incesto
Notte profonda, figa aperta
di 
Angel1965
05.05.2025 |
11 |
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"Prefazione
Ci sono donne che si fanno desiderare..."
Sottotitolo: Gisella – mia cognata, mia rovina, mia troia privata.Prefazione
Ci sono donne che si fanno desiderare. E poi ci sono quelle che ti possiedono. Gisella era mia cognata, ma anche il mio vizio più proibito. Non era solo sesso: era bisogno, dipendenza, rovina. E quando c’è una figlia in casa, e poi persino in gita con noi… tutto diventa ancora più eccitante. E pericoloso. E irresistibile.
⸻
Il racconto
Era cominciato con un messaggio.
«Ho lasciato la porta aperta. Vieni. E portalo duro.»
Alle 23:33. Lavinia dormiva nella stanza accanto.
Entrai in silenzio. Gisella era in piedi in cucina, camicia bianca, nuda sotto. Scalza. Lo sguardo sporco.
“Lo vuoi davvero così tanto?” le dissi sottovoce.
Lei si inginocchiò senza dire nulla e iniziò a succhiarmi il cazzo come se fosse la sua unica fonte d’aria. Mi guardava dal basso, le labbra gonfie, la saliva che colava lungo il bastone duro, lucido.
Faceva rumore, apposta. Per godere. Per farmi rischiare.
Poi si alzò e si piegò sul lavello.
“Sfamami. Ma fallo senza pietà.”
Le alzai la camicia e affondai dentro. La figa era larga, zuppa, accogliente.
Ogni colpo era un affronto alla realtà, un insulto a mia moglie, un rischio davanti a quella figlia che dormiva a pochi metri.
Ma era irresistibile.
“Dimmelo…”
“Sono tua… la tua troia… tua, solo tua… scopami finché non svengo…”
La portai sul divano, la leccai fino a sentirla tremare, poi la riempii di nuovo, fino a venire dentro.
Lei mi guardò col sorriso di una donna che aveva avuto esattamente ciò che voleva.
“Domani. Sul letto. Voglio sentirti più a fondo.”
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La gita
Il giorno dopo partimmo per un weekend al lago. Lei, io, e Lavinia.
Niente sospetti. Solo una gita “di famiglia”.
Ma già in auto lei si lasciò andare. Gamba accavallata, niente slip. Ogni tanto apriva le cosce e mi guardava allo specchietto.
Mi faceva impazzire.
A cena, si sedette di fronte a me. Tacchi, vestito nero corto, seno libero.
Lavinia chiacchierava tranquilla. Gisella invece mi guardava fisso mentre, lentamente, si strofinava sotto al tavolo.
Mi bagnava solo con gli occhi.
Fece cadere la forchetta. Si chinò. E mentre la raccoglieva, mi sussurrò:
“Stasera, voglio venire in faccia. Poi voglio che tu me lo infili mentre mia figlia dorme nel letto accanto.”
Quella notte, dividemmo una camera. Due letti singoli.
Lavinia si addormentò subito.
Gisella aspettò mezzanotte.
Poi si infilò sotto le lenzuola del mio letto.
Nuda. Calda.
“Voglio succhiartelo piano… mentre lei respira accanto.”
E lo fece. Lentamente, profondamente, senza fare rumore, ma con tutta la passione del mondo.
Poi si mise sopra.
La sua figa mi inghiottì come un pozzo di lava.
Io sotto, lei che cavalcava lenta, con gli occhi socchiusi, i capezzoli duri, la bocca aperta.
Ogni affondo era silenzioso, ma dentro di lei era un urlo.
“Sto venendo…”
“Vieni. Riempimi. Poi baciami. Poi tienimi stretta. Fai finta che siamo soli al mondo.”
E venni. Dentro di lei. Ancora.
Stretti. Nudi. Muti.
Lavinia dormiva a un metro da noi. Ma nessuno ci sentì.
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Epilogo
La mattina dopo, lei mi guardò con calma, mentre Lavinia faceva colazione.
Sorrise.
“Quando vuoi… la porta è sempre aperta. Ma adesso voglio di più.”
“Cosa?”
“Voglio una settimana via. Solo io e te. In una casa isolata. Dove puoi scoparmi ogni notte. Dove posso essere solo tua. Senza più silenzi. Solo il rumore dei nostri corpi che si cercano. E si trovano.”
Sorrisi anch’io.
Perché lo sapevamo entrambi:
il nostro era solo l’inizio.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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