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Il Vecchio che fotografava le donne...


di Membro VIP di Annunci69.it xNemesi
09.11.2023    |    2.472    |    7 9.3
"Gli raccontai di averlo visto spesso in giro in tutti quegli anni e gli chiesi che lavoro faceva..."
E così dall'inizio di questa avventura su A69, (che ringrazio per lo spazio concesso), siamo arrivati a 100.

100 racconti in cui scrivendo e Voi leggendo, abbiamo sorriso, ci siamo eccitati e alcune volte ci siamo commossi.
A dire il vero è probabile che alcuni di Voi si siano anche un po' arrabbiati nel leggere storie dove l'erotismo era solo una scusa per agitare e portare in superficie pensieri, sensazioni, ricordi ed emozioni diverse e me ne scuso.

Un po' come succederà a chi leggerà questo racconto il Nr. 100, forse il mio ultimo racconto.
Un racconto che parla un po' di me e che non poteva mancare tra i miei preferiti.

Nemesi



IL VECCHIO CHE FOTOGRAFAVA LE DONNE.

Coldplay - Everything's Not Lost

https://www.youtube.com/watch?v=0IywjWWlxF8&list=RDfZIoFXmWbv0


Non mi ricordo neanche quando è stata la prima volta che lo incontrai, so solo che durante le mie passeggiate per le vie nascoste nel centro di Milano, mi aveva colpito per quel suo modo strano di buttare i suoi occhi per un istante dentro i tuoi; per quell'eleganza sobria e d'altri tempi nel vestirsi e per quella strana borsa di cuoio rossa che portava sempre con sé. Estate e inverno, un anno dopo l'altro, lo incontravo più o meno vestito nello stesso modo, sempre con quella borsa di cuoio a tracolla, con quel passo un po' marziale e rigido ma allo stesso tempo leggero e determinato come quello di un segugio che insegue la sua preda.

Era dicembre, una di quelle giornate grigie in cui freddo e umido ti entrano nelle ossa e nella testa e ti ritrovi a chiederti perchè non sei ancora scappato da Milano. Avevo appena attraversato piazza Duomo e imboccato via Torino; poco più avanti in una piccola traversa, le vetrine in stile inglese di un piccolo bar mi avevano attirato con la promessa di qualcosa di caldo da bere...

Entrando, mi misi a sedere ad un piccolo tavolo vicino alla vetrina per poter osservare il via vai della strada e senza accorgermene me lo ritrovai seduto di fronte con la sua borsa di cuoio rossa aperta sul tavolo. Stava armeggiando con inusuale destrezza ad un paio di macchine fotografiche. Mi parve di riconoscere in una delle due un vecchio modello di Leica, il vecchio si accorse subito del mio interesse e come se mi conoscesse da sempre mi fece un cenno col capo invitandomi a sedere al suo tavolo.

Ci presentammo. Io gli raccontai subito del lavoro che facevo e che per molti aspetti aveva proprio a che fare con la fotografia. Lui mi ascoltò attentamente e nel farlo smontava e rimontava l'obbiettivo a quella che ora sapevo essere un modello di Hasselblad di cui neanche conoscevo l'esistenza e che doveva valere una fortuna. Arrivarono le nostre ordinazioni, io parlavo, parlavo..., sarà che non avevo proprio voglia di tornare ai miei impegni, sarà che si stava proprio bene in quella piccola saletta rivestita di caldi pannelli di legno. Lui sembrava divertito, ogni tanto mi interrompeva per farmi qualche domanda. Dopo qualche tempo mi resi conto di aver esagerato e mi scusai con lui delle mie tante chiacchiere. Gli raccontai di averlo visto spesso in giro in tutti quegli anni e gli chiesi che lavoro faceva...: "Il cacciatore d'ombre", mi rispose e lo disse come se io conoscessi già il significato di quelle parole.

***

Mi ritrovai a camminare al suo fianco per altre vie del centro che non conoscevo, lo seguii quasi ipnotizzato, incuriosito ed anche leggermente impaurito sino ad un piccolo e malconcio negozio di fotografia che mi sembrò uscito da un vecchio film in bianco e nero dei primi del novecento.

Su vecchi scaffali polverosi, vidi scatole di prodotti con marchi di fabbriche che non esistevano più da oltre trent'anni e che mi riportarono alla memoria i miei primi imbarazzanti approcci con la fotografia. Attraversammo veloci il negozio deserto per entrare in un ampio studio sul retro rischiarato da un grande lucernario. Al centro un lungo tavolo luminoso con ancora dei negativi sparsi un po' ovunque. Alle pareti, tutt'intorno a me, dei grandi pannelli di compensato chiaro. Su ciascuno di loro il nome di una donna scritto a mano su piccole targhe di cartoncino colorato, quei nomi li ricordo ancora bene: Manuela, Sabrina, Chiara, Giulia, Alessandra, Cristina, Ilaria, Barbara e Paola.

Vicino a ciascun nome, c'era una grande fotografia a figura intera di una donna. Le vedevo così diverse eppure tutte, avevano nello sguardo qualcosa in comune, una piega tra le sopracciglia un ombra scura che sembrava risucchiare via tutta la loro bellezza.

"Sì..., sono tutte state toccate dall'ombra...", mi disse il vecchio come se mi leggesse nel pensiero.
Sotto ciascun nome quello che vidi era un caleidoscopio di immagini più piccole. Erano fotografie di particolari di ognuna. Occhi.., tanti occhi e mani..., mani che si toccavano i capelli o che si portavano tazzine di caffè alle labbra e poi nasi, orecchie, spalle, fianchi, gambe e piedi fasciati da scarpe invernali, stivali o sandali estivi. Decine e decine di fotografie incollate su quelle tavole di compensato per ricomporre come tanti diversi tasselli di un puzzle, storie..., momenti e immagini nuove per ciascuna di loro.

Io rimasi a osservare in silenzio passando da una raccolta all'altra, ammirai la tecnica i dettagli e la freschezza delle stampe in bianco e nero dalla grana finissima, ma non riuscivo a capire il senso di quello che i miei occhi stavano guardando...

"Vede...", mi disse il vecchio anche questa volta anticipando ogni mia domanda, "In queste fotografie, in tutti questi particolari ho catturato la vera anima di queste donne. Quello che erano durante i loro giorni chiari, prima che fossero toccate dall'ombra. In questi ritagli raccolgo la storia di quello che ancora sono.., tutto quello che l'ombra non è riuscito ancora a cancellare del tutto ma che loro non riescono più a vedere dal giorno in cui si sono perse.
Il mio non è un lavoro semplice, occorrono mesi, a volte anni e molta pazienza per ritrovarle..., quando sono pronto, quando ciascun mosaico è completo raccolgo le fotografie e le metto in una grande busta che metto davanti alla loro porta, perchè le trovino, le stendano davanti a loro e anche se all'inizio distoglieranno lo sguardo impaurite, subito dopo si riconosceranno andando di fotografia in fotografia per riscoprire ogni volta qualcosa di nuovo e antico.
Rivedranno la luce dei giorni chiari e infine diranno: "Ecco sì..., questa sono io!". Col tempo ricominceranno a spazzolarsi i capelli come facevano una volta e camminando per la città fermandosi a osservare la propria immagine riflessa nelle vetrine dei negozi torneranno a sorridersi".

Ricordo che uscii dal negozio mentre spuntava un briciolo di sole e pensai che Milano sa raccontare ancora storie fantastiche. Pensai a quel vecchio, che viveva fuori dal tempo con le sue fotografie e i suoi ricordi. Pensai alla sua abilità che ormai molti di noi hanno perso, nel cogliere in uno sguardo, in un gesto, il preciso istante in cui l'ombra scivolava via per un attimo da quei volti riportando alla luce i colori, o forse semplicemente il suo era un modo di rivivere frammenti di altre donne della sua giovinezza cristallizzandoli per sempre nel tempo, forse gli occhi della donna che un tempo aveva amato e che ora conservava con cura come momento universale, dentro ciascuna di loro...

Sì credo che certe cose accadano ancora solo qui, tra il grigio e i palazzi di questa strana città..., forse è per questo che non riesco a lasciarla.






... e questo è tutto.

Nemesi
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