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Cazzo e tatuaggio a Barcellona


di pato3
03.06.2017    |    33.983    |    5 7.8
"Poi aggiunse, “Sapete chi mi sta facendo il video? Il suo fidanzato”..."
Eravamo in vacanza a Barcellona. Solo io e la mia Martina. Prima di uscire, entrambi ci preoccupiamo che il suo look risulti il più eccitante possibile. Quella prima sera a Barcellona aveva scelto un vestito grigio chiaro, largo e scollato sul petto, che si adagiava bene sulla sua terza misura, ma che all’occorrenza si spostava facilmente per lasciare vedere buona parte del seno. Sarebbe stato indicato un reggiseno a voler essere pudici, ma in vacanza, si sa, il reggiseno si lascia in valigia. Il vestito poi si stringeva lasciando vedere perfettamente le forme dei fianchi e del culo. Era molto corto, per non sembrare troppo puttana, decise di mettere il perizoma. Tacchi alti neri.

Quella eravamo in un locale molto trasgressivo, piuttosto famoso per i turisti. Nell’angolo più sporco, la mia ragazza si stava dando da fare con un ragazzo di colore. Le loro lingue si intrecciavano e la mano di lei pompava il cazzo ancora dentro i pantaloni di quel ragazzo. Io ero seduto accanto a lei, già stordito dall’alcool. Ogni tanto le baciavo il collo.

La scena aveva attirato un ragazzo in cerca di un colpo sicuro. Questo si sedette vicino a me e mi chiese in inglese: “Di dove sei?”.

“Italia”, risposi io.
“Io sono inglese”, ribatté lui. “La conosci?”, mi chiese indicando Martina.
“Sì. È la mia ragazza?”
“La tua ragazza?”, chiese incredulo, alzando la voce.
“Sì, la mia ragazza”
“Amico, si sta facendo quel tipo!”
“Vedo”, risposi tranquillamente.
“Posso?”
“Mi sembra impegnata”, gli dissi.

Lui si sedette sul tavolino di fronte a lei e le toccò un ginocchio. Lei smise di baciare il ragazzo d’ebano e lo salutò. L’inglese si presentò e chiese tranquillamente di unirsi, consigliando a lei e al suo amico di andare tutti e tre in bagno, senza neanche chiedermi cosa ne pensassi.

“Mi hai preso per una troia?”, chiese lei seriamente.
“No, è che… pensavo che…”, e mi guardò.
“Sto scherzando”, disse lei ridendo. “Avvicinati”.

L’inglese si avvicinò e lei le mise una mano sul cavallo dei jeans.

“Non lo trovo”, gli disse.
“Lasciami giocare”, disse lui, lasciando intendere che una volta duro, sarebbe stata tutta un’altra cosa.

Martina disse all’orecchio del ragazzo di colore di avere un minuto di pazienza. Lui si accese una sigaretta e stette a guardare. L’inglese iniziò a toccare sotto la gonna e poi prese una tetta in mano.

“Ora lo sento”, disse Martina, dopo aver toccato.

L’inglese era tutto fiero, mi guardava e rideva.

“Però è troppo piccolo”

Ora non era più così sorridente. Martina lo lasciò stare e ricominciò a giocare con il suo amico. L’inglese iniziò a protestare e implorare. “Please, please”, ripeteva.

Non si può dire che Martina sia una che se la tira. Cerca di essere sempre amichevole con tutti, ma sa cosa vuole.

“Ok, ok, basta che mi lasci in pace”, disse lei. L’inglese si illuminò.

Lei si alzò, prese per mano me e il ragazzo di colore e disse all’inglese di seguirla. Ci portò nei bagni dei maschi. Promise al ragazzo di colore che una volta finito con l’inglese si sarebbe fatta scopare in tutti i modi da lui. Lasciò l’amico con un bacio in bocca, davanti ad altri ragazzi che avevano sentito la conversazione e si erano eccitati, ed entrò con me e l’inglese in uno dei bagni.

“Vuoi venire ora, o quando sono con lui?”, mi chiese indicando verso la porta il ragazzo di colore che ci aspettava fuori.
“Meglio con lui”, dissi io.

Slacciò i jeans dell’inglese e tirò fuori la minchia modesta. L’inglese tutto appassionato iniziò a baciarla, ma lei non era così coinvolta. Iniziò a segarlo con dedizione professionale.

“Fatti scopare”, gli disse lui.
“No”
“Dai, andiamo!”
“No”. Vedendo che quell’ingrato insisteva lei rispose brusca: “Voglio solo cazzi neri”.

L’inglese si “accontentò” di venire con una sega. Martina si pulì la mano con la carta e mandò fuori l’inglese, uscì un secondo per chiamare l’altro ragazzo, ma non c’era più.

“Dove cazzo è?”, mi chiese. Martina iniziò ad imprecare e prese a male parole l’inglese che era ancora lì. Andammo a cercarlo, ma di lui non c’era traccia.

Continuammo a bere e trovò un altro ragazzo con cui divertirsi. Non era scuro come l’altro, ma era mulatto e al solito palpeggiamento di controllo rispondeva bene. Tra una slinguazzata e l’altra si girò verso di me e mi disse, leccandomi l’orecchio: “Mi voglio tatuare sopra il culo ‘solo cazzi neri’”. La trovai un’ottima idea. L’idea le era venuta perché di fronte al nostro hotel c’era uno studio di tatuaggi. Poi chiese al suo amico cosa ne pensasse dell’idea. Anche lui la trovava geniale.

“Vieni con me”, le disse il ragazzone.

Andammo fuori dal locale, in una via buia. Non la baciò più, niente più effusioni. Era deciso a trattarla come una cagna. Le fece mettere le mani contro il muro e le abbassò il perizoma. Alzò il vestito, mise il preservativo e la penetrò da dietro.

Martina urlava e godeva. Lui si sfogava come un animale. Ogni tanto la sculacciava. Mi guardava e mi diceva: “Proprio una gran troia!”. Poi si rivolgeva a lei, “Ti piace, troia?”. Lei mugolava “sì”.

Si interruppe un attimo per prendere il telefono dalla tasca. Lo sbloccò e me lo diede. “Fammi un video”, mi disse.

“Non inquadro la faccia”, dissi io.
“Inquadra me, e il culo della tua troia”.

Iniziai a girare. Lui guardava in camera e salutava gli amici, dicendo che si stava sbattendo una troietta italiana. Poi le strinse le tette e le fece uscire dal vestito. “inquadra le tette”, mi disse. “Guardate che belle tette che hanno le italiane”, disse alla camera. Poi aggiunse, “Sapete chi mi sta facendo il video? Il suo fidanzato”.

Era ancora più gasato mentre lo riprendevo. Chiese a Martina di dire ad alta voce che era una troia. Aveva davvero trovato pane per i suoi denti dato che lei amava dirlo e farselo dire.

“Sono la più troia in tutta Barcellona. E se hai altri amici, falli venire qua”, e mentre parlava lui aumentava la spinta. Il ragazzo mi fece chiudere il video e cominciò a martellare con rabbia.

“Dove te lo fai il tatuaggio? Sul culo o sulla figa?”, chiese lui.

“Sulla figa”, urlò lei.

“Ti conviene farlo anche sul culo. te lo metto dentro adesso”. Estrasse la lunga mazza dalla figa e mi chiese di sputare sul culo della mia fidanzata. Infilò un dito dentro e poi a forza il cazzo. Spinse per qualche minuto e poi venne.

Dopo aver finito si sfilò il preservativo, lo buttò a terra. Mi diede il cinque mentre Martina si rimetteva il perizoma e si allontanò senza nemmeno salutare lei.

Martina, senza rattristarsi troppo mi guardò, mi baciò e mi disse: “Ora tocca a te”. Si inginocchiò e mi fece un bel pompino. Le venni in bocca e mi baciò di nuovo. “Domani mattina mi scopi, sei l’unico cazzo bianco che voglio”.

Andammo in un salone di tatuaggi aperto di notte. Si scrisse “black dicks only” poco sopra la figa.
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