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trio

Vacanza spagnola


di pato3
16.07.2017    |    24.645    |    6 9.5
"Entrambi avevamo il cazzo duro..."
Si avvicinò un ragazzo un po' in carne, con una bella pancetta flaccida, i capelli biondi lunghi, legati. Iniziò a toccarsi. Ci mise un po', ma poi si vide il rigonfiamento nel costume. Non era esattamente il tipo di pubblico che la mia ragazza voleva attirare, ma da un altro punto di vista era soddisfatta perché dopo neanche dieci minuti di "esibizione", aveva già incoraggiato qualcuno a farsi avanti.

Il ragazzo cominciò a parlarci in spagnolo. Rispondemmo in inglese a tutto quello che eravamo riusciti a comprendere. Ci disse che era una bella ragazza e ci chiese se poteva mettersi vicino a noi. Martina gli rispose che poteva stare lì vicino, ma non troppo, perché voleva che altri ragazzi la notassero e si avvicinassero, ma questo dettaglio non glielo disse.

Martina non rispose, si sdraiò nuovamente e riprese a toccarsi la figa. Le labbra si vedevano perché il perizoma ci finiva in mezzo. Il ragazzo si sdraiò a quattro-cinque metri da noi e continuò a toccarsi guardandola.

Il mare era meraviglioso, la spiaggia un po' meno, poco prima della sabbia c'era una radura. Una cinquantina di metri dopo la radura iniziava la strada sterrata dove le macchine andavano a parcheggiare. In acqua c'erano, nel nostro raggio visivo, non più di 30 persone. Per lo più coppie, ma anche due gruppi di ragazzi, quattro da un lato, tre dall'altro. I quattro giocavano con un pallone in riva al mare. Gli altri tre facevano avanti indietro per notare o farsi notare da qualche ragazza.

A parte una giovane donna col fidanzato, apparentemente timida, quasi tutte le mature erano in topless e accompagnate dai loro mariti. Una di loro per farsi il bagno si toglieva anche le mutandine. I tre ragazzi, di cui uno aveva un bel corpo sportivo come piace a Martina, non ci misero molto a capire che Martina stava cercando di attizzare un po' di maschietti. Ma la mia presenza accanto a lei li poteva indurre a pensare che non ci fosse trippa per gatti.

I tre si misero in riva proprio davanti a noi, a una decina di metri. Da lì potevano controllare sia Martina, che la timidissima coetanea col fidanzato.

Martina decise che era giunto il momento di prendersi la scena. Andò a farsi il bagno da sola. Io osservavo, il nostro primo guardone anche. Passò proprio in mezzo ai tre, con tutto lo spazio che c'era. Lì salutò con una mano e si immerse nell'acqua. Quando fu distante a sufficienza, i tre iniziarono a darsi botte, farsi sorrisi. Che visione!

Quando tornò a riva, si fermò a parlare con loro. Chiese se erano del posto e se conoscevano locali dove si facevano delle belle feste la notte.

Davanti al suo perizoma giallo, che bagnato provocava un eccitante vedo-non-vedo, e al suo seno scoperto, con i capezzoli duri, i tre cominciarono a mostrare le penne come i pavoni. Due di loro trattenevano il respiro meglio che potevano, l'altro pompava spalle e petto.

Loro cercarono di trattenerla il più possibile, "Da dove vieni?", "Come mai da queste parti?", "Quanto ti fermi?", eccetera. Conoscevano anche un locale dove quella sera ci sarebbe stato l'acqua party. Si offrirono di accompagnarla. Lei accettò: "Verremo", disse, "io e il mio fidanzato". Non fu esattamente una doccia fredda per loro sentire che aveva un fidanzato, stavano pur sempre facendo amicizia con una ventiquattrenne nuda.

Sempre desiderosa di stupire, Martina chiese poi se qualcuno dei tre volesse giocare a racchettoni, dato che io non volevo (non era vero che non volevo, ma ovviamente lei voleva giocare con loro, con uno in particolare). Dato che tutti e tre volevano giocare, giocarono a turno. Martina sudava, la sua terza ballava a ogni colpo di racchetta.

Nel frattempo, il primo guardone mi si avvicinò e mi chiese se non ero geloso. Gli risposi che se in quella spiaggia fossero stati tutti giovani e belli l'avrei voluta vedere scopare con tutti. Allora lui mi chiese se poteva scoparsela. Scoppiai a ridere e gli dissi: "Vai a chiederglielo".

Lui si alzò, si avvicinò ai ragazzi che giocavano a racchettoni. Non fece in tempo ad avvicinarla che Martina propose ai tre e anche a lui di fare un altro bagno. Allora tutti si tuffarono in acqua. Dapprima tennero normalmente le distanze. Poi pian piano Martina si avvicinò allo sportivo. Lo toccò sott'acqua, sentì che era bello carico.

Martina mi fece segno dall'acqua di raggiungerli. Mi avvicinai. Mi presentò a loro. Mi disse in italiano, senza che loro capissero, che voleva scoparsi solo quello più bello, e che gli altri al massimo avrebbero potuto guardare.

"Andiamo tra gli alberi?", le chiesi.

"No, facciamo qua!", rispose.

Mi strinse a sé e iniziò a baciarmi, nel frattempo con la mano aveva impugnato il cazzo del suo prediletto. Gli altri se ne accorsero e si misero vicini per guardare, ma stando anche attenti a coprire la visuale per non far notare nulla di strano agli altri bagnanti.

Mentre io e lei ci baciavamo, quello la penetrò. "Ti amo", mi disse immediatamente lei.

"Io ti amo di più. È grosso?"

"Normale"

"Ti piace?"

"Me gusta!"

"Possiamo andare nel nostro appartamento se volete. Per stare un po' più tranquilli", disse uno degli amici di quello che si stava sbattendo Martina, interrompendo il nostro dialogo romantico.

"Appena finisce!", rispose Martina.

Gli altri due si esaltarono. Quell'altro finì in pochissimo tempo. Chiese se prendeva la pillola e alla risposta positiva si liberò. Uscimmo dall'acqua. Ci facemmo dare l'indirizzo del loro appartamento, promettendo che entro mezz'ora saremmo arrivati. In realtà non avevamo intenzione di continuare con loro. Martina era rimasta abbastanza delusa dalla velocità di quel ragazzo, che poi era l'unico che le piaceva. Non riuscimmo invece a liberarci del nostro primo guardone, Felipe. Ma alla fine Martina si era affezionata, le faceva tenerezza.

Lo portammo nel nostro albergo e salì in camera con noi. Facemmo la doccia insieme nella vasca, lasciammo le tendine aperte per evitare di inciamparci sopra in qualche modo e farci male. Risultato: allagammo il bagno.

Io e lo spagnolo ai due estremi della vasca, la mia ragazza in mezzo. Prima Martina prese il soffione della doccia, si chinò e tolse la sabbia dai piedi di Felipe. Strofinando con dolcezza e sensualità, poi fece la stessa cosa su di sé ed infine, dando le spalle a Felipe, pulì le mie gambe. Entrambi avevamo il cazzo duro. Martina si girò e iniziò a segarlo. Poi lo prese in bocca e disse: "È salato". Si mise a ridere e continuò a succhiarlo tenendo lo spruzzo dell'acqua fisso sul cazzo in modo da pulirlo un po’ dal sale. Aveva un cazzo inaspettatamente bello. Sembrava di gomma per quanto era rosa. Non particolarmente lungo ma grosso.

"Amore insaponami un po'", mi disse senza neanche smettere di succhiare il cazzo.

Si bagnò tutta con il soffione e iniziai a spalmarle il bagnoschiuma. Partii dalle spalle e dal collo ma arrivai velocemente alle tette. Bagnate e insaponate, tra le mie mani sembravano due cannoni. Con i capezzoli diretti verso le gambe del nostro amico in estasi. Mi soffermai parecchio su quelle tette meravigliose. Una terza con una forma quasi conica. Sono perfette, alte.

Poi le insaponai la schiena e la pancia, avevo fretta di scendere. La figa. Quant'è bello insaponare la figa? Quando aveva il pelo di più, ma adesso, per quella vacanza, aveva deciso di rasarsela completamente. Si puntò il soffione dritto lì. La forza dell'acqua è un grande aiuto in questi casi.

Iniziò a gemere, piano e dolcemente, quasi in silenzio.

"Non mi insaponi il culetto?", mi chiese sempre con il cazzo tra le labbra, come un grosso sigaro.

"Tutto, tutto?"

"Tutto, tutto!"

Cominciai ad insaponare le natiche. Facendo un movimento circolare verso il centro. Mi spruzzai dell'altro sapone sulle mani e mi misi a strofinare proprio sul buco. Poi con un dito iniziai ad allargare intorno ed infine, delicatamente, entrai col dito medio. Entravo, spingevo e mi soffermavo fino in fondo. Così per un po’. Intanto le baciavo la schiena liscia e bagnata. Avrei voluto limonare con il suo culo ma non avevo spazio.

"Amore, lo sai che hai due mani?"

Voleva che mi prendessi cura di tutti i suoi buchi, giustamente. Allora con una mano restai a lavorare sul culo, arrivando a piazzare due dita e preparandola per qualcosa di più grosso. Con l'altra mano ripresi a maneggiare, sempre insieme al getto d'acqua, la sua ormai profumatissima figa. Andammo avanti così fin tanto che lei continuò a succhiare il cazzo.

"Se anche questo viene subito, mi scopo tutto l'hotel finché non ne trovo uno che mi fa godere!", mi disse. E poi subito dopo, cambiando lingua, chiese a Felipe: "Vuoi venire, prima di scoparmi?"

"Sì, è meglio così", rispose lui.

Allora Martina iniziò a succhiare e segare con gran foga finché le venne in bocca. In genere lei ingoia, ma questa volta, approfittando della doccia, riversò lo sperma sui suoi seni e mi chiese di spalmarlo per bene. Obbedii. Le mie mani, non più insaponate, andarono a spargere lo sperma di Felipe sul petto e sulle tette, massaggiando i capezzoli.

"Mi piace la sborra sulla pelle. È così calda!", disse. Poi aggiunse, parlando con Felipe: "Siediti". Lo fece sedere nella vasca e gli piazzò il culo in faccia. "Leccami la figa".

Quasi seduta sulla faccia di quel fortunatissimo ragazzo, si chinò verso di me, mi diede un bacio sul cazzo, mi prese la faccia e se la mise tra le tette. Leccai dove ancora c’era lo sperma. Succhiai entrambi i capezzoli e continuai a leccare tutto quello che mi capitava davanti, non c’era più una goccia di sperma, ma si sentiva ancora il sapore. Poi iniziò a succhiarmelo. "Ti amo! Non sai quanto". "Anche io, tesoro", risposi. Le tenevo i capelli raccolti tra le mani. Ogni tanto lei guardava in basso per vedere se il cazzo di Felipe si era rianimato. E in effetti non ci mise molto. Appena fu di nuovo duro si alzò e gli diede un bacio con la lingua.

"Ha un buon sapore la mia figa, vero?". Inebetito, Felipe annuì con la testa, dimenticandosi probabilmente che con quella bocca mi aveva appena succhiato il cazzo. "Andiamo di là, così mi potete sfondare meglio", disse ancora.

Ci asciugammo poco e niente e andammo di fretta a letto.

"Tu nel culo", disse indicandomi, "E tu nella figa", disse a Felipe. "Vuoi stare sopra o sotto?", chiese poi a Felipe. E dato che per lui era uguale, decise di iniziare con Felipe sotto, anche perché essendo meno atletico, non si aspettava una grande prestazione con lui sopra. Lo fece sdraiare e poi, una gamba dopo l'altra, si mise sopra di lui e gli disse: "Avrai le mie tette in faccia per tutto il tempo, e dovrai leccarle, succhiarle, strizzarle!". Sapeva bene cosa voleva e non si vergognava di dirlo.

Prese il cazzo di Felipe con la mano e se lo infilò nella figa. Subito dopo si chinò completamente su di lui. Io finalmente potei mettermi a leccarle l’ano, con una gran voglia di dare una leccata anche al cazzo che entava e usciva dalla figa di Martina. “Dammi il cazzo adesso”, implorò. Presi il gel nel cassetto e preparai il mio ingresso nel culo.

Se prima gemeva delicatamente, adesso godeva come una puttana svergognata. La sentiva tutto il piano.

"Più forte!", aumentammo.

"Più forte!", aumentammo ancora.

"Più forte!", era impossibile tenere il ritmo, due cazzi che spingevano e lei in mezzo che muoveva convulsamente il bacino per godere di più.

Questa volta fu lei a venire subito. Ci implorò di fermarci. Ma noi in realtà andammo avanti ancora per un po'. Poi mi alzai, ma continuai a farla scopare con Felipe, tenendola giù con la mano sul culo. Mi stesi accanto a Felipe e gli feci segno di passarmi la ragazza. La presi dai fianchi, era praticamente senza forze, la feci mettere su di me, di spalle, entrai nel culo. Felipe saltò sopra di noi, con una rapidità felina che non avrei mai sospettato potesse avere, e le sfondò, è il caso di dirlo, la figa. Continuammo solo per poco, anche se sia io che Felipe volevamo venire dentro.

“Amore non ce la faccio più!”.

Ci fermammo per pietà. Adesso eravamo noi a guidare, anzi io. Lei si accasciò subito sul materasso, la presi dalle braccia e la feci inginocchiare per terra. Io e l'altro ragazzo le schiaffammo il cazzo sulle due guance. Lo sapeva che doveva farci venire, voleva solo prendersi un minuto di pausa, ma non glielo concedemmo.

Iniziò a segarci e a succhiare, prima uno poi l'altro. Ma non bastava succhiarlo in maniera approssimativa. Quando lo prendeva in bocca, per metà, noi glielo ficcavamo fino in fondo. Alla fine le sborrammo, prima io e a ruota l'altro, in faccia.

Prendemmo il numero di Felipe, per farlo andare via. Gli promettemmo che l'avremmo richiamato per la serata, o al massimo l'indomani. Purtroppo però, non cercavamo una storia fissa.
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