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Consapevole mamma


di geppettino2003
01.01.2021    |    18.184    |    6 10.0
"Di nuovo in camera sua, ancora un tentativo..."
“Ma vai a fare in culo!”
Incrocio Valeria sul portone di casa, è evidente la sua rabbia, nervosa mi saluta e, rapida, si infila nell’ascensore.
Il primo pensiero: chissà quale l’origine dell’ennesimo contrasto con il mio Roberto. È un po’ che li sento accapigliarsi. Due mesi di impegnativi studi, lunghe settimane di continui test, giorni di revisioni e poi interminabili ore a correggere, rivedere, ripassare, approfondire. L’imminente loro esame deve preoccuparli.
Chissà lo stress!

Un salto in camera di mio figlio, è di spalle, la scrivania sommersa di appunti, libri, fogli sparsi anche sul pavimento, scuro in volto.
Impacciato nel vedermi.
Vano un primo mio tentativo di approccio, mi esclude dai suoi pensieri appigliandosi a normali divergenze sulle loro cose.
“Tranquilla solo un momento, le passerà.”
Poco credibile!
C’è sicuramente altro. La reazione di Valeria è stata veemente. Il problema sicuramente è personale. Roby, conoscendolo, avrà, sicuramente, esagerato in qualcosa.
Mi metto in libertà, la spesa in dispensa, quasi un’ora a sfaccendare per casa, ascoltando il trillo del suo iPhone, squilli, lunghi, continui, senza risposte.

Di nuovo in camera sua, ancora un tentativo. Rosso in volto, la sua reazione “Mamma ti prego non è il momento” è scomposta, quasi al limite dell’irriguardoso.

Un’altra lunga ora di pensieri! Quel suo chiudersi, negarsi, mi preoccupa. Devo, voglio, insistere.
Una mamma, si sa, legge nelle espressioni di occhi, in quel non dire, negli atteggiamenti, quali possono essere i problemi che attanagliano un diciannovenne.
Quindi, ai limiti della invadenza, gli impongo la mia presenza, stavolta con una diversa strategia. Nessun fine, solo il voler sapere.
Alle sue spalle, le mani tra i capelli, come quando bambino lo coccolavo con l’amorevole affetto di mamma. Adorava il mio fare. Anni sul divano sdraiato con la testa sulle mie gambe, gli arruffavo i capelli, grattini sulla schiena, carezze sul corpo. Gioivo nel percepire il suo rilassarsi.
Farlo ancora, e convincerlo ad aprirsi.
Sfioro il collo, a mani piene scendo sullo scultoreo petto, apprezzo distintamente i muscoli dell’addome.
Pochi secondi e un primo segnale di cedimento. Appoggia la testa al mio morbido seno.
Civettuola mi è sempre piaciuto accentuarne la procace forma nei miei ridottissimi reggiseni.
So che che gli piace.
Si abbandona al mio fare. Sento che si scioglie, il suo respiro si allunga, sembra quasi un sibilo.
“Ti va di parlarne?”
Lo invito ad aprirsi.
Impacciato, titubante, confessa il motivo, la sua ragione. Praticamente il desiderio di un momento di stacco, una distrazione, una voglia.
Percepisco, chiaramente, l’origine del suo problema. Il mio bambino desiderava scaricare la tensione accumulata di lunghi giorni, approfittando della bella figliola accanto. Chiedere, forse, pretendere un momento di intimo piacere, forse una possibile intrigante mano, magari calde labbra.
Sicuramente un errore la sua sfacciataggine. Inevitabile subire la ferma, netta, reazione di Valeria.
Certamente esagerata!
“Mamma scusa, lascia stare.”
Un attimo e riprende il controllo di se, richiudendosi nel suo mutismo.
Il suo reagire mi convince che la sua non è solo una voglia, credo più un bisogno. Un momento presente nel vedere crescere, prepotentemente, la forma della patta degli stretti suoi jeans.
Inequivocabile segnale di una esigenza.
Nell’espressione del suo viso leggo sofferenza.
È il caso che lo lasci solo!

Torno alle mie cose di casa, distratta da una miriade di riflessioni che mi attanagliano. Una su tutte: Una mamma che ama sa come approcciarsi, scegliere le parole, gli atteggiamenti, quale il senso da dare ad una particolare situazione, e se il momento lo richiede, sa imporre il suo essere, non solo, mamma.
Pochi minuti e sono ancora da lui.
Stavolta cerco le più giuste risposte.
Riprendo le mie coccole. Mi oppongo al suo, iniziale, reagire, rifiutarmi.
Accompagno la sua testa vagare sul mio petto. Allento due bottoni della sua camicia, massaggio il suo nudo petto, le lunghe unghie sfiorano i capezzoli, li sento crescere assieme ad un suo intenso tremore.
Si allunga il suo respiro.
Nel cestino è chiaro il segnale della, appena, vissuta esuberanza del suo essere, giovane, maschio.
L’essenza del suo sfogo quasi mi violenta.
Mi chiedo su quale fantasia abbia ceduto. Volerlo sapere mi spinge a continuare nel mio fare.
Con voce calma, dolce, e suadente:
“Tesoro oggi non voglio essere solo mamma, voglio esserti compagna, amica, se vuoi, complice. Sai ho capito ciò che desideri. non puoi fare così, so di cosa hai bisogno, io posso e, sei vuoi, voglio aiutarti. ”
“Mamma.”
La sua voce arrochita per la sorpresa del mio dire.
Interrompo il mio fare e avvicino il volto verso il suo, continuando ad accarezzarlo sul viso, guardando fisso i suoi grandi occhioni neri.
L’amore di una madre può superare qualunque regola etica e morale. L'unico parametro con cui noi madri misuriamo il nostro amore è il, consapevole, sacrificio.
Vedo salire un nodo alla sua gola.
Posso approfittare del suo momento di debolezza.
“Tutti i ragazzi fanno certe cose. Ne hanno bisogno. Non sanno controllarsi.”
Rendendo palese il mio sguardo su quell’umido kleneex.
Balbetta dalla vergogna.
“Da quanto tempo ti trascura?”
Quasi sussurrando
“Due mesi, non intende distrarsi, troppo presa dall’esame.”
“Tesoro di mamma, e tu ne hai proprio voglia vero?”
In un sospiro lungo e prolungato, una conferma nella sua non risposta.
Lascio libere le dita di spaziare delicate sul suo petto, complici le mani lo privano della camicia, graffio, delicata, diventati duri capezzoli, la punta delle dita a fil di pelle seguono l’addome, sfiorano il bordo dei pantaloni, per un attimo, scivolano tra le gambe.
Sussulta!
Una sua timida mano risale sulle ginocchia, sosta tra le mie gambe, stringe, tenta un azzardo.
Non mi oppongo.
Una mamma non si pone limiti, negli occhi di un figlio che ama, e che soffre, sa leggere i desideri, sa come soddisfare certi bisogni, come offrire tutto il suo vero amore.
Perché limitarlo, quale la ragione. Non si chiede perché, non c’è il tempo per pensare, per valutare, sa solo che deve, che vuole, che può farlo.
Ai problemi del dopo c’è tempo! Un attimo è il suo abbandonarsi ad un violento fremito che pervade il suo debole corpo.
Nel suo guardarmi è evidente il forte imbarazzo.
“Mamma non ti ci mettere pure tu. Non è il momento, né il caso.”
Lo guardo, in lucidi occhi la conferma che le mie riflessioni corrispondono ai suoi pensieri.
Sussulto anch’io.
Tutto avrei potuto immaginare tranne che le coccole al mio bambino potessero trasformarsi in una piacevole emozione.
Il razionale dovrebbe impormi di andare via, l’amore di mamma mi impone di restare, quello di femmina, di osare!
Le labbra sulla fronte, sulle guance, sfioro le sue. Mi chino sul suo petto, dovrei, ma non riesco a fermare il mio baciarlo.
Mi è evidente il non riuscire a controllare il suo stato, mi rendo conto che lo sto intrigando.
Tende le mani sul mio volto, secondi per scendere sul collo, spostarsi sul seno, titubante sfiorarlo, cerca qualche cosa da dire, senza riuscirci. Chiude gli occhi.
Forse sogna.
Mi accorgo della sua, evidente, difficoltà a controllare gli istinti del giovane puledro. Seguo il disegno di un voglioso sesso rinvigorirsi, prendere corposa forma e pulsare continuo al mio fare.
L’ho eccitato!

Sto, certamente, esagerando.
I sensi mi si infiammano, e non dalla vergogna. Determinata voglio aiutarlo. Decido offrirgli il mio essere non il mio ruolo.
So come fare.
China davanti a lui, le mani sulle sue gambe, tasto muscolose cosce, non più innocenti risalgono sul bacino, ancora sull’addome. Disponibili le labbra risalgono sul petto, la lingua lecca gonfi capezzoli, li stringo tra i denti, li succhio.
Trema!
“Mamma ti prego.”
Inutile un ultimo, tentativo di far prevalere il rispetto.
“Tesoro chiudi gli occhi non pensare a me.”
Lascio alle sue timide mani di spaziare sui fianchi, oltrepassare il bordo del leggero maglioncino, risalire, cercare il seno, accarezzarlo, appropriarsene. Stringerlo.
È rosso in viso.
Ancora un tremore, sempre più intenso.
Impongo la mia determinazione,
amorevole cerco la sua bocca, le labbra si accarezzano, istanti nei quali mi offro femmina.
La lingua inumidisce aride labbra, spingo delicata la punta, schiude le sue. Attimi per unirle, spontanee si intrecciano, morbose si cercano.
L’istinto ha preso il comando, mentre la sua lingua mi riempie la bocca, il cervello si abbandona a sensazioni paradisiache.
Un bacio a mio figlio diverso, pervaso di un amore pieno di perversa passione.
Perdo fiato al più bel bacio della mia vita dato al mio figliolo.

Il suo tremare mi è complice. Di nuovo tra le sue gambe, sfioro il sesso, impercettibile il suo schiuderle, favorisce le mie carezze, desidera i miei tocchi, apprezza il mio fare.
Chiaro percepisco il suo bisogno, l’intima esigenza, e cresce subdola la mia voglia di deliziare un corpo che soffre.
Unisco il mio respiro al suo gemere. Lascio alle mani di scorrere, lente sul suo corpo, rapida libero il suo sesso. Sorpreso del mio fare non riesce ad opporsi. Si abbandona alla mia azione, succube del suo, alto, bisogno.
Quel suo desiderio adesso palpita nervoso tra le mie dita che, non più innocenti, seguono il disegno di un cazzo che sembra voler esplodere agli intriganti tocchi di una esperta mano.
Sale forte il suo respiro. Quasi singhiozza.
Attimi e stringo tra la mani un cazzo enorme, duro come il marmo. Intenso mi scuote l’odore del sue essere il mio uomo.
Sussurato è il suo gemere alla mia lenta mano percorrere il magnifico cazzo. Mani nervose si uniscono alle mie, e comandano il mio fare.
Complice mi offro. Priva di razionale controllo, senza mollare la stretta presa, mi accovaccio tra le sue allargate gambe. Tra le dita il suo pulsare esalta il mio fare, il suo gemere inibisce il mio ruolo, il suo guardarmi mi priva del mio essere.
E sale anche la mia di voglia! È tanto che mi manca.
Lascio che mi privi del maglioncino, che liberi il provocante seno dallo stretto reggiseno, a piene mani lo stringe forte.
“Che grandi tette che hai.”
Eccitato le ammira.
L’estasi si trasforma in sfrontate carezze, sfacciato lo bacia. Magnifica la lingua picchietta forte. Succhia e morde sensibili e, diventati, gonfi, capezzoli. La punta della lingua mi sta facendo morire, la sua maschia irruenza priva ogni mia razionale reazione.
Mi sta eccitando! Anch’io gemo.
Si è vero sto unendo il giusto (utile) al doveroso (dilettevole).
Pudore e vergogna abbandonano il mio essere, esalto il mio saper essere magnifica troia nell’imporgli:
“Spogliati”
Mi è davanti, ammiro, con diverso trasporto, un corpo forte, muscoloso. Attratta seguo il suo sfacciato stringere tra le mani, e pestare, su di un imperioso cazzo che vuole solo godere, certa che è assalito da una irrefrenabile voglia di sbattermelo in faccia.
Invitante.
“Che bella verga che ti ho fatto.”
“Mamma”
Il suo invocare il mio ruolo potrebbe inibirmi. Non voglio!
“Non sono la mamma, amore, oggi, sono ciò che desideri.”
“Una magnifica troia!”
È come uno schiaffo, forte, secco, il suo etichettarmi. Non mi offende, al contrario scuote il come, adesso, voglio offrirmi.
Un attimo, e il mio ruolo si trasforma.
Sostituisco le mie di mani alle sue. Sconvolta, voglio farlo godere io. Lotto contro la forza di una superba eccitazione. Soppeso la pienezza di gonfi testicoli, gioendo dei suoi intensi sospiri. Quel duro cazzo tra le mani mi riporta al mio passato. Naturale, ed irrefrenabile, mi assale la voglia di prenderlo in bocca.
Torno indietro ai mie anni migliori, al mio essere esperta pompinara.
Dio che voglia di sentirlo tutto mio!
Con la rossa umida cappella accarezzo il seno, sfioro i capezzoli, li stuzzico. Attimi per sbatterlo sulle guance, tra le labbra, eccitata la lingua assapora le sue prime gocce di piacere, avida la bocca se ne appropria.
Freme!
“Ti prego.”
Una invocazione permeata di solo piacere. Deve essere alto il desiderio di un bel pompino.
“Si amore mio, spingilo in bocca.”
Timide sue mani tra i miei capelli spingono la testa. Rapida ingoio un cazzo che modella le guance, lo spingo sino in gola. Lo tiro fuori, l’esile filino unisce la nostra perdizione, di nuovo in bocca, tutto in bocca. Estasiata ne gusto la lunghezza, le carnose labbra ne apprezzano il ripetuto pulsare, il continuo gonfiarsi mi inebria.
Lo succhio come è tanto che non faccio.
Cresce l’irruenza del giovane maschio infoiato. Lo sento vibrare scomposto il corpo trema, il respiro è lungo, il cazzo è pronto ad esplodere il suo piacere nella mia bocca.
Lo guardo, nella sua espressione è alto il bisogno di godere. Nei suoi occhi è forte il desiderio di venire.
Nei miei la voglia di farlo.
Dio! L’estasi diventa tormento. Ma
perché farlo venire adesso.

Voglio offrirmi per come vorrebbe. Inibita dal piacere lo faccio senza alcuna remora!
Incredulo deve essere altissima la sua voglia di toccarmi, assalita da un assurda voglia, so che posso, voglio, dargli di più.
Non nego alle sue mani di stringere ancora il seno, cercare i capezzoli, pizzicarli. Lascio che ascolti il crescere di una morbosa eccitazione e godersi il mio spettacolo.
“Siediti.”
Imperioso, è un attimo il mio restare nuda, solo preziose autoreggenti nere contrastano il candore di una pelle chiara.
Mi appoggio alla scrivania, allargo le gambe, una sulla sua coscia, voglio che ammiri una bella fica contornata di corti ciuffetti neri che lasciano scoperte le rosse labbra, gonfie e diventate umide. Il grilletto è bello sporgente e un mio dito, lento, comincia a titillarlo.
Spudorata: “Amore è così che mi desideri?”
Solo in un respiro profondo, intenso, la sua risposta.
Pudore e vergogna non mi appartengono più. Con il lungo tacco sfido la forza della sua eccitazione, mentre il dito corre veloce e inizio a sditalinarmi furiosamente la passera.
Raccolgo il mio piacere, lo porto alle sue labbra, lo spingo in bocca, estasiato ne gioisce.
Oscena, accompagno la sua mano sulla fica, so che è quello che vuole, ed io voglio che sbatta violenta. Un colpo, due, ed ancora, sempre più veloce, sempre più forte.
“Si, si, si, così. Bravo.”
Imploro il suo non fermarsi.
La mano picchia forte su di una fradicia fica. Mi fa tremare il suo fare. Le dita martorizzano umide intime labbra, poi un dito, sfacciato, dentro, entra ed esce, poi due, rapido tre.
Dio mi scopa!
Gemo, grido al salire del mio piacere. Sto quasi per venire.
Sfrontato al mio tremare:
“Dio che fica!”
Rispondo con un gemito
“mmmmhhhh.”
Ansimo affannata ascoltando una sua sfacciata richiesta.
“Ti voglio leccare”
“Ahhh, ahhh, si fallo.”
Con le mani spingo il capo tra le mie gambe. Lecca, la lingua spazia sulle intime labbra, la punta picchietta forsennata, in bocca succhia il clitoride
Gemo.
“Si amore siiii, ohhhhh, mettila dentro.Ssssiiiiiiiiiii.”
Urlo il mio altissimo piacere.
“Cazzo che gran troia.”
Mi sono sempre esaltata nel sentirmi dare della baldracca, sinonimo del mio vero essere. Il manifestare il suo pensiero sconvolge il mio ruolo.
“Si mi piace essere troia, leccami tutta., dai, mmhhh, fammi venire, ooohhhmmm, bravo, ahhhgg. Guardami, guarda la tua troia come gode. Oooohhhhh.”
“Caterina sei fantastica.”
Il suo chiamarmi per nome trasforma definitivamente quel mio nuovo essere ora per lui
Ora desidero, pretendo, scoparlo. Quel suo duro cazzo invoca il mio corpo, ed io voglio appropriarmi dei suoi tremori. Si voglio che sappia quanto può essere alto l’amore di una mamma.

In piedi, le gambe tra le sue, la sua lingua scorre sulle mie nude spalle, mi abbandono. Stringo il duro cazzo, con la punta pennello caldissime labbra. Un attimo e sbatto il mio corpo su di un cazzo fermo, duro, splendido.
“SCOPAMI!”
Voglio sentire tutto il suo essere duro. La forza delle sue braccia governano una sfrenata cavalcata. Dai glutei sollevano il mio corpo e lascia che si abbandoni sul suo.
C’è l’ho tutto dentro.
Mi devasta, il suo piacere, si unisce al mio violento possederlo.
Geme.
Gemo.
Forti mani spaziano di nuovo sul seno, ne martorizza i capezzoli, le dita stringono forte, poi sulle chiappe colpi secchi, forti, dati a mani piene, colpi ripetuti sino al limite del dolore fisico (e non solo quello.)
“Dai ancora, ancora., spingilo tutto dentro, ohhhhhh. Fammi sentire quanto lo hai duro!”
Grido il mio piacere, esaltando la mia eccitazione.
“Dai fammi venire ora, scopami fammi godere, si vengo..Ooohhh dai ancora”
“Sei calda dentro, tanto troppo.”

Perverso senza più alcun ritegno, confessa l’origine del suo litigio con la morosa.
“La stronza non ha voluto darmi il culo.”
Un desiderio perverso, il più morboso, quello estremamente più eccitante.
Subliminale il suo desiderio.
Ho sempre amato prenderlo nel culo ed è tanto che mi manca.
È vero una mamma sa sempre come soddisfare le richieste del figlio che ama.
“Allora inculami!”
Esterno la mia perdizione, allargando con le mani le chiappe. Piegata dondolo il culo per rendere palese il mio volere.
Avvicina la bocca ai glutei, comincia a coprirle di baci. Lunghi secondi di tremori, dai baci passa alle leccate. Pennella il culo con la lingua. Divarico ancor di più le gambe, protendo il culo verso l’alto, un invito ad osare di più.
“Dio che gran culo!”
La sua roca voce mi fa impazzire di desiderio.
Con il viso tra le mie chiappe divaricate, lecca come un forsennato la parte interna delle morbide mezze mele.
La punta della lingua lappa, aiutato anche dalle mie, studiate, spinte.
Mi esalta l’irruenza del ragazzo infoiato.
“Spingi dentro, spingila sino in fondo”
La voglio.
“Tutto nel culo, si lo sento, è tutta dentro. È BELLISSIMO.”
“Dio che troia!”
So di non essere più mamma, ma femmina, vogliosa e troia.
“Dai spingi. SPINGILA! Ancora. COSÌ È BELLO SI BRAVO!”
Mi sta scopando con la lingua.
“mmmhhh“
Poi rapido in piedi, piazza ben bene la grassa cappella nel solco delle chiappe, comincia a spingere, prima piano, seguono subito uno, due-tre colpi di reni e affonda il meraviglioso cazzo fino ai coglioni.
Mi incula.
“Dio!”
Mi agito, e guaisco, al suo pomparmi forsennato.
Per averlo meglio mi sollevo sulle punte dei piedi, mi allungo sulla scrivania, con il corpo lo agevolo nei movimenti disponendo le chiappe nella posizione migliore. Mi sta sfondando tutta.
Le sue mani sui fianchi governano i suoi colpi e comandano il mio corpo. Con fare da macho schiaffeggia morbide chiappe, colpi secchi, forti, ripetuti.
Sale la mia perversione.
Messa a pecorina, si stende sulla mia schiena, mi monta in groppa, passando in continuazione col cazzo dalla topa al culo, infilandomi e sfilandomi a ripetizione.
Mi incula davvero bene.
Sublime!
Gemo come è tanto che non faccio, vengo con tutta me stessa, liberando il mio immenso piacere in un altissimo urlo.
“SSSSSIIIIiiiii”
Godo!

Una voce pervasa dal piacere, farfuglia
“Troia, voglio sborrare!”
Si lo voglio anch’io! Contraggo il culo, sento il cazzo gonfiarsi, è pronto.
“Sborra, sborra ora, dai”
“No. Non voglio nel culo, voglio sporcarti il viso. È sul tuo viso che ho goduto prima.“
Oddio, ho proprio un bel porco, in casa!
Mi sfilo velocemente la dura verga, mi giro, in ginocchio ho davanti un cazzo pronto che cola già. L’avida lingua, lenta, circoscrive vogliose mie labbra.
Pesta sull’imperioso cazzo, pronto a venire.
“Prendilo in bocca.”
Con un’espressione da porca, sto per appropriarmi della più bella sborrata della mia vita.
“Succhiami ancora. Succhia il tuo bel cazzo. Succhialo!”
Una sua mano stringe il duro cazzo, lo sbatte furioso sulle labbra, lo porta alla mia bocca e con l’altra spinge il mio capo.
“Caterina fammi sborrare!”
“Si sborra, vieni, godi con me, ora, oh siiiiii dai.”
Non ho più limiti al mio fare, incrocio il suo sguardo, ne leggo il perverso desiderio.
Sbatto una impazzita lingua sulla cappella. Le mie mani impazziscono sul seno. Torno ad essere la gran puttana del mio passato. Una magnifica puttana. Il suo puttanone!
Ciuccio la cappella, imbocco il cazzo, lo sfilo, la lingua saetta per dargli il colpo di grazia. Sento il piacere risalire dai coglioni pronto a fluire dentro di me.
Quasi sviene dal piacere.
“Si dai vieni... tesoro sborra... godi... sporcami tutta...sborrami in faccia”
A bocca aperta, la lingua aspetta i suoi caldi schizzi
“Dai amore di mamma sborra.”
Si voglio che sappia che è sua madre che lo sta per far godere.
Arcuandosi, finalmente sborra. Scarica sul viso una sorprendente quantità di sperma. Schizza tutto il suo piacere sul mio disponibile corpo.
Mioddio, che sborrata! Che gran sborrata. Dio che potenza. Cristo che forza. Madonna che calore
“Bravo! Così. Vieni. Sborra tesoro di mamma. Godi!”
Schizzi violenti, spessi, una crema calda e vischiosa si sparge sul viso, tra le labbra in bocca, sento rivoli di sborra riscaldarmi il seno.
Spinge di nuovo il cazzo in bocca, ancora schizzi irrorano la gola.
Non immaginavo che il mio ragazzo avesse una tale potenza. È un cavallo imbizzarrito.
Stupendo!

Piacevolmente sconvolta con un solo pensiero: Tutto questo tempo, il suo soffrire, sognarmi porca, il mio pietire, le mie rinunce.
“Ne avevi bisogno?”
Con il cazzo ancora gocciolante davanti al mio viso, prendo atto che come maschio promette bene, ed è altissima la mia voglia di godere ancora.
“Che magnifica vacca!”
Irridente il suo pensiero.
“Ehi, screanzato, non ti permettere, sono sempre tua mamma. ”
Maliziosa la lingua raccoglie il suo caldo seme dalla rossa cappella, passandola in bocca, succhiando morbosa un cazzo che non intende perdere la sua dura eccitazione.
“Che splendida maiala!”
Ormai alcun limite governa i suoi pensieri. Dovrei redarguirlo? Pentirmi? Ma perché mai!
Voglio, ora, sapere della sua onirica sborrata sul mio viso.
Una massa che ama sa come fare.
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