Scambio di Coppia
Certe Notti sono uniche ...


07.07.2025 |
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"«Sono una professionista anche negli sport indoor, » commenta, e questa volta la risata è generale, di quelle che rompono l’ultimo baluardo di serietà rimasto nel corpo..."
-ATTENZIONE- QUESTA è L'ULTIMA PARTE DEI 5 CAPITOLI Gia' PUBBLICATI CON IL TITOLO Un mercoledì come tanti altri. Lettete i precedenti per immergervi completamente nella storia!Vorrei continuare ad adorare il corpo di Flavia, vorrei fare il Bis come una rockstar, ma la verità è che una stanchezza divina ci invade, una bonaccia dopo la burrasca che non lascia spazio ad altro se non al respiro. Li saluto e li ringrazio per il loro dono e faccio nuovamente i complimenti alla divina creatura che mi ha donato un momento di estasi.
Esco dalla stanza e mi accorgo che la fila degli uomini davanti al GloryHole, ormai è giunta al termine. Entro dentro la stanza delle mie amiche e le trovo tutte e tre impegnate sul cazzo di un uomo, di un sopravvissuto. Karl è seduto alla destra della moglie e mi fa cenno di sedermi accanto a lui.
Sorrido, una maschera tiepida sulle ossa stanche. Solo ora mi rendo conto di quanto i rumori, le mani, i capelli sulle cosce e i corpi incastrati mi abbiano svuotato e insieme sollevato: galleggio su una pellicola invisibile di dopamina che mi separa appena dal pianeta terra. Io e Karl guardiamo insieme la scena sul letto, come se fosse una coppa del mondo, ma invece del pallone la protagonista sono le la lingue instancabili di Jane, Angelica e Tanja, che danzano tra il glande e il perineo dell’uomo di turno, uno spettatore che ora recita la parte del protagonista chiamato dalla platea.
Un protagonista che capitola in pochi secondi.
L’uomo si irrigidisce, quasi cieco, il viso disarticolato e le mani che grattano aria per aggrapparsi a qualcosa, ma niente, solo un gesto antico, prima di cedere al riflesso e prodigarsi nella sventagliata, gloriosa, inevitabile venuta che le mie amiche raccolgono e assaporano ognuna a modo suo: Jane lo guarda dritto negli occhi e sorride mentre lo pulisce con la lingua come un colibrì famelico; Angelica, per una frazione, trattiene il fiotto sulla lingua. Tanja, infine, si limita a fissare l’uomo con quello sguardo che nessun uomo dimentica mai nella vita, una specie di timbro che hai appartenuto davvero a qualcuno, almeno là, almeno per un istante, con alcune gocce di sperma che le colano lungo i lati della bocca.
La performance si dissolve e Karl passa loro della carta dove poter sputare lo sperma. Il campione di piacere si accascia sfinito, la camicia semiaperta e il viso stralunato, ma non osa nemmeno provarci a ricomporre la dignità: le ringrazia tutte e tre con un piccolo cenno di inchino, si riveste frettoloso e scompare nel corridoio con la goffaggine dei grandi sconfitti. Le donne restano lì, strette come commari che han condiviso quarant’anni di biancheria stesa, poi Angelica son un sussurro «Ragazze, sono morta, mi vado a lavare e poi fuggo a casa.» Guardo l’orologio, sono le 24 passate e capisco che i giochi sono arrivati al termine.
Angelica e Karl raccolgono le loro cose ed escono, senza una parola di troppo. Li guardo andarsene, e in quel gesto, di pochi secondi, mi par di cogliere la differenza tra le vere e le presunte coppie scambiste: le vere sanno quando è il momento di tacere, le presunte devono sempre aggiungere una coda al racconto, un devastante punto esclamativo.
Tanja allunga la mano verso di me. Muove le dita e Jane: «Vieni qui». Le mie amiche sono all’ oscuro della mia avventura, ma non voglio essere scortese e come un bravo e ubbidiente bambino mi sdraio, in mezzo ai loro corpi. Il babydoll di Jane mi fa impazzire è trasparente e non nasconde nulla del suo corpo. Tanja sembra aver combattuto contro un intero esercito e forse, lo ha fatto. Ma entrambe decidono che non possono abbandonare il campo da battaglia fino a quando anche io non riverserò il mio piacere nelle loro bocche.
Jane guida il mio cazzo tra le labbra, lo prende gentile, lo lavora prima con la punta poi progressivamente più a fondo, fino a sfiorare la gola dove ogni tanto si concede un piccolo colpo di tosse appena abbozzato, non tanto per disagio quanto per esibizione: a Jane piace mostrare che sa reggere il colpo, che nulla la sorprende, e che non ha alcuna intenzione di sottrarsi al dialogo serrato tra la sua bocca e il mio corpo. Tanja si prende una pausa solo il tempo di baciarmi sulle tempie, poi si accoda, le dita che massaggiano dolcemente le mie palle, e la bocca che spinge la mia resistenza al limite. Non vogliono fretta, nessuna delle due; mi fanno sentire come l’ultimo dolce al carrello, da assaggiare il più lentamente possibile per allungarne la gloria.
I secondi si trasformano in minuti, la luce nelle camere si filtra solo attraverso una lamina color ambra che dilata la percezione del tempo, e a ogni gesto, a ogni spirale di lingua, recupero le sensazioni sparse lungo questa lunga giornata. Jane mi scruta dal basso, le iridi grinze di piacere e fatica, e sembra dire «è tutto per te, non ti tirare indietro.» Tanja alterna succhiate corte di desiderio a piccoli scenate da infermiera: mi sfiora il torace, si assicura di non farmi mancare aria, e tutto il resto del corpo, anche se fuori dalla scena principale, lavora per assorbire e restituire il massimo. Loro sono ignare del mio orgasmo con Flavia e pensano che la mia resistenza sia dovuta a loro. Il loro impegno però è encomiabile e non posso non posso tradire le aspettative delle mie muse, non adesso, che la trama del piacere ha raggiunto uno zenit così corale. Abbandono ogni pudore, lascio che siano le loro bocche e le loro mani a soppesare quanto di me è rimasto integro, quanto invece già sbriciolato e reimpastato nel pulviscolo di pulsioni che ormai impregna l’aria della stanza. Ho una strana lucidità nei pensieri: ogni passaggio, ogni succhiata, ogni pressione sulle mie cosce, arriva filtrata e valorizzata come in una sapiente sceneggiatura; le battute, i gesti, persino le pause, hanno senso solo nell’incastro perfetto delle presenze.
Devo concentrarmi, anzi devo trovare il modo che Little Joe non faccia brutta figura. Chiedo a Jane di farmi assaggiare la dolce tenerezza della sua figa, e lei ride, sospira, poi si monta a cavallo con la grazia stanca di un fantino al tramonto della corsa. Il profumo del suo sesso arriva prima dei colpi veri, già chiama all’ordine la lingua e le dita, e il sapore ha quella sfumatura di sale e zucchero che solo le giornate piene possono lasciare. Jane mi lascia fare, io ne approfitto per giocare con le sue grandi labbra.
Sfioro con la lingua le pieghe calde e martoriate dalla giornata; Jane geme, si lascia squagliare tra le mie mani come caramella sotto il sole, e il piacere che provo nel vederla slabbrarsi di nuovo mi fa dimenticare la stanchezza. Tanja lascia il mio cazzo tutto a Jane, ma le sue labbra iniziano a risucchiare più in basso, si dedica al mio perineo con un gusto minuzioso, oserei dire scientifico; la lingua traccia percorsi precisi, quasi geometrici, mentre le dita più su accarezzano il solco che i colpi di Jane scavano sulla mia pancia.
È un assedio a più livelli: la bocca di Jane esplora e conquista, quella di Tanja disciplina e rassicura. Le vedo, per un attimo, avvicinare i volti e scambiarsi un bacio sulla mia asta gonfia, una passerella schiumosa di saliva e promesse. Jane ride, tossicchia un «sei pazza» che nessuna delle due prende sul serio, poi riprende dove aveva lasciato, e la sensazione che questa sera non si possa morire fino a averle date tutto quello che chiederanno diventa una legge fisica applicata al mio corpo.
Jane, sopra la mia faccia, si lascia andare con più rumorosità che in tutto il resto della giornata: la lingua tra le sue grandi labbra è la scintilla che accende l'unico orgasmo convulso di una lunga serie, e per un attimo si irrigidisce, gemendo il mio nome come se fosse una stupida parolaccia. Tanja sussurra alla sua amica «vai, fallo venire, fallo venire subito» e la frase diventa il mantra che accende la corsa finale. Sento la bocca di Jane tornare sul mio cazzo, la sento letteralmente caricata a molla dal piacere appena consumato: non c’è che la fame, l’urgenza di chiudere il cerchio come se altrimenti tutto il piacere del mondo si disperdesse nelle nuvole della notte. E io, che non sono più un ragazzino, mi accorgo di aspettare questo istante dal secondo in cui la giornata era iniziata. L’ultima serie di stoccate mi lascia disorientato, il corpo si gonfia e si tende come un arco, la lingua e le labbra delle mie amiche sono le corde che portano la freccia dove nessun dubbio può mai arrivare. Il mio respiro si trasforma in un mantra, la testa si svuota all’improvviso e il piacere mi prende a pugni sul diaframma, potente e immediato; la vista si sporca di macchie bianche, come se qualcuno avesse sparso lievito sopra la memoria.
Quando l’orgasmo arriva, arriva quasi feroce, una specie di colpo di frusta che parte dal basso e si arrampica fino al cervello: Jane lo incassa tutto, anzi, lo trasforma in un bacio cosparso in parte su se stessa e in parte donato a Tanja, in una girandola di fiotti che sa di riso infantile e di vaniglia acerba. Per un attimo nessuno si muove, nemmeno l’aria. Il battito del mio cuore impazzisce, insieme a quello delle mie amiche, e poi si ridiscende a una tregua dolcissima, simile all’emicrania di chi ha appena pianto troppo o riso fino a non poterne più.
Le ragazze crollano di lato, esauste e bellissime, le gambe ancora incrociate l’una sull’altra come se la contiguità fosse indispensabile a respirare. Tanja mi accarezza la mano con una minuscola grazia, poi la accompagna piano sul seno di Jane, quasi volesse avvisarla che la notte, anche se perfetta, potrebbe essere sempre migliorata con una carezza fuori copione. Jane, la regina delle risate post coito, mi guarda tra le ciglia umide e manda una linguaccia che è la dichiarazione ufficiale di armistizio. Nessuno di noi ha più bisogno di altro; il resto è contorno, la bellezza noiosa delle vite normali che però non ci è mai appartenuta del tutto.
Tanja e la prima ad alzarsi, prende della carta dal dispenser e ce la porge.
«Beh, non saremo delle signore, ma almeno le lenzuola cerchiamo di salvarle.»
Jane scoppia a ridere, si pulisce la bocca con una goffaggine sorprendentemente tenera, la carta si disfa fra le dita; Tanja le lecca un filo di sperma dal mento e poi, con eleganza quasi professionale, lo lascia andare nella carta, la arrotola come una pergamena e lancia il tutto in un cestino da basket improvvisato oltre la porta. Canestro.
«Sono una professionista anche negli sport indoor,» commenta, e questa volta la risata è generale, di quelle che rompono l’ultimo baluardo di serietà rimasto nel corpo.
Ci rivestiamo, prendendoci la giusta calma, senza fretta, perché ormai la giornata è giunta al termine e nel modo migliore.
Mentre ci avviciniamo allo spogliatoio, incrociamo Angelica che esce dalla doccia.
Sembra che si sia rigenerata, come se le ultime ore le fossero scivolate sopra senza lasciare traccia. Tuttavia, gli occhi non nascondono la stanchezza.
«Ci diamo una ripulita veloce anche noi e vi raggiungiamo, ci aspettate qui o nel parcheggio?»
«Ci vediamo fuori» risponde subito Karl da lontano e noi tre ci fiondiamo subito sotto l’acqua.
Tanja si prende il suo tempo, gira i rubinetti finché la temperatura non è quella giusta e si mette sotto, lasciando che l’acqua le coli addosso e le scolpisca il corpo. Jane si infila nel getto alle sue spalle, le mani a palmo aperto tra i capelli bagnati di Tanja, che ride, strilla «fredda!» e poi la tira con sé, vicina, come se avesse ancora paura che il contatto scappasse via. Io mi limito a chiudere gli occhi e lasciar che le gocce portino via la stanchezza, ma in realtà so che sto soltanto appoggiando una pausa a qualcosa che già vorrei rivivere subito, senza nemmeno un giorno di mezzo.
Facciamo una doccia breve, ma assolutamente doverosa; nessuno parla, ma nella distanza di goccioline e pelle c’è tutto quello che serve a dire di aver condiviso un pezzo di inferno o di paradiso a seconda da che lato della barricata si vuole stare. Le guardo e penso che non c’è nulla di più assurdo e struggente del trovarsi così, nudi sotto una doccia condivisa, in tre, con i corpi che odorano ancora una volta di sale e di sapone.
Quando torniamo fuori, l’aria ha perso un po’ della sua dolcezza. C’è quella strana patina che hanno le notti a fine festa, quando senti che tutte le storie del giorno sono state raccontate e adesso la vita deve per forza tornare sui binari ordinari. Karl e Angelica, appoggiati al cofano della loro auto, appena ci vedono arrivare si destano. Angelica si avvicina a Jane, la prende sotto braccio con una gravità nuova, come una vecchia confidente, non più compagna di giochi ma di segreti da digerire nella notte. Tanja, elargisce a me e a Karl dei bacetti sulle guance e si sistema i capelli con la sfrontatezza di una diva degli anni sessanta.
Non resta che salutarci: la versione sospesa di un abbraccio, le lingue già in riserva, le mani che consapevolmente planano solo su schiena e spalle, come se certi ardori – accesi fino a pochi istanti prima – avessero ora bisogno di indietreggiare per lasciare spazio ad altro, un affetto diverso, una carezza di cera sopra l’arsura della sera.
Ci avviamo in silenzio verso le rispettive macchine. Mi volto un secondo verso l’entrata del Certe Notti e come un samurai che ha vinto mille battaglie, chino la testa in segno di gratitudine e di un saluto, consapevole che mercoledì prossimo, sarò di nuovo qui con i miei amici.
-FINE-
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La storia che avete appena letto è la sesta parte di un racconto che narra alcune vicende, tutte vere, che sono accadute quel mercoledì al certe Notti. Chi frequenta il locale potrà testimoniare la veridicità delle mie parole. Alcune volte mi hanno detto che le mie avventure non possono essere vere, fortunatamente per me lo sono! Quelle ricche di fantasia sono le avventure che mi vengono raccontate e io le trascrivo su carta, ma le mie personali, sono momenti della mia vita libertina. I protagonisti di questa storia sono reali e li potete incontrare. Anzi vi invito a venirci a trovare un mercoledì, potremo parlare, coccolarci e forse passare dei lieti momenti insieme.
Bene, ora tocca a voi giudicare se sono un genio incompreso o solo un tizio che si crede uno scrittore. Un voto, dai, non fate i tirchi! E se vi va, lasciate pure un commento, anche uno di quelli che fanno ridere.
Scrivo queste storie perché mi piace farvi sognare, ma anche perché mi piace farmi un po' di pubblicità. Diciamo che sono un po' come un venditore ambulante di sogni proibiti. E sì, ho un debole per le donne, ma non sono fissato su un solo tipo. Anzi, mi piace sperimentare!
Se vi va di far parte della mia cerchia di ammiratori (o complici), contattatemi pure. Magari insieme possiamo inventare o vivere(meglio) una storia ancora più pazza. Io sono come la pubblicità occulta, mi sponsorizzo tra le righe, quindi la cosa migliore è conoscermi e poi si vedrà!
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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