incesto
“Beatrice, il peccato maturo”


27.04.2025 |
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"Le presi il viso tra le mani, la baciai ancora, e capii che quella notte era solo l’inizio..."
Avevamo passato la vita a rincorrerci senza mai toccarci davvero.Io, 50 anni sulle spalle, con abbastanza esperienza per capire il valore di un desiderio trattenuto.
Lei, Beatrice, mia cugina di primo grado, 45 anni portati come una condanna divina, con quel corpo maturo, formoso, che sembrava fatto apposta per essere adorato e profanato.
Era venuta a casa mia per una cena improvvisata, come mille volte in passato. Solo che quella sera era diversa.
Aveva un vestito estivo leggero, aderente, senza reggiseno, e sandali bassi ai piedi.
Ogni curva del suo corpo era un richiamo primitivo.
Ogni sorriso, ogni sguardo abbassato, ogni movimento lento e sensuale, era un invito non detto.
Il vino fece il suo lavoro, sciogliendo la lingua e la tensione.
Quando ci sedemmo sul divano, fianco a fianco, bastò un attimo. Un respiro troppo vicino, una risata che diventava un gemito soffocato.
La guardai negli occhi. Non c’era bisogno di parole.
Beatrice lo sapeva. Lo voleva.
Il suo corpo parlava da solo.
Le sfiorai la coscia nuda con la mano, lentamente, salendo piano sotto il bordo del vestito. Lei non si mosse, non disse nulla. Solo un battito più veloce nella gola, solo il respiro che si faceva corto.
“Sei splendida, Bea…” le sussurrai, la voce roca, spezzata dalla fame.
Lei sorrise appena. Quel sorriso di una donna che sa esattamente quanto potere ha su di te.
Quando infilai la mano sotto il vestito e trovai la pelle liscia, nuda, calda, capii che si era presentata lì già pronta.
Senza mutandine.
Senza protezioni.
Volutamente.
Il cazzo mi pulsava nei pantaloni, duro come pietra, solo all’idea.
Non resistei oltre.
La afferrai per i fianchi, la sollevai sopra di me.
Il vestito si sollevò di colpo, rivelando il culo pieno, maturo, perfetto.
Le mani mi tremavano mentre glielo stringevo, godendo del peso, della consistenza.
“Fammi tua, Angelo…” sussurrò, guardandomi negli occhi con una fame che rispecchiava la mia.
Con una mossa veloce, abbassai la zip dei jeans, liberando la mia erezione che rimbalzò dura contro il suo ventre.
Beatrice abbassò lo sguardo, sorrise sporca, prese il mio cazzo tra le dita e lo guidò dentro di sé, lentamente, con una lentezza esasperante.
Quando la sentii calda, bagnata, avvolgermi, gemetti a denti stretti.
Era stretta e accogliente, un inferno e un paradiso insieme.
Lei iniziò a muoversi, lenta, godendo ogni centimetro, facendomi sentire ogni fibra del suo corpo maturo che si stringeva attorno a me.
Io le presi i seni attraverso il vestito, le pizzicai i capezzoli duri, facendola sussultare.
“Ti volevo da una vita…” ansimò contro il mio orecchio, mentre aumentava il ritmo, cavalcandomi senza più alcuna vergogna.
Le afferrai i fianchi, la guidai, spingendo su di lei con forza, facendo gemere ogni centimetro del suo corpo.
Beatrice si piegò indietro, offrendo il collo, il seno, l’anima.
Era una donna piena, consapevole, una di quelle che non si trattengono, che si donano interamente.
Non resistevo più.
La presi in braccio, la portai sul tavolo della cucina, la piegai in avanti, le gambe divaricate, il culo magnifico e maturo spalancato davanti a me.
La penetrati di nuovo con violenza, senza più dolcezza.
Avevamo superato ogni limite.
Era solo bisogno, fame, possesso.
Beatrice urlava il mio nome, graffiando il tavolo, mentre le mie mani le stringevano i fianchi con forza, imprimendo il mio marchio sul suo corpo.
Spingevo sempre più a fondo, con colpi duri, sordi, mentre lei tremava sotto di me.
Ogni gemito, ogni sospiro, ogni singhiozzo spezzato di piacere era musica per le mie orecchie.
“Non fermarti… Angelo… ti prego…” singhiozzava, la voce rotta dal godimento.
E io non mi fermai.
La presi come meritava, come sognavo da una vita, fino a quando sentii il suo corpo spezzarsi, inondarmi con un orgasmo potente, viscerale.
La raggiunsi subito dopo, gemendo il suo nome contro la sua schiena, svuotandomi dentro di lei con violenza.
Rimanemmo così, esausti, i corpi ancora intrecciati, il sudore che colava, il cuore che batteva forte.
Beatrice si voltò, gli occhi lucidi, il sorriso dolce e sporco insieme.
“Non abbiamo più tempo da perdere, Angelo…” sussurrò.
Le presi il viso tra le mani, la baciai ancora, e capii che quella notte era solo l’inizio.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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