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Il direttore di banca - Parte 2


di foxtied
30.04.2019    |    6.617    |    1 9.2
"Sabato mattina: alle 11:30 sono nell’appartamento, di cui gli ho inviato l’indirizzo via mail, senza ulteriori contatti..."
Sabato mattina: alle 11:30 sono nell’appartamento, di cui gli ho inviato l’indirizzo via mail, senza ulteriori contatti. Faccio una doccia, poi indosso quello che mi ha chiesto: un paio di pantaloni grigi da running con una maglietta blu, e poi le pantofole con i piedi rigorosamente nudi. Resto in attesa guardando la TV.
Verso le 13:35 il citofono trilla, vado quindi ad aprirgli, ormai siamo al dunque… Apro la porta e dopo pochi istanti arriva dalle scale: indossa una tuta e ha con sé una borsa da palestra, dove sicuramente ci saranno i vari giocattoli che intende usare. Entra salutando in maniera cordiale e posa la borsa sul tavolo del salone. Io chiudo la porta e do le mandate, per sicurezza. C’è un po’ di imbarazzo per la situazione, che lui rompe subito: “Bene, mi piace quello che hai indossato… siediti sul divano e fammi vedere i piedi, togli lentamente le pantofole e distenditi…” iniziamo subito con la parte fetish, penso tra me. Mi siedo… tolgo le pantofole come mi ha chiesto e stendo le gambe sul divano: lui resta fermo a guardare, poi si siede al tavolo, toccandosi tra le gambe, e sicuramente lo ha già duro.
“Sai… ho portato un bel giocattolo: un elettrostimolatore. Voglio legarti a una sedia e poi applicarti gli elettrodi alle parti sensibili, per poi torturarti con piccole scosse intermittenti. Mi hanno assicurato che è in grado di provocare l’orgasmo se ben usato… voglio vedere se è vero” – “Hai molti programmi, da quello che mi hai scritto…” – “Si, diversi. Ma alla fine ti piacerà vedrai. In ogni caso in questa cartellina che ti lascio c’è la tua copia dell’avallo al finanziamento: come promesso da lunedì sarà operativo sul tuo conto” – “Perché ricattarmi, quando potevi semplicemente chiedere?” – “Perché non sarebbe stata la stessa cosa: conosco i tuoi paletti, e io non ne voglio. Non potevo perdere l’occasione di farti quello che voglio senza possibilità di opporti…” – “Certo, immagino. E ti fa sentire bene questa cosa?” – “Moltissimo. Ma ribadisco che ti piacerà” – “Si? Dovrebbe piacermi, ad esempio, essere torturato con scosse di corrente?” – “È una macchina del piacere alla fine, non una macchina di tortura…” – “Sarà… ma sei stato tu a parlare di torturarmi, no?” – “Hai capito cosa intendevo, non sei così sprovveduto”.
Inizia a tirare fuori le sue cose dalla borsa, dopo aver lasciato la cartellina su una panca: moltissima corda di iuta, una mezza dozzina di bavagli di diverso tipo, vibratori, un Magic Wand, pinze per capezzoli, nastro adesivo, spago, elastici… Poi una boccetta scura e un panno, il famigerato cloroformio che vuole usare per narcotizzarmi; infine una serie di fili con elettrodi, parte dell’elettrostimolatore. Una bella dotazione, non c’è che dire.
“Penso di legarti anche su questo tavolo, mi sembra si presti bene… Ricordi? Devi venire almeno quattro volte o non mi fermerò… te lo dico perché psicologicamente è un’altra forma di pressione che voglio importi” – “Come se non bastassero le altre, no?”, rispondo. “Voglio fare una doccia, fammi vedere dove è il bagno, così poi ti lego e faccio con calma…” Lo accompagno al bagno del piano di sopra, mentre esprime apprezzamento per l’appartamento in stile medioevale… “C’è un armadio, o un ripostiglio?” – “Certo, perché?” – “Voglio legartici dentro, bello stretto, magari in balltied…” – “C’è un vano sulla scala, un armadio nel disimpegno e un altro armadio basso nella camera da letto piccola…” – “Mostrami, così decido dove legarti” Lo porto al piano di sopra e gli mostro i vari ripostigli: il primo, quello sulla scala, è abbastanza piccolo e scomodo e non lo aggrada; proseguiamo al secondo, nel disimpegno, ma all’interno c’è una cassettiere e un asse da stiro, così neanche questo è di suo gradimento; l’ultimo, quello nella mansarda, seppur basso, è abbastanza ampio, e decide quindi di usare quello: questo va bene, ti legherò qui dentro per iniziare, ma ora torniamo di sotto. Scendiamo nuovamente la scala, mentre da dietro, con una mano, mi tasta il sedere… arrivati nel salone, va verso il suo borsone e ne estrae delle videocamere: “Ora vai verso il divano, siediti e fammi vedere i piedi… togli lentamente le pantofole, poi allunga le gambe sul divano e fammeli vedere” Sinceramente sono un po’ in imbarazzo, ma lo assecondo: mi siedo, tolgo le pantofole e, mostrandogli i piedi, allungo le gambe sul divano… “Bene, ora alza prima il destro e poi il sinistro, fammi vedere l’arco del piede, mi eccita…” Lo faccio, scimmiottando poi di accarezzarmi i piedi, a favore delle riprese, cosa che sembra gradire… Mi riprende per qualche minuto e noto che il pacco dentro i pantaloni gli diventa sempre più grosso: “Mi ci sono segato molte volte con le foto dei tuoi piedi, ora averli a disposizione è molto eccitante… Ok, ora andiamo di sopra, ti lego in balltied dentro l’armadio, ti imbavaglio per bene e poi mi faccio una doccia”. Torniamo al piano di sopra, nella mansarda: ha preso molta corda, ma lo vedo un po’ contrariato, non so per cosa.
Inizia a legarmi i polsi dietro la schiena, poi si ferma e me li scioglie: “Cazzo, ho sbagliato a prendere il sacco delle corde, queste sono troppo grosse, sono quelle che uso per appendere, per i polsi o per le caviglie. Comunque ti lego lo stesso, faccio una doccia e poi vado a cercare una ferramenta per comprare altre corde: voglio legarti come dico io e queste non vanno bene. Siediti dentro l’armadio” Obbedisco e, aperta completamente l’anta, mi infilo dentro e mi siedo: inizia legandomi i piedi, molto stretti, poi le ginocchia e le gambe; mi passa i polsi sotto le ginocchia e me li lega incrociati, per poi avvolgermi petto e braccia portandomi con il torso verso le ginocchia. Infine tira una corda dalle caviglie fino al collo. “Bene, sei comunque ben legato: ora ti imbavaglio e ti bendo”. Mi infila a forza una grossa palla di gomma in bocca, poi mi fascia con molto nastro adesivo e infine mi mette una benda di pelle sugli occhi, ben serrata dietro la nuca.
Lo sento richiudere almeno mezza anta del ripostiglio e poi alzarsi: “Sei a posto per ora, faccio una doccia, le videocamere sono accese, voglio filmare tutto” Esce dalla camera e lo sento entrare in bagno. Passa diverso tempo, durante il quale l’unico rumore che sento è lo scroscio d’acqua della doccia: sono legato molto stretto, posso a malapena muovere la testa e i piedi, per il resto sono immobilizzato. Nell’attesa che si prospetta, provo a muovermi per quanto possibile, ma l’unica cosa che riesco a fare è sfilare le pantofole dai piedi, per il resto tutto completamente inutile
Uscito dalla doccia, dopo qualche minuto lo sento tornare nella camera, poi: “Ok, vado a cercare la ferramenta, se non trovo corda di iuta adatta, ne prenderò di bianca ma che mi consenta di legarti come voglio io. Ora ti slego da qui dentro e ti lego ben stretto al letto”. Mi scioglie completamente e, dopo avermi fatto uscire dal ripostiglio, mi porta nell’altra camera da letto e mi fa sdraiare dopo avermi tolto le pantofole dai piedi. Mi lega con le braccia tirate verso gli spigoli del letto, bloccandomi i polsi alla rete; poi mi lega i piedi con le caviglie unite e bloccate anch’esse alla rete, per passare poi a gambe e ginocchia che serra molto strettamente. Mi avvolge il ventre con una corda molto stretta che mi limita anche nella respirazione, infine completa il bavaglio, che non mi aveva tolto, fasciandomi le mascelle e bloccandomele, per poi bendarmi, sempre con nastro adesivo al posto della maschera in pelle.
“Bene, ora sei immobilizzato al letto: posso uscire tranquillo. Il bavaglio è molto stretto, lo so, ma va bene così, almeno se dovessi lamentarti non mi creerai problemi. A dopo”
Esce, scende la scala e poi non sento altri rumori... Sarà passata un’ora almeno, quando sento i suoi passi sulla scala… entra nella camera e si avvicina al letto: “Eccomi! Non ho trovato corda di iuta, ma ho preso molta corda bianca cerata, andrà benissimo per legarti come voglio fare”.
Ora inizierà sul serio a farmi quello che vuole…
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