orge
Un mercoledì come tanti altri -4- Estasi


30.06.2025 |
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4
"Karl borbotta la sua insoddisfazione per il misero piatto di pasta, ma si dà comunque il tempo di versarsi un bicchiere di spumante, scuotendo la testa come se una comunità di peccatori meritasse..."
Karl non è uno spettatore passivo del godimento della moglie, anzi, le divora il collo come un rinato Dracula e suppongo che il suo cazzo sia ben custodito nell’ intimità della moglie.Il livello dell’acqua della vasca si alza e si abbassa a ritmo delle nostre spinte. Le mani di Jane premono sulle mie cosce mentre viene penetrata a fondo, e ogni volta che il suo corpo si solleva in una contrazione, si fa trascinare più vicino a me, al punto che riesco ad avvertire l’attrito dei corpi che la possiedono, come un arco teso tra potenza e resistenza. Jane sospira, poi ridacchia, poi geme; l’ambivalenza del piacere la trasforma in una specie di musa pagana, sempre a mezz’aria tra il godimento e lo sberleffo.
Tanja, intanto, ha deciso di giocare la sua carta: afferra l’uomo libero dall’ attenzioni di Jane, quello coi capelli corti e gli occhi disarmati, e gli posa una mano sul cazzo e inizia a masturbarlo sotto il pelo dell’acqua, con quella tipica grazia che fa sembrare ogni sua mossa un semplice automatismo, come lo stiracchiarsi di un gatto al sole. Lui accusa il colpo, l’espressione dapprima allegra si fa un po’ più spessa, come se fosse appena entrato in una corrente meno turistica di quel mare interno di corpi. Lo sguardo titubante e in imbarazzo, forse è la prima volta che una donna, particolare, come Tanja lo tocca.
Tanja si avvicina al viso di Jane e le due si baciano. L’amore e la complicità sono tangibili, gli occhi trasmettono mille pensieri e mille desideri. Le lingue si incrociano, in un ponte salino e sapido da cui ognuna cerca di rubare l’essenza dell’altra. Il bacio è più che un contatto: sembra un’alchimia, la sintesi perfetta dell’intera giornata, la somma e l’esaltazione di tutte le tensioni e le complicità accumulate. Le loro teste oscillano a qualche centimetro dalla mia guancia e, per un istante, mi pare di essere il punto d’incontro di una linea di corrente invisibile che unisce ogni singolo elemento del villaggio.
L’uomo che sta scopando Jane, comincia ad avvicinarsi al proprio punto di non ritorno. La penetrazione si fa più rude, ogni affondo diventa possente e dall’ espressione di Jane , intuisco che sia anche lievemente dolorosa. Con gli occhi chiusi torna a cercare le mie labbra, come se fossero un ancora di salvataggio. Ci mordicchiamo e ci coccoliamo. Le labbra, come due scialuppe di salvataggio ci uniscono. Le vibrazione dell’ orgasmo dell’ uomo si trasmettono a tutti noi come uno tsunami.
Quando lui si lascia andare e si ritira lentamente, Jane resta per un soffio sospesa a mezz’aria, la bocca di nuovo sulle mie labbra in un bacio che ha il sapore dell’onda di ritorno. La sento ridere piano, quasi incredula di se stessa, mentre con una carezza liquida raccoglie qualche goccia residua sul ventre e la lascia andare via, dissolta dal calore della vasca. Jane ora è bellissima: i capelli scomposti, le gote accese, lo sguardo vagamente stupito che nasconde il primo attimo di fragilità dopo tanto dominio. Tanja, di nuovo si avvicina e la bacia come per condividere quel momento di estasi, un gesto che io trovo dolce e pieno d’amore. Solo l’orgasmo dell’uomo timido che Tanja sta masturbando, interrompe la magia.
La mano di Tanja non si ferma: continua a mulinare, mentre l’uomo geme nel suo pugno e si abbandona, il corpo scosso da piccoli sussulti che fanno tremare la superficie dell’acqua. Per un attimo si aggrappa alla spalla di Tanja, poi si lascia cullare all'indietro dalla corrente delle bolle, esausto e felice come se fosse uscito da un esame a pieni voti. Tanja, senza staccare lo sguardo, lo segue con un sorriso remissivo e un lampo di furbizia nei suoi occhi azzurro acceso, poi si gira verso di me.
Mi sento come se fossi sospeso fra due poli magnetici: da una parte Jane, sfatta e beata, che si stringe addosso a me con la tenerezza improvvisa di chi si è appena placato; dall’altra Tanja, sempre famelica e ardita, che non smette di desiderare. Non so se essere orgoglioso o spaventato da quanto vedo il mio corpo richiesto, ma in quel momento, sotto la linea della vasca, le mani di entrambe mi reclamano. Tanja mi sussurra nell’orecchio: “Dai, è il tuo turno,” e la voce ha quella modulazione sottile tra il comando e la supplica che solo lei sa usare.
Little Joe torna tra le mani di entrambe, proprio mentre i miei polpastrelli catturano delle vibrazioni dalla figa della morettina. Prendo esempio dal compagno che continua a masturbare ferocemente Angelica e lascio che la mia mano scivoli nella piega bagnata, dove il calore dell'acqua si mescola al calore interno, rendendo ogni centimetro di pelle un confine labile tra il mio corpo e quello degli altri.
La ragazza – ora so che si chiama Martina, lo sussurra a bassa voce piegandosi verso di me – geme appena sotto il livello delle bolle, come una corrente di fondo che non ha bisogno di emergere per farsi sentire. Le dita di Martina mi guidano verso l’interno, un invito a entrare veramente nella storia – e io, privo ormai di remore, accetto.
Angelica urla, ma la bocca di Martina attutisce il suono poggiandosi su quella di Angelica. Karl, ha gli occhi chiusi e un espressione concentrata, credo che il piacere della moglie non sia dovuto solo alla mano masturbatrice, ma anche dalla venuta dentro di lei del marito. I miei occhi si accorgono che introno a noi abbiamo tanti spettatori che ci stanno ammirando. Io continuo ad essere un palo eretto, ma senza la brama di trovare pace. Sarebbe proibito far sesso dentro la piscina, ma nessuno ci fa rispettare la regola.
Mi lascio trasportare dal piacere della contemplazione, dal gusto della sospensione che precede la resa, e tutto il villaggio mi sembra puntare lì, a quell’istante esatto in cui i sensi sono saturi e nessuno vuole fare il passo decisivo. Noto Flavia e Riccardo che assistono alla scena, eccitati e sognanti, ma timidi e purtroppo rimangono in disparte. Tra le bolle, i piccoli gesti rivelano storie laterali: una mano sfiora una spalla sudata, una coscia segue la linea morbida di un fianco estraneo, e per un attimo la promessa del contatto vale più del suo adempimento. Ho la sensazione paradossale che ogni cosa sia in movimento eppure perfettamente ferma, come in una fotografia iperrealistica da cui trasudano i corpi e i pensieri. Jane cerca ristoro dopo la memorabile scopata, Tanja respira a pieni polmoni, divertita dal nuovo equilibrio, e io resto in ascolto, come se proprio ora potesse schiudersi una nuova stagione di desideri.
Martina e il compagno si allontanano dopo aver dato libero sfogo alle loro voglie, come se nulla fosse accaduto. Angelica ha l’aria distrutta, ma appagata. Tutti capiscono che il nostro piccolo e svergognato spettacolo per il momento si concede una pausa. L’ora di cena si avvicina e tutti noi abbiamo bisogno di una doccia. Ci guardiamo, ci scambiamo parole futili e ci alziamo contemporaneamente. I nostri corpi devastati da un terremoto intimo che ci lascia appiccicati dalla complicità e dall’umidità. Jane si avvolge stretta al telo come fosse una coperta da campo militare, Tanja la emula, ma ha il suo solito sguardo dell’esibizionista consapevole. Angelica si scrolla le spalle, sistema i capelli alla meglio - le mani tremano ancora un po’ - e poi sorride al marito, che la bacia sulla tempia come se fosse la cosa più tenera del mondo.
«Tu che fai?» mi chiede Tanja.
«Vengo anche a a farmi la doccia e poi a cena, tanto questa sera rimarrò al club fino a tardi.»
«Bene, così dopo cena potremo tornare a giocare e magari, questa volta ti faremo divertire un pochino di più, voglio farti sborrare fino all'ultima gocciolina di piacere!»
Mi limito a sollevare un sopracciglio e a lasciarle il gusto dell’ultima promessa. L’aria è dolce, quasi intima, nelle zone dei corridoi che precedono le docce. I nostri passi si susseguono, ritmati solo dallo strofinio dell’accappatoio sulla pelle arsa e dalla risata irrefrenabile che, di tanto in tanto, ci coglie tutti, a gruppetti, dopo una giornata così.
Ora, non so spiegare perché, ma dopo l'orgia e la sauna la parte che preferisco è la parentesi di abbandono, la premessa alla notte: il dopocena consumato con lentezza, la sala viva di risa e calici sollevati mentre fuori il mondo insieme agli ormoni si placa. Tuttavia, l’esperienza e la visione del piacere sul viso delle mie amiche, mi ha appagato profondamente. Mi sento come uno che ha partecipato a una messa laica, ad una cerimonia in cui la liturgia erano i corpi e lo spirito, un po’ meno alto, ci galleggiava sopra.
Oggi mangeremo in riva al laghetto. Non è una vera cena, ci sono solo delle orecchiette con i broccoli. tuttavia, non siamo qui per mangiare. La prendiamo come una piccola pausa per ricaricare i nostri corpi. Pertanto, ci avviciniamo al bancone per ritirare il nostro piatto di pasta e poi andiamo a sederci.
Il tavolo che scegliamo è rotondo, piano appena inclinato verso il lago come una nave che ha deciso di arenarsi proprio lì, tra la scialuppa delle chiacchiere e il molo delle confessioni improvvise. Jane e Tanja siedono a fianco, le gambe intrecciate persino adesso sotto il tavolino, la testa di Jane già appoggiata sopra la spalla della compagna, in quell’abbandono che ha più dell’intimità matrimoniale che della complicità di due amanti fresche. Karl borbotta la sua insoddisfazione per il misero piatto di pasta, ma si dà comunque il tempo di versarsi un bicchiere di spumante, scuotendo la testa come se una comunità di peccatori meritasse almeno una salsa paglierina con tante bollicine annesse. Angelica ride, gli passa un pezzo di pane preso dal suo piatto, poi si riassesta accanto al marito, di nuovo composta come la madre di tutte le mogli umane, solo con una foschia nei capelli e il ricordo del sesso ancora sugli zigomi.
Si mangia poco, a piccoli morsi, nella curiosa alleanza del bisogno e della vergogna. Le altre coppie si sono già disperse nei tavoli sparsi, ma qui la navicella della nostra giornata resta ancorata. Jane mastica svogliata, guardando il lago come se da lì potesse arrivare la prossima sorpresa, mentre Tanja infila i piccoli broccoli sulla forchetta, uno per volta, ogni volta soffiando sopra con un sorriso sornione.
Dietro di me, al tavolo accanto, scorgo Riccardo e Flavia. Hanno la compostezza di chi guarda la festa da dietro il vetro opaco. Ascoltano le nostre futili parole e le risa che scaturiscono ad ogni borbottio di Karl.
Mi domando se ci stiano spiando per imparare qualcosa, o solo per vedere se qualcuno di noi scivolerà di nuovo a gambe aperte sotto il tavolo. Forse sperano di essere invitati. Sento Flavia che, in un sussurro, dice qualcosa su Jane, la indica con gli occhi, come fanno le donne che sanno di essere anche prede oltre che cacciatrici.
Tutto rallenta, si avvolge in una cortina di umanità disarmata, dove il semplice atto di stare insieme diventa un bizzarro antidoto al senso di colpa che dovrebbe, dico dovrebbe, attanagliare chi fa sesso con troppa gioia. Ma il senso di colpa da noi non c’è: lo abbiamo stirato e lasciato asciugare sui fili dell’erba che cinge il lago.
I bicchieri si svuotano seguendo regole precise: Jane alterna bollicine ed acqua con una dedizione quasi scientifica, Tanja versa a Karl ogni volta che lo vede più silenzioso del solito, e io mi perdo a fissare le dita di Angelica che si intrecciano con quelle del marito, ogni nodo un piccolo giuramento di riconciliazione, ogni carezza una domanda senza risposta.
Dopo la pasta, la fame resta, agitata più nei pensieri che nello stomaco. Parliamo del tempo, della stagione, della primavera che questa volta - dicono tutti - è arrivata tardi.
«Allora ragazzuoli, passeggiatina digestiva in giardino e poi un bel salto al privè?”
Tanja lo propone come fosse una tappa obbligata, ma nei suoi occhi c’è la gioia colpevole di chi in giardino ci andrebbe nuda e senza ombre. Angelica, che ha finito il suo vino e si è sdraiata quasi orizzontale sulla sedia, annuisce subito. Il occhi di Flavia ci seguono come un segugio; finge di nulla ma è pronta a scattare. Karl mette giù il tovagliolo, mastica le parole come la mollica, poi si dichiara pronto.
---CONTINUA---
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La storia che avete appena letto è la quarta parte di un racconto che narra alcune vicende, tutte vere, che sono accadute quel mercoledì al certe Notti. Chi frequenta il locale potrà testimoniare la veridicità delle mie parole. Alcune volte mi hanno detto che le mie avventure non possono essere vere, fortunatamente per me lo sono! Quelle ricche di fantasia sono le avventure che mi vengono raccontate e io le trascrivo su carta, ma le mie personali, sono momenti della mia vita libertina. I protagonisti di questa storia sono reali e li potete incontrare. Anzi vi invito a venirci a trovare un mercoledì, potremo parlare, coccolarci e forse passare dei lieti momenti insieme.
Bene, ora tocca a voi giudicare se sono un genio incompreso o solo un tizio che si crede uno scrittore. Un voto, dai, non fate i tirchi! E se vi va, lasciate pure un commento, anche uno di quelli che fanno ridere.
Scrivo queste storie perché mi piace farvi sognare, ma anche perché mi piace farmi un po' di pubblicità. Diciamo che sono un po' come un venditore ambulante di sogni proibiti. E sì, ho un debole per le donne, ma non sono fissato su un solo tipo. Anzi, mi piace sperimentare!
Se vi va di far parte della mia cerchia di ammiratori (o complici), contattatemi pure. Magari insieme possiamo inventare o vivere(meglio) una storia ancora più pazza. Io sono come la pubblicità occulta, mi sponsorizzo tra le righe, quindi la cosa migliore è conoscermi e poi si vedrà!
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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