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IL PAPÀ DI GIOVANNI NON VUOLE IL MIO CULO


di RedTales
17.07.2023    |    18.815    |    20 9.7
"Ha la barba rasa ma il viso è scuro per l’ombra che la base dei peli evidenzia..."
PREMESSA
Tutto questo accadde nel 1981 quando stavo per compiere diciannove anni, e posso raccontarlo soltanto perché lo ho riletto nel mio diario segreto. Un quaderno che ho iniziato a scrivere quando ero ancora un ragazzo e dove “mi raccontavo” quanto facevo, come per confidarmi, visto che non lo potevo fare con nessuno, e per tratteggiare le esperienze che entravano nella mia vita.
A volte ero stringato e scarabocchiavo solo poche frasi, giusto l’essenziale per narrare quanto avevo vissuto, altre articolavo intere pagine ricche di descrizioni puntigliose, sentimenti provati, aspettative, suoni, odori... Ed è soprattutto da questi brani che prendo spunto per scrivere i racconti che parlano di tanti anni fa. Facendolo mi sembra di rivivere quei momenti, in particolare quelli che ricordo, anche se non in modo dettagliato e che ritrovo minuziosamente appuntati sulle pagine ingiallite del diario.
Ad essere sincero, molte delle cose che rileggo… nemmeno le ricordo più. Che strani scherzi fa la memoria. Alcune vicende o certi episodi sono sempre nitidi e ben presenti, altri spariscono e, pur ritrovandoli scritti di mio pugno, faccio fatica a metterli a fuoco.
Quando mi confidavo su questa agenda lo facevo solo per me, ma da qualche anno lo sto usando per trasformare i miei intimi segreti in questi racconti… da condividere. Non so perché ho deciso di mettermi a nudo e far partecipi degli sconosciuti di questi momenti inconfessabili della mia vita. Ci ho pensato molto ma nessuna delle possibili risposte che mi sono dato mi ha pienamente convinto...

Ed ecco la situazione che vissi allora.

Grado, 15 luglio 1981.
Ero già stato diverse volte in barca con Giovanni, un mio ex compagno di classe, ed il suo papà. Di solito stavamo fuori alcune ore ed era bello fare il bagno al largo con l’acqua freddina che mi faceva diventare il “pisello” piccolo piccolo. Quella tarda mattina di luglio, quando arrivai al molo, trovai solo Nicola che stava finendo di sistemare le ultime cose prima di salpare. Non vedendo Giovanni chiesi dove fosse e: “oggi è andato con la mamma a preparare le carte per fare la patente, non viene. Siamo solo noi.”
L’idea di restare tutto il giorno da solo con quell’uomo non mi andò proprio a genio ma ormai ero lì e non seppi dirgli di no.
Navigammo per più di un’ora fin quando, trovato un posto tranquillo, gettammo l’ancora.
“Un bel bagnetto non me lo toglie nessuno” disse Nicola un attimo prima di buttarsi in acqua. Nuotò per un bel po’ quindi risalì e, poco dopo, prima di sdraiarsi al sole per asciugarsi, si tolse il costume.
Lo guardai sbigottito perché non lo aveva mai fatto le altre volte e lui si accorse della mia strana espressione: “se c’è Giovanni o la moglie non posso farlo, ma quando sono da solo o con le persone giuste… qui si sta con il pisello al vento.”
Prima che potessi dire qualcosa aggiunse: “e poi mi risulta che a te il cazzo piace ed anche parecchio…”
A quel punto, oltre che sgomento, rimasi completamente spiazzato e mille pensieri mi passarono per la mente. Riporto esattamente quello che scrissi quella sera sul diario: “Cavolo! Ma come può sapere. Ma cosa sa? Ma chi glielo ha detto, Giovanni? Ma allora Giovanni sa… Dio! Dio che figura. Non immaginavo che lo sapesse. Ma chi sa? Ma chi glielo ha detto. E adesso? Nooo! Non è possibile.”
Rimasi immobile ed in silenzio, incapace di parlare e di muovermi e fu proprio Nicola a risvegliarmi da quei brutti pensieri: “sorpreso? Qui il paese è piccolo e i segreti restano poco… segreti. Ma tranquillo, mica lo dico a Giovanni. Quello ha ancora in testa i giocattoli, figurati se può capire.”
Parlammo un poco e scoprii che non sapeva molto ma era certo che fossi gay e che mi piaceva il cazzo. Me lo disse senza tanti giri di parole anche se non volle svelare la sua fonte. Stranamente mi accorsi che, superato il primo momento d’imbarazzo, affrontai la conversazione con tranquillità, seppur in modo timido. Mi disse che anche a lui piacevano i maschietti e che, anche se ormai ne frequentava solo uno, amico di vecchia data, era sempre interessato a qualche nuova avventura.
Immaginai subito dove volesse arrivare ed infatti non molto dopo mi propose di fargli un bocchino. La buttò lì in modo quasi gentile e lasciando la porta aperta ad ogni mia possibile scelta. Che dire? Ormai lo avevo visto tutto nudo e, nonostante lo considerassi vecchio, visti i suoi quasi cinquant’anni, aveva un gran bel corpo e poi mi aveva colpito il suo pene, in particolare da quando, con assoluta disinvoltura, aveva iniziato a toccarlo. Lo vidi crescere a dismisura e mi venne voglia di… prendermene cura.
Quindi, senza dire niente, mi appoggiai al suo fianco e allungai la mano per afferrargli il sesso. Come in una staffetta lui ritirò la mano e mi cedette il… duro testimone.
Oggi non ricordo assolutamente come fosse quel bastone e sul diario non lo descrivo, quindi immagino avesse misure… nella norma. Ho invece descritto bene il fisico e riporto integralmente le righe che, senza alcuna modifica o correzione, avevo annotato per tratteggiarlo: “anche se vecchio e con i capelli grigi, è molto peloso e il pelo è tutto nero. È tanto e fitto fitto. Inizia dal collo e scende sul petto (che è tutto coperto di pelo) e prosegue sulla pancia. La pancia non è grossa ma è tutta coperta di pelo che scende a circondare il cazzo. C’è pelo dappertutto e le palle non si vedono. Ha la barba rasa ma il viso è scuro per l’ombra che la base dei peli evidenzia. Anche le gambe e le braccia sono scure, scure di pelo. Quanto pelo! Le unghie di mani e piedi sono curatissime.”
Allora sicuramente non conoscevo il termine “orso” perché non lo cito mai ma si nota che, nella visione di quell’uomo di mezz’età, mi colpì parecchio la folta “pelliccia” anche se l’avevo già vista diverse altre volte.
In ogni caso la mano iniziò a muoversi mentre Nicola stese anche la testa, appoggiandola sulle tavole della barca, e mi lasciò fare. Non so quanto lo lavorai manualmente ma ad un certo punto mi abbassai molto lentamente, come per essere certo che me lo lasciasse fare, e lo presi tra le labbra. Prima lo feci scorrere delicatamente solo per alcuni centimetri nel caldo cavo orale, poi lo lascia sprofondare sempre di più. Mi fermai solo quando trovi “la foresta” dell’inguine premuta contro il naso.
Anche qui, oltre a quanto trovo scritto nel diario, non ricordo praticamente nulla di quei momenti e quindi preferisco riportare solo le impressioni che annotai allora: “Nicola è bravo, mi lascia fare. Non mi spinge la testa e non muove il bacino per ficcarmi il cazzo dentro. Il suo cazzo mi piace e lo
posso slecchettare con calma e come più mi piace. Me lo lascia fare. Non ha premura. Lo lascio andare dritto dritto fino in gola ma non mi viene da vomitare. La punta è bella tonda. Mi piace e mi diverte averlo in bocca e lo gusto. Con calma. Lui resta sdraiato in silenzio. Cazzo! È il papà di Giovanni e io ho il suo cazzo in bocca. Certo che sono proprio stupido. Adesso che mi sono divertito e penso che piace anche a lui anche se non dice niente gli comincio a fare il bocchino. Muovo la testa e lo tengo fermo con la mano. Comincia ad agitarsi e vuol dire che gli piace. Sono contento se gli piace. Mi piace sentire che gli piace. Muove le gambe e le braccia. Forse anche trema. Il cazzo è duro, più di prima, e ha degli sbattimenti. Si trattiene ma so che sta per sborrare. Ci siamo. Lo ho fatto venire e gli piace e mi piace. Sborra e mi sposto. Un poco è in bocca e sento il sapore caldo e il resto finisce sulla mano che continuo a muovere. Mi afferra la mano con la sua e le muove tutte e due continuando a schizzare sulla pancia. Grida che gli piace. Mi tiene ferma la mano sul cazzo a lungo poi mi lascia. È sudato e agitato. Gli è piaciuto tanto. Sono contento. Sono stato bravo. Anche il mio cazzo è durissimo ed esce dal costume con tutta la cappella ma lui neanche lo guarda. Peccato che non me lo tocca. Quasi quasi lo faccio io ma poi lascio stare.”
Sul diario c’è ancora scritto che ci tuffammo per fare un bagno tutti e due e che prima mi chiese di togliermi il costume ma, senza spiegare il perché, dissi che preferivo non farlo. Nuotammo un po’ e poi risalimmo e, dopo esserci asciugati al sole, lui preparò qualcosa da mangiare.
Pranzammo sottocoperta, all’ombra, lui nudo, io col costume e mi chiese parecchie cose della mia vita e di quanto facessi con i maschi…
Rimasi parecchio sul vago e raccontai… mezze verità.
Nel pomeriggio ritornammo in acqua e quindi mi propose di fargli ancora un bocchino. Accettai. Nel diario non trovo particolari di questa seconda… azione ma solo un preciso riferimento alla sua mano che, mentre mi divertii con il suo pene: “mi abbassa il costume e infila una mano dentro. Mi accarezza il culo e fa scorrere le dita sopra il buco. Sicuramente sa che lo ho già preso ma a parte un dito che spinge dentro non fa altro. Continua ad accarezzare e far scorrere le dita sulle chiappe e nel solco per spingerne una dentro. Lo fa tante volte ma lo fa piano e mi piace sentire il dito nel culo. Mi stringe con forza il culo mentre viene. Questa volta non mi sposto e prendo tutto il brodo in bocca e poi lo sputo sulla pancia. Grida che gli piace. Piace anche a me. Ha proprio un buon sapore.”
La giornata terminò nel pomeriggio, dopo un’ulteriore nuotata, con il rientro a riva.
Nicola si premurò di dirmi che quello sarebbe rimasto il nostro segreto e che, se avessi avuto piacere: “possiamo andare anche altre volte a fare un giro da soli. Il mio cazzo ne sarebbe felice…”
Risi e confermai l’interesse per altre avventure.
Tra luglio e agosto uscimmo altre sei volte… da soli. Scrissi una breve nota per ogni incontro. Curiosamente mi tolsi il costume solo dalla terza volta e, stranamente, sebbene lo avessi immaginato e ipotizzato nel diario, Nicola non puntò mai al buchetto. Si limitò a farsi fare dei pompini nonostante, proprio nell’ultima gita, trovo questa nota: “ormai è da sette volte che ci vediamo in barca e credo sia giunto il momento che mi scopi. Ne avrei voglia e proprio oggi ho provato a farglielo capire senza dirlo direttamente. Mentre è sdraiato a pancia in su in attesa del solito bocchino mi metto sopra di lui pancia contro pancia. Mi sistemo in modo che il suo cazzo stia dritto dietro il mio culo e mi muovo per farlo scorrere tra le chiappe. Non dice niente ma gli piace. Lo capisco che gli piace. Poi provo a sollevare il culo per far spostare il cazzo sul buco e come lo sento proprio lì mi fermo e premo per farlo stare proprio contro. È centrato giusto e sento che il buco inizia ad aprirsi poco poco. Fa fatica perché è tutto asciutto. Proprio quando sto attento a capire se mi allargo e se è nel posto giusto lui mi dice di tirarmi su che ha voglia del bocchino. Capisco che non vuole mettermelo nel culo e non dico niente. Nessuno di noi due dice niente. Mi sposto e lo prendo in bocca anche se avrei voluto sentirlo dentro ma dietro.”
Nelle pagine del diario non ci sono altre considerazioni se non quella di quest’ultima riga. È il dodici agosto ed è l’ultima volta che parlo di Nicola. Probabilmente non lo ho incontrai più, almeno per fare sesso.
Di lui e del figlio ho vaghi ricordi e, sicuramente, l’anno successivo non ci ritrovammo più perché quel padre sparì dai miei appunti.

Rileggendo adesso, dopo più di quarant’anni, queste note, provo una profonda nostalgia per quanto vissi allora, ancora abbastanza ingenuo, timido e sprovveduto e, al tempo stesso, un certo rimpianto per non “essermi buttato a peso morto” in certe avventure ma di averle vissute quasi passivamente, accettando esclusivamente quanto volevano fare i miei partner… Probabilmente già allora serpeggiava, nel mio modo di vivere il sesso, una certa voglia di… lasciar fare e vivere con gioia quanto mi veniva proposto, senza provare a suggerire quali fossero le mie voglie. Col tempo ho capito quanto mi eccitasse e piacesse questo modo di vivere il sesso, godendo nell’accettare in completa sottomissione le voglie dell’altro.
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