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CHE BELLA L’AUTOMOBILE – 4. Uscita serale


di Foro_Romano
07.08.2019    |    8.607    |    7 9.3
"Mi sono fermato solo per fare una pisciata” (con quelli dovevo usare un linguaggio un po’ pesante)..."
Ho raccontato l’accaduto al mio primo scopamico, l’istruttore dell’autoscuola che mi aveva sverginato.
“Ma bravo. Adesso ti fai sbattere proprio da tutti”.
“No, Attilio, Enrico non è uno qualsiasi. Vedessi quanto è bono. Non potevo resistere”.
“Certo. Come no. E dimmi: è stato lui il primo ad allungare le mani?”.
“No, sono stato io, ma lui mi aveva fatto capire che gli piacevo”.
“E come l’hai capito subito. Vero zoccola?”. Non mi ha detto così in modo arrabbiato, ma da amico.
“Che sei geloso?”, ho detto scherzando.
“Beh, si, un po’. Sei troppo un bel ragazzo e mi sarebbe piaciuto essere l’unico uomo della tua vita. Ma sei giovane e, probabilmente, la tua natura non ti permette di essere fedele ad uno solo, almeno per ora. Ed io posso ancora approfittarne”.
“Che vuoi dire?”.
“Ti ho già detto che verrà il giorno che ti succederà di innamorarti di qualcuno e manderai a quel paese tutti gli altri, tra cui sarò certamente io”, disse con aria di cane bastonato. “Ma prima di allora posso godere ancora delle tue grazie. Non è così?”.
“Sarà come dici, ma ti prometto che ti resterò sempre amico. Non ti dimenticherò mai”.
“Certo. Come si fa a dimenticarsi del primo che ti ha rotto il culo, ma per me resterà difficile restarti amico e non poterti più vedere che godi mentre ti fotto”.
“Vuoi dire che non mi vorrai più nemmeno come amico?”.
“No, non mi tirerò indietro. Resisterò… anche perché, se il tuo amore sarà passeggero, poi tornerai da me”.
“Forse, ma non dimenticare che ci saranno anche Tommaso ed Enrico da accontentare”.
“Ah, già, dimenticavo quanto sei zoccola”. Ridemmo.
In effetti, avevo già preso coscienza di quanto lo fossi. Infatti nemmeno loro tre, che vedevo piuttosto spesso, riuscivano ad appagare completamente la mia voglia di cazzo. Volevo conoscerne altri, tanti altri.
Una sera che loro erano tutti indisponibili e il mio buco chiedeva ardentemente di essere riempito come si comanda, mi venne in mente di andarmelo a cercare. Avevo sentito dire che, in una grande piazzola della superstrada, dove si fermavano spesso molti camionisti a riposare, succedevano cose pazzesche. Poi, si sa che i camionisti, lontani dalle loro donne anche per molto tempo, hanno delle esigenze da appagare. Oltre ai loro bisonti, scaricano anche i loro coglioni dove capita e non stanno a guardare troppo per il sottile, se si tratta di un buco di femmina o di maschietto.
Così, dopo cena, salii sulla mia amata macchina e ci andai. Volevo proprio vedere se era vero. Speravo di rimediarci almeno un buon ingoio di caldo succo di maschio. Come da previsione, c’era già qualche autoarticolato fermo sulla piazzola. Io ho parcheggiato in modo da non ostacolare i loro movimenti in entrata ed uscita dalla strada, sono sceso e mi sono diretto verso il prato dietro la piazzola, come se volessi pisciare. Facendo finta di niente, ho zigzagato attorno a quei grossi mezzi per cercare di vedere chi c’era nella cabina di guida ma non ci sono riuscito perché nessuno aveva la luce accesa all’interno e, nel buio, dal basso, era impossibile riuscirci.
Arrivato al prato, però, ho visto un gruppetto di loro che stavano parlando. Mi sono diretto ad un albero non molto distante e mi sono slacciato i pantaloni, l’ho tirato fuori ed ho fatto finta di dover espletare la naturale esigenza. Tutti loro zittirono e si voltarono a guardarmi, poi si dissero qualcosa e uno di loro mi si avvicinò e mi parlò con accento dell’est.
“Ehi, ragazzino, che fai di notte, tutto solo, da queste parti?”. Lo disse abbastanza forte e gli altri, da lontano, ridacchiavano.
“Niente. Mi sono fermato solo per fare una pisciata” (con quelli dovevo usare un linguaggio un po’ pesante).
“Ma davvero?”, disse in tono sarcastico. “Ma non lo sai che ai ragazzi come te qui possono accadere cose spiacevoli?”
“O piacevoli”, aggiunse uno del gruppetto. E tutti risero.
“Vieni nel mio camion e ti faccio vedere” e mi prese per un braccio.
Io lo seguii senza farmi trascinare. Oltre tutto, mi incuriosiva vedere la cabina di guida di questi giganti della strada. Quando siamo arrivati, mi ha aperto lo sportello del passeggero per farmi salire ma avevo difficoltà anche ad arrivare al predellino, sicché mi dovette aiutare ad arrampicarmi. Indovinate come? Spingendomi con la mano sotto il culetto. Una mano così grossa che me lo conteneva tutto. Ammetto che ho provato un brivido di piacere. Poi fece il giro e salì al posto di guida.
Avevo iniziato a guardare i comandi che sembrava di stare in un aereo, ma poi, quando si sedette, ho spostato il mio interesse verso di lui. Certamente ancora più attraente. Era un vero maschio virile, dalla corporatura massiccia, muscoloso e dal collo taurino. Sui quarant’anni, con la testa completamente rasata e la barba folta e corta con molti peli brizzolati. Indossava dei pantaloncini corti che mettevano a nudo gambe e cosce possenti. Il tutto coperto da un fitto pelo nero. Ne ero completamente affascinato ma la mia attenzione fu subito rivolta al notevole bozzo sotto la patta, che mi sembrava si stesse muovendo. Se lo toccò palesemente come per sistemarlo meglio.
“Ti piace? Lo vuoi?”
L’ho guardato con l’aria di un cagnolino sorpreso a fare quello che non doveva. Devo essere diventato rosso, con la bocca semiaperta come per dire qualcosa che non usciva.
“Quella tua aria da angioletto innocente non mi confonde. Tu lo vuoi, è chiaro”.
“Ecco… io…”.
Non riuscivo a spiccicare parola. Ero ammaliato da quel bozzo. Sapevo quello che conteneva e doveva certamente essere piuttosto consistente. Infatti lui – come se fosse una cosa normale - si abbassò i pantaloncini e le mutande fino alle ginocchia e mise in mostra un notevole pezzo di cazzo che andava ingrossando a vista d’occhio. Se lo massaggiò lentamente con la sinistra, mentre con la destra mi afferrò la testa e me l’abbassò.
“Stai zitta e succhia, troia. Si vede che sei affamata di cazzo”.
Feci finta di resistere ma aveva una forza tale da impedirmi qualunque movimento se non di arrivare a contatto di bocca con la sua grossa cappella e a contatto di naso col suo odore intimo di maschio. Capitolai immediatamente ed ho aperto il più possibile le labbra per godermi anche il suo sapore. Feci roteare la lingua sulla cappella più volte e lui emise un sospiro di piacere.
“Ahhh, siii, ci sai fare. Sapevo che ci sapevi fare. Dai, fammi ‘sto pompino come si deve” e mi mise una mano sulla testa per darmi il ritmo.
Seguirono minuti nei quali si sentivano solo i suoi mugolii ed i rumori delle mie slinguate. Andavo su e giù cercando, ogni volta, di prenderne qualche centimetro di più ma fu tutto inutile, anche perché quella mazza continuava ad ingrossarsi paurosamente. Ero a pecora sul sedile del passeggero e, nel frattempo, allungò la mano per entrare nei miei pantaloncini. Così, senza abbandonare il mio lavoro da succhiacazzi, me li abbassai da solo, permettendogli di accarezzarmi le chiappette.
“Mmmm, che pelle vellutata!” e me ne strizzò forte una.
Mi fece male e interruppi un attimo la pompa.
“Che fai? Ti fermi? Continua, stronzo pompinaro” e riprese ad accompagnare il movimento con la mano sulla testa.
Ci misi ancora più impegno a succhiargli il cazzo succoso che stava emettendo abbondante precum, certo che di lì a poco avrei dissetato la mia sete di sborra. Invece, raggiunse con le dita la mia rosellina spanata e boccheggiante. Ne infilò dentro prima una e poi due, sgrillettandomi la passera vogliosa. Non passò molto tempo che, sia io che lui, cambiammo idea sullo svolgimento del rapporto.
“Spogliati tutto e sdraiati sul letto qui dietro, troia, che ti voglio fottere come una vacca”.
Feci subito volentieri quello che mi aveva ordinato. Avevo una voglia pazzesca di farmi sbattere da quell’uomo maturo e massiccio. Mi sono sdraiato a pancia sotto, ho sollevato il bacino e mi sono aperto le chiappe, offrendogli la vista del buchino da profanare.
“Si signore. Mi inculi come vuole, ma mi inculi subito. La prego”.
“Senti, senti, il ragazzino ingenuo ha esigenza di essere inculato subito! Non ti preoccupare. Ci penso io”.
Detto questo, si sputò sul cazzo e spalmò il tutto sulla cappella, poi puntò il membro fradicio della mia saliva sul buco e dette una spinta fortissima, sdraiandosi contemporaneamente su di me e tappandomi la bocca con la mano sporca della sua saliva. Urlai nel palmo della mano e continuai ad urlare mentre mi infliggeva altre tre spinte prima di avere completamente conficcato il suo palo nodoso dentro di me. Il gruppetto non poteva non aver sentito e sicuramente ne stavano commentando e ridevano di me.
Non mi dette tregua un secondo e si dette a pompare come un assatanato. Gemevo forte, non urlavo più perché ero sopraffatto dal doppio piacere: il mio e quello di poter soddisfare un maschio come quello. Inevitabilmente, per il dolore, alcune lacrime mi uscirono dagli occhi e mi rigarono il viso, ma erano lacrime di felicità.
“Così vanno scopate le troiette giovani come te, zoccola di una puttana. E’ così che imparano chi è il maschio e chi la troia. Capito? Tié, prendi, ti sfondo… Ahhh, ti sfondo il culo… Hai capito? Che sei tu? Ehhh, dimmelo. Dimmelo”.
“Sono una troia. Sono la sua troia… Oddio, che cazzo grosso!... Aaahhh mi sta sfondando… Si, siii, sono troia, troiaaaahhh”.
Mi montò come un animale per almeno venti minuti alternando affondi secchi che mi sventravano a serie di dure spinte martellanti in tutte le direzioni che mi slabbravano le budella. Mi pesava sulla schiena e potevo sentire l’abbondante pelo del suo petto che me la graffiava. Poi mi tirò su a quattro zampe, senza mai smettere un attimo di sfasciarmi il culo. Mi tenne stretto a sé con un braccio attorno al petto ed un altro attorno al collo. Avevo il mento poggiato sul suo bicipite gonfio. Ero in estasi. Non sentivo più dolore ma solo la presenza ingombrante ed inesorabile di quel pistone. Mi stava usando come una bambola di gomma.
Non resistetti e sborrai senza toccarmi. Non credo che se ne accorse, perché continuò ancora per un bel po’ prima di fiottare dalle narici dome un toro e, infine, lanciare un urlo di vittoria e lasciarsi andare ad un violento orgasmo che mi riempì di abbondante e caldo sperma. Tremava e scattava mentre eiaculava, fino all’ultima goccia.
Quando riuscì a tornare in sé, si sfilò lentamente dal mio buco spanato ed un rivolo bianco, vischioso e denso lo seguì fuori, correndo sulle mie palle ed una gamba.
Una voce mi scosse. Una voce che parlava una lingua per me incomprensibile. Un altro uomo robusto e peloso ci stava osservando chissà da quanto tempo. Si stava segando lentamente il cazzo non eccessivamente grosso ma perfetto, leggermente curvo all’insù. Disse certamente delle porcate nei miei confronti e il camionista che mi aveva scopato gli rispose ridendo. Gli offrì palesemente il mio culo bagnato della sua sborra. Quello fece no con la testa e disse altro.
“Lui è il mio collega. Non parla italiano. Vuole scoparti in bocca e vuole che gli bevi tutto. Gli ho detto che tu fai tutto quello che vuole. Non è così, piccola puttana?”
“Sicuro. Potete ordinarmi tutto. I miei buchi sono a vostra disposizione”.
Gli riferì la mia risposta e risero. Poi si dissero qualcos’altro mentre io giravo su me stesso e imboccavo senza problemi quel cazzo che mi veniva offerto. Il nuovo arrivato smise immediatamente di parlare e cominciò a gemere. Mi teneva la testa con le due mani e mi dava il ritmo, ma ogni tanto dava un affondo che mi strozzava. Era un cazzo più facile da spompinare e riuscivo così a sfoderare tutta la mia arte ‘oratoria’. Era già eccitato da quello che aveva visto e non ci volle molto che potei ingoiare tutta la sua abbondante crema al sapore di maschio. Gli svuotai le palle completamente. Rimase frastornato.
“Beh, adesso levati dai coglioni che dobbiamo dormire. Domani dobbiamo ripartire presto”, disse il primo camionista.
“Certo. Come volete”. Ho aperto la portiera e ho affrontato la difficile discesa.
“Torniamo tra una settimana. Vedi di farti trovare qui, così ti possiamo scopare in due” disse forte in maniera da farsi sentire dal gruppetto degli altri camionisti.
Per quello che potei, perché camminavo a gambe larghe, tornai veloce verso la mia macchina ma, quando l’avevo quasi raggiunta, fui intercettato da due di loro che mi costrinsero a sbocchinarli, anch’essi con ingoio, sotto gli occhi degli altri. Non ce la facevo più e quasi scappai. Non me la sentivo di soddisfare tutti loro. Ero disfatto.

(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha lo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma godetevela il più possibile. Buona sega a tutti).

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