Gay & Bisex

CLANG 2


di maledesire
28.04.2018    |    4.679    |    0 4.8
"Poi avvicinò la sua cappella e lo piantò tutto dentro incrementando le grida che, con pochi affondi, si trasformarono in gemiti di piacere sbalordendomi..."
Eravamo finalmente arrivati a Rio, la capitale del Brasile. Quando il coach ci aveva detto che avremmo partecipato alla gara Stefano, Luca ed io non potevamo crederci, ma eravamo lì.
A causa di ritardi tra gli scali non eravamo arrivati con il resto della squadra italiana, ma il pulmino dell’hotel ci aspettava all’uscita.
Tre atleti del nuoto giovani e muscolosi destavano gli sguardi femminili e anche di qualche maschio; eravamo tre ragazzi super eccitati per dove eravamo e arrapati al pensiero delle belle brasiliane.
Abbronzati, alti e muscolosi eravamo proprio un bel trio. Continuavamo a ridere e scherzare in attesa delle valigie. Notai due uomini in giacca e cravatta che da un po’ ci fissavano confabulando tra loro. Erano due armadi alti quasi due metri, probabilmente guardie del corpo locali in attesa di qualche personaggio. Mi rivolsi a Stefano ”Ehi quei due sbavano al pensiero di averti tra le mani….ti guardano e si strofinano il pacco”.
E Luca mi venne dietro “Eh vero ho visto anch’io, quello rasato ha già il pacco gonfio”.
Infatti l’elegante pantalone non nascondeva una vistosa protuberanza di notevoli dimensioni.
Ridemmo come tre scemi mentre sul carrello spuntarono le ns. valige. Le caricammo su un carrello e ci dirigemmo vs. l’uscita sempre ridendo delle probabili avance a Stefano.
In viaggio eravamo a bocca aperta nell’ammirare il fantastico paesaggio. Colori ovunque, una spiaggia da favola, palme, sabbia bianca e un sacco di fighe in mini bikini e topless. Uno sballo!!
Ci stavamo portando vs. l’interno quando l’auto alle ns spalle ci diede un piccolo urto. Ci rendemmo conto solo in quel momento che eravamo accerchiati da tre grossi furgoni neri. Il vecchio al volante sbandò e si fermò sulla corsia di emergenza. Scesero 6 uomini vestiti di nero, con passamontagna e mitra spianato.
Era pazzesco, eravamo in una tangenziale a 4 corsie. Uno si avvicinò all’autista e sparò una raffica a distanza ravvicinata; il sangue e parte del suo cervello ci colpirono tutti e tre facendoci urlare.
Fummo ammanettati dietro la schiena, bendati e gettati ognuno in un mezzo diverso; i veicoli ripartirono sgommando e zigzagando tra le auto.
Nel mio mezzo c’erano almeno tre uomini che se la ridevano mentre venivo sbalzato di qua e di là sul pavimento. Non capivo quasi nulla di quello che si dicevano, tranne una parola che spesso si ripeteva prima delle risate “maricò” che sapevo voleva dire culatone.
Un calcio mi colpì al fianco e rotolai a pancia in giù. Uno salì in piedi sulla mia schiena bloccandomi la testa con un anfibio. Mi mancava il fiato ma tentai di liberarmi sospettando cosa stava per accadere. In risposta ricevetti una scarica di calci e pestate su tutto il corpo. Poi sentii uno che mi lacerava i pantaloncini e le mutande. Uno sberlone mi colpi il culo infiammando le risate e poi un grosso dito entrò senza scrupoli dentro di me facendomi urlare.
Non potevo crederci fino a dieci minuti prima credevo di vivere un sogno e ora mi trovavo nel peggiore degli incubi, ora con due grosse dita nel culo. Poi il momento arrivò, mi vennero allargate le gambe e uno si mise sopra di me strusciando il suo grosso cazzo nel solco del mio culo. Urlavo di non farlo ma il tipo in inglese mi disse che era il benvenuto in Brasile mentre la sua cappella forzava il mio culo lacerando ogni possibile impedimento. Lo fece entrare con forza senza alcuna pietà. Il dolore fu devastante quando la cappella superò ogni barriera e mentre tutto quel tronco entrava, entrava ed entrava facendomi urlare. Finalmente sentii il suo corpo a contatto con le mie chiappe segno che tutto era dentro di me. Rimase fermo mentre tutti ridevano e potei riprendermi ma poi cominciò a scoparmi facendolo entrare ed uscire per gran parte della sua lunghezza. Ricominciai ad urlare chiedendo di fermarsi ma ottenendo solo l’incremento della lunghezza delle stantuffate fino a quando lo fece uscire completamente per infilzarmi nuovamente come uno spiedo. Il dolore era terribile ed ogni volta mi pareva che quel coso fosse di dimensioni maggiori; mi sembrava mi infilasse un manganello da quanto era duro e dritto. Mi mancava il fiato pressato dal peso del tipo sulla mia schiena e per il dolore e bruciore che dal culo mi saliva al cervello. Quei continui affondi entravano sempre più profondi, togliendomi il respiro; cominciavo a pensare che il tipo mi stesse fottendo con un manganello invece del cazzo. Non potevo muovermi con la testa pressato a terra dall’anfibio sulla mia guancia. Era un’agonia terribile! Poi gli affondi si fecero meno profondi e più veloci. Il dolore cominciava a scemare ma non il bruciore e un lieve senso di piacere cominciava a insinuarsi nel mio cervello, allontanato subito dalla ragione. Poi dovetti ricredermi sui miei pensieri precedenti. Numerosi fiotti di liquido caldo vennero proiettati dentro di me, accompagnati da urla di godimento del mio assalitore; capii che non era un manganello!!.
Quando mi tirò fuori il cazzo sentii come il rumore di un tappo di bottiglia e le risate ripartirono. Mi tolsero scarpe e calze e fui tirato su in piedi. Uno si mise dietro di me e mi prese per le braccia mentre mi fu strappata la t-shirt, ultimo indumento. Ero completamente nudo, sentivo la sborra scendere lungo le cosce, sicuramente mista al mio sangue, ed il rigonfiamento nei pantaloni di che mi stava alle spalle. Una serie di tre pugni veloci mi colpì allo stomaco togliendomi nuovamente fiato; poi il tipo di fronte mi prese per le gambe alzandole e allargandole. Un nuovo cazzo mi penetrò questa volta entrando lentamente. Lo spessore era più largo del precedente e nuovamente urlai per il dolore mentre i tre sghignazzavano. I miei tessuti vennero allargati ancor più di prima ma l’intrusione era facilitata dalla sborra che era ancora dentro di me.
Il nuovo cazzo era fortunatamente di lunghezza nettamente inferiore e gli affondi erano meno penetranti.
Il dolore si attenuava sempre più lasciando spazio al piacere che tentavo invano di scacciare. Per fortuna il tipo in poco tempo esplose la sua eccitazione dentro di me ed il liquido caldo nuovamente mi invase, proprio mentre sentivo crescere anche una mia erezione. Il tipo dietro di me mollò la presa e mi trovai appeso a testa in giù con le gambe sopra le spalle del mio secondo violentatore. Una mano cominciò a smanettarrmi il cazzo portandolo in completa erezione. Tutti ridevano mentre il mezzo cominciò a sobbalzare per delle buche. Fui mollato a terra e imbavagliato. Restai immobile in attesa della terza violenza dentro di me quando ci fermammo. Venni preso e con un calcio gettato fuori giù a terra; caddi su una pozza di fango per cui l’impatto fu limitato, fortunatamente visto che le mani erano ancora immobilizzate dietro la schiena e non potevo limitare un violento impatto a terra completamente nudo. La buca era infatti profonda una trentina di cm e questo salvò la mia faccia e il mio cazzo da una forte caduta anche se fu causa di forti difficoltà nel rialzami non potendo usare le braccia. Ci misi troppo per i miei aguzzini ed una frustata mi colpì sulla schiena e le braccia. Fu come una scossa seguita da un forte bruciore. Arrivai alla terza prima di uscire dalla pozza mentre sentivo il mezzo ripartire.
Cominciammo a camminare in mezzo alla foresta. Il caldo era infernale, avevo sete e in bocca la fascia che si era imbevuta di fango si era seccata. Il terreno era umido e l’erba alta mi arrivava sopra le ginocchia. Non potendo vedere dove andavo, spesso cadevo a terra ed ogni volta venivo colpito con qualcosa di più largo della frusta precedente, probabilmente una cintura che mi attraversava le natiche. Il mio culo bruciava ed era viola scatenando ogni volta la risata dei miei rapitori.
Il tipo che mi precedeva si divertiva a storcere i rami che incontravamo nel passaggio e mollarli come un elastico mentre venivo avanti graffiandomi il petto; l’ennesima volta mi arrivò sulle palle facendomi cadere a terra per il dolore. Ci fu un piccolo battibecco tra il tipo davanti a me e quelli dietro. La lingua era diversa da prima e non capii una parola. Fui fatto inginocchiare tirandomi per i capelli e mi venne tolta la benda agli occhi.
L’angoscia mi prese. Ero in mezzo alla foresta con 4 ragazzi armati di mitra e coltelli. Erano più piccoli di me, il più grande forse arrivava a vent’anni; ma più alti nonostante io sia 188 cm. Avevano tutti un tatoo colorato di verde che partiva dall’occhio destro e scendeva su viso e collo per poi propagarsi su tutta la spalla e coprendo l’intero braccio fino al polso. Dava l’dea della pelle di un alligatore; ma non mi spaventava quello quanto il fatto che ora si facevano vedere in faccia. I Loro corpi erano una perfetta armonia di muscoli definita alla perfezione; gli addominali erano formati da piastrelle che formavano un six pack degno di Mister Olimpia. Erano vestiti esclusivamente con dei pantaloncini in jeans lasciando in bella mostra il loro torace e i tatoo a forma di stella che circondavano i loro capezzoli sormontati su due colline che i loro pettorali formavano. Io ero inginocchiato a terra, con le braccia legate dietro la schiena e completamente nudo. Uno di loro mi si avvicinò; avevo il suo rigonfiamento all’altezza del mio viso che tirò verso si sé strofinandomi la faccia sui suoi pantaloncini. Poi mi prese per il collo e mi alzò come fossi uno straccio, quindi mi centrò con un destro micidiale che mi fece volare a terra. Un altro mi diede un colpo allo stomaco con il calcio del mitra e mi ordinò di alzarmi. La mascella mi faceva un male cane e ci vedevo poco dall’occhio sinistro. Sembrava mi avesse colpito con un martello ma mi tirai in piedi per evitare altri guai.
Continuammo a camminare per ore in mezzo ad una vegetazione sempre più fitta. Giungemmo in una radura mentre si faceva sera e ci accampammo. Si prepararono due tende e si misero a mangiare e bere. Io ero di fronte a loro ancora nudo legato e imbavagliato. Cercai di chiedere acqua. Uno si alzò si mise davanti a me rovesciando della birra sulle mia testa. Lo guardai con odio e lui aprì la zip dei pantaloni e cominciò ad inondarmi di piscio. Mi buttai sul fianco per evitare il getto sul viso mentre faceva scorrere il suo getto su e giù per il mio corpo a terra tra le risate dei suoi compagni. Alla fine mi colpì in testa con il manico del mitra tramortendomi.
La pioggia scrosciante mi svegliò. Mi rizzai seduto e alzando la testa per assaporare l’acqua. Mi si inzuppò il bavaglio e l’acqua piovana si unì al fango secco che lo copriva; ma potevo bere.
Scoppiò una specie di tempesta con tuoni e forti lampi che quasi illuminavano a giorno. Loro stavano al riparo nella tenda sicuri che non potevo scappare. Dove sarei andato? Da solo, nudo e legato in mezzo alla foresta. La faccia mi doleva e non riuscivo ancora ad aprire bene l’occhio; evidentemente ero gonfio un casino e le pulsazioni mi martellavano il cervello.
Finalmente la pioggia cessò, mi ero appena addormentato appoggiato ad una roccia visto che il terreno era una vasta pozzanghera. Uno sberlone mi svegliò e venni tirato per i capelli strisciando qualche metro più in là. Tentai di fermarmi ma un’anfibiata mi centrò il fianco. Fui messo in ginocchio con la faccia rivolta all’insù verso il mio carnefice mentre un altro mi tirava per i capelli. Mi venne tolto il bavaglio e il tipo davanti cercò di infilarmi una morsa in bocca. Serrai i denti ma quello dietro mi prese per i coglioni strizzandoli e facendomi urlare. Era una morsa che legata sulla nuca mi teneva aperta la bocca.
Venni messo a terra col busto legato al tronco di un albero e poi i due tirarono fuori i loro cazzi e cominciarono a pisciare indirizzando i loro getti dentro la mia bocca spalancata. Ridevano i due bastardi mentre io dovevo ingoiare quel liquido caldo per poter respirare. Se tentavo di buttar fuori arrivava lo sganassone.
Ma la tortura non finì così; i due cominciarono a scoparmi in gola alternativamente. I loro cazzi puzzavano di piscio e sudore e la mia nausea aumentava mentre la loro erezione cresceva. Si divertivano a infilarmelo fino alle tonsille e tenerlo fino a quando venivo preso dagli spasmi per il soffocamento. Avevo la mandibola a pezzi mentre i due affondavano sempre più a fondo. I loro cazzi erano venosi e dritti come pali, pali lunghissimi; fino ad allora ero soddisfatto del mio cazzo di 20 cm, ma confronto al loro sembrava quello di un ragazzino. Le loro cappelle erano gonfie e rosse; si avvicinarono contemporaneamente e me le misero dentro insieme; le sentivo pulsare e capii cosa sarebbe avvenuto. Numerosi spruzzi di sborra mi invasero la gola provocandomi spasmi di vomito. I due, oltre al testosterone dovuto all’età, avevano probabilmente un sacco di arretrato. I loro spruzzi erano prorompenti e caratterizzati da numerosità e quantità di liquido incredibili che mi costrinsero a deglutire numerose volte. I due non si spostarono costringendomi a ingoiare tutto e ripulire fino all’ultima goccia. Poi, mentre l’alba spuntava se ne tornarono sghignazzanti a dormire.
Ero sfinito, la mascella mi faceva male, la gola era in fiamme e la bocca era impastata della loro sborra. Lo stomaco mi bruciava e se ruttavo mi saliva il sapore del loro piscio. Ma la cosa ancora più terribile era che l’esser costretto ad ingoiare tutta la loro sborra mi era piaciuto e nel ripensarci il mio cazzo era in completa erezione. Mi sembrava passato un secolo da quando con i miei compagni ero sbarcato all’aeroporto. Chissà loro cosa avevano subito. Nell’immaginare i miei amici che venivano costretti ad ingoiare sborra e piscio venni copiosamente ed alcuni spruzzi mi colpirono il mento.
La pioggia scrosciante mi risvegliò sperando fosse tutto un sogno; invece ero ancora lì legato nudo all’albero sotto un sole cocente e sudato come un maiale. Non stava piovendo, feci in tempo a vedere che tre negri in semicerchio mi stavano riempiendo del loro piscio prima di stringere i miei occhi al riparo dai loro liquidi. Sembrava una cascata calda che si riversava su di me. I tre ridendo si divertivano a dirigere i loro getti su tutto il mio corpo per un tempo che mi parve interminabile. Sotto di me si era creata una pozzanghera puzzolente. Ero sicuro che i tre mi avrebbero scopato in gola ma per fortuna si diressero a mangiare con gli altri miei carnefici brasiliani.
Quando si tolsero da davanti pochi metri più in là vidi il corpo di un ragazzo appeso per gambe e braccia ad un palo bloccato tra i rami di un albero. Era nudo, bendato ed imbavagliato. Il suo viso ed il suo corpo erano pieni di ematomi bluastri, la sua testa era completamente rasata e con sangue rappreso. Non capivo se era locale dato che il suo corpo era ben abbronzato né se fosse morto o svenuto, quando, improvvisamente, si risvegliò urlando come un maiale a causa del bavaglio.
Uno dei negri si alzò e incitato dagli altri si mise davanti al culo scoperto della sua vittima. Si calò le braghe e fece uscire un cazzone già svettante. Era impressionante per lunghezza e larghezza; se lo smanettò per un po’ mentre con l’altro mano infilava due dita nel buco del ragazzo. Poi avvicinò la sua cappella e lo piantò tutto dentro incrementando le grida che, con pochi affondi, si trasformarono in gemiti di piacere sbalordendomi. Quel cazzo mostruoso entrava ed usciva completamente e notai che anche i miei carnefici erano stupefatti; si erano infatti avvicinati e tutti si smanettavano mentre il negro continuava i suoi affondi.
Il ragazzo intanto godeva come una delle peggior troie da film porno di terza categoria ed il suo cazzo svettava dritto mentre quel palo lo stantuffava come un martello pneumatico. Ad un certo punto venne slegato e trascinato verso di me; potei così notare il tatoo sul fianco sinistro che raffigurava un delfino e la data della sua vittoria agli Europei. Stefano!!
Non lo avrei mai riconosciuto se non avessi visto il suo inconfondibile tatoo; senza la sua folta chioma riccia e con il viso tumefatto era uno sconosciuto. Ero sconvolto mentre con il suo cazzo in tiro veniva portato verso di me. Lo misero in piedi di fronte a me e dopo averlo posizionato con il cazzo dentro la mia gola gli legarono le braccia attorno all’albero.
Sapevo che era dotato ma non avevo mai visto il suo cazzo in completa erezione e soprattutto non me l’ero mai sentito piantato in gola. Si vantava di avere 25 cm di cazzo e ora lo potevo certificare. I bastardi si divertivano a sberlargli le chiappe spingendo il suo cazzo avanti e indietro nella mia gola e poi a turno cominciarono nuovamente a scoparlo.
Mentre un cazzo stantuffava il mio amico contemporaneamente il suo cazzo mi scopava in gola e nel giro di pochi minuti Stefano venne copiosamente riempiendo i miei intestini della sua sborra. Sentire i suoi spruzzi riempirmi la gola mi mandò via di testa, i miei unici pensieri omo erano stati proprio con lui come protagonista. Il suo cazzo finalmente ridusse le dimensioni e, mentre un altro cazzo invadeva il suo culo, cominciò a pisciare dentro di me tra le risate dei carnefici. Il mio uccello si raddrizzò mentre il liquido caldo si mescolava alla sborra ricevuta e i bastardi ebbero un’idea. Presero Stefano per gambe e braccia e lo impalarano su e giù sul mio cazzo.
Era aperto come una troia ma caldo e scivoloso per la sborra ricevuta e cominciai ad ansimare dal godimento mentre lui, liberato del bavaglio, gemeva urlando che così gli piaceva un sacco. Mentre eruttavo dentro di lui il mio piacere gli tolsero la benda e così ci fissammo mentre anche lui riempiva il mio torace del suo liquido. Continuammo a fissarci sbalorditi ed in silenzio mentre ci colpivano gli spruzzi di chi ci stava intorno. Vedere Stefano così ridotto con il suo bel viso tumefatto e grondante di sperma fu devastante. Pensai che saremmo presto morti in quelle condizioni.
Ci fecero alzare e ci misero un collare al collo, poi riprendemmo il cammino.


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