Prime Esperienze
“Shanghai, stanza 2307”


22.04.2025 |
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"Ogni colpo era un colpo secco e profondo, e lei da lì in poi non smise più di gemere, di supplicare..."
Ero arrivato a Shanghai per lavoro. Grattacieli lucidi, umidità appiccicosa e un senso di eccitazione nell’aria che non aveva nulla a che fare con l’economia globale. La notte era appena calata quando entrai nel bar dell’hotel, un locale al trentesimo piano, con le luci della città che sembravano vibrare sotto ai nostri piedi.
Fu lì che la vidi.
Minigonna bianca, top nero senza reggiseno e una bocca che sembrava costruita solo per succhiare. Mi fissava come se sapesse esattamente cosa volevo farle.
Mi avvicinai.
«Drink?» chiesi.
Lei sorrise, con un inglese perfetto e accento appena accennato.
«Only if you fuck me after.»
Stanza 2307.
Appena chiusa la porta, si mise in ginocchio senza dire nulla. Mi aprì i pantaloni con una foga da fame vera. Tirò fuori il mio cazzo e lo guardò come fosse un premio. Poi lo ingoiò tutto, senza esitazione.
Lo succhiava come una puttana da club privato, con le labbra tese e gli occhi fissi nei miei, mentre si toccava sotto la gonna. Ogni tanto si fermava solo per sputarci sopra e ricominciare più forte.
«Tu sei italiana?» le chiesi, provocandola.
Lei rise, con un filo di saliva ancora sul mento.
«No, ma amo il cazzo italiano.»
Mi alzò, si girò e si tolse le mutandine — erano bagnate fradice.
Si piegò sul letto e spalancò il culo con entrambe le mani.
«Fottimi forte. Qui. Come vuoi.»
Le entrai dentro senza pensarci.
Calda, stretta, bagnata da far paura. Ogni colpo era uno schiaffo al silenzio della notte cinese. Lei urlava frasi in mandarino, si prendeva tutto senza limiti. Era una troia vera, e io l’avrei svuotata tutta.
Le presi i fianchi con forza, affondando dentro il suo culo stretto e bagnato. Ogni spinta le faceva emettere un gemito sporco, da puttana vera.
«Più forte!» mi urlò in inglese, mentre si sbatteva contro di me.
La stanza era piena del suono dei nostri corpi, del suo culo che sbatteva contro il mio bacino, delle sue unghie che graffiavano le lenzuola.
La tirai su per i capelli, la baciai con forza, poi la girai di colpo e le sollevai le gambe sulle spalle. La penetrai di nuovo, questa volta più a fondo, mentre lei si toccava la figa con due dita, furiosa.
«Sì, sì, cazzo… vieni dentro di me…» gemeva in un misto di inglese e mandarino.
Ogni suo respiro era una supplica, ogni sua vibrazione un invito a spingerla oltre.
Le strinsi la gola con una mano, senza smettere di muovermi. Lei spalancò gli occhi, il sorriso puttanesco ancora stampato sulle labbra.
«Do it… Use me,» sussurrò, completamente persa nel delirio.
Infilai un dito nel suo culo mentre la scopavo in figa, poi due, sentendola tremare, urlare, godere.
«Sto venendo…» disse tra i denti.
La guardai negli occhi mentre si squirtava addosso, schizzando sulle lenzuola, sul mio ventre, mentre il suo corpo si contorceva in un orgasmo furioso.
Fu allora che glielo tolsi e glielo infilai in bocca, facendomi finire sulle sue labbra, sulla lingua, dentro. Lei non perse una goccia. Me lo pulì con la lingua, poi si stese nuda sul letto, il corpo luccicante di sudore, le cosce ancora aperte.
«Domani parto» le dissi.
Lei rise.
«Non importa. Non ti scorderò. Né il tuo cazzo.»
Mi stavo rivestendo, pronto ad andarmene, quando lei si alzò nuda dal letto e si avvicinò.
«Vuoi lasciarmi così?» chiese con tono provocante, mentre si accarezzava il sedere ancora segnato.
Le presi il mento tra le dita.
«Non ti ho ancora spaccato il culo come meriti.»
La buttai a faccia in giù sul bordo del letto. Le gambe fuori, il culo in aria. Spalancato, rosso, pronto.
Ci sputai sopra, tanto. Poi lo avvicinai piano, il mio cazzo duro di nuovo. Lo poggiai sull’ano e iniziai a premere. Lei si irrigidì, cercò di scappare, ma la bloccai con una mano sulla schiena.
«Respira» le dissi.
«Fa male…» sussurrò.
«Solo all’inizio.»
Continuai a spingere, centimetro dopo centimetro. Lei gemette, i muscoli del suo corpo tesi al massimo.
«Non fermarti…» aggiunse, stringendo le lenzuola.
Quando entrai tutto, lei trattenne il fiato. Le ci volle qualche secondo, poi cominciò a muovere il bacino piano, adattandosi, godendo.
«Cazzo… ora lo sento tutto… dentro… fammi male…»
Le presi i fianchi e iniziai a scoparla sul serio, con forza, con ritmo. Ogni colpo era un colpo secco e profondo, e lei da lì in poi non smise più di gemere, di supplicare.
«Fuck me in the ass! Fuck me harder!»
Era impazzita, piegata in due, il suo culo completamente mio.
Le infilai una mano tra le gambe: era bagnatissima. Si stava godendo ogni centimetro.
E quando venne di nuovo, con un urlo rauco e disperato, la sentii stringermi addosso con tutta se stessa. Un orgasmo potente, liberatorio.
Venni anch’io, dentro di lei, profondo, mentre il suo corpo tremava sotto il mio. Rimanemmo fermi qualche secondo. Il respiro spezzato. Il sudore che ci colava addosso.
Quando mi alzai, lei si voltò con un sorriso stanco e soddisfatto.
«Now you can leave.»
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Racconto di pura fantasia.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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