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incesto

Sharon 2 bis


di iltiralatte
15.05.2025    |    2.582    |    2 8.5
"Il bar dell’università era un posto completamente estraneo a quel mondo di cultura che si immaginava in tutto il resto del complesso..."
Oggi Sharon avrebbe compiuto diciotto anni.
Ufficialmente maggiorenne, pronta ad affrontare l’esame di maturità ed ufficialmente adulta.
I corteggiatori non le mancavano certo; il miele attira sempre le mosche e lei valeva molto più del miele.
Crescendo si era trasformata in una stupenda ragazza.
Ovunque andasse, gli sguardi si posavano su di lei, attratti da una bellezza che sembrava quasi irreale.
I suoi capelli, lunghi e setosi, catturavano ogni riflesso di luce, passando dal dorato al castano profondo a seconda dell’angolazione.
Un vero spettacolo naturale, onde leggere che incorniciavano il suo viso perfetto.
I suoi occhi lasciavano il segno: verdi smeraldo con leggere sfumature dorate, così intensi e vivi che sembravano sapere più di quanto dicessero le parole.
Non era solo il colore, era lo sguardo: profondo, magnetico, capace di incantare chiunque si fermasse ad osservarla.
La sua pelle aveva una luminosità naturale, un bagliore dorato che esaltava la delicatezza dei suoi lineamenti.
Era una bellezza senza artifici, spontanea, autentica.
Non aveva bisogno di trucco per incantare, le bastava un sorriso.
E che sorriso!
Incisivo, affascinante, capace di accorciare le distanze e di lasciare dietro di sé una scia di fascino.
Era quel tipo di sorriso che non si dimentica, che resta impresso anche dopo che l’autrice se n’è andata.
Ma Sharon non era solo bellezza, era carisma puro.
Il suo portamento trasudava sicurezza senza essere mai ostentato, i suoi movimenti erano fluidi, naturali, studiati senza essere artificiali.
Qualunque cosa indossasse, qualunque ambiente frequentasse, lei dominava la scena senza sforzo.
Era una presenza magnetica.
Non aveva bisogno di parlare per imporsi, le bastava esserci.
Sharon non entrava in una stanza, la conquistava.
Ella era l’energia che tutti percepivano prima ancora di vederla, la presenza che faceva sussurrare parole a chi la osservasse.
Non era solo bellezza, era qualcosa di più.
Quando parlava, la sua voce aveva una tonalità morbida ma decisa, il tipo di voce che si ascoltava con attenzione, perché sembrava sempre sul punto di rivelare qualcosa di importante.
Ella usava le parole con precisione chirurgica, lasciando aperti gli spazi giusti per creare attesa e curiosità.
Nessuno sapeva resisterle.
Non per qualche trucco, ma perché Sharon conosceva l’arte del sottinteso, del mistero, del lasciar intendere senza mai concedere del tutto.
Era un gioco che padroneggiava da sempre, con naturalezza.
Un gioco che la rendeva esattamente ciò che voleva essere: indimenticabile.
Sotto un certo punto di vista Sharon era ineguagliabile.
Ella non cercava di affascinare, ci riusciva anche senza volerlo.
Il suo carisma era naturale, spontaneo, qualcosa che non si poteva insegnare.
Quando entrava in un ambiente, non dominava la scena con gesti teatrali, ma con la semplicità di chi sa esattamente chi è.
Non aveva bisogno di sguardi studiati, di mosse calcolate.
Era il sorriso vero, la leggerezza di un gesto, il modo in cui sapeva ascoltare e parlare senza mai forzare.
Lei era la ragazza della porta accanto; colei che tutti avrebbero voluto avere vicina. non solo per la sua bellezza, ma soprattutto per la sua capacità di far sentire ogni conversazione più intensa ed ogni momento più significativo.
Non giocava a fare la misteriosa.
La sua aura era avvolgente perché genuina, dato chr mescolava dolcezza e determinazione in un equilibrio perfetto.
Se voleva qualcosa, la otteneva.
Non per astuzia, ma perché sapeva esattamente come richiedere senza mai sembrare invadente.
Sapeva far sentire gli altri importanti, e forse proprio per questo era lei a diventare indimenticabile.
Non era irraggiungibile.
Era reale.
Nella vita universitaria era circondata da attenzioni e corteggiamenti regolarmente ignorati tanto da guadagnarsi il soprannome di “Diamante Inviolato”, ma quella sera, tornando a casa, non aveva con sé il fidanzato che suo padre si aspettava di conoscere.
Appena entrata notò la tavola apparecchiata con cura.
Una torta al centro e tre bicchieri pronti per il brindisi.
Suo padre aveva pensato a tutto, ma quando la vide sola, il suo sorriso si fece appena più cauto.
— Buon compleanno, amore mio. 🎉
Sharon si avvicinò e lo abbracciò, avvertendo nella sua stretta quel calore familiare che non era mai cambiato.
— Grazie, papà.
— Hai preparato tutto questo per me?
Lui annuì, con un lieve sguardo ai bicchieri.
— Pensavo che stasera fossimo in tre …
— Dove hai lasciato il tuo fidanzatino?
Sharon abbassò lo sguardo con un sorriso imbarazzato.
— Non è venuto.
Il padre sollevò un sopracciglio, fingendo di essere stupito.
— Ah!
— Cosa gli hai fatto?
— Lo hai già scaricato?
Sharon rise, scuotendo la testa.
— No, semplicemente … questa non era la serata adatta a lui.
Il padre rimase un attimo in silenzio, poi versò lo spumante solo in due coppe.
— Meglio così.
— Questa sera sarà solo per noi.
Sharon prese il bicchiere che le porgeva, osservando le fiammelle tremolanti sulla torta.
Era una scena semplice, ma carica di significato.
— Sai, papà … a volte mi domando cosa significhi davvero essere “maggiorenne”.
Lui sorseggiò il suo spumante con calma.
— Significa sapere che puoi fare le tue scelte, ma anche capire che alcune risposte arriveranno solo col tempo.
Sharon rifletté per un istante, poi sorrise.
— Allora, brindiamo al tempo.
— A tutto quello che ci insegnerà.
— Quanto alle mie scelte ho deciso che proprio stasera ne farò una!
I bicchieri si toccarono con un suono leggero.
Un brindisi semplice, ma pieno di promesse.
Passarono la serata in intima allegria; un libro per Sharon mentre il padre guardava la partita alla televisione e giunse l’ora di coricarsi.
La giornata era stata afosa e la notte non pareva esserlo di meno.
Sharon si denudò completamente e si sdraiò supina nella sua parte del letto.
Passarono pochi minuti.
Suo padre la raggiunse e, vedendola in quella posa, rabbrividì:
— Cosa stai facendo Sharon?
— Ti dava proprio tanti fastidi il pigiama?

— Non mi hai mai vista nuda papà?
— Io sarei pronta a scommettere che proprio tu, qualche volta, mi abbia pure pulito il sederino.
La cosa era vera: il papà aveva volentieri assistito la sua defunta moglie a volte sostituendola nella cura della neonata,
Brontolando sommessamente per non essere udito l’uomo si coricò dalla sua parte del letto.
— Spegni la luce per favore.
Egli ubbidì ma stava riposizionandosi quando si trovò addosso la figlia.
— Sharon, per favore, fa caldo, non dormiamo abbracciati questa notte.

— La prima cosa da fare in questi casi è spogliarsi papà: adotta la mia tenuta.
L’uomo non aveva la forza di opporsi: lentamente si spogliò a sua volta unicamente per poi ritrovarsi immediatamente addosso Sharon.
Avvertiva la pressione di quel seno contro il suo petto e quel contatto lo turbava
— Ricordi mamma papà?
— Quante sono le volte in cui mi hai detto quanto le somiglio?
Il solo pensiero causò una sensazione dolorosa all’uomo che però avvertiva contro il suo petto la pressione di quel seno tanto simile a quello di Dora.
Quasi inconsciamente la sua mano si mosse per accarezzarlo mentre Sharon si riposizionava supina per facilitarlo.
— Sono come mamma papà?
Le carezze non si arrestarono anzi si fecero più pressanti:
— Sì!
— Dio mi perdoni ma ora un piccolo pezzi di Dora è tornato nelle mie mani!
— Non solo un piccolo pezzo papà.
— Siamo al buio, accarezzami come facevi con lei e dimmi in cosa ne differisco.
— Ti prometto che modificherò il mio comportamento, farò di tutto per essere identica a lei.

— Ti prego non farlo cucciola!
— Sarebbe incesto; una cosa orrenda.
— Potresti poi pentirtene per tutto il resto della tua vita.

— Proprio no papà!
— Io sono tua.
— Fin da piccolissima ero affascinata da te.
— Già a sedici anni ti avevo tentato e tu mi avevi respinta ma le mie idee non sono cambiate da allora.
— A te serve una donna ed io sono quella donna!
— Sono sempre stata innamorata di te, questo lo sai ed io sono estremamente simile alla mamma di fisico e d mente.
— Non potresti trovare al mondo un’altra donna più simile a lei di me ed io ti rivoglio identico a com’eri prima della sua morte.
Sharon allungò la sua mano verso la zona pubica e scoprì un pene in piena erezione.
— Come giustificheresti °questo° in caso contrario?

— Dio mi perdoni!
Ripeté l’uomo ed, abbracciata la figlia, diede inizio all’amplesso più lungo e piacevole della sua vita.
— Te lo avevo annunciato papà, stasera non potevo portarmi un fidanzatino, perché ne avevo uno che già da troppo mi attendeva qui: tu!
Sharon chiuse gli occhi e si godette tutta l’azione paterna..
Ora aveva raggiunto il suo scopo e da quella sera questo divenne un piacevole appuntamento serale; una abitudine quotidiana.
Già una volta Sharon aveva aiutato il padre ad uscire dalla sua depressione: ora lo vedeva rifiorire giorno per giorno, non solo; ma ciò faceva comodo anche a lei dato che favoriva una sua maggiore rilassatezza e quindi una più alta concentrazione nello studio.

Sharon frequentava l’università.
Per la prima volta che si presentava:nell’aula di Psicologia delle Comunicazioni.
Una materia che intimidiva e metteva paura solo al sentirla nominare.
L’aula didattica era, tutto sommato, abbastanza piccola rispetto alla gigantesca Aula Magna ma forse qui tutto sarebbe stato più intimo e le lezioni sarebbero state più coinvolgenti.
Gli studenti non erano molti, più o meno una trentina ma solo due posti nell’ultima fila erano rimasti liberi.
Sharon ne scelse uno.
Appena in tempo: subito dopo che si fu seduta il professore si presentò,
— Signori buongiorno.
— Sono il prof XXXXX ed insegno Psicologia della Comunicazioni, la chiave per comprendere come influenziamo e siamo influenzati attraverso parole, gesti e silenzi.
— In questo corso esploreremo le dinamiche della persuasione, del linguaggio e delle interazioni umane, per capire non solo cosa comunichiamo, ma soprattutto come e perché lo facciamo."
Subito Sharon si mise in mostra:
— Professore, mi domando se il concetto di persuasione possa davvero essere spiegato solo teoricamente.
L’uomo la guardò, incuriosito dal suo tono morbido, ma incredibilmente deciso.
— Dipende, signorina … la persuasione è un’arte, ma è anche, e soprattutto, una tecnica.
Sharon accennò un sorriso, inclinando leggermente il capo.
— L’arte presuppone un talento innato, la tecnica si apprende.
— Se fosse solo tecnica, tutti potrebbero padroneggiarla.
Alcuni studenti si voltano ad ascoltare, attratti dal suo modo di parlare.
Il professore incrociò le mani sulla scrivania, osservandola attentamente.
— Mi sta dicendo che la vera persuasione è qualcosa che si possiede e non si impara?
Sharon abbassa appena lo sguardo, senza perdere il contatto visivo.
— Sto dicendo che chi la padroneggia … non ha bisogno di definirla.
Un sussurro percorse l’aula. Il professore sorrise, affascinato.
— Dimostramelo.
Sharon si avvicinò alla cattedra, prese una penna e la posò davanti a lui.
— Lei ora vuole prendere in mano questa penna.
Il professore aggrottò le sopracciglia, divertito.
— Non direi.
Sharon sorrise appena.
— Ma ci sta pensando.
L’uomo guardò la penna per qualche secondo.
Poi, senza accorgersene, la prese tra le dita.
Sharon si allontanò con un sorriso soddisfatto.
— Ecco la mia dimostrazione.
L’aula esplose in mormorii, e sorrisi .
Il professore restò immobile per un attimo, poi rise, scuotendo la testa.
— Voglio sapere come ha fatto.
Sharon si limitò ad sedersi, senza mai perdere quel lieve sorriso enigmatico.
— Alcuni segreti non si spiegano, professore.
— Si vivono.
Il fragore degli applausi fece tremare i vetri.

Dopo aver fatto l’amore Sharon riposava tranquilla accanto a suo padre che le accarezzava un seno.
— Papà, voglio un figlio anch’io.
All’uomo vennero i sudori freddi:
— Hai deciso di trovarti un amante meno problematico di me?
— A malincuore ti lascerei libera ora che ti ho avuta, ma tu hai ogni diritto di crearti una tua famiglia.
— La stessa gioventù te lo impone.
Sharon scosse lentamente la testa:
— No non hai capito: io lo voglio da te.

— Sei audace Sharon ma questa volta non credo di poterti accontentare.
— Un figlio non richiede solo cibo ma anche cura e protezione.
— Dovessi accontentarti poi entrambi dovremmo trascorrere le giornate alla sue spalle per proteggerlo dalle malelingue.
— Indiscrezioni e pettegolezzi non avrebbero effetto su di noi: siamo adulti e possiamo infischiarcene.
— Per il bimbo sarebbe diverso,
— Quello dei bambini è un mondo crudele se al fuori dalla protezione della sua famiglia.
— Stai studiando psicologia te ne accorgerai presto.

— Capisco papà: quello che mi serve allora è un marito che possa fare da scudo a nostro figlio.

— Sei forse improvvisamente impazzita?
— Ignoro come tu abbia fatto a convincere me, ma non troverai mai un giovane disposto a sposarti perché tu possa fare un figlio concepito con tuo padre!
Un sorrido enigmatico le attraversò il viso:
— Davvero papà?
— Vedremo.

La sua lezione inversa a scuola aveva espanso al massimo la popolarità di Sharon e contemporaneamente erano aumentati a dismisura i mosconi che le ronzavano attorno..
Sharon era decisa: era giunto il momento di consentire ad uno di loro di corteggiarla.
Il candidato migliore era da scegliere tra uno degli studenti di Psicologia delle Comunicazioni che la vedevano spesso dominare l’insegnante e che avevano, di conseguenza, la massima considerazione di lei.
In quell’aula effettuò la sua ricerca.
Aveva una ventina di compagni maschi a disposizione.
Tra essi ne scelse uno: un bel ragazzo palestrato sempre pronto a fare lo sbruffone.
Lo giudicò l’elemento psicologicamente più debole, quindi il più adatto alla sue necessità,
Ella era ben conscia del suo potere e si preparo a metterlo alla prova.
Un sorriso, uno sguardo fintamente umile puntato al suolo:
— Ciao, potresti ripetermi quanto ha detto il prof?
— Temo di non averlo capito.
Il ragazzo si mise a ridere:
— Proprio tu non capisci?
— Ti crederò quando vedrò cadere dal cielo la neve nera”
— Dimmi la verità: cosa desideri veramente?

— Diffidente!
— Mi sembri simpatico e vorrei semplicemente conoscerti.

— Devo dedurre che la tigre dell’aula sia in realtà una ragazza timida?
— Questo è già più possibile:
— Eysenck ha collegato la timidezza alla dimensione dell'introversione, suggerendo che le persone timide tendano a essere più riservate e meno inclini alle interazioni sociali spontanee.
— Sii sincera.
— Tu sei introversa vero?
— È per questo che tanto fatichi a legare col resto di noi?

— Devi essere proprio bravo come psicologo.
— Mi hai analizzato perfettamente.
Il ragazzo ridacchiò:
— La mattinata è quasi terminata: posso offrirti un caffè?

— Volentieri; stanotte ho dormito poco, contribuirà a tenermi sveglia.

A quelle parole il ragazzo si ringalluzzì: le più bella ragazza della scuola e probabilmente della città, la “Vergine di ferro” che non dava confidenze a nessuno, il “Diamante inviolato” che molti avevano tentato di accaparrarsi restando regolarmente a mani vuote ora veniva al caffè con lui.
Avesse giocato bene le sue carte avrebbe potuto divenire il suo primo accompagnatore, poi … Chissà?
Avrebbe certo suscitato l’invidia di tutti, maschi e femmine.
La sua sarebbe stata una impresa epica che avrebbe meritato di essere citata nei libri di storia.
Certo era una ragazza molto bella e gli piaceva anche sul piano personale ma oltre questo non osava sperare.
Egli provava solo uno smisurato orgoglio per se stesso che era stato capace di attrarre una simile futura preda
Il ragno aveva invitato la mosca al caffè dove avrebbe iniziato a tessere la sua tela.

Il bar dell’università era un posto completamente estraneo a quel mondo di cultura che si immaginava in tutto il resto del complesso.
Li la goliardia imperava sovrana, gli scherzi erano all’ordine del giorno ed un vocio costante quasi trapanava le orecchie di chi fosse presente.
Questo mondo improvvisamente si zittì non appena Sharon entrò, mano nella mano, col suo accompagnatore.
Non si sentiva volare una mosca: tutti gli sguardi erano fissi su di loro e le orecchie puntate nella loro direzione nel tentativo di carpire frammenti della loro conversazione.
I due non diedero nessuna soddisfazione a quella massa ma qualcuno riuscì a udire la parola “cinema” e la notizia fece rapidamente il giro dei presenti.
Quando essi si allontanarono, un paio di loro si prese la briga si seguirli sino ad un locale di seconda mano che proiettava “Proposta indecente” un film chiaramente allusivo.
Il tempo che i due avessero terminato la visione del film è già tutto l’ateneo aveva decretato che essi erano diventati una coppia fissa già vociferando sulla data di un loro possibile matrimonio.
Il ragazzo ascoltava quelle voci orgoglioso
Sharon continuava a frequentarlo senza dar segno di voler troncare la loro relazione,
Ogni suo gesto misurato, ogni parola mai scontata, ogni sorriso trattenuto era un invito.
Non uno aperto, non uno facile, ma uno che lo affascinava più di qualsiasi certezza.
Lei non era come le altre.
La sua ritrosia iniziale si stava trasformando in curiosità e, lentamente, la curiosità si faceva attesa.
Con lei non erano sufficienti i complimenti, non bastavano attenzioni ovvie.
Con Sharon, bisognava guadagnarsi ogni centimetro di vicinanza.
Giorno dopo giorno, egli comprese che il desiderio di conquistarla non era più solo un gioco.
Quando le offriva un gelato l’unica fragola che lo sovrastava era per lei senza che ne venisse richiesto.
Quando la notte era più fresca, le sistemava il suo golfino sulle spalle, senza domandarle se avesse freddo.
Mentre Sharon parlava , la ascoltava con attenzione, in religioso silenzio anche nelle sue pause più lunghe.
Ogni volta si avvicinava un po’ di più a lei, alla sua essenza, a quella ragazza meravigliosa.
Ogni volta che Sharon gli concedeva un piccolo spazio in più, lui sentiva che stava vincendo una battaglia invisibile, una guerra non dichiarata dove alla fine avrebbe ottenuto il suo premio: lei.
Egli notava i piccoli segnali.
Percepiva che ognuno di essi non era mai assoluto e ciò lo tormentava:
"Sta cedendo davvero o sta solo giocando con me?”
"Sto vincendo o sto solo inseguendo un’illusione?”
Eppure, ogni volta che parlava con lei. ogni volta che le rivolgeva un gesto senza pretese, ogni volta che Sharon non si allontanava, lui capiva che qualcosa stava crescendo e questo lo rimotivava.
Venne il momento esatto in cui capì di aver conquistato Sharon.
Non fu una frase..
Non fu un gesto.
Fu il modo in cui lei lo guardò quella sera, un istante in più, senza schermarsi dietro l’ironia.
Egli sentì il battito del cuore accelerare, come se il corpo sapesse prima della mente.
"Eccoci."
"Ci siamo."
Un giorno, si accorse che Sharon non faceva quel gioco con nessun altro.
Lei scherzava con gli altri, ma non concedeva loro mai veri spiragli.
Con lui, invece, era diverso.
Se ne rese conto, con un brivido nuovo.
Non era solo corteggiamento.
Certo era di più.
Le propose di cenare da lui e fu il punto di non ritorno.
Ora era proprio deciso.
Non un appuntamento, ma una richiesta:
— Vieni a cena a casa mia: stasera sarà diversa.
Sharon accettò.
La finestra era aperta.
Le melodie sentimentali, la voce di un cantante che interrompeva il vento penetravano sino alla tavola imbandita,:
Al termine della cena si avvicinò alla finestra:
— È l’ora!
Gridò semplicemente.
Mentre le note di Tannenbaum attraversano la stanza, lui non aveva più dubbi.
Si inginocchiò stringendo l’anello tra le mani.
— Vuoi sposarmi?
Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime e la voce sembrò mancarle.
Come incoraggiamento il ragazzo tentò di baciarle le labbra.
Lei accennò a rispondergli, ma subito si sottrasse.
— Vorrei poterlo fare, ma non mi è concesso!
— Devi saperlo: io ho un amante.

Questa per lui era proprio nuova:
— Ma se sei sempre con me!

— Non proprio sempre mio caro, la sera vado a casa ed è li che lui mi attende.

— La soluzione mi sembra evidente; lascialo e vieni con me.

— Questa non è una soluzione: io ti amo ma lui è il vero padrone del mio corpo e del mio spirito.

— Veramente?
— Sposami e vediamo se oserà avvicinarti ancora.

— Non vuoi proprio capirlo vero?
— Io sono l’amante di mio padre e non lo lascerò mai.
— Vuoi ancora sposarmi?
— Sappi che dovrai acconsentire a che io mantenga sempre questa relazione,

— Sono veramente innamorato di te Sharon: non puoi domandarmi una cosa simile.

— Mi spiace ma questa è la condizione “sine qua non” per avermi.
— Solo quando egli morirà io uscirò dal suo letto per entrare nel tuo se sarai già mio marito e se mi avrai meritato attendendomi.

— Nell’attesa cosa dovrei fare?

— Farai il padre dei miei figli che saranno contemporaneamente nostri figli anche se biologicamente tu non ci avrai messo semi.

— Ma quale figura farei?
— Sposare te.
— Abitare altrove con te che ogni tanto passi a farmi visita, magari gravida?
— Cosa potrebbero mai pensare i vicini?

— Questo si può facilmente risolvere: abiteremo tutti assieme nella medesima casa.
— Tu avrai una stanza tutta tua mentre io e papà la nostra.
— In questo modo potrò pure controllare la tua fedeltà e se veramente mi ami.
— Qualunque cosa faccia io, i miei non saranno tradimenti ma atti conosciuti ed approvati da te prima ancora della mia decisione di accettarti come marito.
— Nessun altro potrà intromettersi nel nostro menage e tu mi consentirai di realizzare il mio sogno di regalare a papà quei figli che la sua defunta moglie non gli ha potuto dare.
— Posso darti un contentino se ti accontenterai: riserverò a te la mia bocca sempre e mi congiungermi anche con te quando sarò gravida, ma questo soltanto nell’attesa di essere definitivamente tua
Il ragazzo ebbe un momento di riflessione: vedeva Sharon così bella, così vicina a lui, così desiderabile e così irraggiungibile.
Lei però gli aveva fatto una promessa ed era certo che al momento opportuno l’avrebbe mantenuta.
Senza proferir parola attirò a se Sharon e la baciò
Lei gli rispose con passione.
La mosca aveva terminato di mangiarsi il ragno.

FINE

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