cane dovrà restare legato dentro una volta nella Pegaso. Non possiamo permetterci di farlo fluttuare senza gravità! Toccherebbe i comandi. Tu ogni due ore gli apri la capsula, e basta!”
“Va bene! E quando dormo?”
“Ci penserò io. Stai tranquilla.”
“Già. Senti, qui c’è la colazione.”
“Grazie.”

Tornai in sala riunioni. Trovai Greg e Johanna che mi stavano aspettando seduti al tavolo. Greg aveva un olobook ed una penna elettro-ottica simile a quelle che avevano i miei qui alla base:

“Vieni Koona, avvicinati.”
“Cosa c’è?”
“Dobbiamo parlare. Ci sono cose che devi sapere.”
“Eccomi.”
“Prima di tutto siediti qui, accanto a Johanna …”
“Allora, come comandante di questa missione la Compagnia armatrice della Micenea 7 mi obbliga ad avvertirti dei rischi che correrai dal momento in cui metterai piede nella Pegaso.!”
“Rischi? Che rischi?”
“Fammi finire, che te li dico: la compagnia ti avverte che il decollo del modulo Pegaso modello 3 con propellente chimico è rischioso; e nel due per cento dei casi può concludersi con un’esplosione. Potrebbero esservi anche perdite di dimetil idrazina asimmetrica, una sostanza i cui vapori uccidono in pochi istanti. Verrà però tutta consumata al decollo. Nave Pegaso naviga in sicurezza solo nello Spazio extra-atmosferico, dove verrà acceso il motore a microfusione nucleare. Lasciato Titano accenderemo il propulsore per un giorno terrestre, ossia ventiquattro ore. In quarantotto ulteriori ore arriveremo sulla Micenea. Esiste la possibilità che tu venga investita dai neutroni che si generano durante la fusione. Per una protezione efficiente la compagnia suggerisce che i membri dell’equipaggio mantengano la tuta di esplorazione esterna. Inoltre nave Pegaso è riscaldata da batterie al plutonio utilizzanti la fissione nucleare pressoché spontanea di quest’ultimo. La compagnia ti avverte che esiste la possibilità che tu venga esposta a radiazioni. Ti dico personalmente che c’è la schermatura. Comunque tu t’impegni a non rivalerti civilmente sulla compagnia per somme superiori a settantamila crediti in caso tu prenda patologie legate alle radiazioni da fissione.”

“Cosa vuol dire ?!”
“Che se prendi una malattia per colpa del nucleare da fissione a bordo la compagnia è tenuta a risarcirti con i settantamila crediti previsti dalla legge. Detenendo per ragioni propulsive materiale di uso nucleare è comunque tenuta ad un risarcimento nei limiti fissati dalla legge; somme superiori t’impegni a non richiederle, eccettuato il caso di colpa grave della compagnia, o di un suo dipendente che ne ha la rappresentanza.”

S’intromise Johanna:

“Ma Greg, cosa vuoi che ne sappia lei di diritto spaziale ? E poi è una naufraga. Se non firma la lasciamo qui ?”
“Non so che dirti Johanna, è la procedura, credo.”
“Non sei un avvocato Greg, sei un ingegnere…”
“Comunque Koona, ha detto il comandante che dovresti firmare questa roba!...della fissione nucleare per il mantenimento del calore interno la Pegaso non ne può fare a meno, mi dispiace. Magari ho interpretato male le norme, non lo so più…beh se vuoi firmare, se no poi se ne riparlerà a bordo!”

Interruppi Greg per chiedergli:

“Ma che stai dicendo? Io non posso firmare niente. Sono minorenne, me l’ha spiegato Miss Dera!”
“Lo so. Firmerà Johanna per te. Io però devo esporti le cose in maniera che tu le capisca; prima o poi ti parleranno del concetto di consenso informato …”

Greg mi parlò di come sarebbe stato il viaggio. Mi parlò dell’accelerazione g al decollo. Dell’effetto fionda di Saturno per raggiungere la nave. Una volta sulla nave nessuno poteva obbligarmi a lavorare per pagarmi il viaggio, ma dovevo accettare integralmente e senza riserve il regolamento di navigazione della nave. Anche per quanto riguardava Rasputin la cui esistenza a bordo sarebbe stata precaria fino all’arrivo sulla Terra. Greg concluse:

“… allora Koona, hai compreso quello che ti ho detto ?”
“Sì, direi senz’altro di sì.”
“Sicura ?”
“Sì.”
“Allora direi che Johanna che si è assunta la responsabilità della tua custodia una volta a bordo della Pegaso, può firmare l’atto per lei e per te. Sei d’accordo Koona?”
“Sì, ho detto sì.”

Johanna disse:

“Dai qua Greg.”

Johanna prese la penna elettro-ottica e appose la sua firma digitale sull’atto caricato nell’olobook di Greg; quindi glielo restituì.

“Bene, con questo direi che potremmo prepararci per lasciare la base. Vado da Mario a vedere che sta facendo ancora lì in officina. Ormai le batterie del TM dovrebbero essere cariche.”
“Se vai da Van Brenner digli di raggiungermi in infermeria se il dente gli fa male. Sa lui di cosa parlo …!”
“Come vuoi Johanna.”

Incuriosita chiesi a Johanna perché avesse riconvocato Mario.

“Ho visto che ci sono ottimi antibiotici. Se non sono scaduti posso togliergli la radice in un’oretta e potrà pilotare senza il mal di denti. Un uomo col mal di denti è pericoloso.”
“Posso assistere ?”
“Se lui te ne da il permesso sì. Tanto ormai siete intimi … bah! Andiamo in infermeria. Lo aspetteremo lì. Il cane resta fuori, intesi ?”

Andammo in infermeria. Mario ci raggiunse dopo un quarto d’ora. Johanna gli disse:

“Sieda lì signor Van Brenner. Esaminerò la radice rotta.”

Mario sorrise senza salutarla. Si sedette sulla sedia estensibile. Johanna, anche se non era una dentista, vide che danno gli aveva inferto. Si accorse che un pre molare era rimasto scoperto, rotto, ridotto al livello della gengiva. Johanna gli propose di toglierlo e basta. L’anestesia c’era tra i farmaci della riserva. Gli praticò l’iniezione sperando che l’avesse saputa fare, poi si rivolse a me:

“Koona, vedi se c’è un estrattore, cioè una sorta di pinza, tra i bisturi dell’infermeria.”

Accesi le comunicazioni con l’infermeria e chiesi al computer se c’era un estrattore. Dopo trenta secondi il computer comandò l’estrazione di un tiretto metallico dove c’era l’estrattore. Johanna commentò che bisognava sterilizzarlo. Il computer suggerì il comparto ad ultravioletti. Intanto che l’anestesia prendeva si poteva deporre lo strumento nel “friggitore”. Johanna fu d’accordo. Durante l’attesa Johanna mai una volta rivolse la parola a Mario a cui vedevo si stava gonfiando il viso tutto intorno al punto anestetizzato. Quando mamma mi esaminava i denti mi parlava della cura della bocca e di come funzionavano gli anestetici. Mi ricordai di chiedere a Mario se sentiva del prurito. Me lo confermò annuendo. Non riusciva però a scandire bene le parole. Perfettamente normale. Johanna aspettò ancora una decina di minuti nei quali coccolavo Mario e Johanna se ne era accorta. Un paio di volte mi guardò di traverso nel caso cominciassi a sedurlo nuovamente. Rimanevo accanto a lui tenendogli la mano. Johanna si sforzava di non guardarci ed io per tutta risposta gli dissi che non sarei uscita. Sarei rimasta per assisterlo moralmente. Poi trascorso il tempo che aveva stabilito, vedendo che Mario aveva la mascella gonfia, disse:

“Apra la bocca signor Van Brenner!”

Premette con la punta metallica dello strumento chiedendogli:

“Fa male?”

Mario disse di no muovendo il capo. Johanna ripremette un’altra volta e Mario non ebbe alcuna reazione apprezzabile. Gli presi la mano e me la poggiai sul grembo. Johanna non si curò del mio gesto concentrata sulla bocca di Mario e sulla radice da asportare. Ripose lo strumento e si mise i guanti sterili. Prese l’estrattore e lo infilò nella bocca di Mario afferrando la radice martoriando ovviamente la gengiva di lato. Cominciò a tirare:
“Proviamo a farlo venire via! Koona!”
“Sì?”
“Tienigli la fronte inclinata verso dietro. Tienilo fermo.”
“Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa”
“Ancora un po’.”

Johanna tirava dopo aver chiuso la presa. La radice sembrava che non ne volesse sapere di staccarsi. Johanna cercava di restare salda di nervi e di non maltrattare troppo Mario. Ma doveva comunque usare un po’ di rudezza. Mi accorsi in quel momento che aveva anche dei muscoli efficienti. Del resto pensai con quel pugno che gli aveva inferto qualche ora prima …

“Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa.”
“Ecco… direi che viene … così … bene! Si muove poco però …”
“Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa.”

Johanna provò con uno scatto di avambraccio, ma non ottenne il distacco del dente. Riprovò:

“Aaaaaaaaaaaaaaaaa.”

Continuavo a tenere la testa di Mario nella posizione che indicava a gesti Johanna, che cercava di non spazientirsi. Tirò fuori la pinza, e riprovò a riafferrarlo, per poi tirare.

“Aaaaaaaaaaaaaaa.”
“Vediamo così! … uhmmmmmfff … no, fermo! … ecco dai che viene ! …dai che viene!… fermo ! ”
“Ah!”
“Eccolo!”
“Ahhhhh.”
“Finito!”

Mario aveva finito di sudare freddo. La sua fronte sembrava aver ripreso la normale temperatura.
Dopo un minuto di trazione Johanna riuscì ad estrarre quel che rimaneva del suo dente. Uno schizzo del sangue di Mario la colpì sulla maglietta, ma non vi fece caso. A Mario tornai a tenergli la mano. Johanna gli disse:

“Quando si riprende sciacqui con lo sterilizzante signor Van Brenner! Si ricordi di prendere gli antibiotici. Koona, informi tu il computer ?”
“Sì.”


-continua-

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Commenti per Salve Terra, qui Koona 7a p.:

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