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Lui & Lei

il progetto galeotto


di amolafi
08.11.2013    |    13.287    |    0 9.3
"Nei mesi che restarono non rischiammo più di farlo in ufficio, solo qualche volta, quando andavamo in archivio negli scantinati glie lo facevo prendere in..."
E' una storia che risale a circa 25 anni fa. Avevo quarant'anni ed ero impiegato presso una grande azienda. Lei aveva cinquantadue anni, un fisico bello pieno (non grasso) da bonazza con un bel paio di tette e un culo da combattimento. Peccato che un naso troppo lungo e grosso le deturpasse un po' il viso annullando quasi del tutto il richiamo sessuale del corpo.
Me la trovai davanti quando il funzionario mi convocò nel suo ufficio per affidarmi la realizzazione di un progetto del quale, in azienda, si parlava da tempo.
"La signora Marella xxxxxx collaborerà con lei alla realizzazione di questo progetto sul quale l'azienda conta molto. Siete due bravi professionisti e siamo certi che dalla vostra collaborazione uscirà il meglio. Questo progetta avrà una durata prevista di diciotto mesi circa e per tutto questo periodo, per questioni logistiche e organizzative, la signora si trasferirà armi e bagagli nel suo ufficio dove lavorerete letteralmente gomito a gomito."
Dopo le solite puttanate di rito ci congedò e, noi due, uscendo dall'ufficio ci demmo la mano augurandoci a vicenda buon lavoro mentre io pensavo che potevano darmi una collaboratrice un po' più bella.
Cominciammo subito con la fase di preparazione e con il passare dei giorni e delle settimane, Marella, si rivelava una persona intelligente, simpatica e divertente e preparata. Tra noi nacque una confidenza e un'amicizia molto stretta, mi confidò che era stata sposata ma che il marito l'aveva lasciata per un'altra con il naso più bello del suo (era anche spiritosa) e io le raccontai della mia complicata relazione con Carlotta.
Con il passare del tempo, sarà stata la simpatia, l'amicizia o l'abitudine, anche il suo naso non mi sembrava più tanto brutto.
Con l'arrivo della bella stagione Marella cominciò a venire in ufficio con abitini leggeri e scollati che mettevano in mostra le sue belle tettone. Io facevo finta di niente ma vedendomele ballare sotto gli occhi tutto il giorno le guardavo spesso e volentieri.
Una mattina che aveva un abito più scollato del solito e io glie le guardavo con più insistenza del solito mi disse:
"Ho capito da tempo che ti piacciono le tette ma mi sembra che oggi stai esagerando, guardi più le mie tette del lavoro che hai davanti."
Mi girai verso di lei:
"Hai ragione, le tette mi piacciono da matti e se tu non fai qualcosa per coprirtele va a finire che ci infilo dentro le mani."
"Dai non fare lo scemo."
Per dimostrarle che facevo lo scemo la abbracciai con un braccio e con la meno libera le diedi una bella palpata di tette. Finse di scandalizzarsi ma era evidente che aveva preso il mio gesto come un complimento e io insistetti a palpargliele con lei che fingeva di respingermi.
Passarono un po' di giorni durante i quali le diedi ancora qualche palpata di tette e qualche pacca sul culo ma più che avances sessuali era un gioco delle parti, io facevo lo scemo e lei fingeva di scandalizzarsi.
Una mattina entrò in ufficio con un abito, per me, bellissimo, penso che il modello si chiamasse "robe manteaux" era un abito molto accollato, allacciato davanti con una doppia fila di bottoni come fosse un soprabito, di un'aderenza che le valorizzava molto le sue belle forme da figona. Le feci subito i miei complimenti e lei ne fu evidentemente felice. Quando si sedette di fianco a me venne fuori il "difetto" dell'abito. La parte bassa, senza bottoni, sedendosi si aprì e i miei occhi andarono subito al triangolino bianco delle mutande e all'interno coscia. Avrei voluto fare finta di niente ma dopo qualche decina di minuti di quella vista qualcosa dal basso mi si stava muovendo e io ascoltai il suo richiamo. Posai la matita e mi girai verso di lei mettendole una mano sulla spalla, Marella pensò che volessi palparle le tette e finse di ritrarsi ma la tranquillizzai:
"Non voglio palparti le tette, voglio solo dirti che anche se siamo qui per lavorare e siamo amici, certe cose mi agitano e non riesco più a concentrarmi."
Mi rispose che non capive cosa volessi dire e,visto che non capiva, le misi una mano in mezzo alle gambe e cominciai a spingere per entrare con le dita tra le sue cosce che si erano strette e resistetti quando cercò di allontanarmi la mano. La tirai a me e cercai di baciarla ma si ritrasse e io cominciai a baciarla sul collo e sull'orecchio. Tentò un'ultima difesa dicendomi che poteva entrare qualcuno e io mi alzai e diedi un giro di chiave alla serratura per poi tornare da lei che era rimasta immobile con le mani serrate intorno ai braccioli della poltroncina. Le presi il viso tra le mani e posai la mia bocca sulla sua spingendo con la lingua fino a quando sentii la sua che accettava il mio bacio. Le sbottonai il vestito aprendolo e rimase in mutandine e reggiseno che abbassai tirandole fuori le tette e cominciando a baciarle e succhiarle. Le sfilai le mutandine e mi inginocchiai sollevandole le gambe in posizione ginecologica e comincia a leccarla e a giocare con il clitoride con la punta della lingua. Sentivo il suo respiro accelerato dal piacere e con la lingua insistetti sull'apertura come a penetrarla.
Mi alzai e aprii la patta tirando fuori il cazzo ormai duro come un pezzo di legno e dolcemente, con la mano dietro la nuca, la tirai verso me mettendoglielo in bocca. Cominciò a pompare avanti e indietro, era bravissima e sarei rimasto in quella posizione tutta la mattinata ma pensai che, dopotutto, eravamo in ufficio e la feci sedere a mezza chiappa sul bordo del tavolo e glie lo misi dentro cominciando a pompare mentre lei si abbandonava all'indietro appoggiandosi ai faldoni come fossero cuscini
Venne quasi subito e io con lei.
Ci pulimmo e dopo esserci risistemati andammo a prendere un caffè del distributore prima di ricominciare il lavoro.
Nei mesi che restarono non rischiammo più di farlo in ufficio, solo qualche volta, quando andavamo in archivio negli scantinati glie lo facevo prendere in bocca ma era solo per aumentare il desiderio perché Marella abitava a poche centinaia di metri dall'ufficio e, quando ne avevamo voglia, spendevamo le due ore dell'intervallo nel suo grande e comodo letto.
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