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Gay & Bisex

Il Venditore Ambulante 2 -Enrico- IX


di Soundserio
22.03.2016    |    3.615    |    2 9.4
"Salivo e scendevo con passione..."
Quel sabato pomeriggio faceva un caldo tremendo in città, il traffico quella mattina era ordinato e stranamente silenzioso. Nessun clacson o sirena rompeva il silenzio della casa. Avevo fissato l’appuntamento con Fedex per le sedici in piazza Matteotti, non molto distante dalla mia abitazione. Non sapevo che mettermi addosso, visto l’incontro del giorno prima, ero entrato un po’ in paranoia, ma alla fine optai per qualcosa di semplice che mi rappresentasse, d’altronde non era un colloquio di lavoro. Aprii l’armadio e presi una t-shirt bianca con colletto a V, dei pantaloncini di jeans e le tennis bianche. Quasi arrivato al luogo dell’appuntamento presi il telefono alla mano e cercai in rubrica il numero che ci scambiammo la notte prima. Dopo due squilli una voce rauca e maschile rispose alla chiamata. –“Ei ciao, senti io sono all’angolo destro della piazza, tu dove ti trovi?”- domandai per individuarlo tra la folla che passava di lì, -“Sono in piedi vicino a una panchina nella parte alta, indosso un berretto sportivo nero”- mi guardai intorno alla ricerca di qualcuno con addosso un cappellino e finalmente lo individuai –“Ti vedo, arrivo!”-. Quando mi avvicinai a quel ragazzo mi resi subito conto che era altissimo, un metro e ottanta di fisico scolpito. Era vestito in maniera sportiva, pantaloncini larghi di tuta, una maglia lunga da baseball con il numero trentacinque stampato al petto e il famoso berretto sotto il quale due occhioni neri spuntavano curiosi. –“Ciao piacere Gabriele”- dissi una volta accanto a lui –“Enrico, piacere. Facciamo due passi?”-. Iniziammo a fare su e giù per quella piazza scambiando qualche chiacchiera, era visibilmente agitato e impacciato. Non mi trovai molto a mio agio, era una situazione un po’ strana, ma il suo fisico mi arrapava parecchio. Da un angolo all’altro della piazza scoprii che era un giocatore di basket, finalmente trovammo un argomento che ci permise di scioglierci un po’: lo sport. Dopo aver rotto il ghiaccio, operazione lunghissima che durò km e km avanti e indietro sullo stesso punto, mi invitò a casa per bere una cosa. Quando entrai nel suo appartamento notai subito che conviveva, nella sua stanza erano presenti vari indumenti e accessori da donna, impossibile fossero suoi, non potevo immaginarlo con addosso una collana di perle bianca. Da li a poco infatti le mie teorie ebbero conferma. Ci accomodammo sul letto matrimoniale. Eravamo imbarazzati, lui non era bravo nel mettere a proprio agio le persone, cosi ci provai io. –“Che dici di un massaggio?”- alla fine eravamo li per quello, un contatto fisico, -“Hai un olio o una crema?”- con i messaggi me la cavo molto bene nonostante non sia un professionista. –“Vuoi che mi spogli?”- chiese porgendomi un olio per massaggi al limone. –“Dipende dove vuoi il massaggio. Se solo schiena o integrale”- non rispose si spogliò davanti ai miei occhi, Dio che corpo vedevano i miei occhi, il cazzo mi diventò subito di ferro. Enrico oltre a presentare un bellissimo corpo villoso era davvero muscoloso. Tricipite e bicipite grossissimi, pettorali gonfi, addominali perfetti, gambe toniche e polpaccio stupendo. Prima di far cadere lo slip a terra si voltò di spalle, e che spalle, larghissime e grosse, schiena perfetta e glutei di marmo. Mise un asciugamano intorno al bacino –“Come mi metto?”-. Lo invitai a sdraiarsi sul letto a pancia in giù e io salii a cavalcioni sulle sue cosce. Cosparsi un po’ d’olio sulla schiena e iniziai a spalmarlo. Partii dalle spalle che massaggiai con cura alla perfezione riuscendo a farlo rilassare –“Cavoli sei bravo”- disse a testa bassa –“Diciamo che me la cavo, so usare le mani” risposi scivolando lungo i fianchi. Percorrevo la sua schiena in maniera lenta e delicata, non era più teso ma in totale relax, ogni volta che salivo e scendevo soavemente sui fianchi provava dei brividi. Salii sino al collo facendo incontrare le mani e cominciai a percorrere la spina dorsale verso il basso con la punta delle dita arrestandomi sulle fossette che sormontavano i glutei. Dolcemente massaggiai con movimenti rotatori le fossette per poi riportarmi in alto fino alle spalle per scendere poi ancora una volta sui fianchi. La situazione si faceva sempre più calda. Stavo attento a non strofinare sopra il posteriore il pacco che oramai avevo durissimo nel pantaloncino. Ritornai sulle fossette e lentamente feci scivolare due dita sotto l’asciugamano per massaggiare la parte alta del gluteo. Portandomi indietro col bacino scesi dal corpo sedendomi sul materasso, le mani unte scesero sulle sue gambe. Partii dalle caviglie che massaggiai con maestria salii poi ai polpacci che rilassai con pollici uniti muovendoli verso l’alto e allargando verso l’esterno. Dolcemente proseguii a salire sulle cosce scendendo morbidamente verso l’interno senza spingermi troppo in alto. Dopo aver unto e rilassato la parte posteriore –“Dovresti girarti a pancia in su ora”- tentennò un po’ prima, ma qualche secondo dopo si voltò stando attendo a non far scostare l’asciugamano dalle parti intime che mostravano un certo promontorio. Partii dalla pianta del piede andando a salire dolcemente su verso il ginocchio e la coscia. Enrico aveva proprio un corpo nerboruto. Continuai a far scivolare le mani su e giù per la gamba notando che il suo cazzo era ormai sveglio. Salii delicatamente con le mani verso l’interno coscia andando a sfiorare i suoi testicoli, non ebbe alcuna reazione, unsi le sue palle e impugnai dalla base l’uccello che stava dritto in piedi da solo. Diedi inizio a un massaggio nascosto sotto il telo. Lo afferrai a due mani e iniziai a scendere e salire sulla sua pelle, i suoi occhi rimasero chiusi e la testa poggiata sul cuscino. Piano levai l’asciugamano che copriva quell’asta che tenevo per mano. Mi ritrovai davanti un cazzo scuro, con grandi venature che lo rendevano turgido. Il cazzo non era molto lungo, ma la sua circonferenza era notevole. Proseguii a masturbarlo con delicatezza, il suo viso esprimeva piacere, senza chiedere poggiai le labbra sulla cima. Ancora una volta percepivo il sapore di uomo. Prima di assaggiarlo continuai a far scivolare le mani unte su e giù con labbra sulla cappella. Il suo buco si bagnò di qualche goccia prespermatica sprigionando un dolce sapore. Aprii la bocca e ingoiai il glande girovagandolo con lingua. Enrico iniziò ad ansimare. Iniziai a scendere lungo l’asta a succhiarla. Salivo e scendevo con passione. La cappella aveva un sapore molto buono, la leccavo più e più volte ogni volta che mi portavo su con la bocca prima di affondare ancora lungo il corpo cavernoso. Enrico inerme godeva come un matto, non smetteva di mugolare. Nel frattempo la sua mano si era portata tra le mie gambe a tastare il pacco e il culetto. Aumentai il ritmo del pompino succhiandolo alla perfezione. Quel sapore di maschio mi piaceva, sentire i peli delle palle sul viso mi facevano impazzire. Il suo silenzio rotto solo da mugolii di piacere era stupendo, sotto la mia bocca c’era un uomo che si lasciava andare al piacere di un gustoso bocchino fatto con grande passione. Prosegui abilmente la pompa sfiorando e accarezzando il suo petto villoso, amavo sentire i peli sotto il tatto della mano. Strizzai anche i suoi capezzoli turgidi. I lamenti di piacere del giocatore di basket si fecero più forti esplodendo in tre schizzi caldi. Sputai sopra la nerchia e prosegui a ciucciarla. Tirai fuori il cazzo e sborrai anch’io sopra il suo corpo villoso. L’imbarazzo di Enrico era alle stelle, chiesi delle salviette che mi indicò. Ripulii il suo corpo e ci ricomponemmo in un lungo silenzio. Sentendomi a completo disagio decisi che era meglio andare. Oltre a volerlo lasciare solo, volevo anch’io un secondo riprendermi dal sesso con il primo “sconosciuto”, fino ad ora avevo esperienze solo con conoscenti. Lo salutai e uscii da quell’appartamento. Durante la via del ritorno pensai a come mi sarebbe piaciuto soddisfare Edoardo nella stessa maniera.
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