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Maddalena (Lena)


di amolafi
07.05.2013    |    16.840    |    0 9.7
"Mise una mano sopra la mia testa spingendola in basso e mi chiese di farle sentire la mia lingua, ebbi un attimo di esitazione che lei capì: "Mi sono..."
Penso di avere avuto quattro o cinque anni quando, nella palazzina di fronte a casa nostra, vennero ad abitare due giovani sposi. Lena e Piero. Per la sua disponibilità e umanità, Lena, divenne subito amica di tutta la via e in particolare con mia madre mentre Piero piano piano scivolò nell'alcolismo e a quarant'anni era già una larva.
Fin da subito dimostrò nei miei confronti una particolare predilezione ed era solita dire che voleva avere dei bambini belli come me. Purtroppo il destino volle che di figli non ne arrivassero e Lena, forse per questo motivo, si attaccò sempre più a me. Mi portava in giro con se viziandomi in tutti i modi possibili. Gelati, cioccolatini, caramelle, giostre e giocattoli. Mi chiamava "il suo bambino" e mi viziava più di quanto avrebbe viziato il suo bambino.
Gli anni passarono ed io mi staccai un po' da lei, ora avevo gli amici e le ragazzine, però il nostro legame continuava. Era sempre informata sul mio andamento scolastico e sportivo e, alle feste comandate (Natale, Pasqua e Compleanno) non mancava mai il suo regalo con relativa mancia.
Quando dovetti partire per il servizio di leva, la sera precedente la partenza, mia madre mi raccomandò di passare a salutarla:
"Sai come è affezionata a te, vai a salutarla altrimenti ci rimane male."
Dopo cena uscii, Mentre attraversavo la strada vidi Piero che con il suo passo malfermo stava andando verso l'osteria, feci finta di niente e salii le scale, suonai il campanello e mi venne ad aprire Lena:
"Ciao, che bella sorpresa! Come mai a quest'ora?"
Le dissi che ero passato a salutare e che la mattina dopo sarei partito. Mi abbracciò e mi fece entrare che mi avrebbe preparato un caffè. Mi sedetti sul divano e dopo pochi minuti mi raggiunse sedendosi accanto a me.
"Allora, il mio bambino è diventato uomo e va a fare il soldato."
Volle sapere dove andavo, se avevo salutato gli amici e se la fidanzatina aveva pianto e altre cose.
Mentre rispondevo mi abbracciava in continuazione stringendomi al petto e baciandomi la testa e la fronte e ogni volta mi ritrovavo con il viso contro il suo seno a respirare il suo profumo. Cominciavo a eccitarmi e sentendo che mi veniva duro mi sentii in imbarazzo, le mani cominciarono a tremare leggermente e le parole uscivano a fatica. Lena se ne accorse subito:
"Ma come? Ti emozioni se ti abbraccio? Chissà quante ragazzine hai in giro e ti emozioni con una vecchia come me.." (Aveva intorno ai quarant'anni)
Tremendamente imbarazzato riuscii a dirle che non era affatto vecchia ed era una bella signora aggiungendo.
"Averne come lei."
"Ma guarda il mio ometto che bei complimenti che mi fa."
Mi strinse a se ancora una volta baciandomi sulle guance. Girai il viso e le nostre bocche si incontrarono, fu un attimo e le lingue fecero il resto.
Ci baciammo stringendoci forte e io le misi una mano sul seno palpandoglielo mentre lei mi incoraggiava:
"Si, toccalo, l'avevo capita da un pezzo che le mie tette ti piacevano. Toccamele, toccamele."
Lei mi aveva messo una mano sulla patta e la sfregava su e giù mentre il mio cazzo urlava per uscire. Se avesse continuato sarei venuto nelle mutande.
La chiave che girava nella serratura ci riportò alla realtà. Era Piero che rientrava pieno come al solito.
Lena gli disse il motivo della visita e, dopo averlo salutato, mi avviai per uscire. Sulla porta le diedi un altro bacio e un'altra palpata di tette e scesi le scale mentre la porta si chiudeva. Ero troppo eccitato e mi fermai sotto l'androne, al buio, e mi feci una sega sborrando per terra.
Era il mese di ottobre.
Per Natale ebbi la prima licenza. Arrivai a casa che era ormai buio, feci un lungo bagno purificatore e cenai con mia madre la quale, fra le altre cose, mi disse che la Signora Lena chiedeva sempre di me e mi disse di andare a farmi vedere che ero arrivato.
Curai dalla finestra che Piero, come suo solito, uscisse e di corsa attraversai la strada e salii da Lena.
Con il cuore in gola suonai il campanello e lei mi aprì.
"Che bella sorpresa! Ciao come stai? Vieni, entra."
Appena chiusa la porta l'abbracciai e la baciai spingendola contro la porta. Le misi una mano sul seno e le slacciai la camicetta per toccarlo meglio. Mi disse di andare sul divano che saremmo stati più comodi.
La feci sdraiare e le slacciai completamente la camicia, tirai fuori le tette dal reggiseno e mi ci tuffai con la testa leccandola e baciandola. Scesi sul ventre e, dopo averle sollevato la gonna, le sfilai le mutande. Mise una mano sopra la mia testa spingendola in basso e mi chiese di farle sentire la mia lingua, ebbi un attimo di esitazione che lei capì:
"Mi sono fatta la doccia prima di cena e con mio marito sono mesi che non ci faccio niente, è solo tua."
Non avevo ancora troppa esperienza e lei mi guidò facendomi giocare con il clitoride con la punta della lingua e poi, a lingua piena, passarle la fessura cercando di penetrarla. Ero troppo eccitato e mi alzai, aprii la patta e lo tirai fuori andando sopra di lei per metterlo dentro. Mi disse di imparare a controllarmi che sarebbe stato più bello, tutto eccitato in quel modo accontentavo solo lui mentre facendo l'amore con la testa avrei accontentato anche lei e me. Entrai dentro di lei e dopo pochi colpi sentii che stavo già venendo, mi fermai e, come mi aveva detto lei, cercai di rilassarmi prima di riprendere le spinte. Nonostante la mia buona volontà venni quasi subito dentro di lei che continuava a baciarmi e abbracciarmi.
"Non preoccuparti, lo so che eri troppo eccitato. Ti insegnerò come si fa l'amore e vedrai che sarà più bello."
Le dissi che il giorno dopo, dopo pranzo, sarei tornato da lei.
Il giorno seguente, appena mia madre si mise a lavare i piatti e non mi avrebbe visto attraversare la strada, mi precipitai da lei. Mi stava aspettando indossando solo una vestaglia da camera. L'abbracciai e sentii che sotto non indossava niente, fu un colpo di frusta, l'eccitazione andò alle stelle. Sul divano, la spogliai e la baciai tutta, come mi aveva insegnato la sera precedente, la leccai a lungo cercando di penetrarla con la lingua e giocando con il clitoride succhiandolo mentre lo stimolavo con la punta della lingua. Mi levai i pantaloni andando davanti al suo viso e Lena lo prese tutto in bocca lasciandolo dopo soltanto un paio di colpi. Mi fece sedere sul divano e si accucciò davanti a me cominciando a leccarmelo come fosse stato un gelato. Avrei voluto che lo prendesse tutto in bocca ma cominciò a leccarlo partendo dai testicoli fino alla cappella, su e giù lungo l'asta. Lo prese, finalmente, in bocca e diede dei veloci colpi su e giù per poi tornare a leccarmelo. Mi disse che ero troppo eccitato per fare come volevo io, sarei venuto subito.
Si sdraiò e mi fece salire sopra di lei e, seguendo i suoi suggerimenti, cominciai a muovermi lentamente spingendo a fondo e poi tornare fino a tirarlo fuori quasi tutto. Quando sentii che stavo venendo mi tirai un po' indietro e mi fermai fino a calmarmi per poi riprendere. Durai un po' di più della sera prima ma dopo poco non riuscii più a resistere, venni e le sborrai dentro. Ero talmente eccitato che continuavo a pompare ma non si smollava. Ora non avevo più l'assillo di trattenermi e cominciai a pompare forte spingendo bene a fondo mentre le nostre bocche non si erano lasciate un solo istante. Le sue braccia e le sue gambe mi avvinghiavano come tentacoli e io mi sentivo felice. Le dissi che la amavo e lei mi mise una mano sulla bocca come se avessi bestemmiato. Io sentivo di amarla, per me c'era solo lei e la stringevo e la toccavo tutta per essere sicuro che non stavo sognando. Le palpavo le tette e poi andavo giù sulle natiche e con la punta delle dita le sfioravo l'ano. Sentivo le contrazioni della sua vagina e sentivo che mancava poco e sarei venuto ancora, mi fermai ma Lena mi disse di continuare e di non fermarmi che stava venendo e voleva venire con me .Mi abbracciò con più forza avvolgendomi tra le sue braccia e io mi sentii veramente il suo bambino. Le dissi ancora che la amavo e che volevo solo lei ed ancora mi mise la mano sulla bocca per zittirmi.
Per tutti i giorni della licenza facemmo l'amore anche più volte al giorno e quando andai a salutarle "ufficialmente" prima di ripartire, dandomi l'ultimo bacio sulle scale mi sussurrò all'orecchio:
"Anch'io ti amo."
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