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Gay & Bisex

LAVORO STAGIONALE


di Foro_Romano
01.12.2017    |    22.479    |    13 9.6
"Si inarcò, offrendo senza pudore la sua intimità..."
(Racconto n. 85)


L’economia della sua famiglia non era tra le migliori. Oltre ai genitori, erano quattro figli, tra maschi e femmine e la zia materna piena di acciacchi e che non ci stava più tanto con la testa. L’unico a lavorare era il padre ma era un semplice manovale e guadagnava appena quanto bastava per sfamarli tutti. Così Giacomo, che quando capitava racimolava qualche soldo dando un aiutino come garzone dei negozianti del paese, appena finita la scuola superiore, colse l’occasione per uscire un po’ da quell’ambiente che sentiva sempre più opprimente. Avrebbe voluto vedere il mondo ma non se la sentiva ancora di abbandonare la famiglia per cercare fortuna chissà dove.
L’occasione fu l’estate. Sapeva che sulla costa, con l’aumento dei turisti, serviva personale stagionale nei numerosi alberghi e ristoranti, quindi andò un po’ alla ricerca ma la sua giovane età e la sua costituzione fisica (era piuttosto piccolo e magrolino) non lo favorivano. Finalmente fu assunto per tre mesi in un albergo come assistente. Anche la sua famiglia ne fu felice (almeno entrava qualche soldo in più) ma lui ne era addirittura entusiasta. Si sarebbe sentito più libero ed avrebbe anche potuto aprire con più facilità i suoi orizzonti sessuali. Era stanco ormai dello zio (che lo aveva iniziato a certi giochi), del fornaio e del farmacista del paese!
Aveva iniziato da pochi giorni, si era adattato subito e tutto filava liscio. Gli avevano assegnato una camera in un’ala riservata al personale. I proprietari dell’albergo erano contenti di lui perché mostrava di avere sempre voglia di fare e farlo meglio che poteva. In alcune ore il lavoro stagnava ma in altre era frenetico e lui era sempre pronto ad obbedire agli ordini che gli venivano impartiti, raccogliendo contemporaneamente dall’uno e dall’altro dei vari dipendenti tutti i consigli possibili per migliorare. Tra loro c’era un cameriere di sala che non gli dispiaceva affatto. Sui trent’anni, alto, con dei grandi baffi neri come gli occhi e con la testa completamente rasata. Però era fidanzato e non gli dava alcun appiglio per credere che ci sarebbe stato. Un etero convinto, insomma.
Tanti turisti venivano e ripartivano dopo il soggiorno ed alcuni di loro non erano niente male ma erano sempre accompagnati dalla moglie (e spesso figli) o dall’amante (donna o uomo che fosse). Un giorno però arrivò un maschio da farlo sbavare. Era sudafricano, nero, cinquantenne, alto e dal fisico veramente super: un vero mandingo. Gli sembrava di aver capito che era un rappresentante di diamanti. Parlava correttamente la nostra lingua perché aveva la madre italiana. Mentre stava registrandosi alla consiergerie, lui rimase per un po’ imbambolato a rimirarlo ma si riprese presto e si prodigò immediatamente a portargli il bagaglio ed accompagnarlo nella suite eccedendo (forse troppo) in sorrisi e (forse ancor di più) in casuali strusciamenti nell’ascensore e fin dentro la camera. Fu così tanto gentile che il cliente gli dette un’ottima mancia. La più grande che avesse mai ottenuto fino a quel giorno. Gli arrivava a malapena al torace, tanto era alto, e desiderò ardentemente di essere posseduto da quel colosso. Si sarebbe sottomesso a lui come una femmina in calore. Si sarebbe fatto usare ed abusare in tutti i modi. Si limitò a dirgli di chiamarlo pure se avesse avuto bisogno di qualcosa (forse, quasi inavvertitamente, calcò troppo su quel “qualcosa”).
L’albergo usava donare a tutti i clienti di un certo riguardo ed alle coppie in viaggio di nozze un bottiglia di champagne. Quell’uomo lo si capiva particolarmente stressato del viaggio ed un po’ sudato. Si sarebbe fatto subito una doccia. Così, nella speranza di vederlo un po’ discinto, aspettò una mezz'oretta prima di portargli la bottiglia. Bussò e si presentò. Ricevuto il permesso entrò col suo passpartout richiudendosi la porta alle spalle. Entrò nel salottino e posò il vassoio sul tavolo appena in tempo per non far cadere il tutto perché lo vide nell’altra stanza, avvolto nel grande accappatoio bianco dell’hotel, che contrastava esageratamente col colore della pelle. Aveva fatto la doccia. Le gambe divaricate e si poteva vedere benissimo una coscia nuda e pelosa fino all’inguine che, benché coperto, mostrava di nascondere qualcosa di molto consistente. Un qualcosa che l’uomo andava accarezzando attraverso il morbido tessuto.
Rimase muto ed immobile a guardare quel particolare per lui così attraente finché, distratto lo sguardo, lo spostò verso il viso di quello, che lo stava guardando forse con un leggero sorriso su quel volto così serio e virile.
“Ti piace?”. Silenzio.
“Lo vuoi?”. Silenzio.
“Preferisci vederlo così?” e spostò la mano e l’accappatoio mettendo in mostra un mostro di nerchia grossa e scura sui venti centimetri, benché ancora moscia. Era vero quello che dicevano dei neri! Se la prese in mano e cominciò a segarla.
“Se non la vuoi rimani lì che me la meno mentre ti guardo. Sei proprio un bel ragazzo. Se poi ti spogli nudo ti prometto di darti una bella mancia e se…”
Giacomo non gli fece finire la frase e si precipitò in ginocchio tra quelle grosse gambe muscolose e pelose, sottrasse l’oggetto del desiderio dalla mano del proprietario e se ne appropriò ficcandosi in bocca la grossa rosea cappella per farci volteggiare intorno la sua agile linguetta umida di saliva.
“Aaaahhh… Siiiii… Cosììì... Bravo! Ne avevo proprio bisogno per rilassarmi un po’. Ho capito subito che ti piacevano i cazzi. Sei un finocchio. Siii… Prendine di più” e gli mise una mano sulla testa spingendola un poco di più verso di sé. Il ragazzo cercò di fare meglio che poteva ma le dimensioni e la durezza andavano crescendo ed era sempre più difficile realizzare il desiderio di prenderlo tutto fino in fondo. La voglia di soddisfare l’uomo (e sé stesso) gli fecero aprire le mascelle e la gola al massimo finché non ebbe un conato che lo costrinse a toglierlo dalla bocca. Era riuscito a prenderne solo un terzo! Non ce l’avrebbe mai fatta. Allora cominciò a leccarlo tutto dalla cima alla base. Passò all’interno delle cosce ed ai grossi coglioni pendenti. Leccò tutto il possibile come un gattino affamato fino a ricoprirlo di abbondante saliva. Lo riprese poi in bocca e ricominciò la danza tutt’attorno. Durò per un bel po’. Il maschio, le braccia puntate all’indietro sul letto, lo lasciava fare godendosi quel pompino magistrale, vibrando di piacere.
“Ahhh… Ci sai proprio fare… Siii… Continua cosììì… Siii… Dai… Dai… Daiii…”. Di scatto gli bloccò la testa sulla cappella. “Ahhh… Ti sborro in boccaaa… Bevi… Bevi… Ingoiala tuttaaahhh”.
Una quantità enorme di sborra invase la bocca del ragazzo che, appoggiate le piccole mani sulle cosce dell’uomo, si andò gustando schizzo dopo schizzo tutto il piacere del maschio, incurante del dolore alle mascelle, del bruciore alla gola, della mano che non gli permetteva di liberarsi. La sua enorme soddisfazione era nell’averlo fatto godere. Quando ebbe finito di ingoiare lo ripulì tutto fino a lappare l’ultima goccia, si staccò e lo guardò languidamente come un cane il suo padrone. Si rese conto di cosa aveva fatto, di quanto si fosse comportato da lurida pompinara, sentì una serie di contrazioni al suo buchino e, con un gemito sommesso, chiuse gli occhi e se ne venne nei pantaloni della divisa.
“Sei proprio un bel maialino, sai? Ma non ti credere di aver finito”.
Il cazzo era ancora lì, turgido e venoso davanti ai suoi occhi. Rigido quanto prima. Non si era minimamente ammosciato. Si rese conto solo allora che, nella sua rigidità, aveva raggiunto quasi i trenta centimetri. Non aveva mai visto un esemplare tanto grande.
“Spogliati” gli ordinò l’uomo e lui obbedì immediatamente accorgendosi dell’impiastro nelle sue mutande ma non gliene importò più di tanto. Rimase completamente nudo, pronto a qualunque ordine, anche il più terrificante.
“Sei proprio un bel bocconcino. Questa tua pelle bianca è molto eccitante”. Lo fece alzare in piedi assieme a lui, lo prese da sotto le ascelle e lo gettò sul letto a pancia in giù, sopra l’accappatoio abbandonato. Gli aprì con le grandi mani scure le tenere chiappette pallide mettendo in mostra il forellino che mostrava i segni di essere già stato violato.
“Bene! Vedo che non sei nuovo. Almeno sai come si fa” e gli si intrufolò dentro con la lingua. Il ragazzo fu squassato dal piacere. Le leccate, le succhiate, gli sputi sull’ano, le invasioni prima della lingua e poi di uno e poi di due grosse dita gli fecero perdere la lucidità. Invece di respingere l’idea di quello che stava per succedergli desiderò che si avverasse al più presto. Si inarcò, offrendo senza pudore la sua intimità.
“La prego, mi dia il cazzo… mi scopi, la prego… la prego…”.
C’era poco da pregare. Il glande, bagnato da un abbondante sputo, era già a contatto col suo orifizio. Con una leggera, lunga spinta l’enorme proboscide gli scivolò dentro arrestandosi solo quando raggiunse il fondo, senza alcuna difficoltà, tanto era il desiderio di prenderlo dentro.
“Ahhh”. Il dolore era tanto ma la voglia era maggiore. Cominciò lentamente ad uscire e rientrare ed il piacere fu più grande del dolore. La scopata divenne gradualmente sempre più veloce e sempre più quella bestia sprofondava nel suo corpicino che si contorceva. I suoi gemiti divennero sempre più guaiti di cagnetta alla prima monta. La bava gli scendeva dalla bocca, incontrollata, le lacrime (forse di felicità) gli rigavano le guance. Sostenendosi sulle braccia, l’uomo lo fotteva senza pietà ed, essendo già venuto, la scopata durò a lungo fino a sventrarlo completamente. Si poteva sentire chiaramente il rumore delle grandi palle che gli si sbattevano addosso ad ogni affondo, lo sciacquettio dei suoi umori, i gemiti ed i gridolini assieme al grufare del maschio.
Dopo una lunga e dura cavalcata, arrivò finalmente il sublime momento quando gli vennero inferte le ultime più potenti spinte e, con un prolungato grugnito animalesco, la pancia gli venne riempita di tanta calda sborra. L’uomo, rantolante, gli si accasciò sopra con tutta la sua enorme mole fino a che non ebbe svuotato completamente i coglioni.
Giacomino lentamente riprese coscienza di quanto avvenuto e, proprio quando sentì di correre il rischio di morire schiacciato e soffocato, il suo amante si sollevò e si sfilò da lui, sdraiandoglisi accanto. Sentì un grumo liquido che fuoriusciva bagnandogli palle e cosce e con la mano andò a tastare le condizioni del suo buco. Capì di avere ormai, al suo posto, una voragine umida e dolorante eppure la sua voglia di essere scopato sembrava aumentata. Era chiaro non avrebbe più potuto fare a meno del cazzo, anche se non lo avrebbe mai più trovato di quelle dimensioni.
Il pene del mandingo era adagiato sulla sua coscia, umido e lucido di umori, mantenendo ancora quasi le dimensioni di quando era in erezione. Il ragazzo lo soppesò e se lo mise in bocca per ripulirlo completamente, sotto lo sguardo sornione dell’uomo.
“Non penserai di farlo rinvenire dopo due sborrate. Lascialo stare”. Allora si accoccolò sotto l’ascella del maschio, godendone l’afrore, avvolto dal braccio poderoso e col suo braccio appoggiato sul vasto torace peloso. Pochi minuti poi si rese conto di doversi dare una mossa.
“Devo andare… Spero che non mi abbiano cercato”. Si alzò e corse in bagno per scaricare come possibile il succo di cui era stato impregnato, lavarsi alla svelta e rivestirsi della divisa.
“Il servizio di questo hotel è eccellente”, disse il cliente, rimasto sdraiato. Naturalmente c’era un certo sarcasmo in quelle parole.
“Grazie, signore, a nome dell’hotel e… mio” ed aprì la porta.
“Più tardi ricordati di portarmi un accappatoio pulito, così ti darò la mancia che ti ho promesso ed anche perché potrei avere ancora bisogno di te”.
“Va bene e grazie ancora” ed uscì. Il buco sfondato e dolorante lo costringeva a camminare a gambe larghe ma doveva imparare a nasconderlo perché sarebbe stato un problema costante nei giorni successivi e per tutto il tempo del soggiorno di quel cliente, che non fu tanto breve.
Non è che ci riuscì molto bene, tanto che se ne accorse anche qualche altro dipendente dell’albergo e, se gli domandavano qualcosa, diceva che aveva problemi con le emorroidi. L’unico che capì tutto fu proprio il cameriere dai grandi baffi che ne approfittò per scopargli spesso il buco ormai disfatto, per sollazzarsi con quello che la fidanzata non voleva dargli. Insomma, quell’estate per Giacomo fu di grande soddisfazione in tutti i sensi: economica e sessuale. Non gli mancarono mai né cazzo e né sborra in pancia e in bocca. Certamente fu un’esperienza che avrebbe ripetuto ogni anno.


(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha lo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita, godetevela).

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