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Il viaggio della mia fidanzata a Maiorca (con un altro) - parte 2


di pato3
01.03.2019    |    10.547    |    1 7.1
""Hai letto?" "Sì, certo" "Sei incazzato?" "Un po', mentre leggevo..."
Dopo aver letto la lettera del mio amore, nella quale mi raccontava la sua avventura a Maiorca, ero estremamente curioso per l'omissione sui fatti del venerdì sera, tanto seri da non poter essere messi per iscritto.

La sera, quando entrambi eravamo tornati dal lavoro, non vedevo l'ora di sentire la storia.

"Hai letto?"
"Sì, certo"
"Sei incazzato?"
"Un po', mentre leggevo. Ma è per questo che ti amo. Adesso sono solo curioso di sapere cos'è successo venerdì sera".
“È una storia lunga", disse mettendosi a ridere, "Vuoi che te la racconti prima o dopo cena?"
"Raccontamela subito. Non posso aspettare".
"Ok, ti va una tisana?"
"Allora è veramente grave"

Andò a preparare la tisana ed iniziò a raccontare.

"Ok, allora. Siamo andati a Magaluf quella sera. È un posto completamente folle. Inimmaginabile. Incredibile. Una delle prime scene, per strada, prima ancora di entrare nel primo pub, era già una cartolina perfetta della località e della mia serata. Infatti, poco dopo essere scesi dal taxi, in mezzo al marciapiede un ragazzo - completamente strafatto - stava strusciando il cazzo duro sulla coscia di una sua amica mentre questa limonava duro con un altro e aveva la sua mano dentro le mutande. Sembrava di essere in un paese "clothing optional". La gente (nella maggior parte dei casi) non era nuda. Non del tutto. Molti ragazzi però erano a petto nudo e le ragazze erano vestite così poco che persino io mi sentivo troppo coperta".

"Beh, dovremmo tornarci insieme"

"Eh sì. Però ragazzi che erano già stati negli anni precedenti, mi hanno detto che adesso era molto meno estrema rispetto al passato. Pare che le autorità locali siano stanchi della 'cattiva pubblicità'. Però, tanto per farti un esempio, in alcuni bar, le ragazze per bere gratis si mettono a fare pompini davanti a tutti".

A quel punto non riuscivo più a trattenermi. Ero eccitato come una scimmia e dovevo masturbarmi. Così mi calai i pantaloni e mentre lei ancora raccontava e scendeva nei dettagli, io mi masturbavo.

“Siamo andati a bere cinque shottini di vodka uno dopo l'altro. Nel bar c'erano solo inglesi e non mi faceva impazzire quella compagnia (anche se dalle altre parti non sarebbe cambiato molto), così siamo usciti e siamo andati nel bar di fianco. Altri due shottini. Appena mi sono alzata ho cominciato a sentirmi decisamente disinibita. Più del solito.

"Abbiamo cominciato bene direi", ho detto al mio collega.
"Direi proprio di sì. Questo è il paradiso. Pieno di troie"

Non ho detto niente. Ma ho pensato: "Questa sera le faccio impallidire tutte".

Pochi minuti dopo è capitato a fagiolo un toro meccanico. Mi sono messa in fila per esibirmi un po' e per la prima volta ho provato invidia per l'abbigliamento delle ragazze inglesi. Avevano praticamente tutte dei top o dei costumi che si aprivano sulla pancia e coprivano solo parzialmente il seno, lasciandolo intravedere da sotto. Ti faccio vedere delle foto. Io ero così banale con la classica scollatura che fa uscire le tette da sopra.

La fila era quasi interminabile, ho iniziato a parlare con un gruppo di ragazze, molto giovani, vestite come troie e ho chiesto loro dove avessero comprato quei vestiti. Una di quelle ha mostrato apprezzamento per il mio top, così scherzando le ho chiesto se potevamo scambiarci i vestiti così potevo fare bella figura sul toro meccanico.

Alla fine, causa rissa, provocata credo dalla gelosia di un coglione che non aveva gradito gli apprezzamenti fatti alla sua zoccola durante la cavalcata sul toro, abbiamo rinunciato alla gloria e ci siamo allontanate. Il mio collega era ancora con noi. La ragazza di prima mi ha chiesto se volessi ancora fare cambio d’abito: potevamo andare in un vicolo. Ho accettato. Si è spogliata con la mia stessa disinibizione e “wow”. Aveva due tette fantastiche.

Sarà stato per gli shottini ma ho iniziato a leccarle le tette. Erano proprio fatte a marshmallow: buonissime e bellissime. Lei però non era lesbica nemmeno un po', così dopo avermi fatto assaggiare un po', divertita, mi ha chiesto di smettere, molto dolcemente e allora ci siamo scambiati i vestiti.

"Mi sta bene?", ho chiesto al mio collega.
"Salta sul posto", ha risposto.

Un paio di salti, e le mie tette, un po' troppo grandi per il vestito sbucarono da sotto.

"Adesso stai bene", ha detto il mio collega. Però quell'altra, contenta sì del mio vestito, si stava già spogliando per riprendere il suo. E allora ho dovuto rinunciare subito a quello stupendo vestito per ritornare nella mia gonna e nel mio top, decisamente più pudici.

Le tette di quella ragazza mi avevano mandato in estasi. Mi sentivo fuori controllo, gli shottini continuavano a rilasciare troiaggine. Ero esaltata e bisognosa di affetto e cazzi. Sono tornata in strada correndo e mi sono levata il top, rimanendo con le tette al vento. Mi sono unita a un gruppo di ragazzi tutti a petto nudo, dicendo: "Anche io sto senza maglietta".

In quel frangente mi sono persa il mio collega e poco dopo mi sono ritrovata con quel gruppo di inglesi, misti ragazzi e ragazze (ma prevalentemente uomini). Poco dopo ero nel loro albergo, non esattamente un albergo dove rilassarsi. In ogni terrazzo c'era qualcuno ubriaco o fatto. C'era musica alta quasi in ogni camera. Due inglesi mi hanno presa e messa a testa in giù e per farmi bere birra dal fustino. La mia gonna si era abbassata lasciandomi solo col perizoma, che non copriva nessun buco dato che quelli che mi reggevano hanno subito pensato che fosse il caso di spostarlo leggermente di lato. Improvvisamente poi, mentre non facevo più attenzione a quanto bevevo, perché stavo attenta a cosa mi inserivano nella figa, il fustino di birra era sparito e mi sono presa un cazzo british in bocca. Quasi senza accorgermene. Io continuavo a succhiare perché, per quanto ami la birra, un cazzo è sempre meglio.

Le ragazze inglesi non erano per niente infastidite dalla mia presenza. Con le loro pance gonfie e le loro tette strabordanti, si davano da fare con uno o due di quei ragazzi. Per me invece c'era tutto il resto.

Dal balcone opposto dei tedeschi hanno visto la scena della sostituzione della birra col cazzo. Hanno gridato qualcosa verso gli inglesi. Gli inglesi hanno gridato qualcos'altro di risposta e due minuti dopo la mandria tedesca si era riversata a festeggiare con gli inglesi.

Finalmente il primo cazzo era venuto e i due energumeni che mi tenevano a testa in giù mi avevano rimesso coi piedi per terra, anche se faticavo non poco a stare dritta. Avevo indosso solo una delle gocce di sborra che colavano dalle labbra ed una gonna che mi copriva soltanto la vita lasciando scoperto ogni ingresso. E l'ingresso era decisamente libero per chiunque avesse voluto approfittarne.

Un tedesco si è levato i bermuda ed ha iniziato a correre verso di me col cazzo di fuori ed ha cominciato a picchiarmi dritta su naso e fronte col suo cazzo barzotto. Io inebriata, eccitata, esaltata, incapace di smettere di ridere, gli ho gridato: "Mettimelo in bocca!", e così ho preso anche quel cazzo in bocca.

"Non vi posso gestire tutti", ho detto poi a quelli che stavano intorno. Così mi sono alzata, ho preso il primo che mi è capitato a tiro (credo un inglese), gli ho fatto abbassare i pantaloni e l'ho fatto sedere a terra. Io mi ci sono seduta sopra e gli ho detto "fuck me!". Saltavo sopra di lui e lui mi teneva stretta dai fianchi per timore che gli spezzassi il cazzo con quel su e giù frenetico. Intanto segavo con forza il tedesco che di lì a poco mi sarebbe venuto sulle tette.

Ormai, quelli che si erano svuotati le palle (segandosi e sborrandomi il più vicino possibile alla faccia e alle tette) erano la stragrande maggioranza, così premevano per andare in qualche club. Alla fine, si mossero, e restavano ancora alcuni ragazzi da soddisfare. Così giù nella hall ho iniziato a scoparne uno, su un divanetto. È arrivato l'uomo della reception, non troppo seccato, forse neanche troppo sorpreso, e ci ha mandati via. Noi senza scomporci (si fa per dire, eravamo tutto tranne che composti) siamo andati fuori dall'hotel e abbiamo continuato a scopare.

"Facciamo presto", ho detto ai tre ragazzi che restavano. In realtà avevo ampiamente perso il controllo di me stessa e della situazione. Mi hanno messa a pecorina e uno me l'ha messo da dietro. Poi uno si è sdraiato a terra e con la complicità di quello che mi stava scopando a pecora mi hanno spostata in modo da trombarmi entrambi: entrambi nella figa. E intanto un altro in bocca. Avevo una voracità mai vista prima (e mi dispiace che tu non fossi lì a vedere). Però, a quel punto sono arrivati i guai.

Sono arrivati i poliziotti e, minacciando di manganellare i ragazzi, li ha fatti scappare, mentre io ero tenuta ben salda da uno dei due. Di forza mi hanno portata via. Ho iniziato a implorarli, a pregarli di lasciarmi andare. Mi sono giustificata, dicendo che avevo bevuto troppo. Il mio collega non c'era. L'avevo perso di vista da un po'. Allora, quando eravamo lontani dalla folla, vicino alla volante. Ho iniziato a toccare entrambi i poliziotti, come una mendicante, continuando a dire "please, por favor".

Uno dei due ha iniziato a gridare qualcosa in spagnolo, ma era troppo veloce e non capivo niente. Io provavo a strusciarmi su di lui ma lui mi ha tirato un ceffone e mi ha immediatamente allontanata. Poi ha detto qualcos'altro in spagnolo e da quello che ho capito, soprattutto dalla gestualità, aveva paura che gli vomitassi sulla divisa. Io però lo schiaffone l'avevo sentito e mi sono messa a piangere. Piangevo perché capivo che l'avevo fatta grossa, che ero finita nei guai. Tutta l'ebbrezza stava sparendo di colpo dalla mente, la paura mi stava facendo tornare lucida, ma il fisico continuava a non rispondere. Ero k.o.

Continuavo ad implorarli di non farmi del male e di lasciarmi andare. Piangevo ancora e ho spiegato loro, o almeno ci ho provato, che ero solo eccitata e volevo fare sesso, che non era mia intenzione creare problemi. E poi ho ribadito il concetto: "Scopatemi se volete, vi prego". A quel punto mi hanno fatto salire in macchina. Avevo perso. Così credevo.

Si sono allontanati da Magaluf. Eravamo in una stradina sconosciuta e buia. Non avevo minimamente idea di dove fossimo. Mi hanno fatto scendere dalla macchina e quello che prima mi aveva schiaffeggiato si è abbassato la zip dei pantaloni è ha detto qualcosa al suo collega. A quel punto ho capito che forse avevo ricevuto il perdono. Però ero ancora spaventata e trattenevo le lacrime a stento.

Ho fatto per avvicinarmi per fargli un pompino, ma quello, perentoriamente ha detto: "No! Tienes un condom?". "No!". Guardando il suo collega: "No toco a esta puta sin condom" (non tocco questa puttana senza preservativo). Poi in inglese verso di me, tenendomi dal viso: "You are a shitty bitch" (sei una merdosa puttana). Intanto il collega aveva i preservativi, così mi hanno ordinato di stare immobile e in ginocchio, senza toccarli.

Hanno iniziato a segarsi toccandomi dappertutto. Quando i cazzi sono diventati duri si sono messi il preservativo e mi hanno fatto girare. Mi hanno sputato abbondantemente sul culo e me l'hanno sfondato. Prima uno, mentre l'altro continuava a toccarmi per rimanere duro. Tra di loro si dicevano cose oscene parlando naturalmente di me. Non le capivo tutte però parole come: “maldita puta (maledetta puttana)” e altre erano piuttosto chiare. Per non lasciarmi sfuggire alcuni concetti chiave, si sono sforzati di riferirmeli in inglese, e allora continuavano a vomitarmi appellativi tipo: “schifosa, sporca, troia italiana, cagna” e frasi come: “dovrei farti scopare da tutta la città, dovresti portare anche tua mamma, avrai preso da lei…”. Poi quando il primo ha finito (dopo essere stato solo violento e senza avermi fatto godere), il secondo ha fatto la replica. Secondo lui ero una troia da quattro soldi, un’alcolizzata piena di malattie, una ninfomane svergognata, un pisciatoio. Comunque, sentivo di essermela cavata nel migliore dei modi, ero tramortita dalla stanchezza e dalla paura di essere arrestata, ma sobria ormai, e quasi rassicurata dal fatto che la scopata mi avrebbe dato la libertà.

Quando hanno finito, pensavo che mi avrebbero riportato in centro, da dove sarei tornata in albergo col collega. Invece niente. "Cammina troia! E la prossima volta stai attenta". Mi hanno indicato per dove dovevo andare e così dopo un po' sono arrivata a Magaluf. Lì ho scritto al mio collega, senza trovarlo. Allora ho preso un taxi e sono tornata a casa. Pagando anche parecchio.”

Ero sconvolto anche se gli insulti dei poliziotti e il suo racconto mi avevano fatto sborrare. Però sapevamo che 40 giorni dopo avrebbe dovuto fare il test hiv. E sono lieto di dirvi che è sana come un pesce, grazie al cielo. La prossima volta guai a non usare il preservativo!
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