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ROZZO E MASCHIO


di Foro_Romano
25.10.2016    |    33.910    |    8 9.6
"Quando lo sfilò io lo impugnai menandolo un po’ per farne uscire le ultime gocce e le lappai via di gusto, mentre ci guardavamo intensamente..."
(Racconto n. 69)

Ero un ragazzo di paese ma non uno qualsiasi perché ero figlio dell’avvocato. Ero il classico bravo ragazzo di buona famiglia: perfetto, carino e pulitino. Dopo le scuole medie andai al liceo scientifico della cittadina vicina ed ogni mattina ci passava a prendere il pulmino messo a disposizione dalla Provincia. Dico ci perché in paese c’era un altro ragazzo che frequentava la mia stessa scuola. Essendo coetanei, avevamo anche fatto le scuole medie insieme ma lui aveva un anno più di me e non avevamo mai stretto molta amicizia, anche perché lui era figlio di contadini.
In verità, sin da quando ho capito la mia natura, lui mi piaceva molto. Era piuttosto rozzo nei modi e nell’aspetto. Aveva una struttura corporea più grande e più muscolosa della mia, dovendo spesso aiutare il padre nei lavori dei campi. Mi superava in altezza di almeno dieci centimetri, le mani grandi, pelo folto ed un profilo quasi scimmiesco che, ai miei occhi, lo rendeva molto virile.
Accadde che al quarto anno venne bocciato e dovette ripetere, così me lo ritrovai in classe con me e fu allora che, essendo compaesani, ci sistemammo nello stesso banco e cominciammo ad essere amici. Ben presto la mia attrazione verso di lui gli fu palese e da lì, con gli ormoni adolescenziali che ribollivano, passammo facilmente alle vie di fatto.
Quasi ogni giorno, dopo il rientro da scuola ed il pranzo, nel pomeriggio, andavo da lui e stavamo insieme fino quasi alla cena con la scusa dei compiti. Abitava in una casetta subito dopo il cimitero del paese, presso la strada comunale, circondata dal terreno del padre. Viveva solo con lui. Non ho mai capito la madre che fine avesse fatto: se era morta o se ne era andata quando lui era piccolo. Erano tutti un po’ reticenti sull’argomento e credo che la seconda ipotesi sia la più plausibile.
Il padre non lo vedevo quasi mai, se non nel momento che rientrava dal lavoro ed io dovevo andare via. Era un omone alto, due spalle possenti e una muscolatura da fare invidia ad un body-builder ma molto più naturale. La barba quasi mai rasata. Indossava sempre gli stessi indumenti da lavoro: dei pantaloni sformati, sdruciti e stinti, sotto i quali si vedeva bene un pacco veramente consistente, ed una canottiera non meglio ridotta. Era completamente coperto di pelo, presente in abbondanza su spalle, braccia e mani, grandi e callose. Rozzo e più scimmia del figlio ma sempre gentile nei miei confronti. Insomma gli sbavavo dietro ma era troppo vecchio: avrà avuto circa cinquant’anni!
Col figlio, invece, filò tutto liscio come l’olio. Dagli sguardi si passò alle carezze, sempre più intime. Andavamo a fare i porcellini sotto un grosso albero dietro la sua casa. In breve tempo, arrivai prima a carezzargli il grosso pene, che gli si induriva al solo contatto delle mie mani, poi a masturbarlo fino a farlo venire, poi a spompinarlo ed a ingoiare il suo gustosissimo succo e infine gli detti il culo e mi feci sverginare. Non sentii alcun dolore, tanta era la voglia di lui e le volte successive fu sempre più facile.
Così, ogni volta che andavo (come ho detto quasi tutti i giorni), dopo aver finito i compiti (che avevano la precedenza), sotto quell’albero mi inculava forte ed a lungo, provando tutte le posizioni possibili. Qualche volta mi veniva in bocca ma il più delle volte si scaricava le palle dentro la mia pancia, e non una ma erano sempre almeno due scopate con relativo finale. Mi tenevo forte ad una radice dell’albero o appoggiavo una mano sul grosso tronco, godevo e guaivo col culo proteso verso di lui che mi montava con ferocia fino al grido liberatorio terminale. Sapeva che era così che mi piaceva essere preso e lui si sentiva più potente e maschio. Questo è quello che prova un vero uomo quando arriva a sottomettere un altro del suo stesso sesso. Risultato: ero più che allenato sia di bocca che di culo.
Ovviamente i nostri incontri continuarono anche dopo il diploma, anche se non c’era più la scusa dei compiti, però si fecero più radi sia perché io cominciai l’università e dovevo continuare a studiare e sia perché lui si era fidanzato con una ragazza del paese, anch’essa figlia di contadini. Quella non gliela voleva dare prima del matrimonio così lui si caricava i coglioni a smanettarle le poppe e poi veniva a scaricarli dentro di me e non potevo che esserne felice. Ufficialmente ci vedevamo ancora perché eravamo rimasti amici.
Un pomeriggio, verso le cinque, andai da lui ma stranamente, sul suo vialetto, mi venne incontro il padre, arrapante più che mai. Erano anni che non aveva una sua donna. Si diceva che era molto focoso di natura ed io, conoscendo il figlio, ci credevo, e che si sfogasse spesso con le puttane in città. Come avrebbe potuto farcela, altrimenti?
“Ciao Luigi. Vieni dentro, che ti devo parlare” mi disse e, voltatosi, mi precedette verso casa ed io lo seguii. Trovai strana la cosa ma non mi feci troppe domande. Una volta dentro mi fece accomodare su una sedia della sala-cucina che costituiva il fulcro dell’intera abitazione e si sedette accanto a me. Il cuore mi batteva. La sua vicinanza mi eccitava particolarmente.
“Bruno era certo che te ne saresti dimenticato. Lui adesso ha cominciato a frequentare un corso di informatica in città ed è uscito circa un’ora fa”.
“Ah, è vero, me lo aveva detto. Aveva ragione, io mi dimentico molte cose. Però non mi aveva detto quando avrebbe cominciato. Beh, allora me ne vado…” e faccio per alzarmi.
Lui mi mette una mano sulla spalla e mi fa sedere di nuovo, poi si avvicina ancora di più e me la mette su una coscia. “Ascolta figliolo. Voglio fare un discorso serio con te”.
Mi prese un colpo. Cominciai a sudare freddo. Ci aveva scoperti? Il figlio glielo aveva detto? Sarei stato sputtanato in tutto il paese. Come l’avrebbe presa mio padre? Sarei stato il disonore della mia famiglia. Proseguì. “Da tempo mi sono accorto di cosa fate voi due…”
Mi crollò il mondo addosso. Lesse il terrore nei miei occhi che andavano inumidendosi di lacrime e subito cercò di calmarmi. “Non ti preoccupare. Non lo saprà nessuno. Rilassati. Solo vorrei sapere una cosa. Ti piace fare certe cose con Bruno?”.
Annuii e abbassai la testa. Me la fece rialzare con una mano sotto il mento e mi guardò fisso. “Sei un bel ragazzo, di famiglia agiata, potresti avere quante ragazze vuoi eppure ti piace farti scopare da Bruno! Senti che è proprio la tua natura a spingerti a questo od è lui che ci sa fare in modo particolare tanto da averti convinto a farlo?”
Pensai che forse era per orgoglio di padre a farmi quella domanda. “Si, Bruno ci sa fare bene ma non è colpa sua, non è che mi ha convinto lui… Ecco… si… Lo ammetto. Mi piace veramente”.
“Lo hai fatto solo con lui? Ne sei innamorato?”
Fu la sua domanda a farmici pensare. L’idea non mi era mai passata per la mente. “Innamorato? No, non credo, non mi sembra”.
“Allora è solo una questione di sesso. Semplicemente ti piace farlo con gli uomini”.
“Beh… si… credo che sia così”.
Fu allora che fece una cosa che non mi aspettavo. Si protese verso di me e mi dette un bacio delicato. Labbra contro labbra. Mi guardò da vicino e poi mi prese la testa con una sola mano e mi infilò la lingua in bocca. Non opposi alcuna resistenza e risposi avvinghiando la mia lingua alla sua. Anch’io poggiai una mano sulla sua coscia grossa e muscolosa.
Quando si staccò mi guardò di nuovo ma con maggiore intensità, senza liberarmi dalla sua presa. “E io ti piaccio?”
Oddio, aveva l’età di mio padre però… però… lo ammisi “Si, mi piace molto”.
Mi sorrise e spostò la mia mano sul suo grosso pacco. “Lo senti che effetto mi fai tu?”. Sotto la stoffa potevo sentire un grosso cannone pronto a sparare.
“Sin da quando frequenti mio figlio è questo l’effetto che mi fai e da quando ho visto che troia sei non faccio altro che tirarmi seghe pensando a te. Voglio prenderti anche io e, vedrai, non ti farò rimpiangere Bruno”.
Mi fece alzare, mi prese in braccio come un fuscello e mi portò nella camera da letto, come una sposa. Io seduto sul bordo del letto e lui in piedi davanti a me. Gli abbracciai subito le gambe e strusciai la faccia su quel gran bozzo che avevo davanti agli occhi. Quei pantaloni sdruciti avevano un odore intenso misto di sporco, di terra, di letame ma, più di tutto, di maschio in calore.
Si slacciò la cinta di cuoio logoro facendo tintinnare la fibbia, si slacciò tutti i bottoni. Sotto aveva dei boxer vecchi pieni di macchie stantie di piscio e di umori odorosi molto eccitanti. In un attimo si calò il tutto a mezza coscia. Una nerchia spaventosa schizzò in avanti, circondata ovunque da un folto pelo riccio. Mi colpì sulla bocca e non ci pensai due volte ad aprirla ed a farla scivolare tra le mie labbra più che potei.
“Sssshhh… ahhh… Siii…”. Avevo perso la testa, non capivo più niente. Usai tutta l’arte appresa in centinaia di pompini per farla perdere anche a lui. Non mi ci volle molto. Con una mano sulla mia nuca, tra i capelli, accompagnava il mio ritmo. Andavo su e giù succhiando quel ghiacciolo caldo. Staccai la bocca per passare alle palle. Sotto i suoi coglioni potevo respirare quell’odore selvaggio di intimo virile. Con la lingua soppesai e leccai il grosso scroto pendente poi, sempre con la lingua insalivata risalii lentamente lungo il tronco grosso e nodoso di vene in evidenza. Intanto guardavo dal basso le espressioni di godimento sul suo volto. Gli ripresi la cappella in bocca e me la infilai più in fondo possibile, oltre le tonsille.
“Ahhhgrrr… Porca puttana… Ci sai fare propriooo… Ahhh… E’ stato Bruno ad insegnartelo, piccola troia?”
Lo sfilai, rimanendo con la cappella appoggiata sulla mia piccola lingua, giusto per dirgli “Si, ho imparato sul suo cazzo. Lui è stato l’unico della mia vita”.
“E questo è il tuo secondo cazzo, piccolo mio. Continua così. Non ti fermare” e io continuai con sempre maggior foga. Lo portai al limite. Arrivò a prendermi la testa tenendola ferma con tutte e due le mani ed a scoparmela forte infilandomelo tutto più che poteva. Le mascelle mi facevano male e mi mancava il fiato ad ogni affondo ma durò poco. Si ritirò fino a tenermi la sola cappella in bocca e sparò una bordata enorme di sborra dentro. Altro affondo profondo, altra ritirata e altra bordata. Così per cinque o sei volte ed ogni volta io assaporavo ed ingoiavo rapidamente per far spazio alle successive. Non ne persi una. Il suo prolungato ruggito animalesco face da sottofondo alla copula, rendendomi doppiamente soddisfatto.
Quando lo sfilò io lo impugnai menandolo un po’ per farne uscire le ultime gocce e le lappai via di gusto, mentre ci guardavamo intensamente. Ebbi paura che tutto finisse lì. Mi resi conto che gli avevo fatto un bel servizio ma io volevo di più: lo volevo nel culo. Il suo cazzo però era ancora rigido e se lui era come il figlio non si sarebbe fermato alla prima. Forse lo capì dal mio sguardo. Mi fece alzare e, tenendomi una mano ferma sulla guancia, come per carezzarmi, disse: “Non temere. Adesso viene il bello. Spogliati”.
Cominciammo a farlo tutti e due assieme, osservandoci l’un l’altro. Lui più velocemente, quasi di fretta, mentre io più lentamente, come uno streep-tees, per farlo eccitare al massimo e ci riuscii. Quando ebbe finito si mise seduto sul letto con la schiena appoggiata alla testiera, prendendoselo in mano. L’ultima cosa che mi tolsi furono le mutandine. Dandogli le spalle, me le calai piegandomi fino a terra, così che potesse ammirare il mio sederino. Mi girai e fui io a rimanere a bocca aperta. Dal suo fisico possente e peloso, con le gambe divaricate, spiccava la mazza enorme tenuta stretta nella sua mano.
“Che aspetti? Vieni qui, troia”. Salii carponi sul letto e lentamente, come un gatto che si avvicina alla preda, tornai a riprendermi in bocca la grossa cappella. La lappai e succhiai di gusto.
“Bagnala bene più che puoi. Sarà meglio per te perché ho intenzione di ficcartela tutta in culo, puttanella affamata. Mi arrapi come mai nessuna donna”. Feci più presto che potei. Ne avevo una voglia pazzesca. Si sfilò di sotto e mi lasciò a pecorina. Mise la sua faccia tra le mie chiappe, tenendomele aperte con tutte le sue dita callose, per leccarmi a piena lingua. La barba non rasata irritò la mia tenera carne più intima.
“Mmmm… Come sei profumato! Profumi di gioventù… Accidenti che buco largo che c’hai. Se Bruno è stato il tuo unico uomo finora vuol dire che è lui che ti ha sverginato e te lo ha ridotto così”. C’era dell’orgoglio nelle sue parole.
“Si, è stato lui però il suo coso è ancora più grosso, signore. La prego non mi faccia male”.
“Ah, ah. Prima di tutto si chiama cazzo e una troia come te non si deve vergognare di chiamarlo col suo nome e poi te lo aprirò ancora di più e quindi di male te ne farò, e tanto”, disse sadicamente ed aggiunse “Ma vedrai che poi ti piacerà”. Ebbe l’accortezza di lanciarmici sopra un grosso sputo prima di rizzarsi col busto, puntare la nerchia e sfondarmi con un colpo solo.
La spinta mi fece perdere l’equilibrio e finimmo tutti e due sdraiati, lui sopra di me con tutto il suo peso. Gridai con quanto fiato avevo e lui se la rideva soddisfatto. “Siii… Bravo… Strilla… Mi piace come strilli” e intanto mi fotteva a velocità pazzesca. Quando il muscolo cedette e si aprì completamente adattandosi alle dimensioni di quel palo, anche il budello lo ricevette senza difficoltà. Il dolore rimase solo in fondo dove, ad ogni spinta, venivo sfondato ancora di più ma, contemporaneamente, il piacere saliva alle stelle. Essere posseduto da un maschio così potente era il massimo che potessi desiderare. In quel momento la differenza di età non era certo di impedimento anzi mi faceva sentire ancora più troia.
“Prendilo tutto, lurida cagna in calore. Ti spano ’sto buco merdoso di zoccola, puttana rottinculo” ed altre frasi simili mentre fotteva come una bestia infoiata, inchiodandomi al letto. Io non potevo fare altro che godere, godere e godere all’infinito fino a che venni sulle lenzuola, vibrando tutto e sbavando dal piacere. Forse fu questo a scatenare anche in lui la reazione e, appena ebbi finito, esplose dentro di me altri abbondanti carichi di sperma come quello di cui avevo ancora la bocca impastata.
Pensavo che avessimo raggiunto il sublime finale ma mi sbagliavo. Quando riprese fiato ed il suo cuore rallentò il ritmo che sentivo sulla schiena, nonostante il materassino di pelo che ci divideva, si sfilò dal mio buco spanato e viscido di umori e si sdraiò accanto a me. Sentivo un vuoto dietro di me, sentivo l’aria che vi entrava come da una finestra aperta. E il suo cazzo era ancora duro e svettante!
“Siediti qui sopra. Infilatelo da solo”. Obbedii. Mi sistemai col culo sopra l’enorme cappella, presi la mazza con una mano e la diressi nella direzione giusta. Mi lasciai cadere impalandomi fino alle palle con un gemito di piena soddisfazione. Cominciò a spingermi dal basso con la stessa energia di prima, facendomi saltare su di lui.
Dopo un po’, senza uscire da me, mi rivoltò con la schiena sul letto e le gambe aperte in aria. Mi prese per le caviglie e continuò a scoparmi. “Ti piace il cazzo in culo, vero cagna schifosa? Oggi ti riduco le budella piene di latte come una pajata”. Ed infatti venne un’altra volta ancora dentro di me.
Quando ci fummo rilassati mi disse: “Scusami se ti ho detto tante parole poco gentili ma io mi eccito così mentre scopo e…”
“Non si preoccupi, signore, anche a me piace sentirmele dire in quei momenti”.
“Davvero? Bene, andremo molto d’accordo. E, a proposito, continua a darmi del lei così, se dovessimo incontrarci, nessuno in paese si accorgerà di niente. Anzi, sarà meglio che neanche Bruno sappia niente.
“Ma come farò? Lui vorrà continuare a scoparmi”.
“Che lo faccia pure. Di lui non sono geloso. Facciamo così. Lui va al corso di informatica alle quattro, tu vieni un paio di ore prima, scopate (io naturalmente non ci sarò e voi starete tranquilli) poi tu vai via e torni quando lui non c’è più e allora sarò io a scoparti. Ah, e non scaricarti il culo perché mi stuzzica fotterti in mezzo alla sborra di mio figlio”.
“Che porco che siete, signore!”.
“Allora, ti sta bene?”
“Si però non tutti i giorni. Non so se il mio buco reggerà tutte queste inculate. Bruno non ne fa meno di due e lei oggi me ne ha fatte tre”.
“Come vuoi ma sappi che io posso farne anche di più, se è giornata, e poi vedrai che il tuo buco si abituerà”.
Fu così che cominciai una relazione sia col padre che col figlio. Molto spesso andavo da loro nel modo che mi aveva detto. Bruno notò che ero più largo ma non si pose molti dubbi. Se lo spiegò col fatto che lo facevamo spesso e il buco non faceva più resistenza.
Continuammo così per alcuni anni. Tre o quattro volte a settimana andavo in quella casetta accanto al cimitero e sono arrivato anche a prendermi dentro tre sborrate dal figlio e cinque dal padre. Quel giorno mi sentivo pieno come un tacchino a Natale. Dopo mi svuotavo come potevo ma sulla via del ritorno c’era sempre della sborra che mi colava fuori, così dovevo tapparlo con della carta per non sporcare i pantaloni.
Quando Bruno si sposò e andò a vivere in città continuai col padre. Furono degli anni bellissimi e, direi, preparatori. Infatti oggi ho un lavoro e una mia casa in città, dove vivo col mio compagno che tutti mi invidiano perché sanno che ha un cazzo da cavallo e sono certo che non mi lascerà mai, un po’ per la mia grande esperienza da troia ed un po’ perché un culo sfondato come il mio non lo trova tanto facilmente. Ha quindici anni più di me. E’ un uomo maturo, molto bello e virile ed è un professionista affermato. Molte donne e molti froci lo vorrebbero ma solo io posso dargli quello di cui ha bisogno. Tanto affetto, naturalmente. Che cosa avete capito?


(Le stesse cose si possono fare con le precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo. Non rovinatevi la vita, godetevela).


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