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Cognata Biricchina


di Membro VIP di Annunci69.it Angel1965
24.04.2025    |    404    |    1 9.4
"Lo stringevo, lo schiaffeggiavo piano, mentre la scopata diventava sempre più animalesca..."
Non era previsto. Non era pianificato. Ma da quando Giorgia, la sorella di mia moglie, ha iniziato a venire più spesso a casa nostra, qualcosa ha cominciato a scivolare. Uno sguardo di troppo. Un sorriso malizioso. Quei jeans aderenti, quella voce bassa quando mi parlava senza che nessun altro sentisse.

Era la classica cognata birichina, più giovane, più libera, apparentemente innocente. Ma i suoi occhi dicevano altro. E io… io non ero di ferro.

Una sera, dopo una cena in famiglia, mia moglie si era già ritirata in camera. Giorgia era rimasta a guardare un film con me sul divano. Niente di strano, in apparenza. Ma il suo piede nudo si avvicinò al mio. Mi toccò. Non per sbaglio.

— Ti piacciono le situazioni pericolose? — mi sussurrò, tenendo lo sguardo fisso sullo schermo, come se non avesse detto nulla.

Il mio cuore raddoppiò i battiti. La guardai. Lei si girò lentamente, con un sorriso che sapeva di guai. Quel sorriso che, da quel momento, non mi avrebbe più lasciato in pace.



La domenica pomeriggio era tranquilla. Mia moglie era in camera, al telefono con sua madre, la porta semi chiusa. Io ero in cucina a sistemare le tazze della colazione, quando Giorgia entrò, in shorts e canottiera, senza reggiseno. Piedi scalzi, sguardo innocente. Troppo innocente.

— Serve una mano? — chiese, appoggiandosi con il fianco alla credenza.

Il tono della voce, però, sapeva esattamente cosa stava facendo.

— Sto solo mettendo via le tazze — risposi, evitando il suo sguardo, ma sentendolo addosso come se mi spogliasse.

Lei fece un passo avanti. Poi un altro. Finché fu dietro di me. Sentii il suo respiro caldo sulla nuca.

— Non ci sente, tranquillo… — sussurrò. La sua mano scivolò sotto la mia maglietta, sulle costole, poi più giù.

Mi voltai di scatto. Volevo fermarla, ma le sue labbra erano già sulle mie. Il bacio era breve, affamato, pericoloso. Sentimmo un colpo di tosse dalla stanza accanto. Ci separammo di scatto.

— Sei pazza — le sussurrai, col cuore che martellava nel petto.

Lei sorrise. — Pazza di te.

Poi uscì dalla cucina come se nulla fosse, lasciandomi lì, con il desiderio che bruciava e le mani che tremavano.



Era passata mezzanotte. La casa era immersa nel silenzio. Mia moglie dormiva al mio fianco, il respiro lento e profondo. Giorgia avrebbe dovuto essere nella stanza degli ospiti, due porte più in là. Ma io ero sveglio. Lo ero da un’ora. E lo sapevo che anche lei lo era.

Mi alzai in silenzio, scalzo, facendo attenzione a ogni passo sul parquet. Arrivai davanti alla sua porta. Bussai piano. Una sola volta.

La porta si aprì quasi subito. Lei era lì, con una t-shirt lunga, nient’altro. I capelli scompigliati, gli occhi lucidi di voglia.

— Lo sapevo che saresti venuto — mormorò, tirandomi dentro.

Chiuse la porta alle mie spalle. E poi mi baciò. Un bacio lungo, profondo, affamato. Le sue mani sul mio petto, poi sotto i boxer. Le mie che le sollevavano la maglietta fino ai fianchi, scoprendo la pelle nuda e calda.

Finimmo sul letto, i corpi intrecciati, i respiri rotti dal rischio. Le sue unghie mi graffiavano la schiena, le sue gambe mi stringevano forte. Ogni movimento era una sfida al destino, al buon senso, alla fedeltà.

— Non fare rumore… — le sussurrai, mentre la prendevo con forza, il cuore impazzito.

Lei si morse il labbro, trattenendo un gemito, e mi guardò con occhi che chiedevano solo una cosa: ancora.

Quella notte non ci fu spazio per i sensi di colpa. Solo pelle, desiderio e il sapore dolce e sporco del proibito.



Era ancora buio, ma bastava la luce fioca che filtrava dalla finestra per vedere bene ogni curva di Giorgia, stesa a pancia in giù sul letto, le lenzuola accartocciate sotto di lei. Aveva il culo più bello che avessi mai visto da vicino. Tondo, sodo, invitante. Una provocazione fatta carne.

Non dormiva. Lo capii dal modo in cui si muoveva appena, come se volesse attirarmi di nuovo. E io… ero già duro. Ancora. Più di prima.

Mi avvicinai, mi inginocchiai sul letto. Le scostai piano la t-shirt, la sollevai fino alla schiena. Nessuna resistenza. Solo un sospiro.

— Così vuoi giocare? — le mormorai, sfiorandole i fianchi, stringendoli piano.

Lei alzò il bacino, offrendosi. Quel gesto bastò. Glielo infilai con forza, senza dire una parola, facendole emettere un gemito soffocato nel cuscino.

La presi da dietro, senza dolcezza, senza rimorsi. I colpi erano profondi, decisi, spinti dal desiderio accumulato da settimane. Le mie mani le afferravano le anche, poi scivolavano sulla schiena, sulla nuca, come se volessi domarla.

— Non fermarti… — sussurrò, la voce rotta.

Il suo culo era una visione. Si muoveva perfettamente al ritmo, stretto, caldo, bagnato. Lo stringevo, lo schiaffeggiavo piano, mentre la scopata diventava sempre più animalesca.

Venni dentro di lei, profondamente, trattenendo un gemito in gola. Restammo così, fermi, uniti, in silenzio, con la pelle sudata e il cuore che batteva all’impazzata.

Poi mi chinai all’orecchio e dissi: — Questo è solo l’inizio.



Il mattino dopo, la casa era silenziosa. Mia moglie sorseggiava il caffè in cucina, ignara. Giorgia era quasi pronta a partire. Valigia chiusa, sorriso normale, di facciata. Ma bastava guardarla negli occhi per sapere che la notte prima non era un sogno.

Mi avvicinò mentre mia moglie era al telefono. Il corridoio era vuoto. Mi sussurrò all’orecchio, con quel tono da vera puttana che solo io avevo conosciuto.

— Quello che mi hai fatto… non me lo scorderò mai. Hai scopato tua cognata come una troia. E io lo ero, per te. Solo per te.

Poi, con un ultimo sguardo pieno di veleno dolce e fuoco dentro, prese la sua valigia e uscì di casa.

La porta si chiuse dietro di lei. E io restai lì, con la mente che correva a quel culo sodo, alla sua bocca che gemeva il mio nome, alla sensazione di aver avuto qualcosa che nessuno avrebbe mai saputo.

Un ricordo. Un segreto.
Ma sporco, maledettamente sporco.
E indimenticabile.
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