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GIOVENTU’ SFONDATA


di Foro_Romano
18.08.2021    |    28.306    |    18 9.4
"Sono Henry, un cinquantenne di origini maltesi dal fisico ancora piuttosto tonico grazie a mezz’ora di palestra casalinga ogni giorno..."
Io e mia moglie siamo una coppia aperta o, meglio, libera. Nel senso che ognuno fa come gli pare e con chi gli piace. D’altronde non ci vediamo quasi mai. Lei gestisce una casa di moda e va in giro per il mondo ad organizzare sfilate. Adesso, infatti, è a Parigi. Io, invece, commercio in opere d’arte e mi divido tra i miei negozi di New York e di Tokyo. Ora però mi sono preso una pausa e sto nella mia villa a Beverly Hills. Sono Henry, un cinquantenne di origini maltesi dal fisico ancora piuttosto tonico grazie a mezz’ora di palestra casalinga ogni giorno.
Mi è venuta voglia di un bel culetto da sfondare così ho telefonato al mio procacciatore di qui. Sarà pure un avanzo di galera ma ormai sa cosa mi piace e riesce sempre ad accontentarmi. Lui è un tipo alto, atletico, sui 40 anni, pelosissimo, tanto che lo prendo in giro per questo. Gli dico che sembra uno scimmione e ci ridiamo sopra.
Non sono il tipo che si fa portare il ragazzetto, se lo scopa e via. A me piace conoscere il tipo, sentire la sua storia, mi piace corteggiarlo, assediarlo e farlo capitolare tra le mie braccia e sul mio cazzone. Eh si, ho un cazzo piuttosto notevole. E’ grosso e lungo forse sui 22-23 centimetri. Ma il mio amico Elias mi batte. Non ci crederete, ma il suo arriva quasi ai 30. E’ un vero miracolo della natura. Mi ha raccontato certi aneddoti di sé quando era in carcere! Per forza di cose, è’ lì che ha iniziato a fare sesso con ragazzi ed ha capito che è molto più piacevole che con le donne e senza tutte quelle rotture che ci propinano. Certo, lì dentro non andavano per il sottile e ogni nuovo arrivato giovane, volente o nolente, doveva sottostare alle voglie dei maschi affamati di qualsiasi buco adatto a scaricarsi i coglioni. Certo che, con le sue dimensioni, ne deve aver fatti piangere molti.
Insomma, gli ho telefonato e, dopo i saluti di rito, gli ho detto che avevo bisogno della sua opera. Mi ha detto che proprio adesso aveva un bel bocconcino per le mani che aveva bisogno di un qualche aiuto economico. Sicché ho invitato a cena lui e il ragazzo per la sera dopo, con la promessa che si sarebbero trattenuti da me per tutta la notte. Così ho allertato la cuoca dicendole che avrei avuto degli ospiti e ho sistemato tutto per il meglio, come ogni volta.
La serata era meravigliosa. Dalla mia villa, la vista era fantastica, con l’acqua del mare che moltiplicava le luci delle case, delle barche e la luce delle stelle.
Al loro arrivo, li ho accolti come un padrone di casa deve fare. Luce soffusa e, sparse in giro, molte candele dal chiarore caldo e tremolante. Li ho fatti accomodare in salotto per un piccolo aperitivo.
Il ragazzo era veramente bello. Piccolino, biondo, occhi verdi che brillavano anche al buio. La leggera peluria che aveva sopra le labbra non lo aiutava di certo a sembrare più grande. Era incantato dal lusso della mia villa ed era eccitato dall’idea di essere al centro dell’attenzione. Indossava una t-shirt stampata dal fondo scuro ed un paio di pantaloncini al ginocchio aderenti che mettevano in risalto uno splendido culetto tondo e sodo. Il mio cazzo ebbe un sussulto appena lo vidi.
Il mio amico aveva dei pantaloni neri e una camicia scura un po’ pacchiana (non imparerà mai a vestirsi decentemente!) aperta fin quasi all’ombelico per mettere in mostra il suo torace villoso, ormai con qualche pelo bianco. Io, invece, mi ero messo dei pantaloni ruggine, una camicia bianca con il colletto sbottonato ed una leggera giacca blu di lino fresco.
Alex, il ragazzo, era orfano di madre ed il padre non sapeva chi fosse. Viveva con gli zii in un quartiere povero. Aveva studiato fino alla maturità ma non aveva mai neppure pensato di andare in un college universitario perché era fuori delle sue possibilità.
“Ah, dunque sei diplomato”.
“Si, l’anno scorso. Finora ho trovato qualche lavoro saltuario come cameriere o commesso, ma mi piace disegnare e dicono che sono bravo. Forse riuscirò a realizzarmi come artista o fumettista”.
“Bene, bene. Mi fa piacere vedere che hai degli interessi. Piuttosto non avrei mai detto che tu fossi maggiorenne. Sei così giovane!”
“Si, me lo dicono tutti che dimostro meno dei miei anni”.
“Caro Elias, per un po’ ho creduto che avevi esagerato a presentarmi un ragazzo così giovane”.
“Allora ho scelto bene? Conosco i tuoi gusti: giovane che dimostri di esserlo ancora di più, benché maggiorenne”.
“Scelta eccellente, anche perché – rivolgendomi al ragazzo – sei veramente carino”.
“Grazie”. Abbassò gli occhi e si fece rosso. Lo si capiva anche con quella poca luce.
Lo distrassi offrendogli una tartina. “Allora, Alex, ti piace questo caviale?”
“E’ buonissimo. Non lo avevo mai mangiato”
“Ed è di ottima qualità”. Gliela portai alla bocca, la aprì, gliela misi dentro assieme ad un mio dito. Richiuse le labbra succhiandomelo un poco. Su quella faccia da angioletto comparve una scintilla di perversione.
“Anche lei mi piace” si azzardò a dire.
“Ah si? E cosa ti piace di me?”
“Ecco. Mi sono sempre piaciuti gli uomini con le tempie brizzolate, come lei”.
“E non ti piace altro degli uomini?” gli domandai con malizia.
Si confuse. “Beh, si, ecco…”
“Gli piace il cazzo, specie se bello grosso” intervenne Elias.
“Non c’era bisogno di dirlo, mio caro. Sei sempre così volgare! Diciamo che sa cosa apprezzare della vita. Non è così?”
Il ragazzo sorrise ed annuì.
Venne il cameriere a dirci che la cena era pronta, poi si allontanò. Rimanemmo ancora a parlare un po’. Lo feci apposta. Mi divertiva vedere la faccia del ragazzo che non capiva perché non ci trasferissimo subito in sala da pranzo. Non bisogna mai farsi vedere troppo desiderosi di mangiare. Non è chic.
Dopo poco lo tolsi dall’imbarazzo, mi alzai seguito dagli altri per trasferirci al tavolo della cena elegantemente apparecchiato. Rotondo, non troppo grande in modo di essere abbastanza vicini per parlare e con un basso centro tavola floreale dai tanti colori.
Il giovane seppe comportarsi bene, osservando cosa facevamo noi prima di fare qualsiasi movimento. Le posate giuste per ogni piatto, i bicchieri giusti da alzare al momento giusto. Voleva imparare ad agire correttamente in un ambiente sociale così lontano dal suo. Mostrava così di essere molto intelligente e voglioso di apprendere. Mi compiacque.
Parlammo di tutto: della sua vita, della mia vita, di quella di Elias che, come al solito, inevitabilmente, entrava a fondo in particolari piccanti dei suoi anni di detenzione. Molto eccitante ma fuori luogo a tavola. La cena fu molto apprezzata da tutti. Leggera e fresca, adatta ad una tranquilla serata estiva con vista sulla laguna illuminata dalla luna piena. Scherzammo su questo. La sera adatta ai lupi mannari.
“Hai paura di essere sbranato dai lupi famelici?” ed era chiaro che mi riferivo a me e il mio amico.
“No. So cosa dare loro per tenerli buoni. E poi… un po’ mi piace essere sbranato” disse sorridendo.
“E questo lupo qui lo hai già messo alla prova?”, indicando Elias, che subito intervenne:
“Sono io che l’ho messo alla prova. Mi ha fatto un pompino con l’ingoio veramente fantastico. Non l’ho neanche costretto… Non vedo l’ora di scoparlo come si deve… Naturalmente dopo di lei, capo” aggiunse.
Ancora un sussulto del mio cazzo. In un flash immaginai la scena. Veramente eccitante.
Dopo cena andammo in salotto per un buon bicchiere di Porto e continuammo a parlare delle nostre avventure. Io cercai di non dire troppo. Avevo paura di sconvolgere il ragazzo con le tante porcate che avevo fatto. Ma ero interessato a conoscere le sue prime esperienze. A sedici anni con un ragazzo della sua scuola ma di due anni più grande. Poi i parchi pubblici, i pub gay. Le sue preferenze per gli uomini maturi. Si vedeva che era affamato di sesso, come è giusto alla sua età. I racconti di Elias, invece, puntavano ai particolari più carnali, ad accoppiamenti animaleschi estremi sia di coppia che di gruppo. Risultato: l’atmosfera si fece sempre più calda e sensuale.
Mi sedetti sul divano accanto ad Alex. Gli sfiorai la gamba, poi il collo, la guancia. Gli afferrai la testa e portai la mia bocca sulla sua, la mia lingua a confrontarsi con la sua, al sapore del vino che avevamo bevuto, dei cibi che avevamo mangiato, delle nostre rispettive salive. A quel punto, Elias venne davanti a noi, si calò la zip e tirò fuori la sua sventola di cazzo già mezzo duro. Quando Alex si staccò dalle mie labbra, si girò verso di lui, aprì la bocca e ne imboccò la cappella e, facendo dei piccoli su e giù, ne ingurgitava sempre di più. Non era un’impresa facile, ma si vedeva che ci sapeva fare e riuscì ad imboccarne quasi la metà di quella proboscide.
Io, a pochi centimetri da quella scena, potevo sentire il risucchio di quella boccuccia famelica, i grugniti di apprezzamento del mio amico (che gli aveva messo una mano sulla testa per accompagnarne i movimenti), l’odore del suo sesso carico di testosterone. Il mio cazzo richiedeva di poter uscire al più presto dalla costrizione delle mutande. Così, mi tolsi tutti gli indumenti dalla vita in giù e rimasi (devo dire un po’ ridicolo) con solo camicia e giacca, mentre osservavo con sempre maggiore eccitazione. Avevo il cazzo durissimo.
Alex me lo impugnò continuando a pompare Elias. Lasciò lui per dedicarsi al mio. Me lo avvolse con la bocca, lo accarezzava e torturava con la lingua, lo infradiciava di abbondante saliva. Sapeva che sarei stato il primo ad inforcarlo. Il mio amico prese a leccargli il buco, allargandogli le chiappe con i pollici. Quando giudicò che il forellino era pronto all’uso gli diede un sonoro schiaffo sul sedere.
“Ecco capo, adesso puoi fotterlo”.
Mi alzai in piedi, col ragazzo ancora attaccato alla mia proboscide. Gli presi la testa tra le mani e lo allontanai.
“Ho di meglio per te. Mettiti qui, sdraiato sul bracciolo del divano”. Eseguì immediatamente, offrendomi la vista del suo piccolo culetto pronto a ricevere il mio grosso cazzo. Gli afferrai a piene mani le chiappette e le allargai, constatando la buona riuscita della preparazione da parte di Elias. La mia mazza era rigida e coperta di vene violacee come credo di non averla mai vista. Gliela strusciai un po’ nel solco adagiandomi sulla sua schiena. Ronfava come un gattino che fa le fusa. Mi raddrizzai col busto e, mentre con una mano gli allargavo il sedere, con l’altra gli puntai il glande all’ingresso della sua fighetta e spinsi con decisione.
Lanciò un grido quasi femmineo mentre gli aprivo lo sfintere, altri mentre avanzavo lentamente dentro di lui. Gli ultimi centimetri glieli infilai dentro con un inaspettato colpo di reni, sfondandolo con mia grande soddisfazione. L’urlo gli si strozzò in gola. Rimasi fermo per farlo abituare. Sapevo che fino ad allora avesse mai preso un cazzo di tali dimensioni. Mi adagiai di nuovo su di lui, gli leccai un orecchio e gli sussurrai:
“Ti piace puttanella?”
Aveva le lacrime agli occhi ma disse “Siii. Fottimi, ti prego, fottimi”.
“Che troia che sei! Ecco, prendi… prendi… prendi…”. Cominciai a martellarlo duramente. Lui gemeva e godeva.
“Ahhh, siiii… Ahhh… Bello, che bello, belloooo… Ahhhhh… Come è grossooo… Siii… ancora… ancora… dammelo tutt…ooo… Più forte… forte… Ohhh… Mi sento troia… sono una troiaaa… una troiaaa… Aaaahhh”. Gli avevo dato un colpo così forte che pensavo di avergli infilato dentro anche le palle, che invece continuavano a pendere nella loro sacca pelosa sbattendo rumorosamente contro di lui ad ogni affondo.
Elias si era denudato completamente mostrando il suo fisico solido e scimmiesco. Si andava masturbando lentamente per non venire. Incrociò il mio sguardo per avere il consenso di intervenire. Feci un cenno del capo e lui gli afferrò i capelli, gli tirò su la testa e gli sbatté in bocca la sua enorme cappella. Con la mano sulla nuca, prese a fotterlo in gola. Il ragazzo si aggrappò alle sue cosce muscolose. Prese a gemere e frignare forte come un agnellino al macello mentre ce lo scopavamo allo spiedo. Gli rivolgevamo tutti i più volgari complimenti che ci passavano per la mente obnubilata dal piacere.
Ormai il suo buco non faceva più alcuna resistenza, quando mi piegai su di lui, lo strinsi forte a me e, con un urlo liberatorio, mi scaricai i coglioni dentro di lui con una serie di potenti schizzi di sperma, tanti, fino all’ultima goccia.
Ripresi fiato e vidi Elias allo stremo, così mi sfilai da quel buco scassato per far posto a lui, che adora scopare i culetti già imburrati da sborre altrui. Vidi solo allora che Alex era venuto senza toccarsi e, forse, senza neanche accorgersene. Prima che una minima quantità della crema di cui lo avevo farcito riuscisse ad uscire, lui lo sventrò con un solo colpo. Con un’unica brutale spinta lo aveva impalato con i suoi quasi 30 centimetri di nerchia. L’urlo che ne seguì fu inevitabile.
Mi avvicinai con la faccia e gli accarezzai la testa per consolarlo. Sorrideva con le lacrime agli occhi e lo sguardo perso nel vuoto. Certamente non aveva mai provato un piacere così intenso nell’essere sottomesso da due maschi virili come noi. E poi, quel cazzo asinino!
Elias durò poco. Dopo pochi colpi ben assestati che finirono di sbudellare completamente il ragazzo, i suoi grugniti terminarono con un grido animalesco e, contemporaneamente, gli scaricò dentro un clistere di sperma che al giovane sembrò, come disse poi, che gli stava per uscire dalla bocca. Gliene uscì invece un fiume dal culo non appena quello ne venne fuori. Tutte le nostre due sborrate mescolate assieme.
Era il momento di un po’ di pausa. Io seduto sul divano, il mio procacciatore su una poltrona, con la massiccia minchia afflosciata tra le gambe aperte, ed il ragazzo sdraiato sul tappeto che rotolava su sé stesso per guardarci alternativamente e per toccarsi il buco slabbrato, incredulo su come glielo avevamo ridotto.
“Ti fa male?” chiesi.
“Si, ma è stato fantastico. Non riesco a crederci nemmeno io”.
Finii di denudarmi, togliendo camici e giacca. Poi presi un tubetto di crema rinfrescante e gliela passai sul foro arrossato.
“Ah, com’è piacevole!”
“Non credere che sia finita. Abbiamo tutta la notte davanti”.
“Mi auguro veramente che non sia finita. Ho ancora una voglia pazzesca dei vostri cazzi”.
“Sei proprio una troia meravigliosa. Ti fa male e ne vuoi ancora”.
“Si. Non importa se mi farete ancora più male. Ci penserò domani. Per ora voglio godermi l’occasione”.
Si avvicinò a noi alternativamente, muovendosi carponi sul pavimento, per leccarci i cazzi e le palle finché i primi non ripresero sempre più consistenza. Quando l’ebbi quasi completamente duro, gli afferrai la testa e presi a fotterlo dal basso. Lui succhiava e roteava la lingua attorno alla cappella ogni volta che gli liberavo la gola. Io ci misi un po’ a tornare duro come una roccia. Elias ci guardava e si segava lentamente. Anche il suo tornò ad essere un portento della natura quale era. Negli occhi gli si leggeva la brama animalesca di possederlo ancora senza freni.
Con una mano sulla testa ed una sulla nuca, gli detti il ritmo del pompino finché mi lasciai andare, ansimando, ad un’altra grossa sborrata, questa volta nella sua bocca. Vedevo il mio cazzo che si muoveva pompando a ripetizione crema in quella piccola bocca esageratamente allargata per poterlo contenere. Con gli occhi chiusi, ingoiava in successione le mie bordate, godendosi il sapore di quella sbroda viscosa e saporita. Come ebbi finito, lo strinsi a me affondandogli per un attimo il cazzo in gola per poi tirarlo fuori. Ripulì alla perfezione con la lingua ogni residuo.
Mi guardò con gratitudine. Poi si avvicinò ad Elias per riservargli lo stesso servizio, ma quello aveva altre idee. Lo afferrò, lo spinse a terra di schiena, gli alzò ed allargò le gambe, afferrandolo per le caviglie e gli spinse il membro dentro il buco scassato. Questa volta fu meno brutale, facendogli sentire tutta la sua incredibile lunghezza pezzetto dopo pezzetto. Arrivato in fondo, cominciò a stantuffare dapprima lentamente, poi sempre più velocemente. In quella posizione, dominava completamente il giovane che guaiva, quasi ragliava come un somarello. Solo tre volte emise dei rantoli mentre veniva sulla sua pancia senza toccarsi, come una femmina in calore. Le piccole mani affondate nel vello del torace del maschio, ma non certo per respingerlo. Anzi, ne voleva sempre di più, con chiara voglia masochistica.
Ed Elias, sadicamente, lo fotteva in maniera brutale fino a piantarglielo oltre il fondo e ad imbottirlo di una nuova esplosione di sborra. Gli crollò addosso, schiacciandolo sotto il suo non lieve peso.
“Cazzo, che vacca fantastica! Tutta da ingravidare”, disse mentre sfilava con un ‘plop’ il suo tronco da quel piccolo corpo.
Ci trasferimmo a letto e, per tutta la notte, non demmo tregua ad Alex. Ora uno ed ora l’altro, ci alternammo dentro di lui. Un paio di volte anche assieme, dentro quel buco spanato ed accogliente. Siamo venuti altre volte dentro e sopra di lui.
La mattina ci svegliammo in un groviglio di gambe, braccia e cazzi spompati. Dovemmo aiutare il ragazzo a stare in piedi perché non riusciva più a camminare dritto.
Facemmo colazione scambiandoci i pareri su quanto avevamo fatto. Il giovane, nonostante il dolore e la strana sensazione di vuoto che aveva dietro (in effetti aveva una vera e propria voragine), era entusiasta e sperava di poter ripetere l’esperienza non appena si fosse rimesso in sesto. Gli assicurai che sarebbe stato il mio giocattolo per tutto il tempo ed ogni volta che sarei stato a Los Angeles. Per il resto, in mia assenza, c’era Elias che avrebbe mantenuto lo scopo (mettete l’accento dove volete). Alex era più che contento del suo nuovo ‘lavoro’ faticoso e doloroso ma infinitamente piacevole.

(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha il solo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma godetevela il più possibile. Buona sega a tutti).

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