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Probo, amico mio (col cazzo enorme)


di pato3
25.01.2022    |    31.390    |    6 9.8
"Invece se ne stava a pancia in su e gambe aperte sulla vecchia macchina di due ragazzi che in due forse non facevano la sua età..."
Probo, amico mio

Probo ed io eravamo amici prima del liceo, durante e dopo. E siamo amici ancora. Il nome Probo deriva da una lunga storia che riguarda l’ora di ginnastica, lo spogliatoio, gli scherzi dei ragazzi, l’ora di latino e probo-proboscide. Era già grosso ed era già un cazzone (in tutti i sensi). Il suo cazzo poi si è stabilizzato a ventisei centimetri di lunghezza - misurato davanti a diversi testimoni - ed è largo... non saprei dire quanto, ma dico: tanto. L’ultima volta che l’ho visto (il suo cazzo, non lui), eravamo in un centro termale dove mi ero lasciato trascinare e dove, sebbene in Italia, si tollerava la tradizione nordeuropea di nudità integrale nell'area dedicata alle saune e ai bagni turchi, con la sola eccezione per la vasca idromassaggio. Io mi sentivo a mio agio col mio corpo. Ma sapevo che vicino a lui, sarei sembrato un bambino.

Alle terme c’era un rapporto di circa due uomini per ogni donna. Molti erano anziani. Notai come il nudismo fosse ben accetto e se tutti gli uomini erano nudi, tra le poche donne, poco meno della metà erano nude o in topless.

"Io parto all'attacco", disse Probo. Col costumino a mutanda nella tasca dell'accappatoio si diresse, ed io a ruota, verso l'idromassaggio, dove parlottavano due ragazze della nostra età (o forse un paio d’anni più grandi), una col pezzo del costume di sopra in vista, l'altra col seno scoperto non troppo in vista. Probo salì le tre scalette in teak, andò all'appendino e sfilò l'accappatoio. Lo appese e si girò facendo finta di dimenticare la regola che prevedeva i genitali coperti all'interno della vasca. "Oh, giusto", disse. Intanto il danno era fatto. Si girò per prendere il costumino nella tasca e metterselo dando le spalle alle ragazze. Il primo tentativo fallì anche se avevo osservato le reazioni delle ragazze: ipnotizzate. Poi però Probo cominciò a parlare e le fece scappare. Le ragazze, con la scusa di essere nella vasca da troppo tempo si alzarono e quella in topless ci fece vedere finalmente quanto già si intuiva: aveva due bocce enormi, ballerine e rotonde.

"Fighe di legno", si limitò a commentare Probo. Si rimise a caccia con gli occhi. Mentre fingeva di rilassarsi, studiò per cinque minuti i movimenti di tutte le donne presenti e anche degli uomini, perché non ne voleva troppi in mezzo ai piedi. La sauna era appena stata lasciata libera da tre uomini e da quando eravamo arrivati noi nessuna donna ci era stata. Era quello il momento di attaccare, e di farlo in grande stile. Secondo lui, chiunque fosse entrata dopo di noi, sarebbe entrata per vedere un po' di carne buona.

Ci precipitammo fuori dalla vasca e ci levammo i costumi. Entrammo nella cabina e aspettammo. Inutile dire che il cazzo di Probo ciondolava senza vergogna e in pochi sul nostro tragitto dalla vasca alla cabina non lo notarono. Seduti sui nostri asciugamani, nudi e a gambe larghe, con i gomiti sulle ginocchia, in attesa di iniziare a sudare. Passarono due minuti di clessidra e da fuori si vide un'ombra fermarsi accanto alla porta, vicino all'appendiabiti. 'Fa che sia una donna, una qualsiasi!', pensai. Un altro uomo ci avrebbe rovinato il gioco. 'Sono ciabatte rosa! Evvai!'

Si aprì la porta e si presentò davanti a noi, con il costume e l'asciugamano bianco una bella signora che avevamo notato. Una signora sulla sessantina, o forse qualcosina in meno. Era piena ma non grossa. Era bella e aveva i capelli di varie tonalità di rosso. Era molto abbronzata.

Si guardò intorno, noi eravamo seduti uno di fronte all’altro sugli scaloni di legno più alti (erano due in tutto). Scelse di sedersi dal mio lato ma sullo scalino più basso. Sistemò con cura l'asciugamano e poi disse: "visto che siamo tra di noi...". Che voleva dire? Voleva dire "tra di noi nudisti". Si abbassò le mutandine del costume floreale e potei vedere il piccolo triangolino di pelo curato, contornato dalla pelle bianca che si contrapponeva a quella abbronzata. Piegò le mutande e le ripose su un angolo del suo asciugamano. Poi sfilò il reggiseno dando le spalle a entrambi, rivolta verso la porta d'entrata. Non c'erano segni dell'abbronzatura sulle spalle, ma quando si girò per sedersi sul suo asciugamano, con le gambe sigillate, vedemmo il contrasto tra la carne abbronzata e quella bianca, che risaltava i capezzoli nocciola turgidi.

Probo era straordinario, adesso era piegato leggermente all'indietro, con il peso sulle braccia e i muscoli tirati, ora le gambe erano chiuse e, non a caso, aveva messo il cazzo in modo tale che ricadesse di lato sulla coscia, come un dannato salame. Era uno spettacolo della natura. Rivolse la testa verso l'alto e appena lo fece, la signora, che forse aveva gli occhi socchiusi e aveva notato quel movimento, aprì gli occhi e lo guardò avidamente. E deve anche essersi accorta che io la stavo guardando perché fingendo nonchalance si girò verso di me come se stesse solo guardando tutto ciò che le stava attorno, come se non fosse sensibile alla differenza tra un muro e un giovane uomo superdotato. Mi sorrise e soffiò come a dire: "Fa caldo, eh?". E faceva caldo. Anche io, come Probo ero già imperlato di sudore, anche io giovane e muscoloso, ma senza un mostro fenomenale tra le gambe. La signora stava iniziando solo allora a sudare.

Sentendo il soffio Probo tornò a guardarla e le sorrise. Lei sorrise di rimando e poi si girò nuovamente verso di me. Mi sorrise e io le sorrisi. Passammo qualche secondo a sorriderci come se fossimo in un ascensore. Ma nudi e sudati.

Fummo interrotti poco dopo, dall'ingresso di un signore, anche lui nudo. Non sembravano conoscersi, se non di vista. La signora si sdraiò a pancia in giù e poi cominciò a parlottare col vecchio. Noi intanto avevamo iniziato a sudare troppo e uscimmo. Non senza prima godermi ogni movimento sensuale della signora che si china con le tette penzoloni per stendere in lungo l’asciugamano; non senza prima vederla stendersi schiacciando i seni e divaricando leggermente le gambe. Che vista paradisiaca!

"Wow", sussurrò Probo, fuori dalla sauna.
"Simpatica", dissi.
"Se non fosse entrato quello..."

Andammo alle docce, nessuno guardava apertamente quel manganello gigantesco, ma io sapevo cosa pensassero gli uomini e immaginavo cosa pensassero le donne. Probo aveva già delineato la strategia. Si sarebbe fatto rincorrere un'altra volta. Aspettammo sdraiati e avvolti nell'accappatoio che la signora uscisse dalla sauna. Sfilò totalmente nuda, con il costume e l'asciugamano in mano. Arrivò alla doccia dove si sciacquò via il sudore e indossò il costume. Poi si mise l'asciugamano attorno al corpo. Andò al suo lettino senza guardarci, ma tenendoci d'occhio. Quando il bagno turco si svuotò, Probo mi fece segno. Dovevamo entrare e aspettarla. Se fosse venuta, ci avrebbe provato. Se non fosse venuta, ne sarebbe arrivata qualcun'altra, di questo era sicuro.

E la signora arrivò. Questa volta aveva tolto il reggiseno fuori dalla cabina ed era entrata con le mutandine. Ci guardò spudoratamente e disse: “Le tolgo anche io. Le tengo solo perché ci sono persone che si lamentano, storcono il naso. Ma voi…”.

E proprio mentre si abbassava le mutandine, Probo (in modalità attacco), disse scherzando: "Tolga tutto signora! Siamo nati nudi… noi ci giriamo, se preferisce". E verso di me, sempre scherzando: "Girati, guardone!”.

"Ah, se fossi timida, non sarei qui! Anche se dovrei coprirmi” e sorrise come se fosse più vecchia di quello che era, “sono anziana. Voi siete giovani... per quello ve ne state nudi senza problemi". E ci guardò di nuovo, in basso.

Dovevo dire qualcosa. Mi ero eccitato. Scherzai sul fatto che dovevo essere io a coprirmi, andando in giro con un amico in quel modo. E indicai esplicitamente il suo cazzo. La signora si mise a ridere di gusto. Probo mi guardò con lo sguardo pieno di gratitudine. Lei era eccitata. Probo lo capiva, io no. Probo sapeva quando provarci, io no. Probo fece una cosa che non avrei mai fatto perché pensavo che in quel modo avrei mandato a puttane tutto. Ma forse è così che si arriva a punto. Poteva tirare alto o poteva fare centro. Dipendeva da lei. Lui non avrebbe lasciato nulla di intentato.

“Forse dovrei fare l’operazione per ridurre il pene!”

La signora non smetteva di ridere. Voleva dire qualcosa e la disse. Parlò come parlano a volte le donne quando non ci sono altre donne a giudicarle per quello che hanno detto.

"Non ti vorrai mica rifare quel ben di dio!", disse guardando a terra, come se l'avesse detta grossa.
"Ha ragione la signora: piace pure a me quasi quasi", dissi io.
La signora rise sempre più nervosamente. "Mina", disse. "Mina! Non 'la signora'?"
"Sei sposata, Mina?", chiese Probo.
"Purtroppo sì", disse scherzando.
"Ecco, adesso dovrei dire che non sono geloso"
"Nemmeno lui lo è"
"È qui?"
"Qui? Lui? Figurati!"
"Beh, meglio così"
"Sì?"
"Sì!"

Si toccò il pene. Pensai: ok, adesso si becca una denuncia per molestie sessuali, minimo minimo.

"Vi lascio soli?"
"No, resta. Non serve", disse Probo con il cazzo barzotto. Era pazzesco.
Guardai la signora: "Se vuole vado"
"Ragazzi, io... non posso. Vorrei... vorrei. Io, adesso... vorrei. Ma non posso. Poi qui..."
"Andiamo via da qui", disse Probo sicuro.
"E dove?", chiese lei.
"In un posto sicuro"
"Siete di qui?"
"Non proprio, ma non siamo lontani"
"Oddio", si portò una mano alla fronte come se fosse posseduta da una forza estranea e non era davvero lei che stava cercando il modo di tradire il marito con Probo. Con Probo e me? Non lo sapeva neanche lei. Era eccitata e principalmente lo era per Probo ma c'ero anche io lì e non ero da buttare via e lei era così eccitata. Di norma non si sarebbe concessa a uno, solo perché era lì in sovrannumero, non si sarebbe concessa per mera gentilezza. Di norma non si sarebbe concessa e basta. Anche se non era proprio la prima volta che tradiva il marito. Ma era con un uomo della sua età, imparagonabile a quei due ragazzi spettacolari. Già avere me sarebbe stato fuori dalla sua portata secondo lei (e non era così), ma Probo. Probo era un dono del cielo, ecco perché si sentiva così.

"Non dobbiamo fare niente", disse Probo avvicinandosi. "non stiamo facendo niente", avvicinandosi pericolosamente. La sfiorò col cazzo. Eravamo stati in piedi per tutto quel tempo. "Ci possiamo solo sedere vicini e continuare a chiacchierare... e sudare"

Lei sfiorò il cazzo di lui con il dorso della mano e continuò a dire che lei era vecchia e lui giovane.

“Ti piace?”, chiese lui pressandolo contro la sua mano.

Lei non rispose ma continuò a muovere il dorso su e giù.

“Stringilo”

Lo prese in mano e sospirò "Oddio!". E intanto quel cazzo si gonfiava fino a mostrare la sua massima potenza. Fosse entrato qualcuno sarebbe stato difficile da nascondere quel cannone, così, senza che nessuno mi dicesse nulla, mi avvicinai alla porta per vedere (per quanto si possa vedere con la nebbia del bagno turco) se si avvicinava qualcuno.

Con una mano stringeva come poteva quel cazzo, con l'altra mano gli accarezzò il petto e gli disse: "Tesoro mio, che posso fare con un cazzo così? Mi mandi all'ospedale!"

"No, sono molto delicato, sai?", le disse accarezzandole il seno.

Lui era venti centimetri più alto di lei e col cazzo puntato verso l'alto, a lei bastò chinarsi di poco per baciargli la punta. Poi sorrise e se lo appoggiò su una guancia. Infine prese in bocca tutta la cappella, ed era già uno bello sforzo per le sue mandibole non proprio allenate.

Tenendo il cazzo in mano, accanto alla sua faccia, si chinò verso le palle sussurrando "Oddio", ancora incredula e si mise a baciarle. "Senti come sono gonfie!", disse lui.

"C'è qualcuno” dissi io, che ero solo spaventato di essere complice di una cosa che sarebbe finita sui giornali locali. Ma avevo effettivamente visto un'ombra.

“Uscite, aspettatemi qui davanti”. Probo andò a sedersi in modo da nascondere l’erezione. Io e Mina uscimmo proprio mentre entrava il signore, deluso di rimanere solo con Probo. Ci fu giusto il tempo di farsi la doccia e Probo uscì. Io mi stavo asciugando in disparte, Probo era vicino a Mina ma non troppo. Con l’asciugamano sulla faccia, le sussurrò qualcosa. Poi si avvicinò a me e mi disse di aspettare lì. Lei andò nello spogliatoio delle donne e lui in quello degli uomini. Credo si siano incontrati nel corridoio fuori dagli spogliatoi.

Mi sdraiai, fingendo di rilassarmi (avevo il cuore a mille invece) e aspettai. Dopo cinque minuti mi convinsi che c’era ancora tempo. Stavano trattando. Avrebbe fallito. Dopo dieci iniziai a pensare che forse se la stava scopando. E in quel momento Probo si affacciò dallo spogliatoio degli uomini e mi fece cenno di andargli incontro.

"È fatta cazzo!"
"Dai?"
"Sì! L'ho convinta"
"Come hai fatto?"
"Poi, poi te lo dico. Ci sta aspettando"
"Ci?"
"Sì, sì, poi te lo dico"
"Sei entrato nello spogliatoio delle donne?"
"Sì, sì, andiamo"
"Ma te la sei fatta?"
"Da solo? No, no, aspettavo te. Poi ti spiego. Andiamo"

Mi vestii in fretta e furia e seguii il mio maestro fuori dagli spogliatoi. Lei non c'era. Poi fuori dal centro. Lei non c'era. Andammo in macchina. "Ma dov'è?", chiesi. "Se tutto va bene", disse prima di imboccare una stradina a senso unico, "eccola!". Ci aspettava dando le spalle all'imbocco della strada, fumando una sigaretta. Accostammo e lei si girò in modo da continuare a darci le spalle. Probo abbassò il finestrino e disse: “Siamo noi”. Lei buttò la sigaretta e salì dallo sportello posteriore.

Non disse una parola, ma rimase un po' accucciata.

"Fa la timida quando ci sei tu", mi disse Probo. "In realtà è una gran troia"

Mi ero decisamente perso qualcosa e non sapevo come rispondere. Come si era passati da quel flirt quasi pudico sfociato in un pompino imbarazzato a "è una gran troia"?

Adesso eravamo sulla statale, larga, anonima, senza case o persone che potessero riconoscerci. Lei era seduta in mezzo, nel sedile posteriore. Lo specchietto retrovisore era completamente abbassato. "Guarda", mi disse Probo, indicandomi col dito di guardare dietro, in basso. "Ha fatto come le ho detto". La signora Mina indossava il suo bel vestitino casto, ma era alzato ben sopra le ginocchia e sotto non aveva le mutande. Nulla che non avessi già visto, ma adesso era tutta un'altra cosa. Qui era proibito. Lì era nudismo. Qui era solo sesso, puro sesso. “Vuoi un invito scritto?”, mi chiese Probo.

La guardai come se dovessi chiedere: “Posso?”. Mi guardò come per dire: “Non chiederlo più”.

Sganciai la cintura e mi girai, mezzo piegato su me stesso mi gettai con la faccia tra le gambe della signora. Non ero ancora del tutto sicuro, ed ero anche un po’ scomodo, ma quando Mina mi mise entrambe le mani sulla testa, tirandomi ancora più a sé, mi persi nel suo pelo.

Smisi di leccare la figa quando era ormai fradicia e la macchina era ferma. Dalla statale, Probo aveva imboccato una secondaria e dopo un chilometro, un altro chilometro di strada sterrata. Arrivammo in un deposito abbandonato, conosciuto per essere luogo ideale di sesso in macchina. O fuori dalla macchina, come nel nostro caso: eravamo in troppi per stare dentro la macchina. La signora si stese sul sedile e dalla portiera di destra entrai io, pronto a scoparla, subito dopo aver indossato il preservativo; dalla portiera sinistra entrò Probo, col cazzo duro in una mano e pronto con l’altra mano a spogliare Mina.

A bassa voce, disse: “Chiamami ancora troia”. Sembrava la voce della signora al supermercato che ti invita a superarla perché tanto ai solo due cose e lei non ha fretta. Invece se ne stava a pancia in su e gambe aperte sulla vecchia macchina di due ragazzi che in due forse non facevano la sua età. Se ne stava sdraiata sulla schiena e Probo le alzava il vestito. Io ero entrato ma stavo fermo per vedere il vestito che lentamente si alzava e mi mostrava di nuovo quei seni stupendi.

“La vedi?”, chiese Probo, che intanto le aveva coperto la faccia col vestito. “È una vera troia”. E lei miagolava.

Ripensai al bagno turco. Lei era timida, indecisa, insicura. Adesso voleva farsi chiamare troia. E non sapevo nemmeno perché.

“Fai così con tuo marito?”, chiese Probo mentre le metteva il cazzo in bocca e le strizzava un seno.
Lei fece no con un dito e lui le prese la mano e sollevò anche il mignolo, facendo le corna. Lei sorrise e alzò entrambe le mani con il simbolo delle corna.
“Il cornuto!”, esclamò Probo. “Sarebbe contento di vederti così?”.
Mina fece no con la testa.
“Giriamola, ‘sta troia”.

Mina si mise a pecorina e io continuai a scoparla, mentre Probo continuava a dire oscenità e a sbatterglielo sul muso. “Aprila bene, che poi devo entrare io. Con questo cazzone! Ti piace questo cazzone?” e ‘paf’, ‘paf’, glielo sbatteva sulle labbra. Lei continuava a gemere e a dire di sì.
“Sai che mi ha detto prima?”, mi chiese Probo. “Ha detto che…dille cosa hai detto!”. Lei chiese di essere più specifico, ma lo chiese con un altro gemito. “Come ti piace essere trattata?”.
“Da troia”, rispose mormorando.
“Sì, ma anche sculacciata vero?”
“Sì”, ridendo.
“Forte?”
“Sì”, ridendo.
“Quanto forte? Me l’ha detto prima!”
“Quante cose vi siete detti mentre aspettavo!”
“Tanto forte!”
“Di che colore lo vuoi quel culo”
“Rosso”
“Tanto tuo marito non lo vede, vero?”
“No”
“Il cornuto!”
“Il cornuto…”, ripeté. Ma che le aveva fatto per trasformarla così?

Uscii dalla figa e le aprì le labbra e il culo con le mani per metterci di nuovo la faccia in mezzo, un momento, come un bacio preparatorio. Mi misi alla giusta distanza per dare uno schiaffetto ben assestato.
“Di più”, disse Probo.
Un altro.
“Di più”, disse Probo.
Un altro, come prima.
“Di più!”, gridò lei. “Di più, di più”
Più forte.
“Di più”, ancora lei.
Più forte. “Troia!”, dissi.
“Sì, sono troia. Di più! Di più!”

Il culo aveva le mie impronte e lei stava facendo ogni sorta di rumore con quel cazzo in bocca. Se lo stava mangiando tutto.

“O mi dai il cambio o continuo a scoparmela ‘sta troia”, dissi a Probo. E cambio fu. Avevo voglia di farmi succhiare le palle e così mi misi in una posizione tale per cui, per quanto scomodo fossi, riuscivo a tenere le gambe sufficientemente aperte per infilarci la faccia di Mina in mezzo, stando seduto sul sedile. La signora era un’avida leccatrice di palle e non solo, cominciò a leccarmi più in giù e io, che stavo provando l’esperienza per la prima volta e la trovavo molto interessante, agevolai il più possibile alzando il bacino e lasciandola fare. Tanto fece che mi convinsi a mettermi a pecorina per farmi leccare dal culo, alle palle, con qualche divagazione fino alla cappella di tanto in tanto. Era proprio brava, Mina.

E riusciva a fare tutto così bene nonostante avesse una specie di braccio che la scopava da dietro. O così credevo. In realtà, ma io non lo vedevo, Probo si era dedicato alla figa della signora solo con le mani, voleva aprirla il più possibile prima di entrare. E mi accorsi – così come ogni essere vivente nel raggio di chilometri – che era entrato, quando Mina cominciò a urlare. Gridava come se la stessero ammazzando e se non fosse che gridava “Non fermarti! Non fermarti!”, forse Probo si sarebbe fermato. Intanto, il cazzo di Probo le aveva eliminato ogni capacità di utilizzare in modo produttivo qualsiasi altra parte del corpo. Così ne approfittai per rilassarmi e mi sdraiai sotto di lei. Le tette erano bellissime viste da lì. Mi dondolavano davanti e non aspettavano altro che essere prese in bocca e succhiate.

Mentre Probo colpiva e io succhiavo le tette, Mina si accasciò completamente esausta e cominciò a baciarmi – sbavando un po’ – l’addome. Sembrava conoscere solo tre parole: “Gesù”, “non” e “smettere”. Potevamo darle più piacere. Stirai il collo per guardare all’indietro, verso Probo e quel cazzo gigante che non entrava nemmeno per metà dentro il corpo di Mina e pensai che si poteva lavorare sul clitoride della signora, madre di qualcuno e moglie di qualcun altro. Allungai la mano e cominciai a sgrillettare come un dj e alla vocale A, si aggiunse l’ululato della vocale U, prolungato e ripetuto ciclicamente.

Le presi le tette tra le mani e cominciai a mungerla e le dissi: “Devi fare MUUU!”. Probo rincarò: “Fai MUUU!”. E lei continuò a fare “Ahhh” e “Uhhh”.
“La sto mungendo, Probo! Ma non fa MUUU”
“La troia ha il mio cazzo dentro, non può rispondere”, disse lui.
“Troia”, mormorò lei. E poi ancora “Ahhh” e “Uhhh”.
“Fammela girare, dai, che tra poco vengo”, disse.

Mi spostai. La girò. Mise il suo cazzo fra le labbra e cominciò a sfregare. Poi tornò a puntarlo per entrare. Molto lentamente la penetrò, sovrastandola con tutto il corpo, mentre lei si teneva salda ai suoi pettorali. Io potevo fare poco altro se non masturbarmi guardandoli da vicino.

“Veniamo insieme?”, mi chiese.
“Sì”, feci per avvicinarmi e lui si scostò per permettermi di scoparle la bocca. Ma era impossibile. Mi fece segno di aspettare. Continuò a scoparla per qualche minuto e poi le diede due schiaffetti sulle tette e la fece scendere dalla macchina. Lei si inginocchiò e lui la guardò, sorrise fece una smorfia e le chiese: “Vuoi?”. Annuì. Allora lui la prese dai capelli e tirò. Lei alzò la testa e lui disse: “Allora apri!”. Le sputò in bocca e poi girò la testa di Mina verso di me. La più fedele delle schiave continuò a tenere la bocca aperta e ad attendere la mia saliva e anche io sputai. Poi Probo le sputò in faccia e finalmente le presentammo i cazzi.

Lei si mise una mano tra sulla figa e aspettò a bocca aperta uno dei due. Iniziai io, poi la passai a Probo, poi a me, poi a lui e di nuovo a me. Passò da un cazzo all’altro. Noi ci sentivamo all’interno di un porno e a lei piaceva essere trattata in quel modo. Alla fine sborrammo in bocca e in faccia.

“Le coccole fatevele voi due”, disse Probo rivestendosi.
“Come stai?”, le chiesi.
“Da Dio. Ma adesso devo tornare da mio marito!”
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