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Gay & Bisex

Il Venditore Ambulante 2 - Il viaggio di ritorno- XIII


di Soundserio
26.03.2016    |    3.151    |    3 9.9
"Possiamo vederci a parlare appena rientri in città?”-..."
Quella notte dormii poco, sul treno mi venne in mente ancora Edoardo e la sua decisione –“Al diavolo”- pensai tra me e me. Cercai di distrarmi pensando ad Alessandro e alla nuova consapevolezza. Chissà come sarebbe andata la serata con lui, sicuramente avremo organizzato qualcosa, ho voglia di andare a ballare, ne ho bisogno. Un po’ di alcol, musica e caos ci vogliono. Arrivai a casa per l’ora di pranzo, i miei mi attendevano a tavola. Ero felice di rivederli, era già passato un mese dalla partenza. Dopo i discorsi di routine andai nella vecchia camera e mi appisolai per l’intero pomeriggio. –“Che intenzioni abbiamo stasera?”- scrisse alle diciotto e trenta il mio amico –“Pensavo ad un paio di birre al pub e poi se abbiamo voglia al Jexy. Avrei voglia di svagarmi un po’”-, -“Ok, si può fare, non dico niente a Erika se no mi rompe per la disco. Che dici avvisiamo qualcuno del gruppo?”- , -“Come preferisci, se no andiamo solo noi due”-. Speravo ovviamente che nessuno si aggiungesse perché avevo voglia di svagarmi solo con lui. Ci demmo appuntamento alle ventidue sotto casa. Quando venne a prendermi in auto notai che si era fatto proprio carino. Camicia perfettamente stirata nera, pantalone chiaro e ciuffo ordinato. –“Eilà bello come va?”- accogliendomi in auto –“Tutto bene dai, tu e la matematica?”- , -“Benissimo, ho superato l’esame del debito grazie a te!”- , -“Ma figurati, allora stasera dobbiamo festeggiare!!”-. Quando arrivammo al pub ci stava già un po’ di gente, dopo i vari saluti con i conoscenti andammo a sederci in un tavolo –“Forse ci raggiungono anche Michele e Dario”- disse sedendosi –“Bene, cosi ci facciamo una bella serata tra amici”-. Dario e Michele erano due compagni di squadra, ma anche cari amici, andavo molto d’accordo con loro, anche se non quanto con Ale. Iniziammo a brindare per l’esame e il rientro in paese, nel frattempo il pub si riempì e la musica del deejay aveva preso il sopravvento, ci alzammo e stemmo in mezzo alla folla a ridere, scherzare e bere. Quando arrivarono i due amici ci salutammo con un abbraccio e continuammo tutti e quattro i festeggiamenti. –“Che figata c’è un botto di gente stasera”- esordì Dario al mio orecchio –“Si, stasera c’è il pienone, si vede che inizia la stagione autunnale”-. Brindammo ancora finché le nostre gambe iniziarono a seguire il ritmo della musica, le guance diventarono rosse e i sorrisi dettati dall’ alcol si stamparono in volto. –“Ma voi venite al Jexy?”- domandai a Michele –“No, non credo domani mattina devo stare in piedi per le undici a dare una mano a papà”- , -“Ah ma dai che palle! ..E Dario?”- dissi con finto dispiacere –“Dario non lo so, ma dubito non voleva tardare”-. Quella risposta mi piacque cosi tanto da ordinare altre quattro birre e quattro shot. –“Al mio ritorno.. uno, due e treeee”-. Ci stavamo divertendo da matti, finalmente non pensavo a Edoardo, e per non sbagliare spensi anche il telefono, non volevo che, in preda all’alcol, potessi mandare messaggi di dispiacere per quella scelta. Andai al bagno e Alessandro mi segui –“Allora che si fa? Andiamo?”- disse mentre orinava accanto –“Si può fare, cosi ci risparmiamo un po’ di fila”- , -“Dario e Michele vengono?”- , -“No, da quel che ho capito”-. Ritornammo in mezzo alla folla, erano le due del mattino –“Allora ragazzi voi venite?”- domandò Alessandro ai due –“No, tra poco leviamo le tende”- , -“Va bene, allora ci aggiorniamo domani”-. Lasciammo alle spalle il pub e andammo al locale. Una volta dentro ci lanciammo e scatenammo in pista, già colma di gente, come due ragazzini. Dentro faceva un caldo pazzesco, erano i primi di ottobre, le temperature erano ancora alte e dopo due birre –“Io vado a pisciare”- dissi al mio amico –“ ‘Spetta andiamo fuori cosi fumiamo anche una sigaretta”- , -“Okey, lascio anche il golfino in auto”-. Il parcheggio era immenso e in sterrato. Avevamo parcheggiato nell’angolo dietro al locale, dove solitamente lasciavano l’auto i proprietari e chi ci lavorava. Pisciammo dietro la vettura e poi salimmo a bordo, poggiai il golfino nel sedile posteriore e accendemmo due sigarette –“Allora come va con Erika?”- , -“Tutto bene, anche se gelosa”- , -“E con le sue inibizioni sessuali come va?”- domandai cercando di capire un po’ –“Sempre uguale, non riesce a lasciarsi andare totalmente, si vergogna. E tu ti sei fatto qualche storiella?”- spostando l’argomento –“Niente di serio, ma qualche avventura me la sono fatta”- , -“Dai spara, qualche universitaria?”- , -“Non proprio, ma qualcosa di simile. Quindi ancora non si lascia andare?”- cercai di ritornare su lui –“Eh no, inibita e determinate cose non le vanno”- , -“Del tipo? Chissà quale richieste le farai”- , -“Nulla di particolare, solo qualche lavoretto”- la conversazione stava prendendo la piega che volevo facendosi sempre più calda –“Tipo? Succhiare alla guida?”- , -“Ma dai no scemo, che vai a pensare! ..ma qualcosa di simile”- , -“Non le piace succhiare?”- domandai spudoratamente –“Ehm si.. diciamo che è cosi”- involontariamente mi morsi un labbro –“Mi stai dicendo che ancora non ti ha fatto un pompino?”- , -“Esatto, non ama farli”- , -“Cosi non va bene”- dissi allungando la mano sulla sua gamba –“Meglio ritornare dentro”- disse irrigidendosi. Aprì lo sportello e scese, io lo seguii e ritornammo dentro. Ci sbizzarrimmo come due matti in pista e dopo qualche altra birra, intorno alle quattro e trenta del mattino decidemmo di andare via. Entrammo in auto, io ero particolarmente brillo, lui si era ripreso smettendo di bere perché alla guida, e imboccammo la via del ritorno. Durante il tragitto ripresi il discorso del pompino e iniziai a prenderlo in giro in maniera giocosa e scherzosa, lui rideva a crepa pelle. Avevo ancora voglia del suo gusto, non potevo perdere l’occasione. Il tono scherzoso si trasformò –“Quindi il tuo uccello non vede lingua da un po’?”- domandai con sfida mentre con l’indice accarezzavo la sua gamba sinistra. –“Esatto”- , - “Beh se vuoi possiamo rimediare subito”- scivolando nell’interno coscia –“Ahaha dai Gabri sto alla guida, non stuzzicarmi”- , -“Secondo me lui vuole essere stuzzicato”- salendo verso l’inguine –“No meglio di no, non mi va, voglio essere serio con Erika”- , -“Sicuro? Perché lui dice il contrario”- afferrai il pacco con la mano sinistra –“No dai, Gabri sto guidando”-. Il pacco era durissimo ed eccitato dentro il pantalone, non fermai la palpata nonostante le sue richieste di smettere. –“Se fermo l’auto ti pesto”- disse stizzito –“Provaci”- dissi io, tanto era impossibile stavamo dentro lo scorrimento veloce. Iniziai a sbottonare il pantalone e lui si dimenava cercando di bloccarmi, ma riuscii ad afferrare il suo uccello e lo tirai fuori. Che splendore di cazzo. Grosso e durissimo stava dritto tra le sue gambe –“Ti odio”- disse lui –“Odiami pure, ma ora amami”- dissi piegando la testa tra le sue gambe affondandolo in gola. –“Ohmm cazzo, ma sei impazzito? Sto guidando”- esclamò dopo una breve sbandata, ma io non gli detti retta –“Mmmmh che bel cazzo che hai”- mentre salivo e scendevo slinguando la sua cappella. –“Sei una puttana”- mentre continuava a guidare con la mia lingua sul glande. Ciucciavo con ardore il suo palo finché sentii l’auto accostare, eravamo arrivati all’ingresso della città, accostò in un piazzale di sosta –“Vuoi succhiarmi il cazzo? Allora fallo bene”- disse lasciando il volante e spingendo sulla nuca con le mani verso il cazzo. Lo ingoia fino ai coglioni –“Cosi brava, ciuccialo tutto”-. Mugolavo di piacere come una donna in calore, amavo il sapore del suo cazzo e il suo essere cosi duro e forte. –“Cosi sii, cosii”- più diceva porcate incitandomi e più mi infoiavo su quel palo davvero duro. –“Guarda quanto ti piace il cazzo troia”- continuava a dirmi portandomi su e giù con velocità lungo la sua verga. –“Sei una puttana”- , -“Siii”- rispondevo disinibito. –“Ora ingoiai tutto”- ordinò spingendo a fondo la mia testa e proiettandomi tre schizzi in gola. –“Aaah si cosi, brava”- continuava ad ansimare su quel sedile. Ingoiai tutto e lo ripulii alla perfezione. Si sistemò il pantalone e mi accompagnò a casa. I saluti furono un po’ freddi, ma fu normale. Quando entrai in camera, dopo aver sciacquato la faccia e recuperato dell’acqua dal frigo, accesi il telefono e scrissi un sms: -“Questo sarà il nostro segreto, tutte le volte che hai bisogno mandami un messaggino, ormai sai che mi piace farlo”-. Prima di poggiare il cellulare sul comodino squillò. Iniziarono ad arrivare i messaggi della serata mentre stava spento, due messaggi. Aprii e vidi che era Edoardo: -“Ei ciao come va? Qui tutti dormono, io non ho sonno e ti pensavo, tutto bene il viaggio?”-. Il secondo di qualche mezzora dopo: –“Mi spiace che ce l’hai su con me. Possiamo vederci a parlare appena rientri in città?”- . Non risposi, volevo farlo soffrire ancora un po’. Poggiai il telefono e mi girai dall’altra parte sotto le lenzuola.
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