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Ultimo atto 4


di iltiralatte
18.05.2025    |    432    |    0 9.4
"San Giorgio aveva affrontato un semplice drago: io avevo Dora, mia suocera da affrontare..."
Capitolo 4

Aldo
Ero a Livorno, città dai mille colori e vibrante di vita mediterranea.
Lì coltivai il mio sogno.
Aprii un’enoteca, un piccolo angolo di passione e dedizione, dove il buon vino e la convivialità si fondevano in un’esperienza unica.
Con fermezza e impegno, mi immersi nelle mille sfumature del lavoro: ogni dettaglio, ogni scelta, era studiato per rendere quel locale un vero successo.
La città intera sembrava appoggiarmi, e il mio progetto cominciò a prendere il volo proprio come avevo sperato.
Tuttavia, mentre il locale si riempiva dei profumi del buon vino e della vivacità del porto, un silenzio costante mi ricordava la mia solitudine.
Mia moglie, Sara, rimasta sull’Isola d’Elba mi poteva contattare solo per telefono.
Le sue chiamate, pur essendo il nostro unico legame fisico, portavano con loro l’eco di una distanza immensa, un abisso che si faceva largo tra il calore di Livorno e la quiete di quell’isola lontana.
Ogni conversazione telefonica era un fragile filo di voce che tentava di colmare il vuoto, ma lasciava in me un senso di malinconica impotenza, come se il mare stesso custodisse segreti che non potevano essere colmati da semplici parole.
La distanza ci obbligava ad accontentarci di tali flebili contatti; tuttavia era come se lei fosse sempre con me.
La sua voce cristallina, sempre allegra, gioiosa ed intrisa di speranza, era capace di darmi forza anche a quella distanza.
In ogni scambio, la trovavo premurosa e collaborativa.
Era insomma una presenza rassicurante che, nonostante il mare che ci separava, era fissa al mio fianco; mi sembrava di poterla toccare fisicamente e di concludere ogni nostro discorso con un bacio appostomi da quelle dolcissime labbra,
La amavo, la amo e l’amerò: ne sono certo, non esiste nulla che non avrei affrontato per lei.
San Giorgio aveva affrontato un semplice drago: io avevo Dora, mia suocera da affrontare.
Sapevo sarebbe stata una bella lotta ma non dubitavo del mio successo finale.
Mi rendevo conto che la mia enoteca stava crescendo più rapidamente di quanto avessi previsto.
Le serate si riempivano di chiacchiere e brindisi, i clienti aumentavano e il ritmo del lavoro diventava incessante.
Ogni dettaglio richiedeva la mia attenzione: la scelta dei vini, l’organizzazione degli eventi, la gestione dei fornitori.
Presto capii che da solo non potevo più gestire tutto.
Dopo giorni di riflessione, assunsi un’aiutante: Marta, una giovane sommelier dal talento naturale.
Con il suo entusiasmo e la sua conoscenza dei vitigni, ella si rivelò subito una risorsa preziosa, alleggerendo il mio carico di lavoro.
Tuttavia, nonostante la sua competenza, sapevo che per il lancio ufficiale del locale avevo bisogno di una presenza ben più significativa: Sara.
Lei non era solo mia moglie, ma la mia compagna in ogni sogno, la persona che aveva sempre creduto in me.
La sua sensibilità, la sua capacità di creare un’atmosfera accogliente, il suo innato talento nel gestire le relazioni con gli ospiti, erano dettagli che nessun aiuto professionale poteva sostituire.
Ma Sara era ancora sull’Isola d’Elba, e la distanza tra noi sembrava più concreta che mai.
Mi ritrovavo a pensare a lei ogni sera, mentre mi appoggiavo stanco al bancone vuoto, desiderando che fosse lì con me a celebrare il nostro sogno comune.
Come tutte le sere la chiamai.
Le parole mi uscirono incerte, quasi timorose:
— Sara, senza di te questo posto non è completo.
— Non posso immaginare il suo lancio senza di te qui.”
Dall’altra parte della linea, la voce di Sara era limpida come sempre, carica di affetto e di una dolce indecisione
— Lo sai che vorrei essere lì … Ma Dora …
Il nome di mia suocera riecheggiava come una nota stonata: fuori posto, il primo e solo ostacolo concreto tra noi e il futuro che stavo preparando
I giorni passavano e l’attesa si faceva sempre più pesante.
Ogni sera, quando sollevavo il telefono per chiamare Sara, dentro di me speravo che finalmente mi dicesse:
— Ho preso la nave, sto arrivando.
Ma quel momento non arrivava mai.

Invece, le sue risposte si facevano sempre più elusive.
— Questa settimana è complicata …
Oppure:
— Dora ha bisogno di me, sai com’è …
Erano frasi vaghe, mai precise, mai definitive.
Non erano veri no, ma non erano neppure sì.
Restavano sospese nell’aria come il vento che attraversava le strade di Livorno, lasciandomi inquieto, ed insoddisfatto.
Ero certo che nel suo cuore Sara volesse raggiungermi ma qualcosa la tratteneva.
E quel qualcosa aveva un nome ben chiaro: Dora.
Mia suocera, con il suo sguardo penetrante e le mani sempre occupate in qualche faccenda domestica, sembrava avere il potere di rallentare ogni decisione di Sara, di incatenarla all’isola con invisibili legami di dovere e colpa.
Mi ritrovai a camminare avanti e indietro nell’enoteca vuota dopo l’orario di chiusura, riflettendo su cosa potessi fare.
Dovevo aspettare?
Dovevo insistere?
Dovevo affrontare direttamente Dora?
Una cosa era certa: non potevo proseguire così.
Cominciavo a percepire un senso di inquietudine che non riuscivo a spiegare del tutto.
Le risposte di Sara continuavano a essere vaghe, il suo tono sempre delicato, ma evitava di darmi un vero motivo per rimandare ancora il suo trasferimento.
Ogni scusa era accettabile, ogni spiegazione plausibile: eppure, qualcosa non quadrava.
Mi ritrovavo sempre più spesso a guardare il telefono dopo ogni chiamata, con un peso allo stomaco che cresceva di giorno in giorno.
Non era rabbia, non era tristezza: era frustrazione.
Il locale procedeva a gonfie vele, Marta si dimostrava un aiuto indispensabile, e io avrei dovuto essere soddisfatto.
Ma senza Sara, tutto sembrava vuoto ed incompleto.
Per la prima volta mi domandai se non ci fosse qualcosa che non voleva dirmi.
Qualcosa che non avevo ancora intuito.
Quella sera, quando sollevai il telefono per chiamare Sara, sentii subito che qualcosa era diverso.
Il tono della sua voce, normalmente sereno, aveva una sfumatura esitante.
Io, invece, sentivo crescere dentro di me un'irritazione sorda, una tensione che ormai non riuscivo più a contenere.
— Sara, dimmi la verità.
— Perché continui a rimandare?
Dall’altro capo della linea, un breve silenzio.
Poi la sua risposta arrivò, lenta, quasi misurata.
— Te l’ho già detto, Aldo… è complicato.
Complicato.
Sempre la stessa parola.
Da settimane una parola che, invece di chiarire, confondeva sempre di più.
— Non basta più, Sara!
Sbottai, sentendo la frustrazione farsi largo nel mio petto:
— Io sono qui, sto lavorando senza sosta per costruire qualcosa che è anche tuo ma tu continui a tenere le distanze.
— Mi vuoi dire cosa sta succedendo, una volta per tutte?
Il suo respiro si fece più pesante.
Potevo quasi udire il mare dell’isola in sottofondo, quel mare che sembrava diventato un ostacolo insormontabile.
— Aldo… Io…
Poi, di nuovo il silenzio.
Ma stavolta era più lungo, più carico di significati.
Sentii un brivido percorrermi la schiena.
Attesi col telefono stretto tra le mani e il respiro sospeso.
Avevo bisogno di una risposta, di una verità che ormai sentivo scivolarmi tra le dita.
Ma quello che giunse fu ben diverso.
— Non voglio litigare.
Quelle parole mi gelarono.
Il loro tono era morbido, conciliante, come se avesse voluto chiudere la discussione prima ancora che essa iniziasse.
Sembrava volesse proteggere qualcosa che io ancora non vedevo.
Ma ormai era troppo tardi.
Quel litigio era inevitabile.
— Non vorrei neppure io, Sara!
Risposi, cercando di controllare la rabbia che si insinuava nelle mie parole.:
— Ma non puoi aspettarti che io resti qui, sospeso, senza sapere cosa sta succedendo!
Silenzio.
Solo il leggero fruscio della linea, il suono indistinto del mare che le faceva da sottofondo.
— Ti prego, Aldo …
Quella supplica, così fragile, mi fece vacillare.
Per un attimo mi domandai se stessi sbagliando, se stessi forzando una rivelazione che lei non era pronta a confessare.
Ma il dubbio durò solo un istante.
— No, Sara, basta.
— Dimmi la verità.
Questa volta, il silenzio si protrasse più a lungo.
Qualcosa stava per cambiare.

CONTINUA ????

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