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trio

Scatti Riservati Cap.10-Fuoco sotto la cenere


di blueyes5
02.07.2025    |    427    |    1 9.0
"La stanza odora di sesso e sudore e qualcosa di più profondo: tensione e strategia..."
Il porto turistico è piccolo, discreto. Barche da diporto, catamarani, nessuna sicurezza apparente. Lo yacht ha attraccato da meno di un’ora, e il sole siciliano è già alto, rovente. Maddie indossa shorts in lino e una camicia annodata sotto il seno, occhiali da sole scuri. Marco ha pantaloni di cotone chiaro, reflex al collo, zaino sulle spalle. Nessuno dei due dice molto mentre scendono dalla passerella. Le gambe sembrano leggere, ma è la mente a pesare.

All’imbocco della banchina li attende un uomo. Capelli brizzolati, berretto da escursione, giubbotto beige con logo “Etna Trek – Official Guide”. Sorride appena.
«Marco? Maddalena?»
Marco annuisce. L’uomo si guarda attorno, poi si volta e inizia a camminare.
«Venite. Il sentiero buono è un po’ più in alto. Vi porto in un posto tranquillo.»
Nessuna parola superflua. Nessun badge, nessuna conferma. Ma il tono e i gesti sono quelli giusti. Marco e Maddie lo seguono.
Dopo venti minuti d’auto, il paesaggio cambia. La strada si arrampica tra pini radi, poi tra rocce vulcaniche nere e rosse. La jeep si ferma in un punto panoramico. Nessuno nei dintorni. Solo vento e silenzio.

La guida scende, apre lo zaino e lo poggia su un muretto. Marco fa lo stesso. Estraggono il materiale raccolto: la scheda SD, la microcamera, la chiavetta USB.
«Abbiamo tutto. Anche troppo» dice Marco.
L’uomo annuisce. «Abbiamo ricevuto i file preliminari. Le facce sono pulite. Ma i nomi… sono tossici. Vi siete spinti oltre il previsto.»
Maddie si appoggia al cofano. «Martini sta trattando traffici reali. Forse anche esseri umani. E Zorban ci fiuta.»
«Lo sappiamo. Ma finché non c’è un errore vostro, lui resta cieco.»
«Abbiamo una richiesta, Rade è dei nostri ma per fargli fare il salto della barricata gli abbiamo promesso protezione» Marco fissa l’orizzonte mentre parla.
«Ok, riferirò e organizzerò con il comando, voi ditegli di tenersi pronto alla prossima tappa dovrà sbarcare, manderemo una squadra di trasferimento a prelevarlo per portarlo in un luogo sicuro»
«La lista...oltre a Rade abbiamo preso contatto con Martha Schultz, la diplomatica tedesca, Elisabeth Keller, Andrei Zorban, Joao Silva, Felipa Costa e poi c’era l’americano che ho fatto ubriacare l’altra sera...Martin Rice, sono 7, tutti in qualche modo coinvolti, ce ne mancano ancora 10 da verificare» Dice Maddie sorridendo
«State svolgendo un ottimo lavoro, andate spediti, anche troppo, state attenti a non sollevare un polverone, potrebbe ritorcersi contro»

Marco incrocia le braccia. «E adesso?»
L’agente tira fuori una cartina. «Oggi vi seguo fino al cratere. Turisti veri. Nella notte riceverete coordinate nuove. Domani verrà imbarcato un altro ospite. Vecchio contatto di Zorban. Vogliamo sapere perché.»
«Nome?»
«Non ancora confermato. Solo una lettera: D.»
Scambiano un’occhiata. Poi richiudono gli zaini.
«Pronti?»
«Sempre.»
La salita è lunga, ma non dura. Camminano in fila, tra le pietre scure e la sabbia nera. Il cratere fumante si staglia davanti a loro. Maddie scatta qualche foto con il telefono. Marco fa lo stesso, ogni tanto le guarda la nuca, il profilo teso ma bello, ancora segnato da ciò che hanno visto e fatto.
La guida ogni tanto parla di minerali, di eruzioni, come se davvero stesse conducendo un tour. Intorno, solo il vento e il vulcano. Nessuno può ascoltarli.

«Stanotte preparate i doppioni. Tutto ciò che è compromettente lo mandate via in backup. Il resto… tenetelo al sicuro.»
«Abbiamo una microcassetta blindata nascosta nel materasso,» dice Maddie. «Serve?»
L’uomo sorride. «Sì. Serve. Domani vi servirete anche di lei.»
Alle pendici del vulcano, si separano. La guida li saluta con una stretta di mano e una battuta generica sulla “coppia più silenziosa del gruppo”. Poi sparisce tra le auto.

Marco e Maddie restano da soli.
«Giriamo un po’?»
«Sì. Ma stiamo leggeri.»
«Finalmente un po’ isolati da quel covo di serpi, quello yacht è un misto di sesso, cospirazioni e porcherie varie, sembra che chiunque sia lì solo per scopare e fare affari loschi» Dice Marco sospirando
«Approfittane, ricarichiamoci qui, è il momento buono per sfogarsi, Vuoi dirmi qualcosa?» risponde Maddie
«Mi manca la normalità, la mia routine, la mia famiglia. E’ noioso, ma sicuro...A te non manca la famiglia?»
Maddalena si ferma, guarda il mare e sospira
«Non mi hai mai detto nulla dei tuoi.» Marco la fissa
«Non ne parlo volentieri, non andiamo molto d’accordo. Loro immaginavano un altro futuro per me, quando avevo 6 anni ci siamo trasferiti a Parigi, mio padre lavora per una farmaceutica, gli avevano proposto una posizione dirigenziale importante, mia madre è una chirurga rinomata, è bastata una lettera di presentazione per garantirle un posto in una famosa clinica privata parigina. Per me un futuro scritto, dovevo diventare manager, mi hanno mandato a studiare in un collegio svizzero, dopo il diploma dovevo laurearmi, al secondo anno di università sono scappata, sono tornata da sola in Italia. I miei non l’hanno presa bene. Hanno tentato in tutti i modi di farmi rientrare nei ranghi, ma io ero stufa di sentirmi dire cosa seri dovuta diventare, volevo essere libera di scegliere. Alla fine mi hanno tagliato i viveri, pensavano di vedermi tornare strisciando ma io mi sono adattata.»
«Sanno quello che fai?»
«Certo, ma non dicono più nulla, ho disonorato la famiglia, a malapena ci scriviamo per controllare se ci siamo ancora tutti.»
«Mi dispiace»
«A me no, sono libera, è questo quello che conta»
«Sono felice che ti sia aperta con me» Marco la abbraccia e le stampa un bacio sulla fronte, poi riprendono a passeggiare.

Attraversano il piccolo paese ai piedi dell’Etna. Le strade sono strette, lastricate di pietra lavica. Nelle vetrine, souvenir dozzinali: calamite a forma di vulcano, bottiglie di limoncello, bracciali artigianali. Maddie compra un anello con pietra scura, Marco un taccuino di pelle.
Quando escono dalla bottega, lo vedono.
Martini. Parla fitto con un uomo basso, calvo, giacca grigia, occhiali scuri. L’espressione tesa. I gesti secchi. Marco lo riconosce: è lo stesso visto in una delle foto di Rade. Mai identificato. Una specie di intermediario.
Si nascondono dietro una colonna in pietra.
«Sta dando ordini» sussurra Maddie.
Marco inquadra con la reflex, scatta in silenzio. Martini stringe la mano all’uomo, poi si volta e si incammina verso il porto. L’altro resta immobile. Dopo qualche secondo, prende un sentiero laterale che si inoltra tra gli uliveti.

«Seguiamolo» dice Marco.
Scendono lenti, silenziosi, tra le pietre e i rami bassi. Il caldo è secco, la luce intensa. Dopo dieci minuti, il sentiero curva e si apre su un piccolo campo di ulivi. Al centro, una casupola in pietra, finestre chiuse, porta di legno.
L’uomo bussa due volte. Dice qualcosa.
La porta si apre. Escono due uomini.
Uno è Ivan. Il belloccio siculo che scopava la moglie di Rade. Sorriso feroce, occhiali da sole, maglietta bianca attillata. L’altro è un tipo grosso, rasato, forse sicurezza.
Parlano sottovoce. Poi Ivan entra nella casupola. Esce subito dopo, trascinando due persone legate e imbavagliate. Rade e sua moglie. Lidia.
Li buttano a terra. Li fanno inginocchiare uno di fronte all’altro. Rade ha il viso tumefatto, sangue secco alla tempia. Lidia piange, ma non emette suono. Il bavaglio è stretto.
Ivan cammina intorno a loro. Sfodera una pistola infilata nella cintura. Si ferma dietro Lidia. Dice qualcosa a Rade. Marco stringe la reflex. Maddie è paralizzata.
Un colpo.
La testa di Lidia si inclina di lato. Crolla in avanti. Un fiotto di sangue si allarga sulla terra secca.
Rade emette un urlo strozzato.
L’altro uomo – quello della stretta di mano con Martini – gli si avvicina. Gli fa un cenno. Poi gli toglie il bavaglio.
Rade sputa sangue e saliva in faccia al suo aguzzino. Gli occhi rossi di pianto, ma fissi.
Quello si pulisce con calma. Si gira verso Ivan che gli porge la pistola.
Un altro colpo. Dritto in fronte.
Rade crolla in silenzio.
Marco abbassa la macchina. Le mani gli tremano. Maddie lo tira per il braccio.
«Marco… dobbiamo andare via. Ora.»
Scappano tra gli ulivi, senza voltarsi.

Tornano al paese col fiato corto. Cercano la guida in tutti gli angoli: bar, piazzetta, stazione dei bus. Niente. Nessuna traccia.
Si siedono su una panchina all’ombra. Non parlano.
«E se Rade ha detto qualcosa su di noi?» sussurra Maddie.
«Potrebbe. Oppure no. Sperava che lo aiutassimo. Credeva in noi.»
«Ora è morto.»
Marco fissa il vuoto. «E noi siamo vivi. Ma per quanto?»
Un silenzio. Poi Maddie si alza.
«Torniamo a bordo.»
Marco la segue.
Lo sanno entrambi. Martini sa qualcosa. O lo sospetta.
E adesso, il vero pericolo non è più fuori. È con loro, su quella nave.

Il corridoio della zona ospiti è silenzioso, illuminato da luci calde e discrete. Marco e Maddie camminano lentamente, i passi ovattati sul parquet lucido. Nessuno parla. La morte di Rade e Lidia è ancora nelle pupille, ancora nella pelle.
Si fermano davanti alla porta 12.
Maddie bussa con due dita.
La voce della diplomatica arriva dall’interno, ferma e decisa. «Chi è?»
«Maddie… Markus. Possiamo parlarti?»
Una pausa. Poi la porta si apre. Keller è vestita con un kimono grigio perla, lungo fino alle caviglie, leggermente aperto sul petto. Dietro di lei, le due modelle trevigiane – Erika e Luana – sono nude, sdraiate sul divano, i corpi intrecciati, capelli sciolti, pelle lucida.
Keller li squadra per un attimo. «Non è un buon momento. Tornate più tardi.»
Sta per chiudere. Poi i suoi occhi si soffermano su Marco. Lo scrutano. Lentamente.
«Anzi no. Entra, Markus. Porta la macchina. Scatta qualcosa di… vivo.»
Marco esita. Si volta verso Maddie. Lei annuisce. È un cenno breve, deciso. Vai. È una partita di sopravvivenza. Marco entra.
La porta si richiude dietro di lui. Maddie resta all’interno, in un angolo. Si appoggia al muro, in ombra. Gli occhi fissi, le mani incrociate.
Keller si volta verso le ragazze. «Ragazze, voglio che vi rilassiate. Dimenticate che lui c’è.»

Erika si alza. Cammina fino al letto, si inginocchia sopra il copriletto bianco. Luana la segue. Le prende il mento, la bacia con dolcezza prima, con più forza poi. Le lingue si cercano, si mescolano. Marco alza la reflex. Scatta.
Keller si sfila il kimono con un gesto lento e preciso. Il corpo nudo, tonico, scolpito, è quello di una donna che non ha mai lasciato nulla al caso. Si avvicina alle ragazze e si inginocchia dietro di loro.
«Continuate. Ma con me nel mezzo.»
Le due modelle obbediscono. Erika si abbassa su Keller, le bacia i seni, le mordicchia i capezzoli. Luana le sfila la vestaglia del tutto, le apre le gambe con sicurezza, poi si abbassa e comincia a leccarla.
Keller geme piano. Gli occhi fissi su Marco.
«Scatta. Ma voglio vedere nei tuoi occhi che non sei solo un fotografo.»
Marco inghiotte. Le dita stringono la reflex. Scatta. E ancora. E ancora.
Luana si inginocchia e si struscia contro la coscia della diplomatica, mentre Erika le lecca i capezzoli con lentezza, le dita tra le gambe dell’amica. Keller infila due dita dentro Luana, senza staccare lo sguardo da Marco.

Maddie osserva in silenzio. Il respiro lento, il viso impassibile. Ma dentro le pulsazioni sono forti. Quelle immagini, quei suoni, quel potere sessuale – tutto la scuote. E la fortifica.
Erika ora è a quattro zampe, Luana dietro di lei la penetra con un dildo a ventosa che ha tirato fuori da una sacca. Keller comanda, le mani in mezzo, le dita che guidano, spingono, stringono.
«Ancora, più forte. Voglio sentirvi gocciolare.»
Marco scatta. La pelle delle ragazze è lucida, le labbra arrossate, i fianchi in movimento. La stanza odora di sesso e sudore e qualcosa di più profondo: tensione e strategia.
Keller si sdraia sul letto. Le due modelle si alternano tra le sue gambe, leccano, baciano, la fanno gemere. Lei ride, geme, le incita. Guarda Marco. «Ora. Adesso. Fammi esplodere con uno scatto.»
E Marco lo fa.
Lo scatto che ferma il momento in cui le tre raggiungono l’orgasmo in sincrono, in un nodo di corpi, mani, bocche, liquidi.
Silenzio. Solo i respiri. Solo il cuore che martella.

Keller si rialza. Si avvicina a Marco. Gli prende il mento.
«Bravissimo. Ma adesso… non parlare. Non chiedere. Domani potremmo parlarne. O no.»
Apre la porta. Maddie si stacca dal muro. Marco la segue.
La porta si richiude.
Nel corridoio, si guardano. Nessuna parola.
Sanno solo una cosa.
È questione di ore. O dentro. O fuori. O vivi. O morti.
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