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Lui & Lei

Il Fotografo Cap.20 - Giocattoli e confidenze


di blueyes5
14.05.2025    |    764    |    0 9.2
"È sdraiata su un asciugamano, occhiali scuri, capelli raccolti in uno chignon spettinato..."
Cap. 20 – Giocattoli e confidenze

Mercoledì.
Marco è già sveglio da un pezzo. La notte è passata con addosso un miscuglio di eccitazione e pensieri. Quando Maddie arriva, puntualissima, ha lo zaino più gonfio del solito.
“Oggi alleniamo la creatività.”
Ma prima, il mistero.

Alle 9:30, il ragazzo del terzo piano fa la sua comparsa.
La sequenza è sempre quella, come una coreografia già vista: armadio, chiavetta, laptop.
“Zooma lì, sulla parete.”
Marco esegue. Concentrandosi su uno sfondo che prima sembrava indistinto, ora emergono dettagli: una serie di ritratti stampati e attaccati con nastro adesivo, fili rossi che collegano alcune foto.
“Sta seguendo qualcuno. O qualcosa.”
“E se una di quelle foto fossimo… noi?”
Maddie lo guarda seria. Marco deglutisce.

Pausa pranzo.
Nell’ufficio accanto a quello dell’avvocato, due uomini rimangono soli. Marco li aveva già notati.
Oggi però si spingono oltre. Uno è alto, corporatura atletica, capelli scuri. L’altro più basso, riccio, occhiali. Stanno parlando, toni bassi, confidenziali. Poi, il bacio. Non un bacio furtivo. Un bacio vero, lento.

Marco scatta. Maddie si avvicina in silenzio.

L’uomo con gli occhiali chiude la porta. Poi si abbassa lentamente sulle ginocchia. L’altro si appoggia al tavolo, slaccia la cintura. Il pantalone cade, segue l’intimo. L’uomo inginocchiato lo prende in bocca. Profondo. Convinto.
Marco immortala tutto: il movimento del bacino, la mano sulla testa dell’altro, la tensione del collo. L’uomo in piedi chiude gli occhi, si morde le labbra. L’altro lo prende tutto, fino a farsi sbattere in faccia con vigore.
“Torna indietro. Zooma sulla mano sinistra.”
Fede d’oro.
“Sposato. Ottimo.”
Marco guarda Maddie.
“Ottimo per…?”
“Ricattabili. E visto che lavorano con lei…” indica la scrivania della collega “…potremmo usarli.”

Pomeriggio.
Maddie apre lo zaino sul letto.
Plug in vetro, vibratore nero, palline anali rosa, un frustino corto e uno strap-on con imbrago. Li dispone in ordine su un telo bianco.
“Set ‘auto-esplorazione’. Nudo elegante, dettagli espliciti.”

Marco prende la reflex. Gli occhi cambiano. Torna quel lato professionale, distaccato, chirurgico.
“Vestiti chiari. Controluce. Usa il frustino come dettaglio.”
Maddie indossa solo una camicia bianca da uomo, sbottonata a metà. Seduta sul letto, allunga le gambe, le accavalla. Apre lentamente le cosce. La camicia scivola giù, lasciando intravedere il seno nudo sotto.
Marco scatta:
– primi piani del viso,
– luce radente sul fianco,
– mani che si insinuano tra le cosce.
Poi il plug rosa. Maddie lo mostra alla lente, lo lecca, lo fa scivolare dentro lentamente mentre è a quattro zampe sul letto.
Marco non trema. La dirige: “Tieni il busto basso. Spingi indietro il bacino. Lascia la schiena inarcata.”

Passano al vibratore. Maddie si stende sul fianco, lo impugna e lo muove contro il clitoride. Scivola tra le grandi labbra, gioca con la punta.
Marco cambia angolo. Chiede una torsione del busto. Uno sguardo verso l’alto. Una posa di profilo, con i capelli disordinati.
Maddie suda. Ansima. Poi prende le palline.
Le infila una a una, lentamente, mentre si tiene le gambe sollevate, stesa sul dorso.
Marco zooma sul dettaglio, sfoca il viso, enfatizza la tensione addominale.

Ultimo set: nuda in piedi davanti allo specchio, lo strap-on allacciato.
Sorride alla lente.
“Fai un primo piano. Questa sarà la copertina.”
Marco esegue. Perfetto. Alla fine, lei si stende sul letto, nuda, sudata, spettinata.
“Hai scattato mille foto.”
“Millecinquantasette.”
“Perfetto. Domani si monta.”
Maddie si riveste. Si infila gli shorts, la t-shirt, raccoglie tutto.
“Bravo fotografo. Ma ricorda: tu sei dietro l’obiettivo. Io, davanti. E comando sempre io.”
Se ne va.
Marco rimane seduto ancora un po’ scosso, ma con la reflex in mano e la mente piena di foto, e di domande.


Giovedì mattina.
Marco è alla scrivania, reflex da una parte, laptop dall’altra. Maddie, invece, ha già preso il binocolo e scruta il terzo piano con aria attenta.

"Oggi si lavora sul materiale di ieri,” dice Marco, aprendo le cartelle sul desktop.
Scorrono insieme le foto dello shooting: primi piani, dettagli di pelle, ombre perfettamente distribuite sul corpo nudo di Maddie.
Lei seleziona, commenta, elimina, mentre Marco si concentra sulla composizione, sul bilanciamento dei bianchi, sui contrasti. Ogni tanto si fermano su uno scatto particolarmente riuscito.
“Qui sembri perfetta” dice Marco.
“Lo sono” replica lei, con un mezzo sorriso.
Mentre Marco ritocca un primo piano in bianco e nero, Maddie si volta verso la finestra.
“Nulla ancora. Continua pure.”
Lui lavora in silenzio, il mouse che traccia movimenti precisi, quasi chirurgici.
“Come hai iniziato coi contenuti?”
“Avevo bisogno di soldi. Ma non solo. Mi piaceva l’idea di gestire tutto. Il corpo, le regole, il mercato. Non essere costretta a darla per pochi spicci a uno schifoso qualsiasi. Qui comando io.”
“E i tuoi?”
“Nessuno fa domande se paghi l’affitto e hai una risposta pronta. Mi bastano una connessione, un paio di luci, e un sorriso da porca.”
“E lo fai davvero bene.”
“Ti è scappata, eh? Sei proprio un coglione sentimentale.”
Marco ride, abbassa lo sguardo.
“E tu? Da quanto sei... chiuso nella tua bolla?”
“Sempre. Foto, pc, silenzi. Non ho amici. Mai avuto una ragazza. Mai fatto sesso.”
“Verginità a diciotto anni? Record.”
“Li ho fatti da poco...”
“Tanto non cambia niente.”
Si bloccano entrambi.

Alle 10:48, Maddie si irrigidisce.
“Aspetta... movimento.”
Il ragazzo del terzo piano è alla finestra. Sembra agitato, parla al telefono con tono acceso. Poi apre l’armadio, prende la scatolina di metallo e la infila nel laptop.
Si aprono vari documenti. Ne stampa uno. Lo tiene in mano, lo legge. Si ferma.
“Zooma,” ordina Maddie.
Marco scatta. Il file inquadrato è una relazione clinica. Si leggono parole come trattamento sperimentale, isolamento, instabilità, struttura parallela. Poi il ragazzo si alza, apre la porta del corridoio, guarda in direzione dell’armadio.
“Dai, fallo… fallo…”
E infatti lo fa. Sposta l’anta, scopre la porta blindata. Ci appoggia l’orecchio. Rimane immobile.
“C’è qualcuno là dentro,” sussurra Maddie.
Marco trattiene il respiro, poi la scena si chiude. Il ragazzo richiude tutto e scompare.

“Cosa cazzo c’è dietro quella porta?”
“Una persona. O qualcosa che non dovrebbe stare lì.”
“Io dico: qualcuno.”
Maddie prende nota, traccia linee, frecce, ipotesi.
“Dobbiamo trovare una connessione con la collega dei due impiegati amanti. Se è lei che lo copre, dev’essere per forza coinvolta. Troveremo un modo per avvicinarla.”
“E se lo facessimo vedere alla polizia?”
“No. Prima capiamo tutto. Poi decidiamo.”

Verso mezzogiorno, Maddie si alza stiracchiandosi.
“Pausa. Fammi un caffè.”
Marco obbedisce.
Si siedono al tavolo. Lei tira fuori la colazione che ha saltato: una brioche mezza schiacciata e un succo alla pesca.
“Sai che spesso non godo?”
“Cosa?”
“Nei video. Nei set. Quasi mai. È tutta scena. Lubrificante, movimenti, urla. Ma dentro non c’è niente.”
“E perché lo fai?”
“Perché so cosa provoca negli altri. E il controllo... dà potere.”
Marco non risponde. Lei lo guarda, poi sorride.
“E tu? Perché trascuri quel corpo? Pelle, capelli, fisico... sei tutto lasciato andare.”
“Perché sono uno sfigato. E non mi interessa.” Risponde Marco sommessamente.
“Dovrebbe interessarti. Sai quanta differenza fa? Soprattutto per chi sta dietro l’obiettivo.”
Pranzano insieme, insalata di riso e panini al formaggio. Poi Maddie si alza.
“Palestra. Torno più tardi.”
Marco si siede, tira fuori i compiti delle vacanze.

Dopo un’ora scarsa si affaccia alla finestra. Sul balcone del terzo piano c’è la figlia del dottor Fenucci. Ha il bikini nero con i laccetti e una camicia sbottonata sulle spalle, lasciata aperta. È sdraiata su un asciugamano, occhiali scuri, capelli raccolti in uno chignon spettinato. Legge un libro, ogni tanto si gira, sistema i seni, si gratta la pancia.

Marco scatta.
Inquadra i riflessi sulle lenti, le pieghe del tessuto sul fianco, la posizione delle mani.
“Sei bellissima e nemmeno lo sai,” mormora.
Continua per qualche minuto, poi si siede.
Si accorge che la giornata è volata.

E che nonostante tutto, per la prima volta dopo tanto tempo... si sente meno solo.

Continua nella sezione "Tradimenti"...
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