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GALEOTTA FU LA CENA


di Foro_Romano
02.03.2018    |    12.588    |    8 9.3
"Un uomo di 53 anni (come disse di avere) non molto loquace, a differenza di quella stronzetta di checchina che monopolizzò la serata conquistandosi il padrone..."
(Racconto n. 88)

Li aveva conosciuti in chat. Lui, ventenne passivo, aveva messo un annuncio dove diceva di cercare uomini maturi per farsi scopare alla grande, perché gli piaceva essere dominato e di essere preso con la forza. Li voleva alti, massicci, muscolosi, pelosi e molto robusti. Questo era il suo desiderio ma, già da quando aveva messo l’annuncio, non ci sperava molto. L’uomo dei suoi desideri era una rarità desiderata da tutti o, per lo meno, da tutti i giovani come lui. Figurarsi se la fortuna lo avesse baciato! Non ci sperava molto. Invece, la Fortuna (con la F maiuscola) lo aveva baciato. Eccome!
Gli avevano scritto due amici di circa 50 anni che andavano cercando proprio uno come lui, disposto a farsi oggetto di piacere per loro, tutti e due attivi, sposati e con figli (uno di due e l’altro di ben tre figli). Uno era però divorziato e viveva da solo. Amici sin dalla gioventù, ad una certa età si erano confidati di voler provare a scoparsi qualche bel ragazzetto e così si erano iscritti alla chat e si erano subito imbattuti in lui, molto gradito a tutti e due.
Anche a lui quei due bei manzi erano piaciuti subito e farsi spupazzare da loro voleva dire realizzare il suo sogno. Però non si era concesso subito. L’aveva portata per le lunghe facendosi corteggiare come una femmina. Quando avrebbe detto di si, li voleva arrapati al massimo. Era stata dura resistere loro ma dopo un po’ (prima che diventasse troppo) aveva acconsentito facendosi promettere che sarebbero stati all’altezza delle sue aspettative.
Aveva accettato di incontrarli un pomeriggio a casa del single. Accidenti! Erano veramente due manzi magnifici che rispondevano pienamente alle sue richieste. Poi, oltre ad essere pelosi fin sulle mani, uno aveva una folta barba riccia e nera mentre l’altro aveva due grossi baffi, proprio come piacevano a lui, e se ne trovano veramente pochi. Erano l’immagine stessa della virilità.
Inutile dire che, dopo qualche bicchiere di vino, passarono alle vie di fatto. Lo presero, lo spogliarono un capo per uno mentre si spogliarono anche loro, lo baciarono ficcandogli prepotentemente le lingue fino in gola, gli leccarono avidamente tutto il suo piccolo e giovane corpo e poi usarono alternativamente la sua bocca ed il suo culo spingendogli dentro le loro grosse, dure e venose mazze. Lo possedettero più e più volte incuranti dei suoi conati e delle sue grida, pensando a soddisfare solo le loro voglie più perverse (come lui desiderava, d’altronde). Lo montarono come tori infuriati. Quando uno stava per venire si sfilava e lasciava agire l’altro per poi rituffarsi dentro le sue tenere carni straziate. Quando il suo buco di culo fu completamente sbragato, lo infilzarono insieme stando uno sotto e l’altro sopra. Gli dicevano le peggio porcate e che era una troia e che da troia doveva essere trattata. Alla fine, uno per volta, se lo erano scopati alla pecorina con una tale veemenza da finire di sventrarlo e sparandogli dentro tutto il succo dei loro coglioni, tutto quel desiderio che avevano represso per anni. Ricevette così lo sperma dei padri di cinque figli.
Di fatto, lo riaccompagnarono a casa completamente distrutto, con la gola dolorante e col buco rotto e spanato da cui uscivano rivoli di sperma che andava ad inzuppare le mutandine tanto che, appena rientrato a casa, dovette correre nella sua camera perché la madre non se ne accorgesse. Disse di non sentirsi bene di stomaco e si precipitò in bagno a scaricarsi il più possibile di tutto quel meraviglioso succo di maschio che gli riempiva la pancia. Era stata un’esperienza meravigliosa che l’aveva convinto ancora di più, se ce ne fosse stato bisogno, della sua natura da vacca sottomessa ed affamata di cazzi.
Naturalmente i loro incontri proseguirono ed ogni volta con ampia soddisfazione di tutti. Si incontravano una volta a settimana, anche perché il suo buchino doveva riprendersi dal trauma subito prima di potersi lasciar andare di nuovo a quel trattamento degno di una bagascia.
Dopo un paio di mesi il padrone della casa delle loro orge (forse è meglio dire gang-bang) lo invitò a cena pregandolo, se fosse stato possibile, di rimanere per la notte. Gli disse che ci sarebbero stati altri ospiti, anch’essi conosciuti in chat. Chissà perché ebbe una strana reazione, come di gelosia. Incomprensibile, dato che il loro rapporto era solo di puro sesso. Se ne accorsero e gli assicurarono che con quegli altri non c’era stato mai niente e che lui li appagava completamente. Anzi, alcuni erano assolutamente attivi come loro. Rassicurato, accettò.
Disse alla madre che avrebbe dormito da un compagno di studi perché avrebbero avuto un esame un po’ difficile assieme. Avrebbero studiato fino a tardi ed i genitori dell’altro gli avevano offerto di dormire da loro. Insomma, una storia poco credibile ma gli sembrò che i suoi c’erano cascati. In verità loro pensarono che aveva una qualche storia amorosa e che ormai aveva l’età giusta per avere una ragazza.
Quando giunse in quella casa trovò che qualche ospite era già arrivato. Tra loro un giovane della sua età assolutamente checca che parlava e straparlava in continuazione. Lo trovò veramente odioso. Quando furono al completo erano dieci persone in tavola. A parte la checchina, gli altri erano tutti di mezza età, chi sposato e chi no, persone che, a vederle, non riuscivi a capire se fossero attivi, passivi o versatili. Ci furono molte battute divertenti ed a doppio senso, alcune anche di apprezzamento nei suoi confronti, cosa che lo gratificò.
Per tutta la cena, però, fu interessato all’ultimo arrivato. Un uomo di 53 anni (come disse di avere) non molto loquace, a differenza di quella stronzetta di checchina che monopolizzò la serata conquistandosi il padrone di casa ed il suo amico che quella notte se la sbatterono di sicuro. Quello che a lui interessava, invece, parlava poco. Si capiva che era poco colto ma intelligente. Baffuto e certamente molto peloso anche lui, a giudicare dai peli che gli uscivano dalla camicia fin sulle mani, tozze e callose. Era infatti meccanico, ma non uno qualsiasi perché lavorava nell’Arma dei Carabinieri. Il completo col quale si era presentato, blu scuro e camicia bianca aperta sul collo, gli stava un po’ ridicolo ma lo rendeva, agli occhi del ragazzo, superbamente arrapante.
Gli sedeva incontro e, per tutta la sera, fu un continuo scambio di sguardi sempre più evidenti, sempre più vogliosi l’uno dell’altro. Essendo un po’ defilati nella tavolata, avevano avuto modo di scambiarsi qualche parola in più e di conoscersi meglio. Aveva una ferma voce virile che faceva sciogliere solo ad ascoltarla. Anche lui era sposato ma era separato ed anche lui cercava un ragazzo giovane ma da amare e non solo per sesso. “Però non escludo nessuna avventura prima di conoscere la persona giusta, se no… come faccio a conoscerla?”. “Giusto” e ne avevano riso ma questo apriva al giovane una certa speranza.
Per farla breve, arrivati al dolce effettivamente molto buono (preparato dalla checchina tuttofare, naturalmente), era chiaro che si piacevano. Il vino, da buon paraninfo, aveva certamente dato il suo contributo. Il ragazzo disse una bugia: gli chiese se poteva riaccompagnarlo a casa ‘ché era senza mezzi. L’uomo disse subito di si e presto si congedarono dal resto della comitiva e partirono in auto. Il padrone di casa e l’amico capirono subito, naturalmente, e stettero al gioco. Lungo il tragitto i due parlarono più apertamente.
“Sai, tu mi piaci ma, forse, mi trovi troppo vecchio per te. Potrei essere tuo padre!”.
“No, affatto. Anche tu mi piaci…” e gli mise una mano sull’ampia coscia. Il vestito, attillato, gli fece subito percepire la sodezza di quei muscoli e questo gli dette la carica per proseguire. “…Se vuoi, potrei passare la notte da te”.
“Non desidero altro” e si girò a sorridergli.
Cambiarono strada e si diressero alla casa dell’uomo. Piccola, accogliente e ben organizzata, era composta da un soggiorno con angolo cottura, un bagno e la camera da letto. Il giovane ne ebbe una buona impressione ma, in quel momento, non era certo la cosa più importante che aveva in testa. Furono subito abbracci, baci profondi, carezze, con non poche difficoltà data la differenza di altezza. Le tozze mani andarono subito a palpeggiare il piccolo sedere ed il tutto portò presto i due al massimo dell’eccitazione. L’uomo lo prese in braccio come se fosse una piuma e lo adagiò sul letto dove, stando sdraiati, si tolsero celermente i vestiti di dosso, aiutandosi. I propri, quelli dell’altro.
Appena nudi, il ragazzo affondò le mani nel folto pelo che copriva l’ampio torace del maschio per poi passargliele lungo le forti braccia, sui muscoli pronunciati. Sentì il suo buchino fremere di desiderio. Anche all’altro piacque accarezzare quel corpicino quasi glabro ed il suo cazzo lo dimostrò, cominciando ad alzarsi. Dopo un bacio profondo, durante il quale la piccola lingua fu presto vinta in battaglia, il ragazzo andò a cercare con le labbra un capezzolo dell’uomo nascosto tra il pelo e, quando lo trovò, ci si attaccò bagnandolo e succhiandolo come una mammella materna. L’uomo ebbe un sussulto mentre il suo cazzo continuava a crescere.
La bocca scese più giù ed ignorò volutamente la grossa protuberanza per raggiungere dapprima la sacca dei coglioni, anch’essa coperta di peli. Immerse il viso in quella foresta tra le cosce e lappò con voluttà. Quando si decise a dedicarsi alla fonte primaria del piacere, questa aveva raggiunto delle dimensioni paurose. Si bloccò ad ammirarlo. Grosso, lungo, nodoso, coronato da una notevole cappella. Tutto grande, tutto proporzionato a quella divinità della lussuria.
Aprì più che poté le labbra e ne avvolse la cima, facendo poi il possibile per imboccare più cazzo possibile e contemporaneamente avvolgerci l’umida lingua. L’uomo si contorceva dal piacere e, postogli una grossa e pesante mano sulla testa, in un primo momento stava per spingergliela forte verso di sé ma si trattenne perché sapeva che lo avrebbe soffocato. Così lo lasciò libero di muoversi su e giù come voleva, limitandosi ad accompagnarlo nei movimenti. Accidenti se era bravo! Tra rantoli di piacere, le parole gli uscirono spontanee.
“Si, siii, succhiaaa puttana… Sei troppo bravaaahhh… aaahhhgrrr…”.
Era evidente che si apprestava a scaricarsi le palle in quella esperta boccuccia, anche a costo di affogarlo, ma quello interruppe la fantastica pompa e, con le labbra lorde di saliva, preso dall’eccitazione, disse:
“Scopami, scopami, subito. Ti prego”.
“Ma sei matto? Ma hai visto quanto ce l’ho grosso?”.
“Si, si, ma lo voglio. Voglio essere sfondato da te”.
“Ti prego, non insistere. Se sono eccitato come adesso non sono padrone di me stesso e potrei sventrarti come niente”.
“Fallo, fallo… voglio essere sventrato. Lo voglio” e si aprì le chiappe offrendogliele come una puttana.
Benché desideroso ma poco convinto, il maschio lo rivoltò prono sul letto e tuffò il viso tra quelle chiappette invitanti. Leccò avidamente il buchino che si apriva e chiudeva al semplice tocco. Si vedeva che era già stato aperto ma, se lo avesse inculato, lo avrebbe decisamente spaccato. L’uomo pensò che, continuando ad inzupparlo di saliva ed a stimolarlo così, quello avrebbe goduto lo stesso e magari, dopo, lui lo avrebbe ricoperto dei suoi schizzi. Ma insisté.
“Scopami, scopami”.
“Guarda che se lo faccio non mi fermo più per nessun motivo”.
“Si, fallo e non fermarti. Prendimi con la forza”.
Allora decise di accontentarlo. Si sputò sulla mano un grosso grumo di saliva con cui bagnò il suo cazzo, ormai al massimo della grossezza e della durezza, e il buco nel quale sarebbe entrato, prodigandosi ad inumidirlo bene dentro infilandoci prima uno e poi due delle sue grandi dita, l’indice ed il medio. Ravanò per bene per fargli rilassare i muscoli anali e puntò il glande.
“L’hai voluto tu, puttana affamata” e sprofondò dentro senza alcuna precauzione. Quasi si potevano sentire le carni slabbrarsi anche se non incontrò alcuna resistenza, tanto era il desiderio di riceverlo. Ne entrò solo metà, tra le grida di dolore del ragazzo. Allora dette una spinta ancora più poderosa entrò fino al pelo e cominciò a pompare. In quel momento le grida si strozzarono nella gola della “vittima” che, ripreso fiato, lo incitò.
“Ahhh… Mi stai sfondandooo… Ahhh, siii, cosiii, forte… più forteee”.
Non ce n’era bisogno. Quel toro lo stava montando con tutta la violenza di cui era capace. L’aveva tirato su afferrandolo con le grosse mani per la stretta vita e lo andava ingroppando ruggendo come un leone, accompagnato dai lamenti e dagli strilli acuti del ragazzino, che ormai si agitava e godeva sbavando sul letto. Non gli importava niente di quella troietta. Aveva perso ogni forma di lucidità. Per lui era solo un buco da usare per il suo piacere.
“Ti fotto… ti fotto… lurida zoccola… frocio di merda… Ti piace, eh, ti piace, vero? Allora prendi… prendi rottinculo schifoso”.
Non gli era mai capitato qualcuno che si prendeva così il suo grosso cazzo, soffrendo e godendo di quel dolore. Le grosse palle sbattevano rumorosamente contro quelle piccole sotto di lui. A forza di spinte erano finiti lunghi sul letto. Il pelo e tutto il peso del maschio premevano sulla schiena del giovane. La sopraffazione era compiuta e la vittoria era totale. Dopo almeno mezz’ora di quella scopata, sempre a ritmo sostenuto, l’uomo sentì di non poter resistere oltre. Doveva scaricarsi. Sentì che stava per dargli anche l’anima.
“Eccooo… eccooo… sborrooo… sborrooo… Adesso sei miooo… miooo…OOORRRHHH” ed i giovani intestini furono allagati da un fiume di sperma che sembrava non finire mai. Rimasero così fino a che il cuore dell’uomo non riprese un ritmo più normale ed il cazzo, pur mantenendosi ancora turgido, perse consistenza afflosciandosi dentro quella voragine che esso stesso aveva creato.
“Allora, come va? Stai bene? Ti è piaciuto, cucciolino? Ti ho proprio riempito di sborra!”.
Fu a quelle parole che il giovane, cosciente di essere stato posseduto e usato da un vero maschio da monta, ancora dentro di lui, e completamente pieno del suo succo, sentì crescere dentro di sé il piacere più assoluto, che gli saliva dal culo fino al cervello. Fu preso da spasmi che gli percorrevano tutto il corpo, strabuzzò gli occhi, aprì la bocca che ancora aveva il sapore di quel cazzo fantastico e lasciò che il suo cazzetto si abbandonasse ad un’ingente sborrata sulle lenzuola.
A quella vista, l’uomo si sfilò da quel culetto da favola e gli si mise a fianco. Gli accarezzò teneramente la testa, sorridendo, e gli passò le dita tra gli abbondanti capelli setosi. Aspettò che si riprendesse.
“Sei un ragazzo meraviglioso. Forse sto approfittando del momento ma vorrei chiederti se… Ti va di rivederci?” e rimase ansiosamente in attesa della risposta. Il giovane lo guardò. Ci mise un po’ ma poi:
“Ne sarei più che felice, mio signore e padrone”. Si abbracciarono e si fusero in un bacio appassionato e romantico, mentre dal buco del culo sfasciato fuoriusciva un rivolo di bianca crema.

P.S. La mattina dopo, gli disse la verità e si fece riaccompagnare sotto la casa della cena per recuperare l’auto.


(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha lo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma godetevela tutta).

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