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TIMIDO E PUTTANA


di Foro_Romano
26.01.2022    |    13.123    |    2 8.5
"Ho trovato la forza nella mia troiaggine..."
Questa storia non è mia. Mi è stato chiesto da Solwig, un vostro collega lettore, di fare un racconto da un evento da lui vissuto ed io ho accettato volentieri.

Sono un normale ragazzo di 23 anni. Non sono brutto, ma sono bassino, occhialuto, timido e insicuro, tanto da passare spesso inosservato. Faccio una vita che si potrebbe definire “monacale”. Passo la maggior parte del tempo tra libri e studio al computer. Niente disco, niente vizi… Beh, almeno niente vizi evidenti. Ebbene si, ho un unico vizio: sono dipendente dai cazzi, specialmente quelli grossi.
Da quando frequento l’università ed i suoi bagni non me ne faccio scappare uno. Tra una lezione e l’altra tutti hanno bisogno di scaricare la tensione e distrarsi. Io per primo e approfitto per distrarre gli altri studenti che, pur di rilassarsi, accettano qualunque buco viene loro proposto.
I miei buchi hanno così conosciuto tantissimi cazzi, di tutte le forme, di tutte le grandezze, di tutte le etnie, di tutte le età (beh, anche i professori hanno bisogno di una piacevole pausa).
Ormai ho una clientela fissa che, dato il continuo uso del posteriore, è costituita principalmente da cazzi grossi e molto grossi, che trovano in me la possibilità di divertirsi senza problemi. Ormai, benché giovane, non sento più alcun dolore quando vengo fottuto da nerchie di calibro eccezionale, mentre gli altri li accetto ma senza nessuna particolare passione.
Non scherzo se vi dico che c’è un docente di Diritto costituzionale, regolarmente sposato che non ha figli perché la moglie non ha mai voluto prenderlo se non in bocca (per come le è possibile). Il fatto che è dotato di una proboscide di 30 centimetri quando è in tiro. Davvero! Io, invece, me lo prendo nel culetto con gran piacere, mio e suo, e mi faccio sbattere da lui fino a ricevere un’abbondante colata di calda sborra dentro. Dice che sono la sua salvezza psicologica. Che altrimenti diventerebbe matto senza sfogo in un pertugio umido e piacevole come il mio.
Non so se è questione di anatomia, ma coi cazzi grossi mi sento più a mio agio e provo un piacere che, ormai, con gli altri non sento più. Non solo, godo alla grande se quegli stessi cazzi grossi mi scopano brutalmente. Sentirmi preda di maschi superdotati mi fa impazzire. Non ne posso più fare a meno.
Fuori dell’ateneo, invece, non mi è facile rimorchiare, sempre a causa del mio aspetto. Mi è capitata però recentemente un’avventura particolare che voglio raccontarvi. Un giorno avevo finito le lezioni e stavo tornano a casa passando per il parco comunale. Transitando in vicinanza del piccolo chiosco bar che c’è lì, ho visto un nero che stava bevendo birra al banco. Ha attratto la mia attenzione perché era veramente notevole. Non era bello ma affascinante, spalle larghe, naturalmente muscoloso e con un bozzo davanti che, a quanto si dice dei neri, doveva avere una fornitura adatta a me. Indossava jeans e maglietta talmente aderenti da mettere in evidenza ogni sua minima forma.
Stava parlando col gestore del bar e, ad un certo punto, disse che aveva bisogno di pisciare. Si allontanò per andare dietro un grande cespuglio per espletare la sua esigenza, benché ci fossero vicini i bagni pubblici. Non so neanche io che mi è preso in quel momento (o forse lo so troppo bene). Fatto sta che ho cambiato strada in modo da passargli accanto ed ho potuto ammirare il suo pisellone mentre se lo stava rimettendo nei pantaloni. L’ho guardato estasiato e lui, come se niente fosse, mi ha detto “Che c’è? Tutto bene?”, ed è tornato al bar. Io non ho risposto. Ero imbarazzato ma l’istinto mi ha fatto rimanere lì e, quasi per gioco, con la scusa di compare un lecca-lecca, l’ho sfiorato al bancone e mi sono seduto sulla panchina di fronte.
Lui non mi ha degnato della benché minima attenzione. Ha continuato a bere, a messaggiare col telefonino, mentre io leccavo sfacciatamente nella sua direzione. Poi, un paio di volte si è girato dalla mia parte e mi ha lanciato uno sguardo duro, da maschio che ha capito il mio desiderio di leccare tutt’altro e si è massaggiato il pacco ma è tornato a parlare col gestore e a darmi le spalle.
Quando però è tronato a girarsi, io mi sono alzato e mi sono diretto verso i bagni, lentamente. Ogni tanto mi giravo e vedevo che, con la birra in mano, mi seguiva però poi non l’ho visto più. Allora, deluso, mi sono seduto su una panchina fuori dell’ingresso dei bagni. E’ stato allora che è spuntato fuori dalle siepi, mi ha guardato e mi ha detto “Ehi, che avimmo a fa’?” a voce alta (abito nel napoletano e questo è l’italiano che conosceva).
Il suo tono mi era sembrato abbastanza feroce ed ho avuto paura sicché, imbarazzatissimo al pensiero che qualcuno lo avesse sentito rivolgersi così a me, tornai a sedermi alla panchina davanti al bar, combattuto tra il rimanere lì o andarmene. Ma la voglia di cazzo è più forte della mia timidezza e non mi sono mosso, col cuore in gola, come tenuto da una forza invisibile. Ho continuato a guardarlo con occhi che certamente esprimevano un misto di desiderio, timidezza, voglia di sottomissione.
Ad un certo punto sono arrivati altri neri, suoi amici, col quale ha cominciato a parlare e bere. Uno in particolare sembrava più amico degli altri. Alto, magro, capelli lunghi, con una bici. Hanno cominciato a parlottare tra loro, mentre gli altri sono andati via. Gli deve aver detto qualcosa di me perché, ogni tanto, lanciavano uno sguardo nella mia direzione, di sfuggita, e si massaggiavano il pacco.
Ho avuto coraggio. Ho trovato la forza nella mia troiaggine. Mi sono alzato e mi sono diretto ancora una volta verso i bagni. Sono stati più veloci di me e mi si sono parati davanti sull’ingresso.
Il secondo mi ha chiesto che cosa volevo e io “Nnnniente”.
“Come niente? Questo non lo vuoi?”, toccandosi e piegandosi all’indietro per offrirmi il suo pacco.
Ebbi paura. “Niente. Adesso devo andare. Devo prendere il bus. Devo andare”.
Il primo mi ha guardato malissimo. Mi a preso per un braccio, con forza. “Ma dove vai? Fai finta di niente? Mi hai stuzzicato e adesso ci devi soddisfare, a me ed al mio amico. Chiaro?”
Mi hanno trascinato dentro quei bagni puzzolenti, dove non entrava quasi mai nessuno, fin dentro un box, e hanno chiuso la porta. Mi hanno sbattuto contro il muro. Mi dominavano in altezza. Tremavo come una foglia, non tanto per quello che mi avrebbero fatto sessualmente (ci sono abituato e lo desideravo ardentemente) ma per la paura che mi avrebbero malmenato. Mentre uno mi teneva le spalle schiacciate, l’altro mi ha slacciato la cinta e mi ha denudato dalla vita in giù, lasciandomi con le mutande e i pantaloni alle caviglie. Benché mi trovassi in quella situazione pericolosa, avevo il cazzetto duro.
“Ma guarda un po’ che troietta! C’hai voglia!”.
“Adesso ti facciamo vedere le stelle, puttanella”.
Si sono aperti le patte ed hanno tirato fuori due minchie da Oscar. Il loro odore pungente di virilità e sporcizia mi è arrivato subito alle narici, distinguendosi dall’olezzo dell’ambiente. I loro robusti cazzi erano già in tiro. Uno più lungo e l’altro più grosso di diametro, ma tutti e due sembravano cannoni, anche per il colore.
Mi hanno girato verso il muro.
“Me lo faccio prima io che ce l’ho più stretto. Lo sfondo per bene e poi lo allarghi tu”, fece il secondo.
“No… No…”, ho detto lamentandomi, “Vi prego… Non fatemi male” e, come attore, ero convincente. Ma non li ho convinti punto.
Non me li hanno fatti succhiare prima (per fortuna, dato il grado di igiene) ma si sono sputati sulla mano e si sono spalmati lo sputo sulla cappella prima di entrarmi dentro senta tanti complimenti. Quelli sono arrivati dopo.
“Ma senti questa quanto è aperta e sfondata!”
“E faceva la difficile!”
Puttana, scrofa, cagna, vacca, rottainculo. Me le hanno dette di tutti i colori, mentre si alternavano dentro di me fottendomi come animali per un bel po’, con una brutalità tale che mi faceva squirtare di piacere. Mi agitavo, gemevo, gridavo nella mano che mi tappava la bocca, godevo come un matto e sapevo, che così facendo, li avrei eccitati ancora di più.
Anche dopo essere venuti abbondantemente dentro, hanno continuato a fottermi, coi loro cazzi sempre durissimi. Dovevano essere molto in arretrato. Io gemevo e sbavavo, mostrando chiaramente che il trattamento a cui ero sottoposto mi piaceva eccome. Ma a loro non interessava niente. Ero solo un buco da fottere a ripetizione e riempire di sborra. Sono stati dei tori da monta feroci e fantastici scaricandosi i coglioni tre volte uno e quattro l’altro.
Quando furono completamente svuotati, uno di loro avrebbe voluto continuare ma l’altro l’ha fermato. “Lascialo stare. Ha avuto quello che meritava”.
“Ok, va bene, però puttana…” rivolgendosi a me, che ero rimasto spalmato sul muro, “…se ne hai ancora voglia, passa da queste parti. Siamo sempre qui” e mi ha accarezzato la guancia, con gentilezza, scivolando sulle mie lacrime.
Tirati su i pantaloni, se ne sono andati, lasciandomi lì, col corpo indolenzito e il buco del culo sventrato più del solito. Ci misi un po’ a riprendermi e chinarmi sul cesso alla turca per scaricarmi le viscere dalla gran quantità della loro crema.
Mi sono rivestito e sono uscito claudicante e con le gambe larghe. Lentamente ho raggiunto la fermata del bus, sul quale sono salito rimanendo in piedi.
E’ stata un’avventura che non dimenticherò per tutta la mia vita. Terribile e fantastica allo stesso tempo. Sono certo di una cosa: ci tornerò presto.

(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha il solo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma godetevela il più possibile. Buona sega a tutti).

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