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Quando il corpo sa tutto...


di Membro VIP di Annunci69.it xNemesi
21.04.2022    |    7.111    |    11 9.2
"Poi ci siamo sedute vicine, con la schiena appoggiata al muro a guardare le altre coppie..."
Daniil Trifonov – Chopin: Fantaisie-Impromptu In C-Sharp Minor, Op. 66
https://www.youtube.com/watch?v=Gy5UHK4EeM8


Non l'ho nemmeno vista entrare.
Stavo sdraiata ad occhi chiusi, la nuca ad un soffio dal linoleum freddo, la testa pesante e il corpo in abbandono, ma vivo..., in ascolto.

Cercavo di memorizzare i punti di contatto col pavimento:
il centro della testa, le spalle, le scapole, le braccia, i gomiti, poi un vuoto fino ai polsi, e di nuovo contatto all'inizio dei palmi, poi nulla, ed infine il peso leggero dei polpastrelli.
Immaginavo le impronte circolari delle dita, cercando di capire nel dettaglio fino a dove il mio corpo riusciva a cedere e dove, invece, restava sospeso, teso, contratto.
E' stato allora, mentre con la mente scivolavo in basso, che ho sentito i passi leggeri, scalzi, alla mia destra. Ad ore otto, ho pensato... Sono rimasta con gli occhi chiusi, cercando di non perdere il peso delle palpebre, ma le pupille si son dilatate nel buio, l'attenzione ormai deviata altrove.

Una ritardataria. Una ragazza molto probabilmente, si stava sdraiando ad un metro da me, per aggiungersi all'esercizio.
Immaginavo i suoi occhi mentre, silenziosa, studiava il mio corpo per prendere la posizione senza dover chiedere spiegazioni verbali.
Son tornata a guardarmi dentro, e per un po' l'ho dimenticata.
Una volta aperti gli occhi mi son voltata senza fretta e, prima ancora di vederla davvero, le ho sorriso. Un gesto complice, rassicurante, per dirle che non aveva perso molto, che l'insegnante era accondiscendente, che in quella sala non c'era giudizio. Lei mi ha sorriso di rimando, veloce la bocca a flettersi e tornare appena schiusa, ma gli occhi son rimasti nei miei e ci han fatto un buco.

Acquamarina chiarissima, quasi ghiaccio. Per un attimo mi sono chiesta se non fosse albina: la pupilla nera strideva e quasi intimidiva in quel lago glauco. Con le dita sottili ha spostato la ciocca liscia, castana, che le copriva il viso.
Successivamente, guardandola danzare, mi sono accorta di come il suo viso fosse sempre in parte in ombra, a causa di quel taglio di capelli scalato appena sopra le spalle: le ciocche lisce le ricadevano sugli zigomi alti; a tratti si vedeva solo il naso sottile e, certo, il bagliore dell'iride.

Nel pomeriggio il lavoro si è spostato sull'improvvisazione in coppia; me la sono trovata accanto ed è stato naturale avvicinarsi e decidere in silenzio di danzare insieme.
Nell'improvvisazione il tempo scompare completamente: ciò che sembra durare pochi minuti in realtà occupa mezzora e a volte di più. Sentivo i suoi occhi addosso, studiare e scavare, e cogliere attenta la mia risposta alle sue intuizioni. Con le mani ne misuravo il corpo flessuoso e pian piano, perdevo la percezione dello spazio attorno, delle persone, di tutto.

Avevo il suo profumo nel naso, il tocco lieve dei suoi capelli sulla pelle delle braccia nude. Stavo memorizzando il suo peso, la lunghezza delle gambe, il calore del suo bacino.
Mi cercava con lo sguardo, m'inchiodava e si lasciava guidare. Non c'erano domande, era uno scambio di sole risposte, di conoscenza: pura biunivoca condivisione.

E' stata la mano leggera dell'insegnante a fermarci.
Con dolcezza ha commentato: "Siete bellissime..." riportandoci alla realtà. Poi ci siamo sedute vicine, con la schiena appoggiata al muro a guardare le altre coppie.
"Grazie", le ho sussurrato.
"A te", mi ha risposto,
è rimasta silenziosa un poco e poi ha aggiunto
"E' magia quando è così facile. Ci siamo prese subito vero?"
"Sì" ho risposto senza guardare.

Uscendo nel freddo del'inverno, entrambe strette nelle sciarpe fino alle orecchie, l'ho rincorsa nel vialetto...
"Aspetta! Non so nemmeno il tuo nome!" ho gridato ridendo.
"Lucia" ha risposto seria.
"Lucia", ho ripetuto sottovoce.

"Lucia"...
Avrei voluto baciarti, ho aggiunto muta...

Nemesi
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