Il Fotografo Cap.28 - A piccoli passi

È martedì. Il giorno in cui Marco finalmente toglie il gesso.
La mattina, sua madre lo accompagna in ospedale con la macchina. Dopo settimane di immobilità, il solo pensiero di camminare senza ingombri lo rende euforico. La visita va bene, la frattura è guarita, ma il medico è chiaro: dovrà iniziare una riabilitazione progressiva. Attenzione ai carichi, movimenti controllati, niente corsa, niente salti. Almeno per un mese.

Quando tornano davanti al palazzo, Maddie è lì ad aspettarli. Indossa una salopette corta di jeans e tiene in mano un pacchettino incartato. Sorride.
«Bentornato in libertà, zoppicante.»
Marco ride. Lei gli porge il pacchetto. «Aprilo.»
Salgono in casa. Seduti al tavolo, Marco apre il pacchetto. Dentro c’è una piccola targhetta in plexiglass trasparente con incisa una firma stilizzata: “MR” in un font elegante, sotto la scritta: Markus Roggia, Photographer.
Sua madre osserva curiosa. «MR? Bello. Cos’è?»
«È il mio nuovo logo, mamma. Marco Roggini. Markus Roggia è il mio nome d’arte.»
«Ah, ma guarda! Bravo!»
Maddie ha già ordinato tre pizze. Mangiano tutti insieme. Alle due, la madre si alza per andare al lavoro.
«Ciao Marco. Mi raccomando, fai attenzione. Hai appena tolto il gesso, non sforzare troppo.»
«Tranquilla, mamma. Maddie mi dà una mano.»
«Grazie, Maddie. Sei veramente una brava ragazza.»

Appena la porta si chiude, Maddie cambia espressione.
«Bene, veniamo alle cose serie. Dobbiamo organizzare un piano per farvi incontrare.»
«Chi?» chiede Marco, anche se sa perfettamente di chi parla.
«La ragazza del quarto piano, genio.»
Si siedono sul divano con un blocco e iniziano a ragionare sulle possibilità. Lei suggerisce di “incrociarla casualmente” fuori dal portone, magari con una scusa: le chiavi cadute, una domanda sulla raccolta differenziata, il finto guasto all’ascensore.
«Oppure potresti bussare alla porta per chiederle una cosa che riguardi il condominio. Tipo se sa chi si occupa delle pulizie delle scale, o se ha sentito rumori strani dal terzo.»
Marco prende nota, poi si lascia andare contro lo schienale. «Sembra facile…»
Maddie lo guarda seria. «Non lo è. Ma si impara.»
Iniziano una serie di prove. Maddie si alza, finge di essere lei: postura un po’ chiusa, sorriso appena accennato, occhi dietro le lenti. Marco deve attaccare bottone.
«Ciao… tu sei del quarto?»
«No, dell’ottavo. Fallito. Ricominciamo.»
«Scusa, ho visto che suoni il pianoforte… molto bene, tra l’altro.»
«E allora? Mi stai spiando?»
«No, cioè… passavo e…»
Maddie sospira. «Ok. Respira. Calma. Sii naturale. Parti da qualcosa di concreto. Il cane, la spesa, il tempo. Poi, se vedi che sorride, puoi azzardare qualcosa di più.»

«Tipo?»
«Tipo: ‘Hai un bel sorriso’, oppure: ‘Ti ho già vista, ma non ho mai avuto il coraggio di parlarti’. Fai finta che non ci sia dietro un piano.»
Marco annuisce. Prova ancora. E ancora. A ogni tentativo, Maddie lo corregge: lo sguardo, il tono, i tempi.
Poi si ferma. Lo fissa.
«Ok. Mettiamo che riesci a parlarle. Il passo successivo non succederà subito, ma… non si sa mai. Come sei messo a baci?»
Marco arrossisce. «Ho… baciato solo due ragazze. Ai tempi della scuola. Gioco della bottiglia.»
Maddie lo osserva seria. Poi sorride appena. «Facciamo qualche prova.»
«Che? No… non…»
«Solo pratica, idiota. Vieni qua.»
Si mettono seduti uno di fronte all’altro. Maddie si avvicina. Marco è rigido come una statua. Lei gli prende il viso tra le mani.
«Chiudi gli occhi. Non pensare. Solo segui me.»
Il primo tentativo è un disastro. Labbra troppo tese, respira dal naso, non sa dove mettere le mani. Maddie si stacca e lo guarda con finta esasperazione.
«Marco, non stai cercando di salvare un panda. Stai baciando.»
Ridono. Ritentano. Secondo tentativo, meglio. Terzo, meglio ancora. Al quarto, accade qualcosa. Il bacio è morbido, lento. Le bocche si cercano, si sfiorano, si intrecciano.
Quando si staccano, entrambi distolgono lo sguardo. C’è un silenzio teso, imbarazzato.
Poi Maddie parla. «Molto bravo, Marco. L’ultimo bacio è stato… bello.»

Si alza, va alla finestra. E subito cambia tono.
«Presto la reflex.»
Al secondo piano, finestre spalancate. L’ufficio è illuminato.
Lì dentro, l’avvocato Satti è sdraiato sul pavimento. Sopra di lui, la donna delle pulizie, nuda, lo cavalca con energia.
Marco punta l’obiettivo. Maddie osserva.
Lei si muove con foga, le mani sui seni, i capelli sciolti che ondeggiano. Satti le afferra i fianchi, la guida. La donna si piega su di lui, lo bacia, poi si rialza e accelera.
L’avvocato si mette seduto, la stringe al petto, continua a penetrarla da sotto.
Lei si rovescia all’indietro, le gambe tese. Lui la tiene ferma, poi la fa girare, si mette dietro, la prende a quattro zampe sul tappeto. Frustate di carne.
Lei si masturba mentre lui la penetra, poi si volta, gli chiede qualcosa.
L’avvocato annuisce, si inginocchia davanti a lei e le viene sulla faccia. La donna ride, prende un fazzoletto, si pulisce, lo bacia ancora.

Maddie si sporge.
«Ogni martedì ci offrono uno spettacolo diverso»
Marco non ribatte. Sta ancora guardando, reflex in mano, respiro accelerato.

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