Racconti Erotici > tradimenti > Odette: oui je suis putaine, 4a parte ( il forno di mastro Giuseppe)
tradimenti

Odette: oui je suis putaine, 4a parte ( il forno di mastro Giuseppe)


di sexitraumer
08.10.2013    |    6.974    |    0 9.4
"Così per fortuna li vide la bambina..."
“Bartolo, fila a lavarti le mani, che dobbiamo mangiare fra poco, che torna anche tuo padre per la mezza ! Che poi fili a bottega, che fai lì i compiti, muoviti !”
“Ma io i compiti di scuola sapete che li faccio a casa, madre !”
Il ragazzo senza accorgersene, dopo lo sgomento iniziale, non staccava gli occhi da Odette, la nuova arrivata…pronta la signora Addolorata:
“E oggi li fai a bottega ! Fila!”
Decisamente, la signora Addolorata, non era tanto contenta che una sì disinvolta donnina, ormai non più tanto innocente come era loro apparsa quel mattino, fosse di tentazione al suo unico figlio maschio, al quale a tempo debito, avrebbero trovato una moglie che facesse per lui; certo non una donna di malaffare così maschia a condurre il calesse, e così bella tentatrice tra le pareti domestiche, e poi il maggior difetto era che sapeva stirare meglio di lei stessa, la matrona di casa…Il ragazzo andò in giardino a lavarsi come ordinato dalla madre, che rivolgendosi alla ragazza le chiese, gentile ma ferma:
“Odetta, vorrei chiedervi di mettere il vostro vestimento, se volete venire a tavola, se non è chiedervi troppo…”
“Le vêtement ? Oh, oui ! ”
Odette approfittò della relativa assenza del giovane Bartolo per indossare la sua veste femminile ben esibendo le fattezze del suo corpo; dopo pochi secondi aveva un aspetto più consono a quello di una donna a tavola. Anche il ragazzo, dopo aver lavato le mani ed il viso, era tornato accomodandosi a tavola in attesa del piatto del giorno: cicoria ed indivia bollite, con salsicce come carne. L’anziana matrona andò a dare un’occhiata alla pentola rimestando il tutto con una cucchiara di legno, poi recatasi verso una giara prelevò quattro friselle, che sistemò dentro un piatto ciascuna. Il loro pranzo sarebbe stato frugale; ovviamente Addolorata era decisa a perder meno lire possibile di quelle che la sua ospite le aveva già dato. Col bere fu più generosa dato che riempì prendendolo da una giara una brocca intera di vino bianco. Apparecchiò per quattro dopo aver avuto cura di bagnare con un due nappi d’acqua ogni frisella in vista di un suo successivo uso in abbinamento al piatto di verdura e salsicce. Nel frattempo, mercé il rumore caratteristico degli zoccoli dei loro due cavalli, la signora, e prima di lei Bartolo, s’erano accorti che era tornato anche Giuseppe dalla bottega; un’auto-licenza per il pranzo che avrebbe consumato a casa propria senza il lavorante, né il garzone ai quali aveva lasciato di che mangiare. Giuseppe varcando l’uscio ebbe il buon gusto di salutare prima la moglie, poi Bartolo, quindi di nuovo Odette che gli sorrise di rimando. Giuseppe scambiò con lei delle battute di circostanza, ottenendo di tenere sua moglie Addolorata sul chi vive:
“Vi si-e-te tro-va-ta be-ne qui da noi Odette ?”
“Oh, oui, assez bien ! Votre femme m’a vendu les culottes, les siens, pour trois lires.”
Odette fece il segno del tre con le dita.
“Culottes ? E che cosa sono ? Tre lire dite?”
Addolorata s’intromise e disse, dato che ricordava cosa le aveva venduto per tre lire:
“Le ho venduto un paio di mutande del mio corredo, che in casa sembra solita non portarne, e son certa nemmeno fuori; comunque abbiamo guadagnato altre tre lire marito ! Ma voi tenete a bada i vostri sogni ! Chiaro ?!”
S’intromise Bartolo:
“Volete dire signorina che voi le mutande non le portate mai ?”
“Guère ! Ou, disons près de jamais ! J’aime rester libree en dessous !”
“Non capisco l’idioma vostro signorina…che vuol dire guèr, o quell’altra parola giaméndessù?”
“Guère c’est à dir:…no molta; près de jamais quasi…quasi mai; io, no molta, moi quasi mai mette les culottes ! Io ama resta con libertè sot-tò ! Compris ?”
Odette gesticolando si spiegò, e Bartolo, che aveva colto alcune interessanti implicazioni o conseguenze pronto le disse, secondo la sua esperienza di piccolo stradaiolo che quando era libero dallo studio spiava le prostitute del paese con gli amici suoi:
“Ma poi se si vede tutto, come fate ? E come mai non vi battono siccome puta li armigeri delle ronde ? Quelli la sollevano la gonna alle donne della strada, e se non vogliono essere portate al casermaggio per la frusta, che così la legge dice se sporcano lo decoro della strada, quando son giovani le…insomma…fanno ! Le prendono là sul posto, e certi soldatacci pure due con una sola ! Li ho visti così fare colle pute, sapete Odetta ! E io paura avrei a sapervi battuta…o…fatta !”
Addolorata s’intromise prima che la conversazione prendesse una piega indesiderata visti gli argomenti toccati disinvoltamente da Bartolo:
“Bartolo ! Mannaggia a te e agli amici tuoi tutti ! Quelle parole nella tua bocca non stanno bene punto ! Non importunare oltre la signorina Odetta ! E aiutami ad apparecchiare in tavola, avanti !”
Il signorino Bartolo, zittito ed imbarazzato, aiutò la madre a metter le posate ed i piatti in tavola, poi mentre sua madre era impegnata nel servire i singoli piatti, andò a piazzarsi accanto alla nuova ospite biondina. Del resto era nell’età in cui si cominciavano a guardare le donne, ed a desiderare d’averle accanto. La madre pronta lo riprese:
“Chi ti ha detto che potevi accomodarti ? Alzati ! E vatti a mettere lì, accanto a tuo padre !”
“No ! Voglio sedere accanto a Tetta !”
“Si chiama Odetta, non Tetta ! Fila, pria che t’arrivi un bel ceffone ! Su !”
“No !”
Addolorata a quel punto s’alterò:
“Bartolo !”
Il signor Giuseppe intervenne in qualità di capofamiglia con diritto alla…penultima parola:
“Suvvia moglie ! Sarà anche ora che conosca il mondo ! Mica possiamo castigarlo sempre ! Vorrà soltanto conoscerla un po’ meglio…alla sua età è normale !”
“Signor marito, voi…”
Mastro Giuseppe, deliberatamente provocando sua moglie, disse all’adolescente, da qualche tempo ex pargolo di casa:
“Bartolo vieni ! Piazzati dove sono io ! Avanti ! Che se vuoi far conversazione con una donna hai da restarle di fronte, e non accanto…dai !”
Odette ebbe per sé tutto il lato maggiore, il che le consentiva di tenersi a debita distanza da Addolorata a capotavola; l’altro lato maggiore l’aveva Bartolo, quindi suo padre Giuseppe più vicino a sua moglie. Le porzioni vennero assegnate in maniera egualitaria; Giuseppe fece il segno della croce, quindi lui, sua moglie, e Bartolo in un più o meno coordinato coro di preghiera ringraziarono Iddio per il pranzo messo insieme anche quel giorno; Odette detestando il culto cattolico si era voltata chinandosi abilmente verso il proprio sacco, e da esso aveva prelevato circa dieci lire delle venti che le avrebbe saldato nel pomeriggio. Finita la preghiera volle dare ad Addolorata, sempre pronta a fulminare le maschili attenzioni di Giuseppe per la biondina, la somma che la donna incassò facendola sparire nelle pieghe della propria veste. Odette chiese sorridendo:
“Manger adessò ? Sì ?”
Addolorata le diede il permesso volgendo lo sguardo verso di lei senza incrociare troppo lo sguardo di Odette; accennò appena un sorrisino storpiato di dazione del permesso. Per lei quella biondina era una fonte di carnal peccato, che in altre circostanze diverse dal pronta cassa della signorina, non avrebbe mai ospitato in casa neppure per un minuto, ma delle lire in più esentasse facevan comodo assai…
“Buon appetito signorina !”
Giuseppe le confermò che si poteva dar l’assalto al piatto di verdure e salsiccia abbassando le proprie posate sul proprio piatto. Bartolo seguì a ruota. A tavola v’era anche del vino e dell’acqua, e come s’avvide Odette il nettare di Bacco si gustava annacquato; tre quarti d’acqua nel nappo per Bartolo, più o meno metà per l’anziano padre, che veniva spesso ripreso dalla moglie sia per la salute, sia per il consumo. Odette si rese conto che era una donna molto attenta alle spese di generi di consumo. Anche Odette annacquò il proprio nappo, ma con un solo quartino d’acqua nel nappo, e nel rimanente volume, il vino. Mentre mangiavano le salsicce e la verdura, Giuseppe provò a fare qualche cortesia alla ospite:
“Tenete Odette, spremete i pomodori nella frisella, guardate ! Come faccio io…”
Odette eseguì, poi Bartolo imitando il padre, passò ad Odette l’oliera messa in tavola da sua madre; due orcetti di olio e aceto, e due piattini di sale ed origano, ed anche la frisa di Odette venne quindi condita. L’olandesina la mangiò di gusto, le stava piacendo, sorrideva sia a Giuseppe che a Bartolo. Quel pan secco solido adesso aveva tutt’altro sapore, che quello che immaginava ritenendolo da ignorante un pane duro di seconda scelta. La frisella una volta bagnata in acqua e condita, era tutta un’altra cosa…il pranzo benché proprio frugale non era stato, tanto che le riempì la pancia. Ripuliti i piatti, Addolorata offrì a ciascuno una fetta di cacio, quindi distribuì due fettine di mellone ciascuno prontamente tagliate dall’operoso Giuseppe. Finito il pranzo Addolorata servì a tutti un bicchierino di coccio di limoncello, limitando ad un mini bicchiere di creta alto un pollice il cordialino per Bartolo ritenuto ormai quasi adulto…
“…basta così, che poi ti vien sonno !”
Giuseppe aiutò la moglie a sparecchiare, anche Odette aveva collaborato; tuttavia quando si offrì d’aiutare Addolorata a lavare le stoviglie venne da questa respinta con orgoglio:
“No, non permettetevi signorina ! Avete pagato ! Faccio io ! Voi marito, aiutatemi, e poi portate a bottega Bartolo, che gli stanno venendo strane idee…”
Bartolo cercava di stare di fronte ad Odette sbirciandole i seni senza troppo vedere ciò che cercava, a causa degli ampi mutandoni e della veste sopra di essi, poi all’improvviso Odette chiese a Giuseppe s’egli stesso poteva prender uno strumento musicale appeso al muro, che aveva notato prima, senza chiedersi se fosse o meno decorativo soltanto. Giuseppe fu felice di quelle attenzioni della ospite per quello strumento a corde tese appeso al muro. Era un mandolino. Lo prese e si mise a suonare musica come sapeva farlo, e nonostante fosse un mastro panettiere sapeva usare abbastanza bene quel mandolino; aveva un suo talento intuitivo per la musica. Odette, gradendo che ci sapesse fare, sorridendo prese Bartolo per un braccio, e lo portò in mezzo alla stanza verso di sé; mentre il capofamiglia accompagnava con la sua musica, la ragazza accennò ed insegnò dei passi di danza al giovane Bartolo, ben felice di prestarsi. Addolorata, quando vide che il marito non ci provava poi troppo con la loro ospite, che da parte sua stava insegnando al loro figlio Bartolo solo a danzare, non protestò subito, e prese ad asciugare le stoviglie senza perdere di vista i tre; Bartolo felicissimo imparò la riverenza, la richiesta di ballo, dei passi, dei giri; come vide compiaciuto Giuseppe imparò anche a guardare seno e gambe alla sua co-danzatrice. La matrona di casa consentì una mezzoretta di svago al figlio, poi ad un suo cenno fulmineo mastro Giuseppe smise di suonare, e ripose il mandolino riappendendolo al muro onde tornasse a decorar la parete…
“Padre perché avete smesso ? Stavo imparando bene…”
Giuseppe s’era rassegnato, Addolorata prese il comando:
“Bartolo ! Salutate la signorina, che dovete andare a bottega con il padre vostro ! Finitela di lamentarvi ! Che lì si aspetta solo voi per preparare il lievito per li pani di domani, che abbiam consegne alla guarnigione per due giorni altri, sù ! E prima di sera marito andate dal prete a confessarvi, che vi piacque la tentazione più d’una volta quest’oggi…”
Seccato per l’interruzione dell’intermezzo musicale, ma quantunque rispettoso, il marito Giuseppe le precisò:
“Ve lo dico prima moglie mia: dalla chiesa non faremo a tempo a passare, pazienterete fino a domani !”
“Beh, allora vorrà dire che ve lo manderò io il curato, verso il vespro! Che a me disse che va a confessar pure di persona, Don Silvio ! Che noi – sappiatelo - siam timorati di Dio cara Odetta…”
Odette aveva compreso che entro sera la padrona di casa avrebbe voluto vederla fuori. Chiese a gesti il permesso di andare a stendersi sul letto, e se non le fosse stato favorito si sarebbe volentieri stesa in terra, sul proprio sacco, non senza aver vuotato la vescica nel vaso che le indicò Addolorata facendole capire che avrebbe dovuto vuotarlo lei dentro la fossa del giardino di pietra. Mentre mastro Giuseppe portava Bartolo a bottega, Odette toltasi il vestito che aveva appena stirato, e ripostolo debitamente ben piegato sulla spalliera di una sedia, ebbe il permesso di stendersi nel divano rustico di legna e canna del soggiorno. Uno scampanio in lontananza di tre colpi indicava a tutti che erano le tre del pomeriggio, e la quiete che ne seguì non senza il contributo dell’aria fresca proveniente da fuori, le rilassò la mente ed un senso di piacevole stanchezza avvolse Odette chiudendole occhi e orecchie. La ragazza, indossando gli ampi mutandoni puliti che le aveva venduto Addolorata, dormì in una specie di letto, cosa che non le capitava da qualche settimana; sperimentò quanto piacere desse alla propria pelle indossare abiti di cotone puliti e non impregnati di salsedine. Accanto a sé teneva il suo sacco; il suo ultimo pensiero cosciente prima dell’oblio era che sarebbe stata pronta a svegliarsi se Addolorata avesse cercato di guardarle nel sacco. Addolorata da parte sua, finito di lavare i piatti, uscì lasciando sola la propria ospite a riposare. Il sonno di Odette fu profondo e molto probabilmente sognò anche…

…sognò la quiete domestica dei suoi operosi genitori nel villaggio della sua infanzia nei Paesi Bassi nel villaggio di Waevoorden, una comunità operosa dedita alla pastorizia, alla coltivazione di ortaggi, ed all’arte orafa: era un comune per lo più cristiano, ma le altre religioni come l’ebraismo ad esempio, pur venendo tenuto a distanza era, tollerato ampiamente: era sufficiente da entrambe le parti non fare alcun proselitismo del proprio credo contro l’altro. Aveva una famiglia integrata nel tessuto economico e sociale del villaggio e la sua infanzia trascorse abbastanza felice senza grandi privazioni. I momenti più belli erano alla sera quando dopo cena si dormiva tutti e tre nel lettone a tre piazze, al caldo reciproco, fino al mattino successivo… Finché un giorno non arrivarono i colonizzatori spagnoli, cattolicissimi, convinti di avere una missione universale, il che li rendeva dalle corte se non nulle vedute circa la tolleranza verso gli ebrei, che vennero presto privati come forma di pressione chi della proprietà della terra, chi della casa, mediante l’odioso e ovvio istituto della confisca ed avocazione alla Corona, e successivamente vennero loro notificati i divieti circa professioni, arti, e mestieri…non ci volle molto perché le famiglie giudaiche cadessero in povertà. I Luxembourg decisero ovviamente di scappare, ma una pattuglia di spagnoli poco disciplinati quasi sbandati e privi di un ufficiale che li comandasse li trovarono in difficoltà e dopo un minuto o due costrinsero la madre di lei a soddisfarli sessualmente altrimenti le avrebbero ucciso il marito…
…una ventata di nerissima gelida sfortuna aveva soffiato contro Maarten Luxembourg, sua moglie Ester, e la piccola Odette di nove anni, durante uno stanco cammino sul loro sentiero, vedendo da lontano quella soldataglia, si erano nascosti tutti e tre, separatamente, dietro i cespugli del sentiero che stavano seguendo. Separarsi minimizzava la possibilità che venissero scoperti tutti e tre. Uno di quei sette soldatacci vide Ester, e siccome non vedevano una donna da mesi non ci avrebbero messo molto a capire cosa avrebbero fatto con la timida bionda Ester… papà Maarten fece cenno alla piccola Odette di restare nascosta stesa e piatta, e la bambina obbedì. Poi venne fuori per provare a calmare quei balordi. Offrì loro dei pezzi piccoli di oro, una piccola ricchezza di famiglia che erano riusciti a sottrarre alla confisca, affinché lasciassero andare la moglie. Ma quei soldati abbrutiti dallo sbando si erano già tirati fuori i propri cazzi costringendo Ester a fare sesso con ognuno di loro mentre due di quei soldati tenevano fermo Maarten. La piccola Odette non osava guardare appiattitasi per terra sull’erba…ma gli urli ed i rantoli di mamma Ester quelli purtroppo li aveva sentiti…
…dopo un’ora i soldati sessualmente soddisfatti abbandonarono il campo lasciandosi due cadaveri alle spalle: quelli di Maarten ed Ester Luxembourg. Odette ormai era buio quando si alzò in piedi e vide ciò che non avrebbe mai voluto vedere: i suoi genitori morti sgozzati. Prima di spirare, forse pensando alla bambina si erano entrambi ricordati di chiudere gli occhi in modo da sembrare che dormissero. Così per fortuna li vide la bambina. Poi non potendo seppellirli continuò a camminare inebetita sotto choc per delle miglia. Di tanto in tanto si fermava per bere in qualche pozzanghera, poi una mattina allo stremo delle forze cadde svenuta sperando di rivedere i suoi genitori nell’al di là…solo che il destino la fece rimanere di qua…

… Quando si risvegliò era in una carrozza con una pulita cuccetta con la testa che riposava dolcemente in un cuscino ed una coperta di calda lana. Aveva dormito due giorni. Restò muta per settimane, rimosse o dimenticò la sua lingua madre: l’olandese, e nei mesi successivi apprese il francese da quella gentilissima famiglia di mercanti mezzi francesi e mezzi algerini che l’aveva fortuitamente trovata e raccolta ch’era viva ed esanime…adesso i ricordi si erano fatti all’improvviso lontani sempre più difficili da focalizzare. I suoi genitori, accanto ai quali aveva sognato ancora di dormire erano diventati sempre più stretti e sempre più duri, avevano anche perso le sembianze umane. Odette non osava guardarli… le sembrava di essere toccata dappertutto ed era una cosa seccante che non riusciva a scacciare…

…beh naturalmente era un essere umano a toccarla per scostarle la stoffa delle ampie mutande: e chi poteva essere se non “il piccolo Bartolo” che Odette, aprendo gli occhi, sorprese a scostarle i lembi di stoffa delle mutande dopo averle allentato i bottoncini dell’anca sinistra. Probabilmente aveva già visto quello che voleva: la vulva rosea ed il pelo biondo; ovviamente da quell’angolo non poteva vedere ciò che più cercava: lo spacco ed il clitoride del quale il quindicenne Bartolo aveva solo una vaga idea; non così la sua bigotta ex lussuriosa mamma, la quale ai suoi tempi insegnò al papà di Bartolo, impacciato, cosa intendeva una donna per sesso e piacere. L’olandesina si svegliò del tutto dopo uno sbadiglio, poi portatasi le mani all’anca sinistra dove c’era la chiusura a bottoni verificò e scoprì che le sue mutande erano state aperte. Sollevò il lembo ed era ovviamente libero di scendere se fosse stata in piedi. Guardò Bartolo che cercava di non fissarla essendo in imbarazzo, quindi si alzò ed andò in giardino, nell’angolo presso il quale si facevano i bisogni corporali. Bartolo la seguì per cinque o sei passi, e quindi la spiò, seduta sulle ginocchia, a rilasciare l’urina. Odette lo intuiva e lo lasciò fare. Finito di urinare si lavò la vulva con dell’acqua presente in giardino; poi si rialzò i mutandoni. Bartolo per timore di essere stato scoperto se ne era uscito in strada, dove un suo coetaneo, Alessandro, era impegnato a giocare con dei sassi e le proprie gambe insieme a due sue coetanee Raffaella e Alessia a campana. Anche Bartolo, salutando i suoi amichetti, chiese di partecipare, la qual cosa gli avrebbe consentito di crearsi un alibi con la loro ospite. Anche Odette, da parte sua, pensò di uscire in strada e guardarsi un po’ intorno. Prima di uscire si era tolta le mutande, e aveva deciso di indossare solo la veste con la quale aveva pranzato, quindi una volta rivestitasi ed infilate nel sacco le mutande vendutele da Addolorata aveva prudentemente chiuso il suo sacco con la chiusura segreta come le aveva insegnato il comandante Turgay. A meno di non tagliare il robusto sacco con una grossa forbice non avrebbe potuto essere aperto da alcuno che non conoscesse quel tipo di nodo che lo chiudeva. Quindi prese con sé il sacco in spalla ed uscì in strada. Odette, una volta all’esterno, distinto Bartolo, si avvicinò verso la piccola comitiva:
“Bar-tò-lò…!”
“Bartolo, Odetta, Bartolo ! Che vi serve ?”
“Ton père, j’attends ton père, quelle heure est-il ?”
“L’ora, volete sapere l’ora ?!”
“Mezza dopo la quarta del vespro ! Venite Odetta, venite che vi faccio vedere…Alessia ! Fai vedere a Odetta la clessidra della casa vostra ?!”
“Non abbiamo la clessidra ! Lo sai Bartolo, abbiamo il tempo ad acqua, che papà ha comprato quello !”
“E allora fate vedere a Odetta il marchingegno che ha comprato papà tuo, no?!”
Odette cercava di capire senza troppo successo. Alessia alla fine fece cenno orgogliosa di seguirla fino a casa sua, più o meno dirimpetto a quella di Bartolo, dove nel salone d’ingresso tra un armadio ed una “cascia” campeggiava un orologio ad acqua che segnava le quattro e mezzo del pomeriggio. Alessia fiera di mostrare quell’utile oggetto dell’arredamento indicò a Odette la posizione della freccia metallica a mò di lancia retta da una statuetta di figura angelica femminile sulla scala graduata verticale delle ore e delle mezze. Odette ringraziò Alessia con un sorriso, e tornò in strada da Bartolo. L’adolescente stava sussurrando a Raffaella e Alessandro quello che aveva visto della biondina loro ospite…
“…ce l’ha bionda…l’ho vista prima mentre faceva la pipì…le mutande dice che non le piace portarle…”
“Aveva tanti peli ?” – chiese pettegola ammiccando Raffaella, più piccola di Bartolo di tre anni.
“Sì, erano in gran copia.”- precisava orgoglioso Bartolo.
“E quanto ce li aveva lunghi ?...erano a ricciolo ?” – chiese Alessandro paro suo curioso…
“Boh, mezzo dito…sì, mezzo dito ! No, erano lisci.”
“E che colore aveva sopra lo spacco ?!...”- ridomandò Alessandro.
“Rosa, era rosa, gliel’ho vista bene la patacca, che sembrava che s’apriss…!”
Bartolo mentre descriveva a gesti col proprio corpo la posizione in cui era Odette quando la stava spiando, e con le proprie dita l’aspetto della vulva della loro ospite, non s’era accorto che aveva la bionda donnina proprio dietro di lui, che nel frattempo era tornata dall’uscio di Alessia, figlia di una famiglia che poteva permettersi l’orologio ad acqua…Alessandro e Raffaella cinici e beffardi, si erano ben guardati dall’avvertirlo…e quando Bartolo, goffo imitatore della postura di Odette, s’accorse di avere Odette dietro era arrossito all’istante, diventando rosso sulle guance in pochi istanti di vero vuoto, e per poco non svenne…
“Ah, ah, ah ! Ah, ah, ah ! Hai visto Bartolo ! Ah, ah, ah ! Più rosso d’una anguria !”
Gli amici lo derisero trionfanti. Povero Bartolo. L’ipocrita, ma comunque presente, timore reverenziale per la donnina più grande di lui fece sì che gli mancasse il respiro; o meglio una fisiologica e nervosa auto-compressione al petto per lo spavento gli impedirono di respirare correttamente. Sudava freddo. Alessandro gli parò l’ovvia caduta in avanti, e gli diede un paio di buffetti al viso per scuoterlo. Bartolo, umido in volto, quasi bagnato verso le tempie, riprese a respirare riaprendo gli occhi. La bionda donnina aveva compreso che s’era parlato di lei in maniera poco elegante, da strada, di ciò che aveva fatto nel giardino pietroso della casa di Bartolo. Raffella e Alessia stavano ancora ridendo quando Odette, giudicando che l’ingenuo Bartolo era stato punito abbastanza dal proprio corpo, andò davanti a lui, e dopo averlo carezzato al viso gli disse:
“Bartòlò, mon ami ! Calme-toi !”
“Che dite signorina ? che dite ?!”
“Calmà te, calmà…”
“Comme ça va ?!...alors ! Ça va bien ?...oui ?! Prends l’air ! Vas y !”
“Signorina, non capisco il franzes ! Perdonatemi per prima, no, non so cosa mi era preso, io…”
Odette si mise a respirare veementemente per far capire a Bartolo cosa doveva fare. E Bartolo, finalmente si era calmato e, preso un bel respiro su incoraggiamento di Odette, era di nuovo padrone di sé. Era tornato a respirare normalmente. Odette amichevolmente gli disse:
“Passé ?”
Stavolta Bartolo le rispose pronto:
“Sì, mi è passato Odetta !”
“Bien !”
“Tui amisi sont pas très sympa, …tout à fait ! Ils ont te jouée une grande plaisanterie. Petits bastards !”
“Cos’è plaissanterì Odetta ?”
“Essi, i tui amisi, jo-ca-tò à te.”
“Già, e da ridere avean tanto ! Merde !”
“Sente tu Bartòlò ! Tuo papà dove ? Dov’est ?”
“Volete andare a bottega ?! Lì dove lavora papà mio signorina ?”
“Sì, io deve parler à lui. Lui…solo…”
“Venite, andiamo ! Vi accompagno io Odetta!”
Bartolo, felice d’aver guadagnato l’amicizia della ragazza la prese per mano orgoglioso, dato che aveva scoperto da pochissimo tempo la pubertà e l’attrazione per l’altro sesso, e la guidò a piedi presso il forno dove lavorava il padre. Chi fosse stato per strada a quell’ora di pomeriggio non avrebbe potuto fare a meno di vedere il giovanissimo Bartolo con una biondina di fuori che s’accompagnava con lui. Il di nuovo orgoglioso Bartolo provò una piccola erezione a tenere per mano quella bionda donnina momentaneamente per lui. Odette, vedendo che Addolorata era un tantino ostile e che – cosa fastidiosa – da vecchia monetizzava tutto, era decisa stavolta a non farsi “ripulire” dalla moglie di Giuseppe, al quale avrebbe chiesto e contrattato il passaggio fino a Otranto. Dalla variazione delle ombre la ragazza comprese che doveva esser passata una buona mezzora o più, dato che anche l’aria aveva un odore di più fresco. Quando arrivarono al forno Giuseppe si stava indaffarando con il lievito, sorvegliando nel contempo il suo lavorante, un ragazzo snello con dei discreti muscoli di nome Fernando, più o meno suo coetaneo a colpo d’occhio, presso la sua bottega che impastava le forme per la notte. Fernando, nonostante la sua faccia strafottente, era concentrato sul lavoro. I due erano entrati e Giuseppe li aveva ignorati (come pure Fernando per non irritare il padrone) per sorvegliare meglio il suo dipendente; dopo forse un minuto o due si rivolse ai due convenuti:
“Bartolo ! Che fai qui ?! Non dovresti essere a casa a fare i compiti ?”
“Perdonate padre, ma Odetta avea l’urgenza di vedervi da solo…e così pensai di portarla qui direttamente meco…mamma non c’era quando venne da me Odetta.”
“Ah, sì ?!”
Odette trovò giusto interloquire:
“Monsieur José io devrei parler solo avec voi…da solo.”
“Bartolo ! Siediti qui e guai a te se disturbi il lavorante ! E tu vedi di non battere la fiacca, che per la mezzanotte dobbiamo infornare 100 pani…”
“Venite Odetta ! Andiamo in strada, che ci lasceranno in pace…”
Giunti che furono all’esterno del forno, sul fianco della strada, riparati dietro il carro Giuseppe disse:
“Che vi occorre Odetta ? Dite pure !”
“Io près de vostra maison je ne veux rester pas, votre femme non contenta anca io stare. C’est possible rejoindre Otranto cette nuit, cetta notte io dico ?…sì ?!”
“Otranto ?! Questa notte ?! No di sicuro ! Anche se si parte adesso o fra un’ora arriveremmo al coprifuoco, e poi io ho il forno qui da mandare avanti…”
“Alors, comment ?”
“Domattina alle sei se partiamo arriviamo per le otto-le nove ! Io come mastro panettiere ho il lasciapassare per muovermi la notte qui a Muro, ma voi no Odetta ! La ronda vi porterebbe in gattabuia imperocchè una donnina sola si presume puttana…e puttana non puote star per istrada !”
“José, oui je suis putaine ! Mais s’il-vous-plâit io no può dormire à mason vostra, Addòlorada garde me male. Lei paura che io faccio male à Bartòlò…io no resta esta nuit, voi scusa me!”
“Quello che avete lasciato dentro, è il vostro bagaglio ? Il vostro sacco, dico…”
“Oui !”
“Non avete altro con voi ?!”
“No, non !”
“Allora potete restare qui al forno stanotte ! Addolorata non ci verrà che è stanca, e deve prepararci la cena.”
“Oh, bien José ! Ma dite voi me: pour me porter jusqu’au Otrantò combien vous voulez ?”
Odette sfregò le dita, segnale universale che indicava maneggio di danaro sonante. e Giuseppe capì all’istante. Le disse il prezzo:
“Fino a Otranto son cinque lire in monete…argent !”
“Cinq lires ! Très bien, vat bene !”
“E visto che la magione nostra poco v’aggrada…per ospitarvi presso la bottega il pagamento è in… natura !...”
Giuseppe, ormai confidenziale dopo aver avuto a pranzo la donnina, mise la sua mano sul seno destro di Odette, e la bionda prostituta si rese conto che con gli uomini con la moglie vecchia e linguacciuta la moneta migliore era il sesso con una donna più fresca. Ovviamente le cinque lire erano per comprare la biada ai cavalli…Odette chiese risoluta:
“Quand !”
“Anche ora, che ne dite ?!”
“Ça va ..Et Bartòlò et l’autre garçon…? Â trois…?!”
“A truà ‘nnu cazzu ! Mò vedrete signorina…”
I due entrarono di nuovo a bottega. Giuseppe con un tono falso amabile disse a Fernando il lavorante:
“Fernando, finisco io qui ! Ora che mi ricordo mi devi portare Bartolo in Chiesa a confessarsi, che Addolorata me lo ricordò oggi…ci tengo ! Lascia come ti trovi e andate !”
“Ma i giri non li fa il garzone ?!” – protestò il lavorante, che credeva che si sarebbe vista detratta una piccola parte della paga per quell’incarico improvviso…
“No, per queste cose mi fido solo di te, che ti conosco da anni ! Suvvia, andate che qui ci penso io !”
“Ci pensate voi principale ?!...sul serio ?...”
“Ma io mi sono già confessato ieri l’altro padre !” – protestò Bartolo. Il padre pensò di ironizzare:
“Ed oggi che abbiamo avuto la signorina Odetta a pranzo non mi dirai che non hai pensato di peccare…! Nemmeno un poco ?!...Ho visto come la guardavi, sai…su, su, a pulirti l’anima, dai !”
“Ma io…”
“Fernando, prendi Bartolo e andate ! E non tornate dopo la confessione, se non ha detto almeno un rosario ! Anzi, sapete che vi dico ?! Confessatevi entrambi ! Su, andate, andate !...”
Giuseppe mise i due “incomodi” fuori senza tante cerimonie; Fernando che era un giovane sveglio aveva capito benissimo che poteva – anzi doveva ! – riportare Bartolo più o meno un’ora prima del coprifuoco, per dar modo a mastro Giuseppe di trascorrere almeno un’oretta in pace con la biondina portata da Bartolo prima di tornare a casa. Intanto si sarebbe fatto raccontare qualcosa da lui direttamente…altro che confessione ! O meglio, confessione sì, ma senza prete né penitenza. Destinazione piazza…Fernando da lavorante percepiva uno stipendio suo, e mastro Giuseppe certo non lo mal pagava. Fernando e Bartolo si sedettero presso una piccola osteria di un parente di Fernando: pane, un piatto di formaggio, fettato, e un po’ di vino annacquato per il pubere Bartolo, normale per l’adulto Fernando sciolsero la lingua a Bartolo privatamente già amico di Fernando…

Intanto presso la bottega, non appena i due vennero messi fuori da Giuseppe senza troppe cerimonie, il tempo per quest’ultimo di fare i sei passi che separavano la sala del forno dalla strada, che Odette si era già spogliata, completamente…

…a Giuseppe il corpo ancora adolescente di Odette apparve in quel chiarore dell’angusto e caldo locale minuto, e cionondimeno ben proporzionato, per niente flaccido, ancora tònico. Data la fioca luce di quell’ambiente il colorito pallido, nordico della ragazza, appariva invece roseo. Due buoni occhi avrebbero capito che era un rosa innaturale. Odette al naturale era bianca, la sua unica parte rosea era la sua piccola carnosa, ed ancora elastica vulva dal biondo pelo non riccio. Aspettava eretta, senza una particolare dolcezza nel volto, che Giuseppe iniziasse a toccarla. Gli occhi stanchi del mastro fornaio lo guidarono verso i suoi capezzoli carnosi, che contrastavano con il poco (ma proporzionato) seno della ragazza. Il tondo, pacioso, ed anziano Giuseppe avvicinò la bocca al destro, e prima di succhiarlo lo leccò famelico sopra e sotto un paio di volte fino a bagnare di saliva la pelle intorno. Giuseppe, dovendo maneggiare pane e farina secondo l’arte sua usava lavarsi prima d’indossare degli abiti puliti, specie quelli con collare ondulato; in quello valutò Odette doveva essere entrato pulito più o meno tre giorni prima. Agli odori forti era abituata da tempo, e non si fece un problema dato mastro Giuseppe al di sopra del suo corpo sarebbe rimasto vestito; per il membro sperò che lui o sua moglie almeno lo lavassero in qualche modo dato che un cazzo sporco ed irritato scopava male…era un altro l’odore che aveva messo momentaneamente Odette a disagio: Giuseppe beveva fuori pasto; Odette se ne accorse poiché quando l’uomo aveva aperto, sebbene di poco, la propria bocca al naso della ragazza arrivò inevitabilmente l’odore del vino… no ! Era più forte…di quel limoncello che Addolorata aveva servito a pranzo. Evidentemente Giuseppe ne aveva da parte qualche bottiglia segreta a bottega…Giuseppe era passato al sinistro e stavolta lo stava stringendo tra le labbra talmente forte che la ragazza si scoprì ad apprezzarne anche il dolore, pur essendo pronta ad intervenire se glielo avesse morsicato per il morboso piacere. Dato che si era consegnata a Giuseppe, questi le aveva già afferrato la natica destra e le stava cercando l’ano con le dita indice e medio della sinistra; la mano destra dopo aver stretto ancora una volta il seno sinistro di Odette era stata fatta scendere a prendere possesso della vulva della ragazza, che si stava gonfiando e bagnando. A Odette il sesso non dispiaceva mai. Giuseppe ormai infoiato leccò ampiamente il petto ed i seni della ragazza, poi salendo fino al collo e sotto il mento cercò un bacio in bocca che la ragazza gli rifiutò scostando il volto di poco, ma gli offrì ugualmente il suo collo affinché lo leccasse e baciasse. Chiaramente Giuseppe non era il suo uomo, ed i denti doveva averli, vista l’età sporchi e consumati. L’alito d’alcool poi…Odette stava muovendo la sua mano in cerca del cazzo di lui, dato che ormai a quel punto doveva essere ben grosso, ed in via d’indurimento. Giuseppe la aiutò mollando il sesso bagnato della ragazza, ma non il suo dito indice sinistro ormai ben saldo dentro l’ano di lei…la qual cosa le fece cacciare un rantolo: era lei il sesso debole:
“Ahn !”
La grossa fava di Giuseppe era in mano alla ragazza, ed accorgendosi che il cazzo di Giuseppe era piacevole e caldo alla presa, ne dedusse che almeno quello se lo sciacquava, o forse anche la moglie glielo puliva…le piacque così tanto sentirselo ingrossare e pulsare di vita tra le dita ed il proprio femminile palmo che ci si sfregò tutto il corpo casualmente dando alla cappella di Giuseppe la soddisfazione di sentire il calore e la carezza del giovane corpo liscio caldo e pulito di lei. La penetrazione era molto vicina, ma Giuseppe all’improvviso si fermò, e disse spiccio alla donnina facendole segno con la propria lingua di fuori a mò di leccata:
“Stenditi sul tavolo ! Dai ci vorrà poco…su svelta !”
Odette si stese sul tavolo, e allargò le coscette come fossero i gambi d’una forbice. Aveva compreso perfettamente: Giuseppe voleva leccarle la fica…con quel gesto ogni uomo andava in tiro dopo aver apprezzato la piccola rosea e carnosa vulva di lei con quel suo pelo d’un biondo raro. La piccola cubatura ricurva del locale col forno rese più intimo l’incontro tra i due. Il calore non sarebbe mancato di certo, dato che il forno era in pre accensione mercé dei tizzoni incandescenti piazzati ad arte. Lui le sollevò le gambette lasciando stese sul tavolo da lavoro le sole piccole natiche di lei, poi dopo una leccata multipla, rapida e a lingua dura sul roseo ano, e sull’inguine di lei, le piantò all’improvviso il dito medio della destra nel culo, e ce lo spinse rapidamente. Non fu tanto gentile, ma dovette essere abile; la ragazza non ebbe il tempo di protestare. Odette sentì del dolore per la velocità dell’invasione, ma poi lasciò fare perché sapeva godere anche analmente…e mentre Giuseppe le sfregava leggero lo spacco con il pollice della mano sinistra, la sua lingua leggera leggera si buttò a leccare tutta la parte superiore della vulva insalivando, e leccando poi via parecchio intorno al clitoride della ragazza. Odette si rese conto che Giuseppe come leccatore di fica era abile e superbo.
“Ahnnnnnnnn ! Uhn ! Ahnnnnnn !”
Riusciva a leccarle il clitoride mentre col medio destro ben piantato in culo alternava le carezze al resto della fica scambiando il pollice destro con quello sinistro. Con il pollice destro faceva avanti ed indietro, con quello sinistro carezzava ruotando, ed intanto il clitoride di Odette quasi del tutto scappucciato riceveva la giusta dose di saliva solleticante e di leggera lingua altrimenti la ragazza avrebbe sentito dolore lì dove era più sensibile…Odette ebbe un orgasmino clitorideo, o comunque un pre orgasmo…tanta era l’abilità di Giuseppe che del resto, come già sapeva Odette, la fica della moglie era una minestra riscaldata, la sua fica ben più giovane, una gradita novità…di qui le buone leccate di Giuseppe…Odette rilasciò un rumoroso rantolo…mentre senza accorgersene aveva tirato fuori la lingua. Pregustava il momento dello sbrodolo ben felice che il suo ritmo cardiaco fosse diventato più alto…
“AHHHHHNNNNN, ahnnn, ahnnnnnn, oui ! Oui ! Oui !....naaaaah, …encore !...encore !”
…restò delusa: la leccata di fica era stata troppo breve.
“Ouiiiii….uhm ! Mhmmmm ! Ahn !...!..Huhhhhhh, mhmmmm!...”
La lingua dell’uomo restò solo un altro mezzo minuto, poi Giuseppe ottenuta l’erezione entrò subito nella fica di lei che s’era già bagnata a zuppo ed allargata convenientemente. Non di meno la ragazza nord europea non poté trattenersi dal mandare un gradito urletto non appena Giuseppe la violò senza tiro d’aggiustamento o sfregamento della cappella lungo lo spacchetto come in genere facevano i suoi clienti…
“AHNNNNNNNNNN ! Ouiiiiiii !”
La fava di Giuseppe era generosa, lunga una mano circa, e largo tre dita: in questo Addolorata era stata fortunata, - per forza era gelosa ! - pensò Odette non appena si realizzò tra i due la congiunzione e venne subito aggredita da ondate di piacere…aveva dentro la sua piccola carnosa fica un cazzo grosso e duro. E non appena Giuseppe iniziò a muoversi la sua vagina ricambiò quel grosso cazzo con un ampio bagno di liquami solleticanti, caldi, freddi, caldi…Odette aveva la fica in bollore…ed ogni movenza di quel cazzo caldo e pulsante sembrava gonfiargliela sempre di più. Il cazzone di quell’anziano padre di famiglia era stato una gradita sorpresa con cui la sua fica interagiva bagnandosi e bagnandosi…un rivoletto d’acquetta trasparente venne espulso un paio di volte in seguito agli affondi di lui. Odette era convinta d’avere il cazzone di lui dentro lo stomaco: invece era solo dentro la sua giovane vagina. La mente di Odette andò ad Addolorata – si bagnava anche lei così ? – le passò per la mente in quei momenti. Il piacere di Odette crebbe esponenzialmente non appena Giuseppe le strinse i già gonfi seni i cui capezzoli stavano ritti sull’attenti come soldatini mentre l’uomo stava avendo cura di tirarli un po’ per stimolarla ancora. Odette era felice di sentirsi un balocco vivente nelle mani di quell’uomo. Giuseppe si muoveva comodo con gli affondi, e il piacere della ragazza sembrava arrivarle direttamente al cervello. Lui le lasciò il seno destro e lei per tutta risposta afferrò con la bocca il medio della mano sinistra libera, e se lo cacciò in bocca, pulito o sporco che fosse, per succhiarglielo avidamente. Odette sapeva come trarre piacere dal sesso, e Giuseppe da parte sua sapeva ancora chiavare…succhiò qualunque cosa Giuseppe le cacciasse in bocca per ringraziare l’uomo del piacere che stava dando alla sua fica. Odette l’orgasmo lo stava avendo, e di sicuro lo aveva avuto bagnando il cazzo di lui…ma adesso mettendosi a respirare sempre più veementemente e a tempo (un gioco da ragazzi per lei battere il ritmo) doveva stimolare l’orgasmo a lui…
“Ahn, ahn !...Ahn ! Ahn!...Ahn ! Ahn !...Ahn ! Ahn !”
“Ahn ! Sì ! prendi !...Ahn ! Sì ! Sì ! Prendi donna !....”
“Ahnnnn! Ahnnnnn! Ahhnnn! “
“Te la riempio tuttaaaaah ! Dai ! Dai !...Ahnn! Ahnnnn! Ahnnnn! Ahhhh!...sììììììììì ! Che ficahhhhhh!”
Odette tirò fuori il cazzo di lui rosso e bagnato, e ruppe il coito appena in tempo: un rivolo d’acquetta biancastra trasparente lasciò la sua cappella, un attimo prima in un paradiso di sensi, e all’istante si sedette un attimo mantenendo la presa a mano sul cazzo dell’uomo; poi scesa dal tavolo s’inginocchiò davanti a lui, e assatanata lo prese il bocca quell’enorme cazzo in cerca di giusta esplosione, mettendosi a leccare casualmente il centro della cappella violacea, grossa e dura…vedendo una goccia bianca densa sul buco dell’uretra che stava per uscire, dapprima succhiò decisa, poi dopo aver accarezzato i duri coglioni dell’uomo tirò dentro la sua bocca quell’enorme cazzo-bomba innescata sfregandolo tra il suo palato e la sua lingua. Il cazzo grazie all’invito inequivoco, con una scossa improvvisa, che Odette sentì sul polpastrello delle sue dita chiuse sull’asta, sembrò impennarsi, e dopo essere stato fermato ed insalivato quasi per caso dal palato di lei un lungo istante, grazie ad un impercettibile movimento di tutta la sua bocca riempita dal glande…

…tutto il cazzo le sparò finalmente dentro il nettare bianco !…un proiettile caldissimo e poi altri getti, due, tre, quattro…
“Ahhhrgghhhhhh! Sì ! Ahnnnn! Ahhhrggghh ! Ecco ! È tuo donna ! È tuooooooooohhhhh !”
La bocca della ragazza era diventata il piacevole ricettacolo dello sperma di Giuseppe; dalla bocca di lei uscivano strani rantoli nasali e pochi gutturali data la sua preoccupazione di non ingoiarlo visto che sapeva di alcool…nonostante qualche colpo di tosse, non sputò lo sperma subito dato che Giuseppe aveva da buttarne parecchio…
La fica rovente di lei non era stata disponibile allo sparo perché Odette di una gravidanza non voleva saperne come con Kumsal-Lucio, tuttavia la sua generosa calda salivosa bocca era stata un risarcimento congruo…Lo stimolo carezza di palle-inguine-asta e tiro pippa-cappella aveva consentito una decina di spari, dei quali solo i primi quattro cremosi ed abbondanti, poi solo acquetta, più o meno densa, oltre a piacevolissime sensazioni dal centro del glande fino a mezzo globo…
“…uhmm !...mmmllmmm…spluch !...mhmm…mlmm, spluuushhhh…mhm !”
“Ahhhnnn ! Ahnnnn! Ahnnnn!”
“Cough ! Ahrghnnn! Cough !...rghhhhh…. Couphhhh !”
“Ahnnnn ! Dai ! Ahnnn! Sìiiiiii !”
Odette, esperta, non lo ingoiò trattenendolo in bocca più che poté, e continuò a spippare quell’enorme cazzo la cui sborra sembrava non voler finire. Amorevolmente ripulì il glande più volte senza doverne ingoiare che poche gocce appiccicaticce ed insapori. Odette, che l’aveva fatto finire di sborrare fino all’ultima goccia tra collo e petto, per poi rinfrescargli la cappella con la propria saliva, fece vedere all’uomo il gusto che provava a spalmarselo addosso dopo averlo sputato…ne era stata letteralmente verniciata. Il suo collo ed il suo petto erano appiccicaticci.
Odette fu abilissima. Nemmeno una goccia finì sulle braghe a terra di mastro Giuseppe. Sua moglie non avrebbe visto alcuna macchia incriminatrice, e se pure l’avesse vista…beh voleva dire ch’era acqua e lievito che erano finiti sui calzari aderenti che facevano da mutande e pantaloni ad un tempo. Mastro Giuseppe tutto sudato s’accasciò sul pavimento stendendovisi come fosse al sole in campagna e si tolse il collare ondulato che essendo fatto di fine seta impediva la traspirazione del suo collo. Si sbottonò il sopra del suo abito e iniziò a respirare meglio dopo l’affanno successivo all’orgasmo con la giovanissima donnina. Bartolo poteva stare tranquillo: il cuore di suo padre, come aveva retto a quella scalata verso un paio d’istanti di paradiso, quello materiale avrebbe battuto ancora molti anni…Odetta d’istinto cercò un recipiente d’acqua, e trovò un secchio che ne era piuttosto pieno. Si lavò via lo sperma copioso di lui che s’era ormai seccato sulla sua pelle, poi prelevando un po’ di cenere dal forno con una pinza di ferro per i tizzoni la spense dentro un nappo di legno aggiungendo l’acqua, poi lavò il suo corpo tutto sul davanti alla meglio. Nell’intimo chiarore del locale a cupoletta semicircolare uno stanco Giuseppe ormai scarico vide Odette spalmarsi la cenere bagnata sulla vulva esterna e sfregarsela un minuto buono con la propria mano con gentilezza. Il pelo biondo divenne grigio nero, poi Odette se la risciacquò bene e non avendo niente con cui asciugarsela si fece asciugare dal caldo del luogo restando nuda ed eretta ad un metro dal forno, che in realtà visti i necessari cicli di funzionamento, non veniva mai spento del tutto…mentre dava le spalle all’uomo le offriva la visione del proprio culo. Mastro Giuseppe, alzatosi dopo il riposo, si sedette sul secchio dell’acqua lasciata dalla ragazza e lavò alla meglio il suo cazzo grosso, ma ormai moscio. Quel contatto con l’acqua diede di nuovo vita e piacere al suo membro. Mastro Giuseppe se lo sentiva rimesso a nuovo…mentre Odette si asciugava prese a baciarle da dietro il culetto e l’ano che ricevette diversi colpi della lingua di lui. Alla ragazza la cosa non sembrava dispiacere, e dato che nel frattempo s’era asciugata, si spostò verso la veste ch’era caduta in terra e si chinò a raccoglierlo, mentre lui, poco dignitosamente, la inseguiva come un cane per continuare a leccarle inguine ed ano… Odette si rivestì facendo cadere la gonna della veste sopra la testa di lui ridotto ad una posizione canina. Il tempo era passato e un rumore di passi familiare fece capire a Giuseppe che Fernando e Bartolo erano appena tornati…era bene che il figlio non lo vedesse in quella piacevolissima, ma immorale postura. Si alzò appena in tempo: non appena Fernando e Bartolo entrarono mastro Giuseppe finse di dire:
“…ecco vedete Odette, il lievito lo prepariamo noi personalmente ogni tre giorni, ci vuole un mattino ed un pomeriggio fino a sera affinché faccia effetto…poi di notte infiliamo le forme di pane lievitate nel forno. E alle quattro del mattino iniziamo le consegne col permesso degli armigeri che non ci fanno valere il coprifuoco…”
“….”


- continua -



Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.4
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Odette: oui je suis putaine, 4a parte ( il forno di mastro Giuseppe):

Altri Racconti Erotici in tradimenti:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni