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Io, Roberta e un bel negro


di pato3
08.12.2016    |    57.673    |    11 9.4
"Poi spostò il reggiseno e mostrò il capezzolo con il piercing..."
“Voglio che gridi il mio nome mentre ti scopa. Voglio che mi dici che mi ami mentre succhi quel cazzo e baci quelle palle. Voglio guardarti godere come non hai mai fatto”
“Non sono sicura di poterlo fare, amore”
“Ti ricordi quando avevamo diciott’anni e ancora non stavamo insieme? Mi avevi detto che il tuo sogno erotico segreto era di farti tre uomini in una volta”
“Sì, ma le cose sono cambiate…e poi…”
“E poi niente, amore. Noi ci amiamo, io desidero questa cosa quanto te”
“Tu un po’ di più”
“Sicura? Non pensi che un bel ragazzo di colore, muscoloso e con il cazzo di oltre venti centimetri possa farti impazzire di piacere?”
“Lo sai che le dimensioni non contano”
“So che conta che ci amiamo e ci divertiamo insieme. E so anche che se c’è un adone di colore tu saresti al settimo cielo”
“Come fai ad esserne così sicuro?”
“Vedo la tua faccia quando in discoteca ci sono i cubisti di colore”
“Ma cosa c’entra…”
“Dimmi di sì e non te ne pentirai”
“Invita questo tuo amico a cena, poi vediamo. Ma non mi costringere a fare niente”
“Non lo farei mai”

Invitammo un mio amico, Jordan. L’avevo conosciuto all’università e per un periodo ci eravamo ritrovati a lavorare insieme a Milano. Dato che già ci conoscevamo e ci stavamo simpatici, decidemmo di cercare una casa insieme. Nei due anni da coinquilini stringemmo un rapporto quasi fraterno. Fu una sera in particolare a legarci completamente. Ma questo lo racconterò la prossima volta.

La serata a tre a cui avevo pensato era un regalo ad entrambi: alla mia fidanzata, perché sapevo quanto il sesso in gruppo fosse un suo desiderio (non troppo nascosto); al mio amico, perché sapevo quanto gli facesse sempre piacere scoparsi una bella ragazza. Ma era un regalo anche per me che avevo avuto sempre la fantasia dell’uomo nero con la mia ragazza.

Finalmente ottenni da Roberta il sì, almeno per una cena. Loro due si conoscevano, ma non benissimo. Così passammo la cena in modo del tutto normale, senza nessun accenno erotico. Lui era simpatico, bello e muscoloso. Non c’era motivo per lei di rifiutarlo. Quando sparecchiammo ne approfittai per avvicinarmi a Roberta e sussurrarle all’orecchio: “Vi lascio un po’ da soli?”. “No!”, rispose subito lei, “devi esserci anche tu”.

Andammo a sederci sul divano con un amaro da sorseggiare. Iniziai a toccare Roberta per scaldare l’atmosfera. Poi improvvisamente esclamai: “Sai che ha un piercing sul capezzolo?”. “Bello, mi piacciono i piercing”, rispose lui. Roberta arrossì. “Ce lo fai vedere?”, chiesi. Lei non rispose, ma dopo qualche secondo sbottonò la camicetta e la aprì. Poi spostò il reggiseno e mostrò il capezzolo con il piercing.

“Vieni a vedere”, dissi a Jordan. Lui si avvicinò e disse: “Bel piercing, e anche bel seno, se posso permettermi”. Lei sorrise e ringraziò per il complimento. “E tu non hai piercing?”, gli chiese lei. “No. Ho un paio di tatuaggi qua e là”. “Dovresti farceli vedere”, dissi io.

Si tolse la maglietta mostrandosi in tutta quella fisicità che già mi aveva colpito all’università. Io nel frattempo toglievo la camicetta di Roberta, lasciandola in reggiseno. Era un po’ nervosa e sentiva freddo. Quel freddo che si prova prima di una prima volta eccitante. Lei si avvicinò al corpo di Jordan e lo sfiorò con la mano gelida. Lui gliela prese e se la posò sul petto, i capezzoli di lui diventarono duri. Quelli di lei lo erano già. Sganciai il reggiseno e la lasciai con le sue tette e i capezzoli turgidi liberi di essere ammirati e poi toccati. Prima da me, poi finalmente dal mio amico. Istintivamente si baciarono e io baciai il collo di Roberta. Il divano divenne improvvisamente troppo stretto e ce ne andammo tutti e tre, travolti dalla passione, verso la camera da letto.

“Adesso ti facciamo uno spettacolino che sicuramente ti piacerà”, disse Jordan. Iniziò a sbottonarmi la camicia e lasciò il mio corpo atletico (ma mai come il suo) alla vista della mia fidanzata. Eravamo entrambi a petto nudo. Poi mi sfilò i pantaloni e lo stesso feci io con lui.

“Ora vorrei che le mutande non me le togliesse lui”. Così Roberta si avvicinò; immediatamente le presi le mani come ad impedirglielo e le sussurrai: “con la bocca, amore”. Prese con i denti l’elastico delle mutande che andavano gonfiandosi e le sfilò. Nel toglierle, il cazzo le sbatté in faccia. Ridemmo, ma non ci facemmo distrarre. Lo prese subito in bocca, mentre io ancora le tenevo le mani baciandola sulle spalle.

La lasciai libera di sbattergli il cazzo con le mani mentre lo teneva saldamente in bocca e andai a togliere le mutande al mio amico, perché erano rimaste a metà gamba. A quel punto lui spinse delicatamente Roberta verso il centro del letto, dove la fece sdraiare e continuò a starle in bocca. Ovviamente era impossibile far sparire quel cazzo enorme dentro la bocca, ma da sopra provava a spingere un po’, senza forzare. Io nel frattempo, mentre mi godevo la scena da dietro, con quel culo statuario vicino alla faccia, sfilavo i leggins di Roberta. Dopodiché tolsi anche le mutande. Infine mi liberai dell’intimo anche io.

Mi misi a leccare la figa e con una mano le stimolavo il clitoride, cosa che ovviamente la faceva partire verso un’eccitazione incontrollabile, e con l’altra mano mi masturbavo. Avevo la vista perfetta, figa in faccia, poi le tette di lei, sovrastate dalle gambe muscolose di lui e le sue palle e il cazzo che facevano su e giù per godere nella bocca della mia donna.

“Ti amo”, le dissi.
“Anche io”, provò a dire, con la bocca piena.

A quel punto ero attratto da due cose. La prima era la figa della mia ragazza. Le entrai dentro. Anche se quella serata era per Jordan, nulla mi impediva di fare la mia parte. E poi sapevo bene che i pompini di Roberta valeva la pena di goderseli. La seconda cosa che mi attirava era il bel culo del mio amico. Così, con la scusa di allungarmi verso di lui per scopare lei, iniziai a leccargli l’ano. Sapevo bene quanto gli piaceva. Non volevo che Roberta sapesse della mia passione per Jordan, così fui molto discreto e glielo leccai solo finché lui copriva la sua visuale con il suo grosso busto.

Poco dopo Roberta, con dolcezza mi fece capire che non voleva più solo succhiare quel bel cazzo, ma lo voleva nella figa. Allora, gentilmente, mi fece spostare e delicatamente non mi degnò nemmeno di un’attenzione perché dedicò tutta la sua passione su quel dio del sesso. Lo cingeva con braccia e gambe mentre lui la scopava. La sua testa andava a cercare il suo collo possente. Io me ne stavo accanto a godere del suo piacere e a farmi una sega.

“Mi ami?”, le chiesi mentre godeva.
“Sìììì”, rispose senza far capire se stesse solo godendo o stesse rispondendo alla mia domanda.
“Quanto mi ami?”
“Sìììì”. Io e Jordan scoppiammo a ridere.

Delicatamente le staccai la testa dal collo del mio amico e le ficcai il mio cazzo in bocca.

“Ti piace il mio cazzo?”, le chiesi. Lei annuì con la testa.
“Anche se è piccolo?”, insistetti. Continuò ad annuire con la testa. Non potevo essere più eccitato.
“Dimmi che ce l’ho piccolo”.
“Ce l’hai piccolo”
“Digli che ti piace solo il cazzo nero!”, incalzò Jordan.
“Mi piace solo il cazzo nero”
“Negro”, corressi io.
“Mi piace il cazzo, basta che sia grosso!”, esplose di piacere, accentuando profondamente la parte finale della frase. Jordan aumentò la potenza del suo battere. Io poco dopo le venni in bocca. Come al solito la baciai subito dopo che ebbe ingoiato la mia sborra.

Jordan continuò a martellare. L’aveva messa a pecorina procurandole l’apice del piacere. Poi, un po’stanco, si era messo sotto e si era goduto la vista mozzafiato di lei che stringeva con le mani i suoi pettorali per tenersi saldamente e muovere il bacino in modo molto rapido e ampio. In questo modo i seni sembravano più gonfi, e tutto questo a me al mio amico piaceva molto.

Quando infine la mia bella si accasciò su di lui, continuando però a sbattersi quel cazzone dentro, io andai dietro di loro e mi misi a leccare il culo di Roberta e il cazzo di Jordan. Era impregnato degli umori della mia splendida fidanzata.

“L’hai inondato tutto, troia!”, le dissi.
“Allora leccamelo”, mi disse Jordan.
“La troia sei tu. Leccaglielo e puliscigli il cazzo. Fai quello che ti dice”, disse Roberta.
“Pensi che non lo farò?”
“Lo farai, e voglio anche vederti”, disse lei con voce stremata.

Si girò, si ripiantò il cazzo nella figa. Iniziai a leccarla dal clitoride fino giù giù e poi passai al cazzo. Lo leccavo e provavo a guardare Roberta. Lei mi guardava e mi spingeva la testa. “Leccalo bene! Leccalo tutto!”. Obbedivo e passavo anche alle palle, visto che stava venendo a ripetizione e aveva sporcato anche quelle. “Prendile in bocca”. “Sono troppo grandi”. “Prendile in bocca”, e mi spinse la testa. Le presi in bocca. Quello che lei ignorava è che non era la prima volta che succedeva.

Si tolse il cazzo dalla figa, iniziò a succhiarlo e diede al mio amico la sua vagina da leccare.
“Adesso lo lecchiamo insieme”, mi disse. Ci baciammo con la lingua con in mezzo quel bastone nero. Lo leccammo tutto per bene, mentre lei lo segava per farlo venire. Quando venne ci bagnò. Lei lo spostò leggermente verso di me per sporcarmi. Alla fine mi ordinò di succhiarlo un’ultima volta per lasciarlo pulito. E mi mandò a lavare la faccia.
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